N. 176 ORDINANZA 11 - 13 giugno 2014
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Contenzioso tributario - Controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall'Agenzia delle entrate - Obbligo del previo reclamo/mediazione ad organo della stessa Amministrazione. - Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), art. 17-bis, nel testo anteriore alla sostituzione dello stesso ad opera dell'art. 1, comma 611, lettera a), numero 1), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge di stabilita' 2014), «in relazione all'art. 14» dello stesso decreto legislativo. -(GU n.26 del 18-6-2014 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Gaetano SILVESTRI;
Giudici :Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio
LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario
Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nel testo
anteriore alla sostituzione dello stesso ad opera dell'art. 1, comma
611, lettera a), numero 1), della legge 27 dicembre 2013, n. 147
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2014), «in relazione all'art. 14»
dello stesso decreto legislativo, promosso dalla Commissione
tributaria provinciale di Ascoli Piceno nel giudizio vertente tra la
G.B. s.r.l. ed altri e l'Agenzia delle entrate, Direzione provinciale
di Fermo, Ufficio controlli, con ordinanza del 1° luglio 2013,
iscritta al n. 287 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale,
dell'anno 2014.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 maggio 2014 il Giudice
relatore Sergio Mattarella.
Ritenuto che, con ordinanza pronunciata il 1° luglio 2013 e
depositata lo stesso giorno (reg. ord. n. 287 del 2013), la
Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413), inserito dall'art. 39, comma 9, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, che
disciplina il reclamo e la mediazione nel processo tributario, «in
relazione all'art. 14» dello stesso decreto legislativo, il quale
detta la disciplina del litisconsorzio e dell'intervento nello stesso
processo, «nella parte in cui non consente a soci di una societa' di
avere il proprio ricorso discusso congiuntamente con la societa'
stessa, solo per il dato della quantificazione della pretesa»;
che il giudice rimettente riferisce, in punto di fatto, che «vi
sono alcuni soci che sono costretti, per la annualita' 2008, oggi in
discussione, ad effettuare obbligatoriamente il reclamo/mediazione,
non potendo avere la propria posizione discussa nell'identico
contenitore processuale della societa'»;
che, in punto di non manifesta infondatezza, la Commissione
tributaria rimettente deduce che «per una irrazionale scelta
effettuata dal legislatore con l'art. 17 bis D.Lgs. 546/12 [recte:
546/92], i soci vedranno o allungarsi i tempi del processo, senza
possibilita' di chiedere alcuna sospensiva, o non potranno discutere
la loro posizione nel medesimo contenitore processuale della societa'
(art. 14 D.Lgs. 546/12) [recte: 546/92] come da diritto vivente a
detrimento del loro diritto di difesa»;
che, in punto di rilevanza, il giudice a quo afferma di ritenere
«la norma insuscettibile di interpretazione adeguatrice»;
che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
manifestamente infondata;
che la difesa dello Stato eccepisce anzitutto l'inammissibilita'
della questione sollevata «per totale assenza di autosufficienza e
per omessa motivazione in ordine alla rilevanza», atteso che
dall'ordinanza di rimessione non si comprenderebbe: a) l'oggetto
della causa e il motivo per il quale siano in giudizio sia la
societa' che i soci; b) da dove emerga la necessita' per «alcuni
soci» di «effettuare il reclamo/mediazione»; c) la ragione per la
quale si configurerebbe, «come da diritto vivente», un litisconsorzio
necessario ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso
che la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione ravvisa tale
litisconsorzio solo nel caso dell'accertamento dei redditi delle
societa' di persone di cui all'art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi) e dei
soci delle stesse, ai quali tali redditi sono automaticamente
imputati (e' citata la sentenza 4 dicembre 2013, n. 27193), e non nel
caso dell'accertamento dei redditi delle societa' di capitali (a
ristretta base sociale) che pure costituisca l'antecedente
logico-giuridico dell'accertamento nei confronti dei soci (e' citata
la sentenza 31 gennaio 2011, n. 2214); d) in quale stato si trovino i
giudizi iniziati dai soci che sarebbero stati soggetti all'obbligo
del previo reclamo e per quale ragione il differimento della
proponibilita' dell'azione in giudizio per un periodo massimo di
novanta giorni determinato dall'osservanza di tale obbligo (comma 9
dell'impugnato art. 17-bis) comporti, per detti soci,
l'impossibilita' di «avere la propria posizione discussa
nell'identico contenitore processuale della societa'»;
che, secondo l'Avvocatura generale dello Stato, la questione
sollevata sarebbe, comunque, infondata;
che la difesa statale osserva al riguardo che l'evidenziata
circostanza che l'assolvimento dell'obbligo di presentare il reclamo
comporta un rinvio dell'instaurazione del giudizio al massimo di
novanta giorni, unita al fatto che la trattazione della controversia
non potrebbe essere fissata prima della scadenza di tale termine - in
quanto, ai fini di detta fissazione, occorre attendere il decorso del
termine di sessanta giorni per la costituzione in giudizio della
parte resistente stabilito dall'art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 546
del 1992 e rispettare il termine dilatorio di trenta giorni liberi
previsto dall'art. 31, comma 1, dello stesso decreto legislativo per
l'avviso alle parti della data di trattazione - escludono che il
reclamo possa costituire un ostacolo alla trattazione congiunta delle
controversie legate dal vincolo del litisconsorzio necessario.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Ascoli
Piceno dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della
Costituzione, della legittimita' dell'art. 17-bis del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art.
