N. 106
ORDINANZA (Atto di promovimento)
7 marzo 2014
Ordinanza del 7 marzo 2014 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria sez. staccata di Reggio Calabria sul ricorso proposto da Laurendi Vincenzo contro Questura di Reggio Calabria e Ministero dell'interno.. Giustizia amministrativa - Riordino del processo amministrativo - Controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall'Autorita' di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro - Devoluzione alla competenza funzionale ed inderogabile del T.A.R. Lazio, sede di Roma - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo della ragionevolezza - Violazione del diritto di azione e di difesa in giudizio - Violazione del principio del giudice naturale - Violazione del principio della ragionevole durata del processo - Lesione del principio di pari dignita' degli organi di giustizia amministrativa di primo grado. - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, artt. 135, comma 1, lett. q-quater), e 14. - Costituzione, artt. 3, 24, 25, 111 e 125. In via subordinata: Giustizia amministrativa - Norme del codice del processo amministrativo disciplinanti la competenza funzionale ed inderogabile del T.A.R. Lazio, sede di Roma - Contrasto con i principi e criteri direttivi della legge di delega n. 69/2009 - Eccesso di delega. - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, artt. 13, 14, 15 e 16. - Costituzione, art. 76, in relazione all'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69.(GU n.27 del 25-6-2014 )
Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CALABRIA Sezione Staccata di Reggio Calabria Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 757 del 2013, proposto da: Laurendi Vincenzo, n. q. di titolare della omonima ditta, rappresentato e difeso dagli avv. Fabio Sarra e Francesco Giuffre', con domicilio eletto presso Fabio Sarra Avv. in Reggio Calabria, via V. Veneto n. 65; Contro Questura di Reggio Calabria; Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata. in Reggio Calabria, via del Plebiscito n. 15; Per l'annullamento previa sospensione cautelare tipica, del decreto cat. 11 e/prat. 0712013 / dpas del 29 agosto 2013, notificato al destinatario il successivo 25 settembre, con il quale il questore della provincia di Reggio Calabria, ha rigettato l'istanza presentata dal sig. Laurendi Vincenzo in data 14 maggio 2013, preordinata al rilascio della licenza di p.s. di cui all'art. 88 del tulps, per la raccolta delle scommesse individuate dall'art. 38 comma 4 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223 conv. in l. 9 agosto 2006 n. 248, da esercitare per conto della societa' concessionaria «lottomatica scommesse sri» nel locale sito in viale Domenica Zerbi Genovese n. 9/11/13 di Reggio Calabria (all. 2); nonche' di ogni altro atto presupposta, connesso e conseguente, ivi compresa la relazione della squadra mobile di Reggio Calabria eseguita all'interno dell'esercizio commerciale «bar gran caffe'» e conclusa con l'individuazione di un vano idoneo all'occultamento di armi ed altro, abilmente celato da un muro; quindi del verbale di controllo operato nei confronti del sig. Laurendi Diego, risultato in compagnia di persone a carico delle quali sono stati segnalati pregiudizi di polizia e/o giudiziari, anche per gravi reati: atti non specificamente conosciuti, per l'astensione dei quali, e' stata presentata specifica istanza di accesso. Visti il ricorso e relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno; Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 la dott.ssa Caterina Criscenti e uditi per le patti i difensori come specificato nel verbale; 1. E' impugnato, con richiesta incidentale di sospensione cautelare della sua efficacia, il provvedimento del Questore di Reggio Calabria di diniego dell'autorizzazione di Pubblica Sicurezza ex art. 88 TULPS per l'esercizio dell'attivita' di raccolta di scommesse da esercitate per conto della societa' «Lottomatica scommesse S.r.l.» Si e' costituita l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria nell'interesse del Questore, con memoria di pura forma, chiedendo che il ricorso venga dichiarato irricevibile, inammissibile e/o rigettato nel merito. Alla camera di consiglio del 9 gennaio 201a, fissata per la trattazione della domanda cautelare, il Tribunale d'ufficio ha fatto presente alle parti che sulla controversia il Tar adito sarebbe incompetente, appartenendo la controversia alla competenza funzionale del Tar Lazio, ai sensi dell'art. 135, lettera q-quatet), c.p.a., lettera aggiunta dall'art. 10, comma 9-ter, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44. 