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domenica 22 giugno 2014

N. 172 SENTENZA 11 giugno 2014 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e Pene - Atti persecutori (cosiddetto stalking) - Fattispecie. - Codice penale, art. 612-bis. - (GU n.26 del 18-6-2014 )



N. 172 SENTENZA 11 giugno 2014
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e Pene - Atti persecutori (cosiddetto stalking) - Fattispecie. 
- Codice penale, art. 612-bis. 
-   
(GU n.26 del 18-6-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,
  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo   GROSSI,   Giorgio
  LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario
  Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 612-bis del
codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di  Trapani,  sezione
distaccata di Alcamo, nel procedimento penale a carico di  M.S.,  con
ordinanza del 24  giugno  2013,  iscritta  al  n.  284  del  registro
ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  7  maggio  2014  il  Giudice
relatore Marta Cartabia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario  di  Trapani,  sezione  distaccata  di
Alcamo, con ordinanza in data 24 giugno 2013 (r. o. n. 284 del 2013),
ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
612-bis del codice  penale,  per  violazione  dell'art.  25,  secondo
comma, della Costituzione. 
    La  disposizione  impugnata  punisce,   «salvo   che   il   fatto
costituisca piu' grave reato»,  «chiunque,  con  condotte  reiterate,
minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e  grave
stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore  per
l'incolumita' propria o di un prossimo  congiunto  o  di  persona  al
medesimo legata da  relazione  affettiva  ovvero  da  costringere  lo
stesso ad alterare le proprie abitudini di vita». 
    1.1.- In particolare,  il  giudice  rimettente  ha  ritenuto  che
l'impugnata   norma   incriminatrice   non    definisca    in    modo
«sufficientemente determinato il  minimum  della  condotta  intrusiva
temporalmente  necessaria  e  sufficiente   affinche'   possa   dirsi
integrata la persecuzione  penalmente  rilevante».  Inoltre,  neppure
risulterebbe sufficientemente determinato cosa debba  intendersi  per
perdurante e grave stato di ansia o di paura,  cosi'  come  in  alcun
modo definiti sarebbero i criteri  per  stabilire  quando  il  timore
debba considerarsi «fondato». Estremamente  ampio  ed  eccessivamente
elastico sarebbe poi il concetto di «abitudini di vita»,  di  cui  il
legislatore  non  avrebbe  percio'  sufficientemente  individuato   i
confini. 
    Simile indeterminatezza paleserebbe,  quindi,  la  non  manifesta
infondatezza della questione in relazione all'art. 25, secondo comma,
Cost. 
    1.2.-   Poiche'   nell'imputazione   le    condotte    contestate
all'imputato si assumono integrare gli elementi della fattispecie  di
cui il rimettente lamenta l'indeterminatezza, la sollevata  questione
e' stata da questi ritenuta rilevante nel giudizio a quo. 
    2.- Con atto depositato in data 4 febbraio 2014,  e'  intervenuto
nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo  che
la questione sia dichiarata manifestamente infondata. 
    In particolare, l'Avvocatura generale dello  Stato  ha  osservato
che la condotta tipica della fattispecie di cui all'art. 612-bis cod.
pen. sarebbe assai piu' determinata di quella dei reati  di  minaccia
(art. 612 cod. pen.) e molestia (art. 660  cod.  pen.),  che  vantano
un'ampia tradizione interpretativa e la cui conformita' all'art.  25,
secondo comma, Cost. non e' in discussione. 
    Come  in  ciascun   reato   abituale,   poi,   le   condotte   si
caratterizzerebbero per la loro reiterazione nel tempo, nel senso  di
dover essere almeno due, senza  che  risulti  opportuna  alcuna  loro
ulteriore fissazione minima nel  numero  o  nella  durata  temporale,
giacche'   la   connotazione   criminale   delle   medesime   sarebbe
sufficientemente  individuata  dalla  loro  idoneita'  complessiva  a
determinare l'effetto psicologico tipizzato. 
    La difesa dello Stato, inoltre, reputa  prive  di  fondamento  le
censure relative all'indeterminatezza del perdurante e grave stato di
ansia o di paura, trattandosi  di  situazioni  alterate  dello  stato
psichico tali da provocare un effetto destabilizzante della serenita'
e dell'equilibrio psico-fisico, riscontrato  da  copiosa  letteratura
medica. 
