N. 173 SENTENZA 11 - 13 giugno 2014
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Zootecnia e profilassi - Abolizione di obblighi ed adempimenti in materia di polizia veterinaria - Modalita' di stabulazione dei vitelli destinati alla macellazione. - Legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste del 15 aprile 2013, n. 13 (Disposizioni per la semplificazione di procedure in materia sanitaria), artt. 5 e 7, comma 2. -(GU n.26 del 18-6-2014 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Gaetano SILVESTRI;
Giudici :Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,
Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio
LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario
Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 5 e 7,
comma 2, della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee
d'Aoste del 15 aprile 2013, n. 13 (Disposizioni per la
semplificazione di procedure in materia sanitaria), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l'8-11
luglio 2013, depositato in cancelleria il 10 luglio 2013 ed iscritto
al n. 73 del registro ricorsi 2013.
Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Valle
d'Aosta;
udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore
Paolo Grossi;
uditi l'avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Saverio Marini per la
Regione autonoma Valle d'Aosta.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato in data 8-11 luglio 2013 e depositato
il successivo 10 luglio, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha
impugnato in via principale gli artt. 5 e 7, comma 2, della legge
della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 15 aprile 2013,
n. 13 (Disposizioni per la semplificazione di procedure in materia
sanitaria).
Il ricorrente osserva che l'art. 5 (che abolisce le
certificazioni del veterinario dell'Azienda sanitaria locale (ASL),
competente in materia di movimentazione del bestiame ed elimina sia
la vigilanza sanitaria dell'ASL sugli allevamenti sia l'obbligo di
denuncia di malattia infettiva e diffusiva per alcune malattie degli
animali) eccede dalle competenze legislative attribuite alla Regione
dall'art. 3, primo comma, lettera l), della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), in
materia di «igiene sanita', assistenza ospedaliera e profilattica»,
in quanto adotta misure che non sono di mera integrazione o
attuazione della normativa statale di riferimento. Secondo
l'Avvocatura dello Stato, infatti, la norma censurata interviene in
particolare su disposizioni e misure stabilite dal d.P.R. 8 febbraio
1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria), e segnatamente
sugli artt. 1, 2, 31, 41 e 42, che sono riconducibili alla materia
della «profilassi internazionale», riservata alla legislazione
statale esclusiva dall'art. 117, secondo comma, lettera q), della
Costituzione, al fine di assicurare un'indispensabile uniformita' di
disciplina su tutto il territorio nazionale (come affermato dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 72 del 2013, in cui si
evidenzia il coinvolgimento in materia anche di profili riguardanti
la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, anch'essa riservata alla
competenza legislativa dello Stato, in linea con quanto previsto in
sede comunitaria e UE).
Quanto poi, all'art. 7, comma 2, della medesima legge regionale,
esso prevede che «I vitelli di aziende ubicate nel territorio
regionale nei quali l'allevamento e' condotto con modalita' diverse
da quelle indicate al comma 1 possono essere stabulati
indifferentemente sia alla posta fissa sia in gruppo». Il ricorrente
ne denuncia il contrasto con i principi fondamentali in materia di
tutela della salute di cui al decreto legislativo 7 luglio 2011, n.
126 (Attuazione della direttiva 2008/119/CE che stabilisce le norme
minime per la protezione dei vitelli), il quale (nell'Allegato 1,
punto 8), stabilisce che «I vitelli non debbono essere legati, ad
eccezione di quelli stabulati in gruppo che possono essere legati per
un periodo massimo di un'ora al momento della somministrazione di
latte e succedanei del latte». Secondo la difesa dello Stato, la
disposizione regionale «eccede dalle competenze legislative
attribuite alla regione dall'art. 3, comma 1, lettera l), della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle
d'Aosta) in materia di "igiene sanita', assistenza ospedaliera e
profilattica" - introducendo una norma che non si limita alla mera
integrazione ed attuazione di Leggi della Repubblica - e viola
altresi' l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, derogando i
principi fondamentali fissati dalla legislazione statale in materia
di tutela della salute».
2.- Si e' costituita la Regione autonoma Valle d'Aosta, che ha
preliminarmente eccepito l'inammissibilita' del ricorso, assumendo la
prospettazione alternativa dei parametri statutari e costituzionali
evocati, la mancanza di argomentazioni circa il rapporto in cui detti
parametri si porrebbero, nonche' l'errata e generica individuazione
di essi.