2. Occorre preliminarmente verificare la questione di competenza. Stabilisce, infatti, l'art. 15 c.p.a. («Rilievo dell'incompetenza»), come novellato dal decreto legislativo 14 settembre 2012 n. 160, che «in ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa». Parallelamente il comma 4 dell'art. 13, anch'esso novellato nel 2012, statuisce che «la competenza di cui al presente articolo e all'art. 14 e' inderogabile anche in ordine alle misure cautelati». La presente controversia rientra, in effetti, nel novero degli affari ricompresi nella competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, di cui all'art. 14 c.p.a., che vi include tutte «le controversie indicate dall'art. 135 e dalla legge» e fra queste appunto anche quelle aventi ad oggetto i provvedimenti «emessi dall'Autorita' di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro». 3. Tuttavia il Tribunale dubita della legittimita' costituzionale di questa previsione con riferimento agli articoli 3, 25, 125, 24 e 111 Cost., nonche' 76 Cost. come gia' fatto con tre ordinanze emesse in data 4 giugno 2013 e pubblicate. su G.U. del 9 ottobre 2013 n. 41, integralmente riprese dal Tar Piemonte, II sezione, e condivise anche dal Tar Puglia, Bari, III sezione, ed inoltre ora con riferimento ad altro parametro costituzionale, ossia Part. 77 Cost. Sulla violazione degli articoli 3, 25, 125, 24 e 111 Cost, il Collegio non puo' che riproporre le argomentazioni gia' rassegnate, che qui di seguito integralmente si riportano. «3.1. Occorre premettere che le leggi processuali anteriori al codice, e segnatamente la legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali, non contenevano una disciplina generale sulla competenza funzionale inderogabile del Tar Lazio. La legge 6 dicembre 1971 n. 1034, all'art. 3, ripartiva, infatti, la competenza per territorio fra i vari tribunali regionali, prevedendo, al comma 3, una competenza residuale del Tar con sede a Roma, per gli atti statali. Contenuto analogo presenta oggi l'art. 13 c.p.a., eccezion fatta per gli effetti scaturenti dalla proposizione della lite presso un giudice incompetente, atteso che innovativamente il Codice ha optato per il regime dell'inderogabilita' della competenza territoriale. L'introduzione di ipotesi di competenza (intesa come) funzionale a favore, pressoche' esclusivamente, del Tar Lazio, sede di Roma, prende avvio negli anni 90 ed avviene per la prima volta ad opera della legge 12 aprile 1990, n. 74, il cui art. 4, sostituendo l'art. 17, legge 24 marzo 1958, n. 195 sul Consiglio superiore della magistratura (che nella sua originaria formulazione disponeva: Contro i predetti provvedimenti [quelli riguardanti i magistrati], e' ammesso ricorso al Consiglio di Stato per motivi di legittimita'), cosi' disponeva: Contro i predetti provvedimenti e' ammesso ricorso in primo grado al tribunale amministrativo regionale del Lazio per motivi di legittimita'. Contro le decisioni di prima istanza e' ammessa l'impugnazione al Consiglio di Stato. Questa normativa, che per prima ha introdotto una significativa deroga al principio della territorialita', stabilendo una vera e propria ipotesi di competenza funzionale, non derogabile su accordo delle parti, e' stata ritenuta dalla Corte costituzionale - cui la questione era stata rimessa dal Tar Sicilia - non contraria al dettato costituzionale (sent. n. 189 del 22 aprile 1992). In particolare la Corte, nell'escludere il contrasto della norma con gli articoli 3, 24 e 125 Cost., valorizzo' la particolare posizione che il Consiglio superiore della Magistratura occupa nell'ordinamento costituzionale della Repubblica e nell'organizzazione dei pubblici poteri ed il peculiare status rivestito dai magistrati ordinari, particolare e differenziato, rispetto alla categoria degli altri pubblici dipendenti. La Corte ebbe, altresi', a rilevare che la norma censurata