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domenica 22 giugno 2014

N. 173 SENTENZA 11 - 13 giugno 2014 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Zootecnia e profilassi - Abolizione di obblighi ed adempimenti in materia di polizia veterinaria - Modalita' di stabulazione dei vitelli destinati alla macellazione. - Legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste del 15 aprile 2013, n. 13 (Disposizioni per la semplificazione di procedure in materia sanitaria), artt. 5 e 7, comma 2. - (GU n.26 del 18-6-2014 )



N. 173 SENTENZA 11 - 13 giugno 2014
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Zootecnia e profilassi - Abolizione di  obblighi  ed  adempimenti  in
  materia di polizia veterinaria  -  Modalita'  di  stabulazione  dei
  vitelli destinati alla macellazione. 
- Legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee  d'Aoste  del  15
  aprile  2013,  n.  13  (Disposizioni  per  la  semplificazione   di
  procedure in materia sanitaria), artt. 5 e 7, comma 2. 
-   
(GU n.26 del 18-6-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Gaetano SILVESTRI; 
Giudici :Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,
  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo   GROSSI,   Giorgio
  LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario
  Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  5  e  7,
comma 2, della legge  della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste  del  15  aprile   2013,   n.   13   (Disposizioni   per   la
semplificazione di procedure  in  materia  sanitaria),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  l'8-11
luglio 2013, depositato in cancelleria il 10 luglio 2013 ed  iscritto
al n. 73 del registro ricorsi 2013. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Regione  autonoma   Valle
d'Aosta; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore
Paolo Grossi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Saverio Marini  per  la
Regione autonoma Valle d'Aosta. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato in data 8-11 luglio 2013 e  depositato
il successivo 10 luglio, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
impugnato in via principale gli artt. 5 e 7,  comma  2,  della  legge
della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 15  aprile  2013,
n. 13 (Disposizioni per la semplificazione di  procedure  in  materia
sanitaria). 
    Il  ricorrente  osserva   che   l'art.   5   (che   abolisce   le
certificazioni del veterinario dell'Azienda sanitaria  locale  (ASL),
competente in materia di movimentazione del bestiame ed  elimina  sia
la vigilanza sanitaria dell'ASL sugli allevamenti  sia  l'obbligo  di
denuncia di malattia infettiva e diffusiva per alcune malattie  degli
animali) eccede dalle competenze legislative attribuite alla  Regione
dall'art. 3, primo comma, lettera l), della legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto  speciale  per  la  Valle  d'Aosta),  in
materia di «igiene sanita', assistenza ospedaliera  e  profilattica»,
in  quanto  adotta  misure  che  non  sono  di  mera  integrazione  o
attuazione  della   normativa   statale   di   riferimento.   Secondo
l'Avvocatura dello Stato, infatti, la norma censurata  interviene  in
particolare su disposizioni e misure stabilite dal d.P.R. 8  febbraio
1954, n. 320 (Regolamento di  polizia  veterinaria),  e  segnatamente
sugli artt. 1, 2, 31, 41 e 42, che sono  riconducibili  alla  materia
della  «profilassi  internazionale»,  riservata   alla   legislazione
statale esclusiva dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  q),  della
Costituzione, al fine di assicurare un'indispensabile uniformita'  di
disciplina su tutto il territorio  nazionale  (come  affermato  dalla
sentenza della Corte  costituzionale  n.  72  del  2013,  in  cui  si
evidenzia il coinvolgimento in materia anche di  profili  riguardanti
la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, anch'essa  riservata  alla
competenza legislativa dello Stato, in linea con quanto  previsto  in
sede comunitaria e UE). 
    Quanto poi, all'art. 7, comma 2, della medesima legge  regionale,
esso prevede  che  «I  vitelli  di  aziende  ubicate  nel  territorio
regionale nei quali l'allevamento e' condotto con  modalita'  diverse
da  quelle   indicate   al   comma   1   possono   essere   stabulati
indifferentemente sia alla posta fissa sia in gruppo». Il  ricorrente
ne denuncia il contrasto con i principi fondamentali  in  materia  di
tutela della salute di cui al decreto legislativo 7 luglio  2011,  n.
