N. 172 SENTENZA 11 giugno 2014
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e Pene - Atti persecutori (cosiddetto stalking) - Fattispecie. - Codice penale, art. 612-bis. -(GU n.26 del 18-6-2014 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Gaetano SILVESTRI;
Giudici :Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio
LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario
Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 612-bis del
codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Trapani, sezione
distaccata di Alcamo, nel procedimento penale a carico di M.S., con
ordinanza del 24 giugno 2013, iscritta al n. 284 del registro
ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2014.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 maggio 2014 il Giudice
relatore Marta Cartabia.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale ordinario di Trapani, sezione distaccata di
Alcamo, con ordinanza in data 24 giugno 2013 (r. o. n. 284 del 2013),
ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.
612-bis del codice penale, per violazione dell'art. 25, secondo
comma, della Costituzione.
La disposizione impugnata punisce, «salvo che il fatto
costituisca piu' grave reato», «chiunque, con condotte reiterate,
minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave
stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per
l'incolumita' propria o di un prossimo congiunto o di persona al
medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo
stesso ad alterare le proprie abitudini di vita».
1.1.- In particolare, il giudice rimettente ha ritenuto che
l'impugnata norma incriminatrice non definisca in modo
«sufficientemente determinato il minimum della condotta intrusiva
temporalmente necessaria e sufficiente affinche' possa dirsi
integrata la persecuzione penalmente rilevante». Inoltre, neppure
risulterebbe sufficientemente determinato cosa debba intendersi per
perdurante e grave stato di ansia o di paura, cosi' come in alcun
modo definiti sarebbero i criteri per stabilire quando il timore
debba considerarsi «fondato». Estremamente ampio ed eccessivamente
elastico sarebbe poi il concetto di «abitudini di vita», di cui il
legislatore non avrebbe percio' sufficientemente individuato i
confini.
Simile indeterminatezza paleserebbe, quindi, la non manifesta
infondatezza della questione in relazione all'art. 25, secondo comma,
Cost.
1.2.- Poiche' nell'imputazione le condotte contestate
all'imputato si assumono integrare gli elementi della fattispecie di
cui il rimettente lamenta l'indeterminatezza, la sollevata questione
e' stata da questi ritenuta rilevante nel giudizio a quo.
2.- Con atto depositato in data 4 febbraio 2014, e' intervenuto
nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che
la questione sia dichiarata manifestamente infondata.
In particolare, l'Avvocatura generale dello Stato ha osservato
che la condotta tipica della fattispecie di cui all'art. 612-bis cod.
pen. sarebbe assai piu' determinata di quella dei reati di minaccia
(art. 612 cod. pen.) e molestia (art. 660 cod. pen.), che vantano
un'ampia tradizione interpretativa e la cui conformita' all'art. 25,
secondo comma, Cost. non e' in discussione.
Come in ciascun reato abituale, poi, le condotte si
caratterizzerebbero per la loro reiterazione nel tempo, nel senso di
dover essere almeno due, senza che risulti opportuna alcuna loro
ulteriore fissazione minima nel numero o nella durata temporale,
giacche' la connotazione criminale delle medesime sarebbe
sufficientemente individuata dalla loro idoneita' complessiva a
determinare l'effetto psicologico tipizzato.
La difesa dello Stato, inoltre, reputa prive di fondamento le
censure relative all'indeterminatezza del perdurante e grave stato di
ansia o di paura, trattandosi di situazioni alterate dello stato
psichico tali da provocare un effetto destabilizzante della serenita'
e dell'equilibrio psico-fisico, riscontrato da copiosa letteratura
medica.
Quanto al «fondato» timore, la difesa dello Stato ha ritenuto che
si tratti di aggettivazione volta proprio a richiedere un'oggettiva
apprezzabilita' dell'elemento della fattispecie.
L'espressione «abitudini di vita» sarebbe, infine, dettata dalla
necessita' di riferirsi al complesso dei comportamenti che una
persona solitamente mantiene nell'ambito familiare, sociale e
lavorativo, e che la vittima sarebbe costretta a mutare a seguito
dell'intrusione rappresentata dall'attivita' persecutoria.
Nessun pregio avrebbero, pertanto, le censure di illegittimita'
costituzionale sollevate dal giudice rimettente.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza depositata in data 24 giugno 2013 (r. o. n. 284
del 2013), il Tribunale ordinario di Trapani, sezione distaccata di
Alcamo, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 612-bis del codice penale, per violazione del principio di
determinatezza delle fattispecie penali codificato dall'art. 25,
secondo comma, della Costituzione.