risponde anche ad «un'esigenza largamente avvertita circa l'uniformita' della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado» e comunque non si pone in contrasto con l'art. 125, comma 2, Cost., perche' «il Tribunale amministrativo regionale del Lazio e' parte ... del sistema processuale amministrativo che consta di numerosi gangli periferici e di uno centrale, che con quelli e' collegato - in base alle regole proprie della giurisdizione amministrativa - ben oltre il caso oggetto dell'impugnativa in esame». Avveduta dottrina, rilevato fra l'altro che la Corte non aveva compiutamente percepito gli esatti termini delle argomentazioni giuridiche prospettate dal giudice a quo sulla competenza funzionale, profeticamente osservo' che il legislatore, dal dictum della Corte, avrebbe ricevuto spinte tese al rafforzamento ed all'ampliamento di quell'inderogabilita' cosi' inaugurata con la norma riconosciuta legittima. Gia' poco dopo la normativa concernente i magistrati ordinari, la legge 10 ottobre 1990 n. 287, all'art. 33, riconduceva alla competenza funzionale del Tar centrale i provvedimenti emessi dall'Autorita' garante per la concorrenza ed il mercato. E' bene osservare incidentalmente che in ambedue le ipotesi sarebbe comunque individuabile anche una competenza «originaria» del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (sia il CSM che l'Autorita' garante per la concorrenza ed il mercato hanno sede a Roma), donde la particolarita' starebbe piuttosto nella sua natura non derogabile. Successivamente numerose e variegate tipologie di controversie sono state ascritte alla competenza funzionale del Tar Lazio (anche a prescindere dalla sede dell'autorita' emanante), sino a giungere alla positivizzazione, con l'art. 14 c.p.a., di un'autonoma categoria concettuale, cui fa da pendant un lungo elenco di controversie contenuto nell'art. 135 c.p.a., composto da ben diciotto punti (dalla lettera a) alla lett. q-quater). L'art. 135 c.p.a. ricomprende cosi' una congerie nutritissima di fattispecie (una delle quali, quella in materia di sanzioni irrogate dalla CONSOB, prevista da una parte della lettera c), dichiarata gia' incostituzionale con sent. n. 162 del 27 giugno 2012), posto che - a parte l'evenienza della connessione fra controversie, non legislativamente affrontata, che ha portato ad un ulteriore incremento delle liti da incardinare presso il Tar Lazio - sotto le varie lettere del catalogo sono spesso incluse piu' tipologie di controversie (cosi', ad esempio, sub lettera a, insieme alle controversie relative ai provvedimenti riguardanti i magistrati ordinari, vi sono quelle relative ai provvedimenti riguardanti i magistrati amministrativi adottati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa). 3.2. In questo modo ricostruita brevemente la genesi ed il contenuto della competenza (oggi testualmente) «funzionale inderogabile» del Tar Lazio, questo giudice dubita, in primo luogo, della. legittimita' costituzionale della previsione codicistica nella parte in cui devolve alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, i provvedimenti emessi dall'Autorita' di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con - vincita in denaro. La lettera q-quater ora in esame e' stata introdotta dall'art. 10 D.L. 2 marzo 2012 n. 16, e segnatamente dal comma 9-ter inserito dalla legge di conversione. L'art. 10 si occupa di «potenziamento in materia di giochi» e contempla una serie di misure, che vanno dalla costituzione di un fondo destinato alle operazioni di gioco, alla positivizzazione dell'agente «scommettitore», al divieto di. utilizzo di denaro contante ed altro ancora, ritenute funzionali al raggiungimento di determinati obiettivi, quali «contrastare efficacemente il pericolo di infiltrazioni criminali» nei giochi pubblici, «acquisite elementi di prova in ordine alle eventuali violazioni in materia di' gioco pubblico, ivi comprese quelle relative al divieto di gioco dei minori», «assicurare la tracciabilita' dei flussi finanziari, finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali e il riciclaggio di denaro di provenienza illecita» e cosi via. La previsione di una competenza giurisdizionale amministrativa accentrata sugli atti delle locali autorita' di Polizia