126 (Attuazione della direttiva 2008/119/CE che stabilisce  le  norme
minime per la protezione dei vitelli),  il  quale  (nell'Allegato  1,
punto 8), stabilisce che «I vitelli non  debbono  essere  legati,  ad
eccezione di quelli stabulati in gruppo che possono essere legati per
un periodo massimo di un'ora al  momento  della  somministrazione  di
latte e succedanei del latte». Secondo  la  difesa  dello  Stato,  la
disposizione   regionale   «eccede   dalle   competenze   legislative
attribuite alla regione dall'art. 3, comma 1, lettera l), della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la  Valle
d'Aosta) in materia di  "igiene  sanita',  assistenza  ospedaliera  e
profilattica" - introducendo una norma che non si  limita  alla  mera
integrazione ed attuazione  di  Leggi  della  Repubblica  -  e  viola
altresi' l'art. 117, terzo comma,  della  Costituzione,  derogando  i
principi fondamentali fissati dalla legislazione statale  in  materia
di tutela della salute». 
    2.- Si e' costituita la Regione autonoma Valle  d'Aosta,  che  ha
preliminarmente eccepito l'inammissibilita' del ricorso, assumendo la
prospettazione alternativa dei parametri statutari  e  costituzionali
evocati, la mancanza di argomentazioni circa il rapporto in cui detti
parametri si porrebbero, nonche' l'errata e  generica  individuazione
di essi. 
    Nel merito, la resistente deduce la non fondatezza delle censure.
Essa, infatti, rileva di essere titolare (in virtu' della clausola di
favore di cui all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2010,
n. 3, recante «Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione») della competenza in materia di «polizia  veterinaria»,
che le consente di adottare norme di dettaglio in materia di  «tutela
della salute»,  oltre  che  di  competenza  primaria  in  materia  di
«agricoltura e foreste, zootecnia, flora e  fauna»  e  di  competenza
concorrente in materia di «igiene e sanita', assistenza ospedaliera e
profilattica», rispettivamente ai  sensi  degli  artt.  2,  comma  1,
lettera d), e 3, comma 1, lettera l), dello statuto speciale. 
    La Regione osserva, altresi', che l'intervento legislativo non si
spinge oltre il confine del  dettaglio,  limitandosi  a  semplificare
specifici adempimenti, in linea con le attuali posizioni scientifiche
affermatesi  nell'ambito  della  prevenzione  delle  malattie   degli
animali. Da cio' rileva l'inconferenza del richiamo alla sentenza  n.
72 del 2013, poiche' le  norme  in  oggetto  si  limitano  alla  mera
abolizione (per avvertite esigenze di semplificazione) di adempimenti
concernenti attivita' in assenza di malattie infettive e parassitarie
diffusive e non contagiose per l'uomo. 
    Pur  ritenendo  che  tali  considerazioni  siano   di   per   se'
sufficienti ad escludere  la  lesione  degli  evocati  parametri,  la
resistente  -  con  specifico  riguardo  a  ciascuna  delle   singole
disposizioni delle lettere da a) ad h) dell'art. 5 - deduce  altresi'
che le scelte del legislatore regionale si pongono (nell'ottica della
leale collaborazione, di  cui  assume  la  violazione  attraverso  la
presente impugnativa) in linea con gli orientamenti emersi in materia
a livello statale (che recepiscono le indicazioni emerse dal  «Gruppo
di lavoro per la semplificazione delle procedure  relativamente  alle
autorizzazioni,  alle   certificazioni   ed   idoneita'   sanitarie»,
costituito con decreto del Ministro della salute del 13 ottobre 2004)
e comunitario,  che  non  prevedono  l'obbligatorieta'  dei  relativi
adempimenti, ma il ricorso a «sperimentate, buone pratiche del caso»,
conformi ad affermazioni «scientificamente consolidate», che  rendono
gli adempimenti de quibus ormai superati. 
    Quanto all'art. 7, comma 2, esso e' espressione della  competenza
legislativa primaria della Regione  in  materia  di  «zootecnia»,  ai
sensi dell'art. 2, comma 1, lettera d), dello statuto speciale, e  si
giustifica in rapporto alla particolare realta'  montana  in  cui  si
collocano gli allevamenti, come confermato dalla nota  del  Ministero
della salute del 23 febbraio 2011, in cui appunto si rileva  che,  in
tale contesto, «l'utilizzo della posta non influenza negativamente il
benessere» dei vitelli di razza valdostana. 