Nel merito, la resistente deduce la non fondatezza delle censure.
Essa, infatti, rileva di essere titolare (in virtu' della clausola di
favore di cui all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2010,
n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione») della competenza in materia di «polizia veterinaria»,
che le consente di adottare norme di dettaglio in materia di «tutela
della salute», oltre che di competenza primaria in materia di
«agricoltura e foreste, zootecnia, flora e fauna» e di competenza
concorrente in materia di «igiene e sanita', assistenza ospedaliera e
profilattica», rispettivamente ai sensi degli artt. 2, comma 1,
lettera d), e 3, comma 1, lettera l), dello statuto speciale.
La Regione osserva, altresi', che l'intervento legislativo non si
spinge oltre il confine del dettaglio, limitandosi a semplificare
specifici adempimenti, in linea con le attuali posizioni scientifiche
affermatesi nell'ambito della prevenzione delle malattie degli
animali. Da cio' rileva l'inconferenza del richiamo alla sentenza n.
72 del 2013, poiche' le norme in oggetto si limitano alla mera
abolizione (per avvertite esigenze di semplificazione) di adempimenti
concernenti attivita' in assenza di malattie infettive e parassitarie
diffusive e non contagiose per l'uomo.
Pur ritenendo che tali considerazioni siano di per se'
sufficienti ad escludere la lesione degli evocati parametri, la
resistente - con specifico riguardo a ciascuna delle singole
disposizioni delle lettere da a) ad h) dell'art. 5 - deduce altresi'
che le scelte del legislatore regionale si pongono (nell'ottica della
leale collaborazione, di cui assume la violazione attraverso la
presente impugnativa) in linea con gli orientamenti emersi in materia
a livello statale (che recepiscono le indicazioni emerse dal «Gruppo
di lavoro per la semplificazione delle procedure relativamente alle
autorizzazioni, alle certificazioni ed idoneita' sanitarie»,
costituito con decreto del Ministro della salute del 13 ottobre 2004)
e comunitario, che non prevedono l'obbligatorieta' dei relativi
adempimenti, ma il ricorso a «sperimentate, buone pratiche del caso»,
conformi ad affermazioni «scientificamente consolidate», che rendono
gli adempimenti de quibus ormai superati.
Quanto all'art. 7, comma 2, esso e' espressione della competenza
legislativa primaria della Regione in materia di «zootecnia», ai
sensi dell'art. 2, comma 1, lettera d), dello statuto speciale, e si
giustifica in rapporto alla particolare realta' montana in cui si
collocano gli allevamenti, come confermato dalla nota del Ministero
della salute del 23 febbraio 2011, in cui appunto si rileva che, in
tale contesto, «l'utilizzo della posta non influenza negativamente il
benessere» dei vitelli di razza valdostana.
3.- In prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura dello Stato ha
depositato memoria in cui - anche in risposta alle eccezioni di
inammissibilita' sollevate dalla Regione resistente - vengono
ribadite ed ulteriormente illustrate ragioni del ricorso, con
particolare riferimento alla esatta individuazione dei parametri
costituzionali posti alla base delle impugnazioni.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli
artt. 5 e 7, comma 2, della legge della Regione autonoma Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste 15 aprile 2013, n. 13 (Disposizioni per la
semplificazione di procedure in materia sanitaria). L'art. 5 abolisce
le certificazioni del veterinario dell'Azienda sanitaria locale (ASL)
competente in materia di movimentazione del bestiame ed eliminano sia
la vigilanza sanitaria dell'ASL sugli allevamenti, sia l'obbligo di
denuncia di malattia infettiva e diffusiva per alcune malattie degli
animali. A sua volta, il comma 2 dell'art. 7 prevede specifiche
modalita' di stabulazione dei vitelli destinati alla macellazione.
2.- Preliminarmente, la difesa della Regione ha eccepito
l'inammissibilita' delle questioni, deducendo la prospettazione
alternativa dei parametri statutari e costituzionali evocati, la
carenza di argomentazioni in ordine al rapporto in cui detti
parametri si porrebbero e l'errata e generica individuazione degli
stessi.
2.1.- Le eccezioni non hanno fondamento.
2.2.- Quanto al primo profilo, va rilevato come (seppure in
termini sintetici) il ricorrente abbia esplicitato adeguatamente le
proprie censure.