In particolare, il giudice rimettente ha lamentato il fatto che
il legislatore non abbia indicato in maniera sufficientemente precisa
il minimum della condotta intrusiva temporalmente necessaria e
sufficiente affinche' possa dirsi integrata la persecuzione
penalmente rilevante.
Inoltre, sarebbe eccessivamente vaga la nozione di «perdurante e
grave stato di ansia o di paura», con cui si definisce uno degli
eventi alternativi costitutivi del reato.
Altrettanto indefiniti sarebbero, poi, i criteri necessari per
stabilire quando il timore ingenerato nella vittima debba
considerarsi «fondato» ai fini dell'integrazione della fattispecie.
Eccessivamente ampio ed elastico sarebbe, infine, il concetto di
«abitudini di vita», la cui alterazione e' richiesta per la
configurazione del reato.
2.- In via preliminare deve rilevarsi che, successivamente al
deposito dell'ordinanza di rimessione, l'impugnato art. 612-bis cod.
pen. e' stato modificato dall'art. 1-bis, comma 1, del decreto-legge
1° luglio 2013, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione
della pena), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della legge 9 agosto 2013, n. 94, che ha elevato a cinque anni di
reclusione il massimo della pena edittale, originariamente prevista
in quattro anni. Inoltre, l'art. 1, comma 3, lettera a), del
decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni urgenti in materia
di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche' in
tema di protezione civile e di commissariamento delle province),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15
ottobre 2013, n. 119, ha modificato l'aggravante di cui al secondo
comma dell'art. 612-bis cod. pen., stabilendo che l'aumento di pena
consegua anche nel caso in cui il fatto sia commesso attraverso
strumenti informatici o telematici, e chiarendo che l'aggravante
sussiste anche nel caso di persona che sia attualmente legata da
relazione affettiva con la persona offesa (mentre nel testo
previgente si parlava di fatto commesso da chi «e' stato» legato alla
vittima). L'art. 1, comma 3, lettera b), del citato d.l. n. 93 del
2013, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge n. 119 del 2013, ha infine modificato il quarto comma dell'art.
612-bis cod. pen., che disciplina la procedibilita' del reato,
stabilendo che, nei casi in cui il delitto sia procedibile a querela,
la remissione di quest'ultima possa essere soltanto processuale e che
la medesima sia irrevocabile quando il fatto e' stato commesso
attraverso la reiterazione di minacce aggravate.
Deve, peraltro, osservarsi che il predetto jus superveniens ha
inciso su parti dell'art. 612-bis cod. pen. che riguardano il
trattamento sanzionatorio, le aggravanti e la procedibilita' a
querela del reato, senza minimamente intaccare la descrizione della
fattispecie-base oggetto di incriminazione, l'unica che il rimettente
assume indeterminata, lamentando solo in relazione alla stessa la
violazione dell'art. 25, secondo comma, Cost., rilevante nel
procedimento a quo.
Si tratta, quindi, di modifiche che non concernono aspetti della
disposizione impugnata, censurati di indeterminatezza dal giudice
rimettente. Conseguentemente, deve escludersi che, nella specie,
debba procedersi ad una restituzione degli atti, anche perche', come
questa Corte ha gia' avuto modo di precisare, «un'eventuale
restituzione degli atti al giudice rimettente, ove questa non sia
giustificata dalla necessita' che sia nuovamente valutata la
perdurante rilevanza nel giudizio a quo e la non manifesta
infondatezza della quaestio a suo tempo sollevata, potrebbe condurre,
proprio in aperto contrasto col principio di effettivita' della
tutela giurisdizionale che non puo' essere disgiunta dalla sua
tempestivita', ad un inutile dilatamento dei tempi dei giudizi a
quibus, soggetti per due volte alla sospensione conseguente al
promovimento dell'incidente di legittimita' costituzionale, e ad una
duplicazione dello stesso giudizio di costituzionalita', con il
rischio di vulnerare il canone di ragionevole durata del processo
sancito dall'art. 111 Cost.» (sentenza n. 186 del 2013).
3 - Nel merito, questa Corte e' chiamata a giudicare se l'art.