    3.- In prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  dello  Stato  ha
depositato memoria in cui -  anche  in  risposta  alle  eccezioni  di
inammissibilita'  sollevate  dalla  Regione  resistente   -   vengono
ribadite  ed  ulteriormente  illustrate  ragioni  del  ricorso,   con
particolare riferimento  alla  esatta  individuazione  dei  parametri
costituzionali posti alla base delle impugnazioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato  gli
artt. 5 e 7, comma  2,  della  legge  della  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste 15 aprile 2013, n.  13  (Disposizioni  per  la
semplificazione di procedure in materia sanitaria). L'art. 5 abolisce
le certificazioni del veterinario dell'Azienda sanitaria locale (ASL)
competente in materia di movimentazione del bestiame ed eliminano sia
la vigilanza sanitaria dell'ASL sugli allevamenti, sia  l'obbligo  di
denuncia di malattia infettiva e diffusiva per alcune malattie  degli
animali. A sua volta, il  comma  2  dell'art.  7  prevede  specifiche
modalita' di stabulazione dei vitelli destinati alla macellazione. 
    2.-  Preliminarmente,  la  difesa  della  Regione   ha   eccepito
l'inammissibilita'  delle  questioni,  deducendo  la   prospettazione
alternativa dei parametri  statutari  e  costituzionali  evocati,  la
carenza  di  argomentazioni  in  ordine  al  rapporto  in  cui  detti
parametri si porrebbero e l'errata e  generica  individuazione  degli
stessi. 
    2.1.- Le eccezioni non hanno fondamento. 
    2.2.- Quanto al primo  profilo,  va  rilevato  come  (seppure  in
termini sintetici) il ricorrente abbia esplicitato  adeguatamente  le
proprie censure. 
    L'Avvocatura, da un lato, deduce che la norma di cui  all'art.  5
«eccede le competenze legislative attribuite alla  regione  dall'art.
3, primo comma, lettera l),  dello  Statuto  speciale  valdostano  in
materia di "igiene sanita', assistenza ospedaliera  e  profilattica",
adottando norme che non sono di mera integrazione o attuazione  della
normativa statale di riferimento»; e precisa che «Essa interviene  in
particolare su disposizioni e misure  stabilite  dal  Regolamento  di
Polizia veterinaria, d.P.R. n. 320 del  1954,  e  segnatamente  sugli
artt.  1,  2,  31,  41  e  42  di  detto  provvedimento,   che   sono
riconducibili  alla  materia   della   "profilassi   internazionale",
riservata alla legislazione statale esclusiva dall'art. 117,  secondo
comma, lettera q), della Costituzione, proprio al fine di  assicurare
un'indispensabile uniformita' di disciplina su  tutto  il  territorio
nazionale». 
    Dall'altro lato (analogamente), essa ritiene che l'art. 7,  comma
2, «eccede  dalle  competenze  legislative  attribuite  alla  regione
dall'art. 3, comma 1,  lettera  l),  della  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4  (Statuto  speciale  per  la  Valle  d'Aosta)  in
materia di "igiene sanita', assistenza ospedaliera e profilattica"  -
introducendo una norma che non si limita alla  mera  integrazione  ed
attuazione di Leggi della Repubblica - e viola altresi'  l'art.  117,
terzo comma, della Costituzione, derogando  i  principi  fondamentali
fissati  dalla  legislazione  statale  in  materia  di  tutela  della
salute». 
    Siffatte argomentazioni rendono agevolmente comprensibile come il
ricorrente lamenti,  contestualmente,  la  violazione  (per  eccesso)
delle competenze legislative attribuite alla  Regione  dallo  statuto
speciale e, conseguentemente, dell'assetto  competenziale  attribuito
allo Stato (rispettivamente in via  esclusiva  e  concorrente)  dalle
norme costituzionali. Non si evidenzia, dunque, alcuna contraddizione
nel fatto di citare congiuntamente (senza  irrisolte  alternativita')
sia le specifiche disposizioni statutarie che  il  ricorrente  assume
vulnerate, che le disposizioni contenute nell'art. 117, commi secondo
e terzo, Cost. Tale modalita' espositiva e', infatti, tesa a porre in
evidenza, per entrambe  le  norme  censurate,  la  sussistenza  delle
condizioni  per  l'accoglimento  della  (inequivoca)   richiesta   di
declaratoria  di   illegittimita'   costituzionale   delle   medesime
(sentenze n.  254  e  n.  101  del  2010).  Sicche',  deve  ritenersi
congruamente  chiarito  come  il  ricorrente  intenda  attribuire  (a
ciascuna delle norme)  altrettanti  profili  di  incostituzionalita',
rispetto ai quali il richiamo (oltre che  alle  norme  dello  statuto
speciale) anche alle disposizioni contenute nella Costituzione  trova
giustificazione nella considerazione secondo cui lo sconfinamento dai
limiti statutari della potesta'  legislativa  regionale  deriva  (per
l'art. 5) dalla affermazione della  esclusivita'  e  (per  l'art.  7,
comma 2) della concorrenzialita' (quanto all'attribuzione del  potere
di fissazione dei principi  fondamentali)  della  competenza  statale
nelle materie de quibus (sentenze n. 288 e n. 187 del 2013). 