    Quanto al «fondato» timore, la difesa dello Stato ha ritenuto che
si tratti di aggettivazione volta proprio a  richiedere  un'oggettiva
apprezzabilita' dell'elemento della fattispecie. 
    L'espressione «abitudini di vita» sarebbe, infine, dettata  dalla
necessita' di  riferirsi  al  complesso  dei  comportamenti  che  una
persona  solitamente  mantiene  nell'ambito  familiare,   sociale   e
lavorativo, e che la vittima sarebbe costretta  a  mutare  a  seguito
dell'intrusione rappresentata dall'attivita' persecutoria. 
    Nessun pregio avrebbero, pertanto, le censure  di  illegittimita'
costituzionale sollevate dal giudice rimettente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza depositata in data 24 giugno 2013 (r. o. n. 284
del 2013), il Tribunale ordinario di Trapani, sezione  distaccata  di
Alcamo,  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 612-bis del codice penale, per violazione del principio  di
determinatezza delle  fattispecie  penali  codificato  dall'art.  25,
secondo comma, della Costituzione. 
    In particolare, il giudice rimettente ha lamentato il  fatto  che
il legislatore non abbia indicato in maniera sufficientemente precisa
il  minimum  della  condotta  intrusiva  temporalmente  necessaria  e
sufficiente  affinche'  possa   dirsi   integrata   la   persecuzione
penalmente rilevante. 
    Inoltre, sarebbe eccessivamente vaga la nozione di «perdurante  e
grave stato di ansia o di paura», con  cui  si  definisce  uno  degli
eventi alternativi costitutivi del reato. 
    Altrettanto indefiniti sarebbero, poi, i  criteri  necessari  per
stabilire  quando  il   timore   ingenerato   nella   vittima   debba
considerarsi «fondato» ai fini dell'integrazione della fattispecie. 
    Eccessivamente ampio ed elastico sarebbe, infine, il concetto  di
«abitudini  di  vita»,  la  cui  alterazione  e'  richiesta  per   la
configurazione del reato. 
    2.- In via preliminare deve  rilevarsi  che,  successivamente  al
deposito dell'ordinanza di rimessione, l'impugnato art. 612-bis  cod.
pen. e' stato modificato dall'art. 1-bis, comma 1, del  decreto-legge
1° luglio 2013, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di  esecuzione
della pena), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 9 agosto 2013, n. 94, che ha elevato  a  cinque  anni  di
reclusione il massimo della pena edittale,  originariamente  prevista
in quattro  anni.  Inoltre,  l'art.  1,  comma  3,  lettera  a),  del
decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in  materia
di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche'  in
tema di protezione civile  e  di  commissariamento  delle  province),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  15
ottobre 2013, n. 119, ha modificato l'aggravante di  cui  al  secondo
comma dell'art. 612-bis cod. pen., stabilendo che l'aumento  di  pena
consegua anche nel caso in  cui  il  fatto  sia  commesso  attraverso
strumenti informatici o  telematici,  e  chiarendo  che  l'aggravante
sussiste anche nel caso di persona  che  sia  attualmente  legata  da
relazione  affettiva  con  la  persona  offesa  (mentre   nel   testo
previgente si parlava di fatto commesso da chi «e' stato» legato alla
vittima). L'art. 1, comma 3, lettera b), del citato d.l.  n.  93  del
2013, convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,  della
legge n. 119 del 2013, ha infine modificato il quarto comma dell'art.
612-bis cod.  pen.,  che  disciplina  la  procedibilita'  del  reato,
stabilendo che, nei casi in cui il delitto sia procedibile a querela,
la remissione di quest'ultima possa essere soltanto processuale e che
la medesima sia  irrevocabile  quando  il  fatto  e'  stato  commesso
attraverso la reiterazione di minacce aggravate. 