L'Avvocatura, da un lato, deduce che la norma di cui all'art. 5
«eccede le competenze legislative attribuite alla regione dall'art.
3, primo comma, lettera l), dello Statuto speciale valdostano in
materia di "igiene sanita', assistenza ospedaliera e profilattica",
adottando norme che non sono di mera integrazione o attuazione della
normativa statale di riferimento»; e precisa che «Essa interviene in
particolare su disposizioni e misure stabilite dal Regolamento di
Polizia veterinaria, d.P.R. n. 320 del 1954, e segnatamente sugli
artt. 1, 2, 31, 41 e 42 di detto provvedimento, che sono
riconducibili alla materia della "profilassi internazionale",
riservata alla legislazione statale esclusiva dall'art. 117, secondo
comma, lettera q), della Costituzione, proprio al fine di assicurare
un'indispensabile uniformita' di disciplina su tutto il territorio
nazionale».
Dall'altro lato (analogamente), essa ritiene che l'art. 7, comma
2, «eccede dalle competenze legislative attribuite alla regione
dall'art. 3, comma 1, lettera l), della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta) in
materia di "igiene sanita', assistenza ospedaliera e profilattica" -
introducendo una norma che non si limita alla mera integrazione ed
attuazione di Leggi della Repubblica - e viola altresi' l'art. 117,
terzo comma, della Costituzione, derogando i principi fondamentali
fissati dalla legislazione statale in materia di tutela della
salute».
Siffatte argomentazioni rendono agevolmente comprensibile come il
ricorrente lamenti, contestualmente, la violazione (per eccesso)
delle competenze legislative attribuite alla Regione dallo statuto
speciale e, conseguentemente, dell'assetto competenziale attribuito
allo Stato (rispettivamente in via esclusiva e concorrente) dalle
norme costituzionali. Non si evidenzia, dunque, alcuna contraddizione
nel fatto di citare congiuntamente (senza irrisolte alternativita')
sia le specifiche disposizioni statutarie che il ricorrente assume
vulnerate, che le disposizioni contenute nell'art. 117, commi secondo
e terzo, Cost. Tale modalita' espositiva e', infatti, tesa a porre in
evidenza, per entrambe le norme censurate, la sussistenza delle
condizioni per l'accoglimento della (inequivoca) richiesta di
declaratoria di illegittimita' costituzionale delle medesime
(sentenze n. 254 e n. 101 del 2010). Sicche', deve ritenersi
congruamente chiarito come il ricorrente intenda attribuire (a
ciascuna delle norme) altrettanti profili di incostituzionalita',
rispetto ai quali il richiamo (oltre che alle norme dello statuto
speciale) anche alle disposizioni contenute nella Costituzione trova
giustificazione nella considerazione secondo cui lo sconfinamento dai
limiti statutari della potesta' legislativa regionale deriva (per
l'art. 5) dalla affermazione della esclusivita' e (per l'art. 7,
comma 2) della concorrenzialita' (quanto all'attribuzione del potere
di fissazione dei principi fondamentali) della competenza statale
nelle materie de quibus (sentenze n. 288 e n. 187 del 2013).
2.3.- Da quanto appena esposto si trae la infondatezza anche
della collegata altra eccezione di inammissibilita' del ricorso
(derivante, in tesi, dalla carenza di argomentazioni in ordine al
rapporto in cui i menzionati parametri si porrebbero tra loro), in
quanto, come visto, la prospettazione delle questioni deve ritenersi
operata in maniera congiunta e conseguenziale. La qual cosa permette
di cogliere agevolmente quale sia il dedotto rapporto di
(in)compatibilita' tra le norme censurate ed i parametri (statutari o
costituzionali) evocati (da ultimo, sentenze n. 39 e n. 11 del 2014).
2.4.- Infine, altrettanto infondata e' l'eccezione di
inammissibilita', che (a dire della Regione) deriverebbe dalla
pretesa errata individuazione degli evocati parametri, giacche'
semmai siffatti vizi di motivazione (ove effettivamente
configurabili) ridonderebbero quale motivi di rigetto nel merito
della relativa questione.
3.- La questione riguardante l'art. 5 e' fondata.