    2.3.- Da quanto appena esposto  si  trae  la  infondatezza  anche
della collegata  altra  eccezione  di  inammissibilita'  del  ricorso
(derivante, in tesi, dalla carenza di  argomentazioni  in  ordine  al
rapporto in cui i menzionati parametri si porrebbero  tra  loro),  in
quanto, come visto, la prospettazione delle questioni deve  ritenersi
operata in maniera congiunta e conseguenziale. La qual cosa  permette
di  cogliere  agevolmente  quale   sia   il   dedotto   rapporto   di
(in)compatibilita' tra le norme censurate ed i parametri (statutari o
costituzionali) evocati (da ultimo, sentenze n. 39 e n. 11 del 2014). 
    2.4.-   Infine,   altrettanto   infondata   e'   l'eccezione   di
inammissibilita',  che  (a  dire  della  Regione)  deriverebbe  dalla
pretesa  errata  individuazione  degli  evocati  parametri,  giacche'
semmai   siffatti   vizi   di   motivazione    (ove    effettivamente
configurabili) ridonderebbero quale  motivi  di  rigetto  nel  merito
della relativa questione. 
    3.- La questione riguardante l'art. 5 e' fondata. 
    3.1.- La norma (sotto la rubrica «Determinazioni  in  materia  di
polizia veterinaria») sancisce quanto segue:  «1.  Sono  aboliti  gli
obblighi e gli adempimenti  in  materia  di  polizia  veterinaria  di
seguito elencati: a) visita veterinaria prima  del  trasferimento  di
suini nei macelli e negli allevamenti della Regione;  b)  obbligo  di
domanda per il trasferimento del  bestiame  nei  pascoli  estivi  per
motivi d'alpeggio di cui all'articolo 41 del decreto  del  Presidente
della Repubblica 8 febbraio 1954,  n.  320  (Regolamento  di  polizia
veterinaria);  c)  visita   veterinaria   per   il   rilascio   della
certificazione di cui all'articolo  42  del  D.P.R.  320/1954  per  i
trasferimenti nell'ambito della  Regione;  d)  obbligo  di  vigilanza
annuale  in  allevamenti  bovini  e  ovi-caprini  per   encefalopatia
spongiforme trasmissibile in  assenza  di  sospetto;  e)  obbligo  di
vigilanza nelle manifestazioni zootecniche in assenza di  restrizioni
per malattie infettive; f) obbligo di visita veterinaria  domiciliare
sui bovini e gli ovi-caprini  deceduti  in  assenza  di  denuncia  di
malattia infettiva e diffusiva dei medesimi  e  nel  caso  in  cui  i
suddetti animali siano trasferiti presso uno stabilimento di transito
riconosciuto  ai  sensi  del  regolamento  (CE)  n.   1069/2009   del
Parlamento europeo e del Consiglio,  del  21  ottobre  2009,  recante
norme sanitarie relative ai sottoprodotti di  origine  animale  e  ai
prodotti derivati non destinati al consumo  umano  e  che  abroga  il
regolamento (CE)  n.  1774/2002  (regolamento  sui  sottoprodotti  di
origine animale); g) nulla osta per la macellazione ad uso  familiare
nelle  macellazioni  a  favore  del  privato,  eseguite  nei  macelli
riconosciuti;  h)  obbligo  di  denuncia  di  malattia  infettiva   e
diffusiva degli animali ai sensi dell'articolo 1 del D.P.R. 320/1954,
per  le  seguenti  malattie:  1)  influenza  dei  bovini  dovuta   ad
adenovirus, reovirus, parainfluenza 3, malattia delle  mucose  virale
bovina, rinotracheite  infettiva  bovina  e  vulvovaginite  pustolosa
infettiva; 2) distornatosi dei ruminanti; 3) strongilosi polmonare ed
intestinale dei ruminanti; 4) rogna degli  equini,  dei  bovini,  dei
bufalini, degli ovini e dei caprini; 5) ipodermosi bovina;  6)  peste
europea e varroasi delle api». 