non si presenta, invece, connessa ad alcuna di queste finalita', ne' appare supportata da autonome ragioni, risultando piuttosto - come si spieghera' - antitetica agli obiettivi di penetrante controllo del territorio che la normativa «sostanziale» intende perseguire. Rileva, dunque, il Collegio l'assenza di ragioni speciali idonee a giustificare un siffatto eccezionale spostamento di competenza (vd. per la necessita' di tali ragioni sent n. 237 del 26 giugno 2007 sulla materia di cui all'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 - Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania commi aggiunti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21, oltre che la citata sent. n. 189/92) e, quindi, l'irragionevolezza di tale previsione. Non assume, infatti, l'Autorita' emanante (che, anzi, si caratterizza per il suo peculiare radicamento e contatto col territorio) una particolare posizione nell'ordinamento costituzionale della Repubblica e nell'organizzazione dei pubblici poteri, tale da rendere preferibile una cognizione dei suoi atti affidata ad un unico giudice con sede in Roma. Neppure i destinatari dei provvedimenti in questione presentano un peculiare status, meritevole di un diverso trattamento, e neppure vi e' una situazione di straordinaria emergenza, come nel caso delle misure dettate per il settore dei rifiuti. Anche la giustificazione, introdotta dalla Corte in maniera incidentale nella sentenza n. 189 del 1992, dell'uniformita' della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado - ammesso che in un ordinamento di civil law possa essere considerato un valore cardine - non e' di certo qui pertinente. Il Collegio e' dell'avviso che anche il rispetto del criterio base della sede dell'autorita' emanante, piu' chiaro ed oggettivo, sia altrettanto in grado di garantire la stabilita' delle soluzioni giurisprudenziali, che scaturiscono in effetti dalla «dialettica» tra giudice di primo grado e giudice di appello, nella quale anche i Tar periferici sono coinvolti, al pari del Tar del Lazio. Inoltre, proprio l'individuazione del Tar del Lazio quale unico giudice funzionalmente competente si presenta antitetica rispetto all'obiettivo indicato dalla Corte, poiche' l'ampliamento della struttura del Tar romano, in parte dovuto anche allo smisurato aumento, nel corso degli anni, delle sue competenze (tribunale oggi composto da ben dodici sezioni, con circa cinque - sei magistrati per sezione), unitamente al problema dell'efficiente organizzazione del lavoro (compresa la necessaria rotazione delle materie e dei giudici fra le sezioni), fa si' che esso non si presenti neppure in astratto idoneo ad assicurare l'ambita uniformita' o, paradossalmente, si presenti addirittura come il meno idoneo. Tra l'altro, nel processo amministrativo la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello ed oggi in special modo all'Adunanza Plenaria (art. 99 c.p.a.), ne' peraltro sembra ipotizzabile, a tal fine, una diversa qualita' del Tar Lazio insediato nella capitale, con la configurazione di una sorta di supremazia rispetto agli altri Tribunali amministrativi, posto che la selezione dei magistrati che lo compongono non presenta alcun profilo di differenziazione rispetto a quella degli altri Tar. 3.3. All'irragionevolezza sopra evidenziata si accompagna un'irrazionalita' estrinseca della recente previsione legislativa rispetto ad altra norma costituzionale, ossia all'art. 125 Cost. Questa norma sancisce il principio del decentramento a livello regionale della giurisdizione amministrativa, nell'ottica di una necessaria prossimita' del giudice ai fatti di cui e' chiamato a conoscere. Come e' noto, dai lavori preparatori dell'art. 125 (originario comma 2), si ricava l'intenzione dei Costituenti di adeguare l'organizzazione della giustizia amministrativa alla mutata articolazione del decentramento politico territoriale e, in particolare, al ruolo centrale che l'ente Regione era destinato ad assumere, nella piena convinzione che «la giustizia amministrativa quanto e' piu' periferica tanto piu' risponde alle esigenze popolari» (A.C., 4363, intervento di Musolino nella seduta del 4 dicembre 1947). Se pure, dunque, si vuole escludere - come la giurisprudenza costituzionale