    Deve, peraltro, osservarsi che il predetto  jus  superveniens  ha
inciso su  parti  dell'art.  612-bis  cod.  pen.  che  riguardano  il
trattamento  sanzionatorio,  le  aggravanti  e  la  procedibilita'  a
querela del reato, senza minimamente intaccare la  descrizione  della
fattispecie-base oggetto di incriminazione, l'unica che il rimettente
assume indeterminata, lamentando solo in  relazione  alla  stessa  la
violazione  dell'art.  25,  secondo  comma,  Cost.,   rilevante   nel
procedimento a quo. 
    Si tratta, quindi, di modifiche che non concernono aspetti  della
disposizione impugnata, censurati  di  indeterminatezza  dal  giudice
rimettente. Conseguentemente,  deve  escludersi  che,  nella  specie,
debba procedersi ad una restituzione degli atti, anche perche',  come
questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di   precisare,   «un'eventuale
restituzione degli atti al giudice rimettente,  ove  questa  non  sia
giustificata  dalla  necessita'  che  sia  nuovamente   valutata   la
perdurante  rilevanza  nel  giudizio  a  quo  e  la   non   manifesta
infondatezza della quaestio a suo tempo sollevata, potrebbe condurre,
proprio in aperto  contrasto  col  principio  di  effettivita'  della
tutela giurisdizionale  che  non  puo'  essere  disgiunta  dalla  sua
tempestivita', ad un inutile dilatamento  dei  tempi  dei  giudizi  a
quibus, soggetti  per  due  volte  alla  sospensione  conseguente  al
promovimento dell'incidente di legittimita' costituzionale, e ad  una
duplicazione dello  stesso  giudizio  di  costituzionalita',  con  il
rischio di vulnerare il canone di  ragionevole  durata  del  processo
sancito dall'art. 111 Cost.» (sentenza n. 186 del 2013). 
    3 - Nel merito, questa Corte e' chiamata a  giudicare  se  l'art.
612-bis cod. pen. - che punisce «chiunque,  con  condotte  reiterate,
minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e  grave
stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore  per
l'incolumita' propria o di un prossimo  congiunto  o  di  persona  al
medesimo legata da  relazione  affettiva  ovvero  da  costringere  lo
stesso ad alterare le  proprie  abitudini  di  vita»  -  soddisfi  il
principio  di  determinatezza  delle  fattispecie  penali,  garantito
dall'art. 25, secondo comma, Cost. 
    La questione non e' fondata. 
    Invero, la giurisprudenza costituzionale ha  gia'  chiarito  che,
per verificare il rispetto del principio di determinatezza,  «occorre
non  gia'  valutare  isolatamente  il  singolo  elemento  descrittivo
dell'illecito, bensi' collegarlo con gli altri  elementi  costitutivi
della fattispecie e con la disciplina in cui questa s'inserisce»  (da
ultimo, sentenza n. 282 del 2010). 
    La  valutazione,  dunque,  e'  da  condurre  con  un  metodo   di
interpretazione integrato  e  sistemico  e  dovra'  essere  volta  ad
accertare, da una parte, la intelligibilita'  del  precetto  in  base
alla sua formulazione linguistica e, dall'altra,  la  verificabilita'
del fatto, descritto dalla norma incriminatrice,  nella  realta'  dei
comportamenti sociali. Infatti, come gia' precisato, a partire  dalla
sentenza n. 96 del 1981,  «nella  dizione  dell'art.  25  Cost.,  che
impone   espressamente   al   legislatore    di    formulare    norme
concettualmente precise sotto il profilo semantico della chiarezza  e
dell'intelligibilita'  dei  termini   impiegati,   deve   logicamente
ritenersi anche implicito l'onere di formulare ipotesi che  esprimano
fattispecie corrispondenti alla realta'». 
    4.-  Cio'  premesso  in  ordine  alla   portata   del   parametro
costituzionale evocato dal rimettente e  al  metodo  da  seguire  per
accertarne l'osservanza, occorre notare che  la  fattispecie  di  cui
all'art. 612-bis cod. pen. si  configura  come  specificazione  delle
condotte di minaccia  o  di  molestia  gia'  contemplate  dal  codice
penale, sin dalla sua originaria formulazione, agli artt. 612 e  660.
La  lunga  tradizione  applicativa  di  tali  fattispecie   in   sede
giurisdizionale,  da  un   lato   agevola   l'interpretazione   della
disposizione oggi sottoposta  a  giudizio  e,  dall'altro,  offre  la
riprova che la descrizione legislativa  corrisponde  a  comportamenti
effettivamente riscontrabili (e riscontrati) nella realta'. 