    Come affermato dal ricorrente,  la  norma  (nel  contesto  di  un
intervento  legislativo  regionale  recante  «Disposizioni   per   la
semplificazione di procedure  in  materia  sanitaria»),  «provvede  a
depennare una serie di adempimenti in materia di polizia  veterinaria
[...] abolendo le certificazioni del veterinario dell'ASL  competente
in materia di  movimentazione  del  bestiame  ed  eliminando  sia  la
vigilanza sanitaria  dell'ASL  sugli  allevamenti  sia  l'obbligo  di
denuncia di malattia infettiva e diffusiva per alcune malattie  degli
animali». 
    3.2.- Nella sentenza n. 72 del 2013 (riguardante altra  normativa
regionale, impugnata nella parte  in  cui  sopprimeva  nei  fatti  la
certificazione del veterinario della ASL  competente  in  materia  di
movimentazione    del     bestiame,     sostituendola     con     una
autocertificazione), questa Corte - richiamate le precedenti sentenze
n. 12 del 2004 e n. 406  del  2005,  anch'esse  in  tema  di  cautele
imposte, nella specie, per evitare la diffusione ed il contagio della
febbre  catarrale  dei  ruminanti  e  degli  ovini  -  ha  nuovamente
ricondotto la disciplina dei controlli  veterinari  sul  bestiame  di
allevamento nell'ambito della competenza legislativa esclusiva  dello
Stato in materia di «profilassi internazionale», coinvolgente anche i
profili riguardanti  la  «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»,
anch'essa riservata alla competenza legislativa dello  Stato.  Ed  ha
rimarcato che «Appare [...] fin  troppo  evidente  che  la  normativa
statale che prevede il controllo sanitario della ASL  competente  sul
bestiame in transito [...]  e'  destinata  ad  assicurare,  anche  in
relazione al profilo delle procedure (ad esempio in tema di programmi
di prevenzione o di  controllo  e  vigilanza),  oltre  che  a  quello
strettamente  sanzionatorio,  una   indispensabile   uniformita'   di
disciplina su tutto il territorio nazionale, secondo  livelli  minimi
di tutela che necessitano, proprio per le esigenze della  profilassi,
di  una  ineludibile  omogeneita'   di   criteri   e   parametri   di
valutazione»; rammentando in pari  tempo  che,  «in  tale  quadro  di
riferimento [...], spetta alla competenza del Ministero della  salute
la cura dei rapporti con l'Organizzazione mondiale  della  sanita'  e
con altre Agenzie ONU anche per  l'attuazione  di  convenzioni  e  di
programmi sanitari internazionali». 
    3.3.- Risulta del tutto evidente che  anche  l'impugnato  art.  5
(nell'abolire le predette certificazioni veterinarie,  eliminando  la
relativa vigilanza sanitaria e  l'obbligo  di  denuncia  di  malattia
infettiva e  diffusiva  per  alcune  malattie  degli  animali)  abbia
l'immediato effetto  di  limitare  (o  addirittura  di  escludere)  i
necessari  controlli  (anche  periodici)  finalizzati   a   prevenire
l'insorgere di sempre possibili epidemie ed  epizoozie,  mediante  la
tempestiva  individuazione  (che  si  attua  proprio  attraverso   la
prevenzione e l'accertamento) e la relativa denuncia  delle  malattie
infettive e diffusive  del  bestiame,  cosi'  ponendo  a  rischio  la
complessiva opera di profilassi anche a livello europeo. 
    Pertanto, non puo' convenirsi con la tesi  difensiva  secondo  la
quale il legislatore regionale non avrebbe posto in essere altro  che
un intervento legislativo diretto a soddisfare avvertite esigenze  di
mera semplificazione amministrativa, e come tale inidoneo a  superare
il confine della disciplina di dettaglio, limitandosi a  semplificare
alcuni adempimenti, in linea con le  attuali  posizioni  scientifiche
affermatesi con riferimento specifico alla prevenzione delle malattie
degli  animali.  Al  contrario,  nel  derogare   espressamente   alla
normativa statale di tutela (non solo  alle  richiamate  disposizioni
del d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, recante «Regolamento  di  polizia
veterinaria», ma anche a quelle di cui al R.D.  27  luglio  1934,  n.