ha gia' fatto piu' volte: da ult. sent. n. 117/2012, con riferimento alla magistratura in genere, che il termine «giudice naturale» di cui all'art. 25 Cost. presenti una valenza autonoma rispetto al carattere della sua precostituzione per legge, dovendo piuttosto ritenersi che tale espressione corrisponda in tutto e per tutto a quella di «giudice precostituito per legge» con la quale si salda in endiade, per la giustizia amministrativa il concetto di «giudice naturale» non puo' che assumere una portata diversa, per lo speciale assetto dei giudici di primo grado sul territorio voluto dal titolo V della Costituzione. Ne consegue che la competenza dei giudici amministrativi deve essere non solo predeterminata dalla legge, ma deve rispettare il principio di naturalita' come desumibile dal comb. disp. dell'art. 25 e dell'art. 125, nel senso di una sicura maggiore idoneita' del giudice individuato su base regionale a fornire una risposta di giustizia adeguata. 'Tra l'altro, il sistema della giustizia amministrativa non gode - come quello della giustizia ordinaria - di una capillare diffusione degli organi giudicanti sull'intero territorio nazionale, ma si articola appunto, per espresso dettato costituzionale, su base regionale, con un solo ufficio situato nel capoluogo di ogni Regione e con la possibilita' di' istituzione di alcune sedi staccate (tra cui, appunto, quella di Reggio Cabbria). La deroga al criterio della competenza territoriale in favore di un Tribunale unico su base nazionale, individuato in base alla sua allocazione nella capitale della Repubblica, stravolge la prospettiva di un sistema articolato su base regionale, id est non verticistico ed accentrato, ed altera profondamente l'equilibrio del controllo sugli atti amministrativi, pensato dai Costituenti sicuramente in maniera svincolata dalla specializzazione per singole materie (contrariamente a quanto, invece, consentito per l'autorita' giudiziaria ordinaria: art. 102, comma 2, Cost.). Quanto argomentato a tal proposito dalla Corte nel 1992 appare, dunque, a questo giudice meritevole di una rinnovata riflessione, soprattutto alla luce dell'evoluzione subita sia dal sistema delle autonomie locali (in dipendenza della riforma del Titolo V, attuata con L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), sia dal sistema processuale amministrativo: l'affermazione secondo cui il sistema della giustizia amministrativa «consta di numerosi gangli periferici e di uno centrale, che con quelli e' collegato» non riflette adeguatamente il dettato dell'art. 125 Cost, il quale non prevede, invero, differenziazione di sorta tra gli organi di giustizia amministrativa di primo grado e non contempla un tribunale centrale, di diversa o maggiore importanza, cui contrapporre «gangli periferici» (in verita', di fatto, neppure particolarmente numerosi, dato anche il notevole aumento del contenzioso, specie in primo grado), ma piuttosto riconosce pari, oltre che piena, dignita' a tutti i Tribunali amministrativi regionali. Si aggiunga che se il Tar Lazio fosse da qualificare come un giudice di competenza centrale, si' da ritenere legittime le norme che ne accrescono la competenza (generalizzando una sorta di legittima suspicione che porti a ritenere inidoneo il Tribunale territoriale a decidere talune tipologie di cause), dovrebbe assumere maggior pregnanza il fondamento giustificativo di queste scelte derogatorie in base agli interessi che esse coinvolgono, specie laddove la competenza del Tar Lazio non venisse in rilievo secondo il criterio della competenza territoriale (come e' evidentemente nel caso che qui si esamina, vista la sede dell'ente e il luogo di produzione degli effetti dell'atto), pena una grave incoerenza sistematica dell'istituto della competenza funzionale inderogabile ex art. 14, comma 1, c.p.a. 3.4. Ritiene, inoltre, questo Tribunale che la scelta del legislatore di incardinare (anche) le controversie sugli atti dell'autorita' decentrate di polizia presso il Tar della capitale si ponga in contrasto con gli articoli 24 e 111 Cost. La concentrazione presso un unico ufficio giudiziario (il Tar con sede in Roma) rende assai piu' difficoltoso l'esercizio concreto del diritto di difesa e confligge con il canone della ragionevole