612-bis cod. pen. - che punisce «chiunque, con condotte reiterate,
minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave
stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per
l'incolumita' propria o di un prossimo congiunto o di persona al
medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo
stesso ad alterare le proprie abitudini di vita» - soddisfi il
principio di determinatezza delle fattispecie penali, garantito
dall'art. 25, secondo comma, Cost.
La questione non e' fondata.
Invero, la giurisprudenza costituzionale ha gia' chiarito che,
per verificare il rispetto del principio di determinatezza, «occorre
non gia' valutare isolatamente il singolo elemento descrittivo
dell'illecito, bensi' collegarlo con gli altri elementi costitutivi
della fattispecie e con la disciplina in cui questa s'inserisce» (da
ultimo, sentenza n. 282 del 2010).
La valutazione, dunque, e' da condurre con un metodo di
interpretazione integrato e sistemico e dovra' essere volta ad
accertare, da una parte, la intelligibilita' del precetto in base
alla sua formulazione linguistica e, dall'altra, la verificabilita'
del fatto, descritto dalla norma incriminatrice, nella realta' dei
comportamenti sociali. Infatti, come gia' precisato, a partire dalla
sentenza n. 96 del 1981, «nella dizione dell'art. 25 Cost., che
impone espressamente al legislatore di formulare norme
concettualmente precise sotto il profilo semantico della chiarezza e
dell'intelligibilita' dei termini impiegati, deve logicamente
ritenersi anche implicito l'onere di formulare ipotesi che esprimano
fattispecie corrispondenti alla realta'».
4.- Cio' premesso in ordine alla portata del parametro
costituzionale evocato dal rimettente e al metodo da seguire per
accertarne l'osservanza, occorre notare che la fattispecie di cui
all'art. 612-bis cod. pen. si configura come specificazione delle
condotte di minaccia o di molestia gia' contemplate dal codice
penale, sin dalla sua originaria formulazione, agli artt. 612 e 660.
La lunga tradizione applicativa di tali fattispecie in sede
giurisdizionale, da un lato agevola l'interpretazione della
disposizione oggi sottoposta a giudizio e, dall'altro, offre la
riprova che la descrizione legislativa corrisponde a comportamenti
effettivamente riscontrabili (e riscontrati) nella realta'.
La condotta di minaccia, infatti, oltre ad essere elemento
costitutivo di diversi reati - si pensi, ad esempio, alla violenza
privata ex art. 610 cod. pen., alla rapina ex art. 628 cod. pen. o
all'estorsione ex art. 629 cod. pen. - e' oggetto della specifica
incriminazione di cui all'art. 612 cod. pen. e, nella tradizionale e
consolidata interpretazione che ne e' data, in piena adesione al
significato che il termine assume nel linguaggio comune, essa
consiste nella prospettazione di un male futuro. Molestare significa,
invece, sempre secondo il senso comune, alterare in modo fastidioso o
importuno l'equilibrio psichico di una persona normale. E questo e'
sostanzialmente il significato evocato dall'art. 660 cod. pen., in
cui viene fatto riferimento alla molestia per definire il risultato
di una condotta.
4.1.- In anni piu' recenti il legislatore - con l'art. 7 del
decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di
sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonche' in
tema di atti persecutori), convertito, con modificazioni dall'art. 1,
comma 1, della legge 23 aprile 2009, n. 38 - volendo colmare un vuoto
di tutela verso i comportamenti persecutori, assillanti e invasivi
della vita altrui, di cui sono vittime soprattutto, ma non
esclusivamente, le donne, ha introdotto nel codice penale l'art.