1265, recante «Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie» ed
al decreto legislativo 22 maggio 1999, n.  196,  recante  «Attuazione
della  direttiva  97/12/CE  che  modifica  e  aggiorna  la  direttiva
64/432/CEE relativa ai problemi di polizia sanitaria  in  materia  di
scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina»), esso
ha invaso l'ambito di competenza esclusiva dello Stato in materia  di
«profilassi internazionale». Competenza questa che, peraltro, oltre a
garantire  la  unitarieta'  di  disciplina   sull'intero   territorio
nazionale,  si  svolge  in  coerenza  con  quanto  previsto  in  sede
comunitaria  ed  eurounitaria  (direttiva  21   novembre   1989,   n.
89/608/CEE, recante «Direttiva  del  Consiglio  relativa  alla  mutua
assistenza tra le autorita' amministrative degli Stati membri e  alla
collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta
applicazione delle legislazioni veterinaria  e  zootecnica»;  nonche'
direttiva  17  marzo  1997,  n.  97/12/CE,  recante  «Direttiva   del
Consiglio che modifica e aggiorna la direttiva 64/432/CEE relativa  a
problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di
animali delle specie bovina e suina»). 
    3.4.- L'affermazione della competenza  esclusiva  dello  Stato  a
legiferare in materia rende del tutto superfluo  l'esame  dei  motivi
che hanno determinato l'intervento legislativo de quo, che secondo la
Regione (in un'ottica di leale collaborazione) si porrebbero in linea
con gli orientamenti emersi in materia  sia  a  livello  statale  (in
coerenza con le indicazioni emerse  dal  «Gruppo  di  lavoro  per  la
semplificazione delle procedure  relativamente  alle  autorizzazioni,
alle certificazioni ed idoneita' sanitarie», costituito  con  decreto
del Ministro della salute del 13 ottobre 2004), sia eurounitario (che
non prevedrebbero l'obbligatorieta' dei relativi adempimenti), ovvero
di fatto si  conformerebbero  a  «sperimentate,  buone  pratiche  del
caso»,  conformi  a  prassi  «scientificamente  consolidate».  Queste
renderebbero gli adempimenti de quibus ormai superati. 
    Quanto,   poi,   alla   contestata   violazione    della    leale
collaborazione,   derivante   (per   la   Regione)   dalla   avvenuta
impugnazione della  norma  da  parte  del  Presidente  del  Consiglio
(nonostante gli esiti raggiunti dal predetto Gruppo  di  lavoro),  va
sottolineato che - ove  anche  si  desse  a  tale  doglianza  valenza
riconvenzionale e non gia' mero contenuto di argomentazione difensiva
- varrebbe il consolidato orientamento di questa Corte,  secondo  cui
il principio di leale collaborazione non  opera  rispetto  a  materia
attribuita alla competenza esclusiva dello Stato (sentenze n. 273 del
2013 e n. 297 del 2012). 
    3.5.-  Va  dunque  dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 5 della legge della Regione Valle d'Aosta n. 13 del 2013. 
    4. - Viceversa, la questione relativa al comma 2 dell'art. 7  non
e' fondata. 
    4.1.- La norma  regionale  prevede  che  «I  vitelli  di  aziende
ubicate nel territorio regionale nei quali l'allevamento e'  condotto
con modalita' diverse da quelle indicate  al  comma  1  [mediante  la
detenzione del bovino dalla nascita alla  macellazione  in  un  luogo
chiuso senza possibilita' di godere in nessuna fase della  loro  vita
di spazi  di  liberta'  da  pascolamento]  possono  essere  stabulati
indifferentemente sia alla posta fissa sia  in  gruppo».  Secondo  il
ricorrente, la norma - che dispone in modo diverso rispetto a  quanto
sancito dal punto 8 dell'Allegato 1 al decreto legislativo  7  luglio
2011, n. 126, recante «Attuazione  della  direttiva  2008/119/CE  che
stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli», in base al
quale «I vitelli non debbono essere legati, ad  eccezione  di  quelli
stabulati in gruppo che possono essere legati per un periodo  massimo
di un'ora al momento della somministrazione di latte e succedanei del
latte»  -  eccederebbe  anch'essa  la  competenza  regionale  di  cui
all'art. 3, primo comma,  lettera  l),  dello  statuto  speciale,  in
materia di «igiene sanita', assistenza ospedaliera  e  profilattica»,
in quanto introdurrebbe  una  norma  che  non  si  limita  alla  mera
integrazione ed attuazione di leggi della Repubblica; e  si  porrebbe
conseguentemente in contrasto con  l'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione,  derogando  i  principi  fondamentali   fissati   dalla
legislazione statale in materia di «tutela della salute». 