    La condotta  di  minaccia,  infatti,  oltre  ad  essere  elemento
costitutivo di diversi reati - si pensi, ad  esempio,  alla  violenza
privata ex art. 610 cod. pen., alla rapina ex art. 628  cod.  pen.  o
all'estorsione ex art. 629 cod. pen. -  e'  oggetto  della  specifica
incriminazione di cui all'art. 612 cod. pen. e, nella tradizionale  e
consolidata interpretazione che ne e'  data,  in  piena  adesione  al
significato  che  il  termine  assume  nel  linguaggio  comune,  essa
consiste nella prospettazione di un male futuro. Molestare significa,
invece, sempre secondo il senso comune, alterare in modo fastidioso o
importuno l'equilibrio psichico di una persona normale. E  questo  e'
sostanzialmente il significato evocato dall'art. 660  cod.  pen.,  in
cui viene fatto riferimento alla molestia per definire  il  risultato
di una condotta. 
    4.1.- In anni piu' recenti il legislatore  -  con  l'art.  7  del
decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in  materia  di
sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonche'  in
tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni dall'art. 1,
comma 1, della legge 23 aprile 2009, n. 38 - volendo colmare un vuoto
di tutela verso i comportamenti persecutori,  assillanti  e  invasivi
della  vita  altrui,  di  cui  sono  vittime  soprattutto,   ma   non
esclusivamente, le donne, ha  introdotto  nel  codice  penale  l'art.
612-bis, il quale prevede un'autonoma e  piu'  grave  fattispecie  di
reato, in linea con quanto previsto da numerosi ordinamenti stranieri
e con quanto ora e' stabilito, quale  obbligo  convenzionale  per  lo
Stato, da strumenti  internazionali  e,  segnatamente,  dall'art.  34
della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza  domestica
di Istanbul, ratificata e resa esecutiva in Italia con gli artt. 1  e
2 della legge 27 giugno 2013, n. 77  (Ratifica  ed  esecuzione  della
Convenzione del Consiglio  d'Europa  sulla  prevenzione  e  la  lotta
contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,
fatta a Istanbul l'11 maggio 2011). Con  lo  speciale  reato  di  cui
all'art. 612-bis cod. pen. il legislatore ha ulteriormente  connotato
le condotte di minaccia e molestia, richiedendo che le  stesse  siano
realizzate in modo reiterato e idoneo a cagionare  almeno  uno  degli
eventi indicati nel testo normativo  (stato  di  ansia  o  di  paura,
timore per l'incolumita' e cambiamento delle abitudini di vita). Tale
ulteriore connotazione e' volta ad individuare specifici fenomeni  di
molestia  assillante  che  si  caratterizzano  per  un  atteggiamento
predatorio nei confronti della vittima,  bene  espresso  dal  termine
inglese  "stalking",  con  cui  viene  solitamente  descritto  questo
comportamento criminale. Le peculiarita', che  contraddistinguono  la
minaccia e la  molestia  in  questi  casi,  espongono  la  vittima  a
conseguenze nella vita emotiva (stato di  ansia  e  di  paura  ovvero
timore per l'incolumita') e pratica (cambiamento delle  abitudini  di
vita), che rappresentano eventi individuati dal  legislatore  proprio
al  fine  di  meglio  circoscrivere  la  nuova  area   di   illecito,
caratterizzata da un  aggravato  disvalore  rispetto  alle  generiche
minacce e molestie e che,  pertanto,  giustificano  una  piu'  severa
reazione penale. 
    Ancora,  occorre  tenere  conto  del  fatto  che  si   e'   ormai
consolidato un "diritto vivente" che  qualifica  il  delitto  di  cui
all'art. 612-bis cod. pen. come reato abituale di evento, per la  cui
sussistenza occorre una condotta reiterata, idonea  a  causare  nella
vittima  una  delle  conseguenze  descritte  e,  sotto   il   profilo
dell'elemento soggettivo, richiede il  dolo  generico,  il  quale  e'
integrato dalla volonta' di porre in essere le condotte di minaccia e
molestia  nella  consapevolezza  della  idoneita'  delle  medesime  a
produrre almeno uno degli eventi previsti dalla norma  incriminatrice
(ex plurimis, Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenze n.