3.1.- La norma (sotto la rubrica «Determinazioni in materia di
polizia veterinaria») sancisce quanto segue: «1. Sono aboliti gli
obblighi e gli adempimenti in materia di polizia veterinaria di
seguito elencati: a) visita veterinaria prima del trasferimento di
suini nei macelli e negli allevamenti della Regione; b) obbligo di
domanda per il trasferimento del bestiame nei pascoli estivi per
motivi d'alpeggio di cui all'articolo 41 del decreto del Presidente
della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia
veterinaria); c) visita veterinaria per il rilascio della
certificazione di cui all'articolo 42 del D.P.R. 320/1954 per i
trasferimenti nell'ambito della Regione; d) obbligo di vigilanza
annuale in allevamenti bovini e ovi-caprini per encefalopatia
spongiforme trasmissibile in assenza di sospetto; e) obbligo di
vigilanza nelle manifestazioni zootecniche in assenza di restrizioni
per malattie infettive; f) obbligo di visita veterinaria domiciliare
sui bovini e gli ovi-caprini deceduti in assenza di denuncia di
malattia infettiva e diffusiva dei medesimi e nel caso in cui i
suddetti animali siano trasferiti presso uno stabilimento di transito
riconosciuto ai sensi del regolamento (CE) n. 1069/2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante
norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai
prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il
regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di
origine animale); g) nulla osta per la macellazione ad uso familiare
nelle macellazioni a favore del privato, eseguite nei macelli
riconosciuti; h) obbligo di denuncia di malattia infettiva e
diffusiva degli animali ai sensi dell'articolo 1 del D.P.R. 320/1954,
per le seguenti malattie: 1) influenza dei bovini dovuta ad
adenovirus, reovirus, parainfluenza 3, malattia delle mucose virale
bovina, rinotracheite infettiva bovina e vulvovaginite pustolosa
infettiva; 2) distornatosi dei ruminanti; 3) strongilosi polmonare ed
intestinale dei ruminanti; 4) rogna degli equini, dei bovini, dei
bufalini, degli ovini e dei caprini; 5) ipodermosi bovina; 6) peste
europea e varroasi delle api».
Come affermato dal ricorrente, la norma (nel contesto di un
intervento legislativo regionale recante «Disposizioni per la
semplificazione di procedure in materia sanitaria»), «provvede a
depennare una serie di adempimenti in materia di polizia veterinaria
[...] abolendo le certificazioni del veterinario dell'ASL competente
in materia di movimentazione del bestiame ed eliminando sia la
vigilanza sanitaria dell'ASL sugli allevamenti sia l'obbligo di
denuncia di malattia infettiva e diffusiva per alcune malattie degli
animali».
3.2.- Nella sentenza n. 72 del 2013 (riguardante altra normativa
regionale, impugnata nella parte in cui sopprimeva nei fatti la
certificazione del veterinario della ASL competente in materia di
movimentazione del bestiame, sostituendola con una
autocertificazione), questa Corte - richiamate le precedenti sentenze
n. 12 del 2004 e n. 406 del 2005, anch'esse in tema di cautele
imposte, nella specie, per evitare la diffusione ed il contagio della
febbre catarrale dei ruminanti e degli ovini - ha nuovamente
ricondotto la disciplina dei controlli veterinari sul bestiame di
allevamento nell'ambito della competenza legislativa esclusiva dello
Stato in materia di «profilassi internazionale», coinvolgente anche i
profili riguardanti la «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»,
anch'essa riservata alla competenza legislativa dello Stato. Ed ha
rimarcato che «Appare [...] fin troppo evidente che la normativa
statale che prevede il controllo sanitario della ASL competente sul
bestiame in transito [...] e' destinata ad assicurare, anche in
relazione al profilo delle procedure (ad esempio in tema di programmi
di prevenzione o di controllo e vigilanza), oltre che a quello
strettamente sanzionatorio, una indispensabile uniformita' di
disciplina su tutto il territorio nazionale, secondo livelli minimi
di tutela che necessitano, proprio per le esigenze della profilassi,
di una ineludibile omogeneita' di criteri e parametri di
valutazione»; rammentando in pari tempo che, «in tale quadro di
riferimento [...], spetta alla competenza del Ministero della salute
la cura dei rapporti con l'Organizzazione mondiale della sanita' e
con altre Agenzie ONU anche per l'attuazione di convenzioni e di
programmi sanitari internazionali».