    4.2.- A contestazione della tesi di parte ricorrente, la  Regione
resistente regionale ha dedotto la riconducibilita'  della  impugnata
normativa, riguardante le modalita' di stabulazione dei vitelli, alla
materia «zootecnia», attribuita dall'art. 2, primo comma, lettera d),
dello statuto di autonomia (insieme alla «agricoltura e  foreste»  ed
alla «flora e fauna») alla propria competenza legislativa primaria. 
    In merito, va rilevato che  questa  Corte  ha  chiarito  che  «il
significato corrente del termine "zootecnia"  richiama  indubbiamente
l'attivita' diretta all'allevamento e allo sfruttamento degli animali
"produttivi", cioe' idonei a fornire all'uomo un'utilita'  di  natura
economica»; e che «cio' e' confermato  dal  rilievo  che  l'attivita'
zootecnica e' stata sempre considerata, proprio in tema di riparto di
competenze tra Stato  e  regioni,  come  inscindibile  dalla  materia
dell'"agricoltura", ed anzi come un settore, un  aspetto  particolare
di questa» (sentenza n. 123 del 1992). Ed ha, viceversa, ritenuto che
al paradigma della «tutela della salute»,  materia  ascrivibile  alla
competenza concorrente di cui al terzo  comma  dell'art.  117  Cost.,
sono riconducibili gli obiettivi di tutela  igienico-sanitaria  e  di
sicurezza veterinaria (sentenza n. 222 del 2003). 
    Orbene, nella  specie,  si  evidenzia  agevolmente  la  finalita'
"produttiva"  sottesa  alla  regolamentazione  delle  condizioni   di
stabulazione  dei  vitelli  nelle  aziende  di  allevamento  per   la
macellazione, che  la  norma  regionale  modula,  nel  dettaglio,  in
rapporto alla peculiare «realta' allevatoriale» della  Valle  d'Aosta
(riconosciuta dal parere del Ministero della salute, del 23  febbraio
2011, in cui si sottolinea «che i vitelli di razza valdostana esigono
una gestione che deve essere consona alla loro particolare nevrilita'
e  che  l'utilizzo  della  "posta"  non  influenza  negativamente  il
benessere di questi animali»). 
    D'altronde,  il  fine   economico-produttivo   della   disciplina
dell'allevamento  e   della   protezione   dei   vitelli   e'   anche
espressamente riconosciuto nei punti 4 e  6  del  Considerando  della
stessa  direttiva  n.  2008/119/CE  (Direttiva  del   Consiglio   che
stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli), in cui  si
evidenzia rispettivamente che: «L'allevamento di vitelli  costituisce
parte integrante dell'agricoltura.  Esso  rappresenta  una  fonte  di
reddito per una parte della popolazione agricola» (punto  4);  e  che
«E' quindi indispensabile stabilire le norme  minime  comuni  per  la
protezione dei vitelli d'allevamento e  da  ingrasso  allo  scopo  di
garantire un razionale sviluppo della produzione» (punto 6). 
    4.3.-  La  riconducibilita'  della  disciplina  in  oggetto  alla
materia  «zootecnia»,  appartenente   alla   competenza   legislativa
regionale primaria - di  cui  non  viene  in  alcun  modo  contestato
l'esercizio nei limiti previsti dal primo  comma  dell'art.  2  dello
statuto speciale - porta dunque al rigetto della impugnazione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  5  della
legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  15  aprile
2013, n. 13 (Disposizioni per  la  semplificazione  di  procedure  in
materia sanitaria); 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 7,  comma  2,  della  medesima  legge  della
Regione autonoma  Valle  d'Aosta  n.  13  del  2013,  proposta  -  in
riferimento  all'art.  3,  primo  comma,  lettera  l),  della   legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la  Valle
d'Aosta) ed all'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione  -  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2014. 
 
                                F.to: 
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI 
 

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