20993 e n. 7544 del 2012). 
    Cio' conferma quanto risulta  evidente  gia'  dalla  formulazione
legislativa del precetto e, cioe',  che  il  reato  di  cui  all'art.
612-bis cod. pen. non attenua in alcun modo la  determinatezza  della
incriminazione rispetto alle fattispecie di molestie o di minacce, di
cui costituisce una specificazione. 
    4.2.- Il fatto che il legislatore, nel definire le condotte e gli
eventi, abbia fatto ricorso a una enunciazione sintetica della  norma
incriminatrice - come avviene, del resto, nella gran parte dei  Paesi
dove e' stata adottata una normativa cosiddetta "anti-stalking"  -  e
non abbia adottato, invece, una tecnica analitica di enumerazione dei
comportamenti sanzionati, non comporta,  di  per  se',  un  vizio  di
indeterminatezza,  purche'  attraverso  l'interpretazione  integrata,
sistemica e  teleologica,  si  pervenga  alla  individuazione  di  un
significato  chiaro,  intelligibile  e  preciso  dell'enunciato.  Del
resto, anche in un ordinamento come quello  tedesco,  in  cui  si  e'
scelto  di  enumerare  le  ipotesi  di  persecuzione  riportabili  al
cosiddetto "stalking" ("Nachstellung"), l'elenco non e' tassativo, ma
prevede una clausola di chiusura "ad analogia esplicita", che  attrae
nel  perimetro  della   rilevanza   penale,   oltre   alle   condotte
puntualmente tipizzate, anche ogni "altro comportamento assimilabile"
("eine andere vergleichbare Handlung",  ex  §  238,  (1)  del  codice
penale tedesco). 
    Invero,  come  gia'  affermato  da   questa   Corte,   l'esigenza
costituzionale di determinatezza della fattispecie ai sensi dell'art.
25,  secondo  comma,  Cost.,  non  coincide  necessariamente  con  il
carattere piu' o meno descrittivo della stessa, ben potendo la  norma
incriminatrice fare uso di una tecnica esemplificativa  (sentenze  n.
79 del 1982, n. 120 del 1963 e n. 27 del 1961),  oppure  riferirsi  a
concetti extragiuridici diffusi (sentenze n. 42 del 1972, n. 191  del
1970), ovvero ancora a dati di esperienza comune o tecnica  (sentenza
n. 126  del  1971).  Il  principio  di  determinatezza  non  esclude,
infatti,  l'ammissibilita'  di  formule  elastiche,  alle  quali  non
infrequentemente   il   legislatore   deve   ricorrere   stante    la
«impossibilita'  pratica  di   elencare   analiticamente   tutte   le
situazioni astrattamente idonee a "giustificare"  l'inosservanza  del
precetto e la  cui  valenza  riceve  adeguata  luce  dalla  finalita'
dell'incriminazione e dal quadro normativo su cui  essa  si  innesta»
(sentenze n. 302 e n. 5 del 2004). 
    5.-  In  relazione  ai   diversi   elementi   che,   nella   loro
combinazione, integrano il reato di cui all'art. 612-bis  cod.  pen.,
ora sottoposto all'esame della Corte, viene anzitutto in  rilievo  la
reiterazione   di   condotte    minacciose    o    moleste,    idonee
alternativamente a cagionare un «perdurante e grave stato di ansia  o
di paura» ovvero a ingenerare un «fondato  timore  per  l'incolumita'
propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da
relazione affettiva» ovvero a costringere lo stesso  ad  alterare  le
«proprie abitudini di vita». 
    Il   concetto   di   «reiterazione»,   utilizzato   nella   norma
incriminatrice, chiarisce in modo preciso che sono necessarie  almeno
due  condotte  di  minacce  o  molestia.  Cio',  tuttavia,   non   e'
sufficiente, in quanto le  medesime  devono  anche  essere  idonee  a
cagionare uno dei tre eventi alternativamente  previsti  dalla  norma
incriminatrice. Una tale valutazione di idoneita' non puo' che essere
condotta  in  concreto  dal  giudice  esaminando  il   singolo   caso
sottoposto al suo giudizio e tenendo conto che, come ha ripetutamente
sottolineato la giurisprudenza di legittimita' (ex plurimis, Corte di
cassazione, sezione quinta penale, sentenze n. 46331 del  2013  e  n.