durata del processo. Per un verso, infatti, si costringe colui che intende agire (o resistere) a tutela della propria posizione soggettiva ad affrontare spese ulteriori ed aggiuntive, rispetto a quelle gia' molto elevate richieste comunque per l'accesso alla giustizia (anche a causa dei continui aumenti del contributo unificato), rendendo cosi' gravoso ed ostacolando in modo eccessivo l'utile esercizio del diritto di difesa, specie se si considera che la nuova disciplina premette la verifica della competenza anche alla decisione sulla domanda cautelare, e nel contempo si rende piu' difficoltosa e meno tempestiva la difesa processuale dell'Amministrazione resistente. Dall'altro, l'incremento smisurato di vario contenzioso presso un unico Tar, nel quale si concentrano gia' numerose liti «ordinarie», rende inevitabilmente sempre piu' lungo il tempo medio di durata dei relativi processi, con gravi ricadute sull'efficienza dell'intero Paese e sulla spesa pubblica, sulla quale pure gravano i costi dei risarcimenti ex lege Pinto». 4. Prima di affrontare e riproporre la questione di legittimita' di tutta la disciplina sulla competenza contenuta nel codice del processo rispetto all'art. 76, il Tribunale ritiene di dover prospettare dubbi di costituzionalita' della disposizione ex art. 135 c.p.a. anche rispetto all'art. 77 Cost., parametro costituzionale che nelle precedenti ordinanze non era stato preso in considerazione. Come gia' precisato prima, la lett. q-quater), c.p.a. e' stata aggiunta dall'art. 10, comma 9-ter, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44. Orbene, il decreto-legge, cosi' come configurato nella Costituzione, e' uno strumento volto a fronteggiare «casi straordinari di necessita' e urgenza». Come piu' volte riconosciuto dalla Corte costituzionale, anche di recente con la nota sentenza 19 luglio 2013, n. 220, esso non e', dunque, compatibile con l'introduzione di riforme ordinamentali, di lungo periodo, non circoscritte a misure meramente organizzative. Una norma derogatoria del normale riparto di competenza tra i' giudici non si presta, pertanto, per il suo carattere ordinamentale e duraturo nel tempo, ad essere introdotta col sistema del decreto-legge. Ne' e' rinvenibile, nella materia dei giuochi pubblici, un caso straordinario di necessita' e d'urgenza che consigli l'introduzione immediata di questa misura. Per di piu' la previsione di natura processuale qui censurata e' stata introdotta in sede di conversione (vd. sopra § 3.2), con la conseguenza che si e' coniata una normativa «a regime», del tutto slegata da contingenze particolari e certamente estranea alla finalita' del decreto-legge (cfr. Corte cost., 16 febbraio 2012, n. 22). 5. Unitamente alla questione cosi' come fin qui esposta, come gia' fatto nelle precedenti ordinanze di rimessione, «il Tribunale ritiene di prospettare una diversa e piu' ampia questione di legittimita' costituzionale - di cui la Corte ad quem, d'ufficio, potra' cogliere l'eventuale «pregiudizialita' logico-giuridica» - che, muovendo dalla nuova configurazione, in termini ormai generali, della competenza funzionale e inderogabile del Tar Lazio (articoli 14 e 135 c.p.a.), coinvolge l'intera disciplina della competenza contenuta nel codice del processo amministrativo, adottato in attuazione della delega contenuta nell'art. 44 legge 18 giugno 2009 n. 69. Ad avviso di questo giudice la normativa (articoli 13, 14, 15 e 16) contenuta nei Capo IV, titolo I, del libro I del codice e' in contrasto con l'art. 76 Cost. La Corte costituzionale ha sempre precisato e rimarcato che in caso di deleghe che abbiano ad oggetto la revisione, il riordino ed il riassetto di norme preesistenti, quale e' certamente quella contenuta nell'art. 44 cit., «l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente e' (...) ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalita' del legislatore delegato», giacche' quest'ultimo non puo' innovare «al di fuori di ogni vincolo alla propria discrezionalita' esplicitamente individuato dalla legge-delega» (sentenza n. 293 del 2010), specificando che «per valutare se il legislatore abbia ecceduto [i] - piu' o meno ampi - margini di discrezionalita', occorre individuare la ratio della delega» (sentenza n. 230 del 2010). Questa precisazione e' ribadita da ultimo nella sentenza 27 giugno 2012 n. 162, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli articoli 133, comma. 