612-bis, il quale prevede un'autonoma e piu' grave fattispecie di
reato, in linea con quanto previsto da numerosi ordinamenti stranieri
e con quanto ora e' stabilito, quale obbligo convenzionale per lo
Stato, da strumenti internazionali e, segnatamente, dall'art. 34
della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica
di Istanbul, ratificata e resa esecutiva in Italia con gli artt. 1 e
2 della legge 27 giugno 2013, n. 77 (Ratifica ed esecuzione della
Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,
fatta a Istanbul l'11 maggio 2011). Con lo speciale reato di cui
all'art. 612-bis cod. pen. il legislatore ha ulteriormente connotato
le condotte di minaccia e molestia, richiedendo che le stesse siano
realizzate in modo reiterato e idoneo a cagionare almeno uno degli
eventi indicati nel testo normativo (stato di ansia o di paura,
timore per l'incolumita' e cambiamento delle abitudini di vita). Tale
ulteriore connotazione e' volta ad individuare specifici fenomeni di
molestia assillante che si caratterizzano per un atteggiamento
predatorio nei confronti della vittima, bene espresso dal termine
inglese "stalking", con cui viene solitamente descritto questo
comportamento criminale. Le peculiarita', che contraddistinguono la
minaccia e la molestia in questi casi, espongono la vittima a
conseguenze nella vita emotiva (stato di ansia e di paura ovvero
timore per l'incolumita') e pratica (cambiamento delle abitudini di
vita), che rappresentano eventi individuati dal legislatore proprio
al fine di meglio circoscrivere la nuova area di illecito,
caratterizzata da un aggravato disvalore rispetto alle generiche
minacce e molestie e che, pertanto, giustificano una piu' severa
reazione penale.
Ancora, occorre tenere conto del fatto che si e' ormai
consolidato un "diritto vivente" che qualifica il delitto di cui
all'art. 612-bis cod. pen. come reato abituale di evento, per la cui
sussistenza occorre una condotta reiterata, idonea a causare nella
vittima una delle conseguenze descritte e, sotto il profilo
dell'elemento soggettivo, richiede il dolo generico, il quale e'
integrato dalla volonta' di porre in essere le condotte di minaccia e
molestia nella consapevolezza della idoneita' delle medesime a
produrre almeno uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice
(ex plurimis, Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenze n.
20993 e n. 7544 del 2012).
Cio' conferma quanto risulta evidente gia' dalla formulazione
legislativa del precetto e, cioe', che il reato di cui all'art.
612-bis cod. pen. non attenua in alcun modo la determinatezza della
incriminazione rispetto alle fattispecie di molestie o di minacce, di
cui costituisce una specificazione.
4.2.- Il fatto che il legislatore, nel definire le condotte e gli
eventi, abbia fatto ricorso a una enunciazione sintetica della norma
incriminatrice - come avviene, del resto, nella gran parte dei Paesi
dove e' stata adottata una normativa cosiddetta "anti-stalking" - e
non abbia adottato, invece, una tecnica analitica di enumerazione dei
comportamenti sanzionati, non comporta, di per se', un vizio di
indeterminatezza, purche' attraverso l'interpretazione integrata,
sistemica e teleologica, si pervenga alla individuazione di un
significato chiaro, intelligibile e preciso dell'enunciato. Del
resto, anche in un ordinamento come quello tedesco, in cui si e'
scelto di enumerare le ipotesi di persecuzione riportabili al
cosiddetto "stalking" ("Nachstellung"), l'elenco non e' tassativo, ma
prevede una clausola di chiusura "ad analogia esplicita", che attrae
nel perimetro della rilevanza penale, oltre alle condotte
puntualmente tipizzate, anche ogni "altro comportamento assimilabile"
("eine andere vergleichbare Handlung", ex § 238, (1) del codice
penale tedesco).
Invero, come gia' affermato da questa Corte, l'esigenza
costituzionale di determinatezza della fattispecie ai sensi dell'art.
25, secondo comma, Cost., non coincide necessariamente con il
carattere piu' o meno descrittivo della stessa, ben potendo la norma
incriminatrice fare uso di una tecnica esemplificativa (sentenze n.
79 del 1982, n. 120 del 1963 e n. 27 del 1961), oppure riferirsi a
concetti extragiuridici diffusi (sentenze n. 42 del 1972, n. 191 del
1970), ovvero ancora a dati di esperienza comune o tecnica (sentenza
n. 126 del 1971). Il principio di determinatezza non esclude,
infatti, l'ammissibilita' di formule elastiche, alle quali non
infrequentemente il legislatore deve ricorrere stante la
«impossibilita' pratica di elencare analiticamente tutte le
situazioni astrattamente idonee a "giustificare" l'inosservanza del
precetto e la cui valenza riceve adeguata luce dalla finalita'
dell'incriminazione e dal quadro normativo su cui essa si innesta»
(sentenze n. 302 e n. 5 del 2004).