6417 del 2010), non e' sufficiente il  semplice  verificarsi  di  uno
degli eventi  previsti  dalla  norma  penale,  ne'  basta  l'astratta
idoneita' della condotta a cagionarlo, occorrendo  invece  dimostrare
il nesso causale tra la condotta posta  in  essere  dall'agente  e  i
turbamenti derivati alla vita privata della vittima. 
    Quanto al «perdurante e grave stato di ansia e  di  paura»  e  al
«fondato  timore  per  l'incolumita'»,  trattandosi  di  eventi   che
riguardano la  sfera  emotiva  e  psicologica,  essi  debbono  essere
accertati attraverso  un'accurata  osservazione  di  segni  e  indizi
comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa
e quella conseguente alle  condotte  dell'agente,  che  denotino  una
apprezzabile  destabilizzazione  della  serenita'  e  dell'equilibrio
psicologico della vittima. A questo proposito, del  resto,  anche  la
giurisprudenza di legittimita' (ex  plurimis,  Corte  di  cassazione,
sezione quinta penale, sentenza n. 14391 del 2012) ha  precisato  che
la prova dello stato di ansia e di paura puo' e deve essere  ancorata
ad elementi sintomatici che rivelino un reale turbamento psicologico,
ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima  del  reato,  dai
suoi  comportamenti  conseguenti  alla  condotta  posta   in   essere
dall'agente,  nonche'  dalle  condizioni  soggettive  della  vittima,
purche' note  all'agente,  e  come  tali  necessariamente  rientranti
nell'oggetto  del  dolo.  Anche  sotto  questo  profilo,  dunque,  e'
dimostrato che l'enunciato legislativo di cui all'art.  612-bis  cod.
pen., pur richiedendo un'attenta considerazione di dati riscontrabili
sul piano dei comportamenti e dell'esperienza, consente al giudice di
appurare con ragionevole certezza il verificarsi dei fenomeni in esso
descritti e, pertanto, non  presenta  vizi  di  indeterminatezza,  ai
sensi dell'art. 25, secondo comma, Cost. 
    L'aggettivazione, inoltre, in termini  di  «grave  e  perdurante»
stato di ansia o di paura e di «fondato»  timore  per  l'incolumita',
vale a circoscrivere  ulteriormente  l'area  dell'incriminazione,  in
modo che siano doverosamente ritenute  irrilevanti  ansie  di  scarso
momento, sia in ordine alla loro  durata  sia  in  ordine  alla  loro
incidenza sul soggetto passivo, nonche' timori immaginari o del tutto
fantasiosi della vittima. A tale ultimo  riguardo,  deve  rammentarsi
come  spetti  al  giudice  ricostruire  e  circoscrivere  l'area   di
tipicita' della condotta penalmente rilevante sulla base dei consueti
criteri ermeneutici,  in  particolare  alla  luce  del  principio  di
offensivita',  che  per  giurisprudenza  costante  di  questa   Corte
costituisce  canone   interpretativo   unanimemente   accettato   (ex
plurimis, sentenze n. 139 del 2014 e n. 62 del 1986). 
    Infine, il riferimento del legislatore  alle  abitudini  di  vita
costituisce  un  chiaro  e  verificabile  rinvio  al  complesso   dei
comportamenti  che  una  persona  solitamente  mantiene   nell'ambito
familiare, sociale e lavorativo, e che  la  vittima  e'  costretta  a
mutare  a  seguito   dell'intrusione   rappresentata   dall'attivita'
persecutoria, mutamento di cui l'agente deve avere consapevolezza  ed
essersi rappresentato, trattandosi di reato  per  l'appunto  punibile
solo a titolo di dolo. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 612-bis cod. pen. sollevata, in  riferimento  all'art.  25,
secondo comma, Cost., dal Tribunale  ordinario  di  Trapani,  sezione
distaccata di Alcamo, con l'ordinanza in epigrafe indicata. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 giugno 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI 
 

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