1, lettera 1), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), per violazione dell'art. 76 Cost., nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del Tar Lazio - sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla CONSOB. Orbene, tra i criteri ed i principi direttivi contenuti nella delega dettata per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, che la Corte con la sent. n. 162/12 cit. ha, peraltro, ritenuto sufficientemente specifici, non ve ne era alcuno che abilitasse il legislatore delegato a riformare e innovare l'istituto della competenza e, cio' nonostante, il decreto legislativo n. 104/2010 ha ribaltato totalmente il sistema vigente sin dal 1971, rendendo inderogabile la competenza per territorio, prima sempre derogabile. L'unico cenno al tema della competenza riguarda un momento processuale a valle, ossia quello della riassunzione del giudizio, e si rinviene nella lettera e), che invita il legislatore delegato a «razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonche' di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l'incompetenza funzionale», facendosi riferimento alle ipotesi di competenza funzionale gia' esistenti nell'ordinamento, ma senza voler introdurre un principio di inderogabilita' della competenza territoriale o in genere altre novita' in materia, del quale nella legge di delega non vi e' traccia. Che questa innovazione non trovi riscontro nella legge delega lo si desume indirettamente anche dalla relazione al Codice, la quale da' atto del cambiamento («tutta la competenza del giudice amministrativo e' divenuta inderogabile dalle parti»), anche in modo dettagliato («Questo, in dettaglio, e' il regime del rilievo dell'incompetenza»), senza tuttavia far mai riferimento alla legge di delega, ripetutamente citata invece in sede di illustrazione della disciplina di molti altri istituti, al fine di chiarire che essa e' stata adottata in conformita' all'art. 76 Cost., in ossequio o in puntuale applicazione dei criteri direttivi della delega. D'altronde non e' privo di significato il fatto che la modifica in senso radicalmente innovativo del regime della competenza non sia stata frutto del lungo e meditato lavoro della Commissione speciale nominata ai sensi del comma 4 dell'art. 44, la quale aveva, infatti, varato, in data 10 febbraio 2010, il progetto di codice (in questa, come in altre parti, ritoccato, nell'immediatezza della sua approvazione finale, e per di piu' al di fuori del dibattito parlamentare), mantenendo, da un lato, il regime ordinario della competenza territoriale sempre derogabile su accordo delle parti e, dall'altro, enunciando i casi di devoluzione di controversie al Tar Lazio (o al Tar Lombardia, sede di Milano, limitatamente alle controversie relative ai poteri esercitati dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas) qualificandoli, pero', in termini di «competenza territoriale inderogabile». Ne', ancora, la ratio complessiva sottesa alla legge di delega - che pure la giurisprudenza della Corte esorta a tener presente - potrebbe giustificare una simile scelta innovativa: se, infatti, obiettivo principale della delega per il riassetto di una normativa stratificata e caotica, che risultava in parte anche antecedente al testo della Costituzione, era quello di assicurare maggiore effettivita' della tutela, trasfondendo in un corpus unitario anche gli approdi pretori e gli esiti della giurisprudenza della Corte costituzionale, in ossequio all'art. 111 Cost., non c'e' dubbio che l'innovativa opzione per l'inderogabilita' della competenza, fin dalla sede cautelare, unitamente all'articolazione di complessi rimedi (invero in parte ridotti col secondo correttivo del settembre 2012) per far valere l'incompetenza, non solo non trova addentellati nel sistema previgente, ma ha pure irrigidito e reso piu' vischiosa la risposta di giustizia, in contrasto con la primaria finalita' di snellire l'attivita' giurisdizionale e rendere maggiormente congrui i tempi del processo. L'eccesso di delega ha sicura rilevanza anche rispetto alla competenza funzionale