5.- In relazione ai diversi elementi che, nella loro
combinazione, integrano il reato di cui all'art. 612-bis cod. pen.,
ora sottoposto all'esame della Corte, viene anzitutto in rilievo la
reiterazione di condotte minacciose o moleste, idonee
alternativamente a cagionare un «perdurante e grave stato di ansia o
di paura» ovvero a ingenerare un «fondato timore per l'incolumita'
propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da
relazione affettiva» ovvero a costringere lo stesso ad alterare le
«proprie abitudini di vita».
Il concetto di «reiterazione», utilizzato nella norma
incriminatrice, chiarisce in modo preciso che sono necessarie almeno
due condotte di minacce o molestia. Cio', tuttavia, non e'
sufficiente, in quanto le medesime devono anche essere idonee a
cagionare uno dei tre eventi alternativamente previsti dalla norma
incriminatrice. Una tale valutazione di idoneita' non puo' che essere
condotta in concreto dal giudice esaminando il singolo caso
sottoposto al suo giudizio e tenendo conto che, come ha ripetutamente
sottolineato la giurisprudenza di legittimita' (ex plurimis, Corte di
cassazione, sezione quinta penale, sentenze n. 46331 del 2013 e n.
6417 del 2010), non e' sufficiente il semplice verificarsi di uno
degli eventi previsti dalla norma penale, ne' basta l'astratta
idoneita' della condotta a cagionarlo, occorrendo invece dimostrare
il nesso causale tra la condotta posta in essere dall'agente e i
turbamenti derivati alla vita privata della vittima.
Quanto al «perdurante e grave stato di ansia e di paura» e al
«fondato timore per l'incolumita'», trattandosi di eventi che
riguardano la sfera emotiva e psicologica, essi debbono essere
accertati attraverso un'accurata osservazione di segni e indizi
comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa
e quella conseguente alle condotte dell'agente, che denotino una
apprezzabile destabilizzazione della serenita' e dell'equilibrio
psicologico della vittima. A questo proposito, del resto, anche la
giurisprudenza di legittimita' (ex plurimis, Corte di cassazione,
sezione quinta penale, sentenza n. 14391 del 2012) ha precisato che
la prova dello stato di ansia e di paura puo' e deve essere ancorata
ad elementi sintomatici che rivelino un reale turbamento psicologico,
ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai
suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere
dall'agente, nonche' dalle condizioni soggettive della vittima,
purche' note all'agente, e come tali necessariamente rientranti
nell'oggetto del dolo. Anche sotto questo profilo, dunque, e'
dimostrato che l'enunciato legislativo di cui all'art. 612-bis cod.
pen., pur richiedendo un'attenta considerazione di dati riscontrabili
sul piano dei comportamenti e dell'esperienza, consente al giudice di
appurare con ragionevole certezza il verificarsi dei fenomeni in esso
descritti e, pertanto, non presenta vizi di indeterminatezza, ai
sensi dell'art. 25, secondo comma, Cost.
L'aggettivazione, inoltre, in termini di «grave e perdurante»
stato di ansia o di paura e di «fondato» timore per l'incolumita',
vale a circoscrivere ulteriormente l'area dell'incriminazione, in
modo che siano doverosamente ritenute irrilevanti ansie di scarso
momento, sia in ordine alla loro durata sia in ordine alla loro
incidenza sul soggetto passivo, nonche' timori immaginari o del tutto
fantasiosi della vittima. A tale ultimo riguardo, deve rammentarsi
come spetti al giudice ricostruire e circoscrivere l'area di
tipicita' della condotta penalmente rilevante sulla base dei consueti
criteri ermeneutici, in particolare alla luce del principio di
offensivita', che per giurisprudenza costante di questa Corte
costituisce canone interpretativo unanimemente accettato (ex
plurimis, sentenze n. 139 del 2014 e n. 62 del 1986).
Infine, il riferimento del legislatore alle abitudini di vita
costituisce un chiaro e verificabile rinvio al complesso dei
comportamenti che una persona solitamente mantiene nell'ambito
familiare, sociale e lavorativo, e che la vittima e' costretta a
mutare a seguito dell'intrusione rappresentata dall'attivita'
persecutoria, mutamento di cui l'agente deve avere consapevolezza ed
essersi rappresentato, trattandosi di reato per l'appunto punibile
solo a titolo di dolo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 612-bis cod. pen. sollevata, in riferimento all'art. 25,
secondo comma, Cost., dal Tribunale ordinario di Trapani, sezione
distaccata di Alcamo, con l'ordinanza in epigrafe indicata.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 giugno 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
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