3.3.- Risulta del tutto evidente che anche l'impugnato art. 5
(nell'abolire le predette certificazioni veterinarie, eliminando la
relativa vigilanza sanitaria e l'obbligo di denuncia di malattia
infettiva e diffusiva per alcune malattie degli animali) abbia
l'immediato effetto di limitare (o addirittura di escludere) i
necessari controlli (anche periodici) finalizzati a prevenire
l'insorgere di sempre possibili epidemie ed epizoozie, mediante la
tempestiva individuazione (che si attua proprio attraverso la
prevenzione e l'accertamento) e la relativa denuncia delle malattie
infettive e diffusive del bestiame, cosi' ponendo a rischio la
complessiva opera di profilassi anche a livello europeo.
Pertanto, non puo' convenirsi con la tesi difensiva secondo la
quale il legislatore regionale non avrebbe posto in essere altro che
un intervento legislativo diretto a soddisfare avvertite esigenze di
mera semplificazione amministrativa, e come tale inidoneo a superare
il confine della disciplina di dettaglio, limitandosi a semplificare
alcuni adempimenti, in linea con le attuali posizioni scientifiche
affermatesi con riferimento specifico alla prevenzione delle malattie
degli animali. Al contrario, nel derogare espressamente alla
normativa statale di tutela (non solo alle richiamate disposizioni
del d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, recante «Regolamento di polizia
veterinaria», ma anche a quelle di cui al R.D. 27 luglio 1934, n.
1265, recante «Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie» ed
al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 196, recante «Attuazione
della direttiva 97/12/CE che modifica e aggiorna la direttiva
64/432/CEE relativa ai problemi di polizia sanitaria in materia di
scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina»), esso
ha invaso l'ambito di competenza esclusiva dello Stato in materia di
«profilassi internazionale». Competenza questa che, peraltro, oltre a
garantire la unitarieta' di disciplina sull'intero territorio
nazionale, si svolge in coerenza con quanto previsto in sede
comunitaria ed eurounitaria (direttiva 21 novembre 1989, n.
89/608/CEE, recante «Direttiva del Consiglio relativa alla mutua
assistenza tra le autorita' amministrative degli Stati membri e alla
collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta
applicazione delle legislazioni veterinaria e zootecnica»; nonche'
direttiva 17 marzo 1997, n. 97/12/CE, recante «Direttiva del
Consiglio che modifica e aggiorna la direttiva 64/432/CEE relativa a
problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di
animali delle specie bovina e suina»).
3.4.- L'affermazione della competenza esclusiva dello Stato a
legiferare in materia rende del tutto superfluo l'esame dei motivi
che hanno determinato l'intervento legislativo de quo, che secondo la
Regione (in un'ottica di leale collaborazione) si porrebbero in linea
con gli orientamenti emersi in materia sia a livello statale (in
coerenza con le indicazioni emerse dal «Gruppo di lavoro per la
semplificazione delle procedure relativamente alle autorizzazioni,
alle certificazioni ed idoneita' sanitarie», costituito con decreto
del Ministro della salute del 13 ottobre 2004), sia eurounitario (che
non prevedrebbero l'obbligatorieta' dei relativi adempimenti), ovvero
di fatto si conformerebbero a «sperimentate, buone pratiche del
caso», conformi a prassi «scientificamente consolidate». Queste
renderebbero gli adempimenti de quibus ormai superati.
Quanto, poi, alla contestata violazione della leale
collaborazione, derivante (per la Regione) dalla avvenuta
impugnazione della norma da parte del Presidente del Consiglio
(nonostante gli esiti raggiunti dal predetto Gruppo di lavoro), va
sottolineato che - ove anche si desse a tale doglianza valenza
riconvenzionale e non gia' mero contenuto di argomentazione difensiva
- varrebbe il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui
il principio di leale collaborazione non opera rispetto a materia
attribuita alla competenza esclusiva dello Stato (sentenze n. 273 del
2013 e n. 297 del 2012).
3.5.- Va dunque dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 5 della legge della Regione Valle d'Aosta n. 13 del 2013.
4. - Viceversa, la questione relativa al comma 2 dell'art. 7 non
e' fondata.