30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), che disciplina il reclamo e
la mediazione tributari, «in relazione all'art. 14» dello stesso
decreto legislativo, il quale detta la disciplina del litisconsorzio
e dell'intervento nel processo tributario, «nella parte in cui non
consente a soci di una societa' di avere il proprio ricorso discusso
congiuntamente con la societa' stessa, solo per il dato della
quantificazione della pretesa»;
che, secondo il rimettente, la normativa censurata si pone in
contrasto con gli invocati parametri perche', «per una irrazionale
scelta effettuata dal legislatore con l'art. 17 bis D.Lgs. 546/12
[recte: 546/92], i soci vedranno o allungarsi i tempi del processo,
senza possibilita' di chiedere alcuna sospensiva, o non potranno
discutere la loro posizione nel medesimo contenitore processuale
della societa' (art. 14 D.Lgs. 546/12) [recte: 546/92] come da
diritto vivente a detrimento del loro diritto di difesa»;
che, successivamente all'ordinanza di rimessione, l'impugnato
art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992 e' stato modificato dall'art.
1, comma 611, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2014);
che, peraltro, poiche' la lettera b) del comma 611 dell'art. 1
della legge n. 147 del 2013 ha previsto che «le modifiche di cui alla
lettera a) si applicano agli atti notificati a decorrere dal
sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente
legge», l'indicato ius novum certamente non si applica alla
fattispecie oggetto del giudizio principale, la quale continua ad
essere regolata dal testo originario dell'art. 17-bis, con la
conseguenza che deve escludersi la necessita' di restituire gli atti
al giudice rimettente affinche' valuti la perdurante rilevanza e la
non manifesta infondatezza della questione;
che la questione sollevata ? come eccepito dall'Avvocatura
generale dello Stato ? e' manifestamente inammissibile per
insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio
principale;
che a tale proposito, la Commissione tributaria rimettente si
limita ad esporre che «vi sono alcuni soci che sono costretti, per la
annualita' 2008, oggi in discussione, ad effettuare obbligatoriamente
il reclamo/mediazione, non potendo avere la propria posizione
discussa nell'identico contenitore processuale della societa'»,
mentre dal frontespizio dell'ordinanza di rimessione si ricava anche
che: a) la stessa Commissione e' investita di cinque ricorsi, uno
soltanto dei quali (il n. 335/13, depositato il 12 aprile 2013) e'
relativo all'anno 2008; b) tale ricorso - che ha ad oggetto l'avviso
di accertamento n. TQ5030200658/2012 «IVA-OP.IMPONIB. 2008 IRAP» - e'
stato presentato contro l'Agenzia delle entrate, Direzione
provinciale di Fermo, Ufficio controlli, da una societa' a
responsabilita' limitata e da quattro persone fisiche;
che il giudice a quo omette di indicare il valore della
controversia promossa dai menzionati soci, indicazione che sarebbe
stata necessaria al fine di permettere a questa Corte di verificare
se tale lite rientri effettivamente tra quelle «di valore non
superiore a ventimila euro» per le quali l'impugnato art. 17-bis del
d.lgs. n. 546 del 1992 impone la preliminare presentazione del
reclamo alla quale detti soci sarebbero stati «costretti»;
che la stessa Commissione tributaria rimettente non precisa,
altresi', i presupposti che sarebbero alla base, nella specie, del
necessario litisconsorzio, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 546
del 1992, «come da diritto vivente», tra la societa' a
responsabilita' limitata e i soci della stessa;
che tale precisazione sarebbe stata tanto piu' necessaria in
quanto la giurisprudenza di legittimita' afferma la necessita' del
litisconsorzio tra (tutti) i soci e la societa' nel caso in cui venga
impugnato l'accertamento del reddito delle societa' di persone di cui
all'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi)
o del reddito da partecipazione dei soci delle stesse (Corte di
cassazione, sezioni unite, sentenza n. 14815 del 2008; nello stesso
senso, ex plurimis, sentenze n. 27193 del 2013, n. 23096 del 2012 e
n. 2907 del 2010; ordinanza n. 20820 del 2012), mentre ha escluso
detta necessita' del consorzio di lite nel caso in cui venga
impugnato l'accertamento del reddito delle societa' di capitali ?
quale e' quella ricorrente nel giudizio principale ? che pure
costituisca l'indispensabile antecedente logico-giuridico
dell'accertamento nei confronti dei soci (Corte di cassazione,
sentenza n. 2214 del 2011);
che, il medesimo giudice rimettente non chiarisce neppure se gli
indicati soci abbiano effettivamente presentato il reclamo previsto
dall'impugnato art. 17-bis ne' se, e per quale ragione, tale
presentazione ? ove realmente intervenuta ? abbia effettivamente
determinato l'impossibilita' della trattazione del ricorso dei soci
congiuntamente a quello della societa';
che tali lacune nella descrizione della fattispecie, non
consentendo a questa Corte di compiere il necessario controllo in
ordine all'applicabilita' delle impugnate disposizioni nel giudizio a
quo nonche' all'effettiva ricorrenza, nello stesso giudizio, della
lesione denunciata si risolvono in un difetto di motivazione sulla
rilevanza della questione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413), nel testo anteriore alla sostituzione
dello stesso ad opera dell'art. 1, comma 611, lettera a), numero 1),
della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita'
2014), «in relazione all'art. 14» dello stesso decreto legislativo,
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione,
dalla Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
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