che qui interessa: essa, infatti, da sempre ritenuta, in via interpretativa, una competenza inderogabile, in opposizione alla «ordinaria» e sempre derogabile competenza per territorio, da eccezione e' cosi' divenuta espressione di altro parallelo principio generale, operante per le controversie indicate dall'art. 135 e, piu' in generale, «dalla legge», che fiancheggia quello della competenza per territorio, concorrendo con esso a delineare le modalita' di radicamento delle controversie. Ne discende un sistema del tutto nuovo, dove il regime della competenza (art. 16) e' indifferenziato, con ogni forma di competenza, sia quella per territorio che quella c.d. funzionale, inderogabile (La competenza di cui agli articoli 13 e 14 e' inderogabile anche in ordine alle misure cautelasi), - donde la rilevanza, anche nella presente controversia, della questione rispetto a tutto il capo sulla competenza, complessivamente illogico e incoerente, atteso che l'attribuzione di controversie alla cognizione del Tar Lazio, sede di Roma, avviene, nella buona sostanza, in ragione del criterio della materia (o perfino, se si vuole, dell'importanza della materia), che non solo, come si e' gia' detto, non ha copertura costituzionale, ma non trova neppure riscontro nella legge delega, con evidente violazione dell'art. 76 Cost.». In conclusione, questo Tribunale ritiene rilevanti e non manifestamente infondate la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 e dell'art. 135, comma 1, lettera q-quater, per quanto d'interesse, per violazione degli artt. 3, 25, 125, 24, 111 e 77 Cost.; in subordine, quella degli articoli 13, nella parte in cui qualifica inderogabile la competenza territoriale, 14, 15 e 16 c.p.a., per violazione dell'art. 76 Cost. Circa la rilevanza delle questioni prospettate, va ribadito che la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente puo' essere esaminata da questo Tribunale solo in quanto risulti fondata la questione di legittimita' costituzionale prima illustrata. Dubitando della legittimita' costituzionale dell'art. 135 comma 1, lettera q-quater c.p.a., il Tribunale reputa di dover sollevare subito la questione, prima di qualsiasi altra decisione, non potendo, da un lato, ovviamente, piu' farlo una volta spogliatosi, con la trasmissione degli atti di causa al TAR Lazio, in applicazione delle disposizioni sospettale di incostituzionalita', della potestas decidendi e non potendo, d'altro canto, neppure decidere, allo stato, sulla sospensiva, visto il dettato del comma 2 dell'art. 15 c.p.a. per cui «in ogni caso il giudice decide sulla. competenza prima di provvedete sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa». Da qui la rilevanza, come detto, della questione, intesa come pregiudizialita' della sua soluzione per ogni determinazione che il Tribunale e' chiamato ad assumere. Deve, pertanto, essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per la decisione della predetta. questione di legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe e rinviando la trattazione della domanda cautelare alla prima camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della. Corte Costituzionale.
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria; Visti l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 135, comma 1, lett. q-quater nella parte relativa alla previsione della competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio anche per i provvedimenti «emessi dall'Autorita' di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro» e dell'art. 14 c.p.a., per violazione degli articoli 3, 25, 125, 24, 111 e 77 Cost., nonche' degli articoli 13, nella parte in cui qualifica inderogabile la competenza territoriale, 14, 15 e 16 c.p.a., per violazione dell'art. 76 Cost.; Dispone la sospensione del presente giudizio, rinviando la trattazione della domanda cautelare alla prima camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte Costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; Dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa Segreteria, alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati: Il Presidente: Ettore Leotta L'Estentore: Caterina Criscenti Referendario: Valentina Santina Mameli
Nessun commento:
Posta un commento