4.1.- La norma regionale prevede che «I vitelli di aziende
ubicate nel territorio regionale nei quali l'allevamento e' condotto
con modalita' diverse da quelle indicate al comma 1 [mediante la
detenzione del bovino dalla nascita alla macellazione in un luogo
chiuso senza possibilita' di godere in nessuna fase della loro vita
di spazi di liberta' da pascolamento] possono essere stabulati
indifferentemente sia alla posta fissa sia in gruppo». Secondo il
ricorrente, la norma - che dispone in modo diverso rispetto a quanto
sancito dal punto 8 dell'Allegato 1 al decreto legislativo 7 luglio
2011, n. 126, recante «Attuazione della direttiva 2008/119/CE che
stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli», in base al
quale «I vitelli non debbono essere legati, ad eccezione di quelli
stabulati in gruppo che possono essere legati per un periodo massimo
di un'ora al momento della somministrazione di latte e succedanei del
latte» - eccederebbe anch'essa la competenza regionale di cui
all'art. 3, primo comma, lettera l), dello statuto speciale, in
materia di «igiene sanita', assistenza ospedaliera e profilattica»,
in quanto introdurrebbe una norma che non si limita alla mera
integrazione ed attuazione di leggi della Repubblica; e si porrebbe
conseguentemente in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, derogando i principi fondamentali fissati dalla
legislazione statale in materia di «tutela della salute».
4.2.- A contestazione della tesi di parte ricorrente, la Regione
resistente regionale ha dedotto la riconducibilita' della impugnata
normativa, riguardante le modalita' di stabulazione dei vitelli, alla
materia «zootecnia», attribuita dall'art. 2, primo comma, lettera d),
dello statuto di autonomia (insieme alla «agricoltura e foreste» ed
alla «flora e fauna») alla propria competenza legislativa primaria.
In merito, va rilevato che questa Corte ha chiarito che «il
significato corrente del termine "zootecnia" richiama indubbiamente
l'attivita' diretta all'allevamento e allo sfruttamento degli animali
"produttivi", cioe' idonei a fornire all'uomo un'utilita' di natura
economica»; e che «cio' e' confermato dal rilievo che l'attivita'
zootecnica e' stata sempre considerata, proprio in tema di riparto di
competenze tra Stato e regioni, come inscindibile dalla materia
dell'"agricoltura", ed anzi come un settore, un aspetto particolare
di questa» (sentenza n. 123 del 1992). Ed ha, viceversa, ritenuto che
al paradigma della «tutela della salute», materia ascrivibile alla
competenza concorrente di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.,
sono riconducibili gli obiettivi di tutela igienico-sanitaria e di
sicurezza veterinaria (sentenza n. 222 del 2003).
Orbene, nella specie, si evidenzia agevolmente la finalita'
"produttiva" sottesa alla regolamentazione delle condizioni di
stabulazione dei vitelli nelle aziende di allevamento per la
macellazione, che la norma regionale modula, nel dettaglio, in
rapporto alla peculiare «realta' allevatoriale» della Valle d'Aosta
(riconosciuta dal parere del Ministero della salute, del 23 febbraio
2011, in cui si sottolinea «che i vitelli di razza valdostana esigono
una gestione che deve essere consona alla loro particolare nevrilita'
e che l'utilizzo della "posta" non influenza negativamente il
benessere di questi animali»).
D'altronde, il fine economico-produttivo della disciplina
dell'allevamento e della protezione dei vitelli e' anche
espressamente riconosciuto nei punti 4 e 6 del Considerando della
stessa direttiva n. 2008/119/CE (Direttiva del Consiglio che
stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli), in cui si
evidenzia rispettivamente che: «L'allevamento di vitelli costituisce
parte integrante dell'agricoltura. Esso rappresenta una fonte di
reddito per una parte della popolazione agricola» (punto 4); e che
«E' quindi indispensabile stabilire le norme minime comuni per la
protezione dei vitelli d'allevamento e da ingrasso allo scopo di
garantire un razionale sviluppo della produzione» (punto 6).
4.3.- La riconducibilita' della disciplina in oggetto alla
materia «zootecnia», appartenente alla competenza legislativa
regionale primaria - di cui non viene in alcun modo contestato
l'esercizio nei limiti previsti dal primo comma dell'art. 2 dello
statuto speciale - porta dunque al rigetto della impugnazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della
legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 15 aprile
2013, n. 13 (Disposizioni per la semplificazione di procedure in
materia sanitaria);
2) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 2, della medesima legge della
Regione autonoma Valle d'Aosta n. 13 del 2013, proposta - in
riferimento all'art. 3, primo comma, lettera l), della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle
d'Aosta) ed all'art. 117, terzo comma, della Costituzione - dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in
epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
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