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lunedì 12 gennaio 2015

Ministero dell'interno - Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere Comunicato 5-1-2015 Linee guida recanti: Primi indirizzi per i controlli antimafia di cui all'articolo 2-bis, comma 5, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6. (Delibera CCASGO 15 dicembre 2014). Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 gennaio 2015, n. 3.



Ministero dell'interno - Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere
Comunicato 5-1-2015
Linee guida recanti: Primi indirizzi per i controlli antimafia di cui all'articolo 2-bis, comma 5, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6. (Delibera CCASGO 15 dicembre 2014).
Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 gennaio 2015, n. 3.

Comunicato 5 gennaio 2015   (3) (1).

Linee guida recanti: Primi indirizzi per i controlli antimafia di cui all'articolo 2-bis, comma 5, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6. (Delibera CCASGO 15 dicembre 2014). (2)

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 gennaio 2015, n. 3.

(2) Emanato dal Ministero dell'interno - Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere.

(3) Data della Gazzetta Ufficiale.



[Testo del comunicato]

1. Ambito di applicazione e metodologia di lavoro.

Le presenti Linee Guida sono volte a definire le procedure di monitoraggio e controllo antimafia relative agli interventi di riqualificazione ambientale sul territorio delle Regione Campania di cui all'art. 2-bis, comma 5, del D.L. 1° dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6.

Il documento fornisce, altresì, indicazioni per l'esercizio delle funzioni demandate, dal comma 1 dello stesso art. 2-bis, al Prefetto di Napoli, in qualità di Prefetto del Capoluogo di Regione, finalizzate a garantire il coordinamento e l'unità di azione delle iniziative di prevenzione delle infiltrazioni criminali, con riguardo agli affidamenti e sub affidamenti, nonché all'erogazione di provvidenze pubbliche collegate alle predette attività di monitoraggio e bonifica.

In premessa si ritiene opportuno, per una migliore e più intelligente comprensione dei contenuti e della metodologia di lavoro seguita dal Comitato, fornire un sintetico quadro sui punti qualificanti il presente atto di indirizzo, che si troveranno ampiamente sviluppati nei singoli paragrafi.

Innanzitutto, va evidenziato come la tipologia di interventi in esame presenti peculiarità che la rendono difficilmente assimilabile a precedenti esperienze, per la presenza di una serie di fattori di complessità.

Il primo di tali fattori attiene alle note condizioni di criticità del contesto ambientale in cui si andrà a collocare il piano di risanamento previsto dal decreto-legge n. 136/2013, contesto notoriamente segnato dall'endemica e diffusa presenza di una consolidata e organizzata rete criminale di stampo mafioso.

Il secondo fattore di vulnerabilità è connesso alla tipologia degli interventi che si andranno a realizzare - legata alla gestione dell'intero ciclo dei rifiuti - e, di conseguenza, alla categoria degli operatori economici che parteciperanno alle operazioni di bonifica.

Si tratta di un segmento di mercato in cui si riscontrano frequentemente fenomeni di illegalità, in molti casi riconducibili al crimine organizzato.

A questo riguardo, appaiono significativi i risultati di un'analisi dei dati giudiziari sviluppata di recente dalla Direzione Nazionale Antimafia. Essa dimostra come tra la consumazione dei reati in materia ambientale e la criminalità organizzata di tipo mafioso esista un'interazione, alcune volte manifesta, ed altre dissimulata. E ciò in quanto la consumazione di quei reati, soprattutto quando siano di ampia diffusività e rilevanza, comporta la utilizzazione del territorio in maniera illecita, circostanza che, specialmente in determinate aree del Paese, può essere garantita solo da quel tipo di organizzazioni.

A tale riguardo basterà riferirsi alle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia appartenenti proprio al mondo imprenditoriale della raccolta e gestione dei rifiuti: da esse risulta evidentissimo il grande interesse che, soprattutto il clan dei casalesi, ha riposto in tale business.

Allo stesso modo può considerarsi un dato ormai giudiziariamente acquisito la circostanza che l'ingerenza delle mafie nell'illecito smaltimento dei rifiuti si avvalga del condizionamento delle Amministrazioni locali, che assicurano alle ditte contigue ai clan gli appalti per la raccolta e il trattamento dei rifiuti, la cui esecuzione avviene con modalità illecite, così da ottimizzare i guadagni a scapito della tutela del territorio e della salute pubblica. Tale connivenza con soggetti inseriti negli apparati politico-amministrativi locali risulta così imprescindibile e funzionale agli interessi criminali.

Tale ingerenza criminale nel settore dei rifiuti assume particolare significato in occasione dell'esecuzione di importanti interventi pubblici, aventi un vasto impatto sia dal punto di vista economico che territoriale e, quindi, sociale. In presenza di tali evenienze, l'attività di prevenzione svolge un ruolo fondamentale, potendosi incidere su tali fenomeni in maniera più marcata di quanto possano farlo gli stessi procedimenti penali.

La analisi effettuata dalla Direzione Nazionale Antimafia in questo specifico settore, evidenzia come sia apparso sempre imprescindibile, per gli intermediari che operano con modalità illecite nel ciclo dei rifiuti, ricorrere a quel tipo di contatti. In proposito la casistica investigativa e processuale di cui la DNA dispone non lascia adito a dubbi.

Peraltro, la presenza della delinquenza mafiosa in questo settore è stata registrata ai diversi livelli della filiera delle imprese, declinando la propria dimensione speculativa su tutto il processo produttivo, a monte e a valle del ciclo del rifiuto, attraverso modelli organizzativi e gestionali semplici o a impronta più specialistica (si va, in sostanza, dalla gestione della discarica per inerti a quella di stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi o di inertizzazione e riutilizzo degli stessi).

La fondata preoccupazione è, quindi, quella di evitare che l'iniziativa di recupero del territorio, oggetto del citato decreto-legge, si trasformi in una ulteriore occasione di guadagno per gli stessi autori del disastro ambientale che si è prodotto in quella regione.

Un ulteriore fattore di complessità è legato alla frammentazione, in termini logistici, delle attività «di cantiere» che verranno avviate ma anche alla necessità che l'attività di monitoraggio e vigilanza, a fini antimafia, insista su una porzione di territorio particolarmente ampia e solo in parte coincidente con i singoli siti da bonificare.

L'ultimo fattore da tenere in considerazione, quale corollario dei precedenti, attiene alla pluralità dei soggetti (si pensi solo al numero dei comuni su cui insistono i siti e dei proprietari degli stessi) che, a vario titolo, saranno coinvolti nel processo di risanamento di quelle aree e che richiederà un intenso sforzo in termini di coordinamento anche al fine di mantenere un costante e omogeneo livello di attenzione nelle azioni di controllo di rispettiva competenza.

L'impianto delle cennate Linee-guida, pertanto, ha dovuto tener conto della specificità del quadro delineato provando a disegnare un modello operativo «su misura».

Se non si ricorre a misure specifiche, che tengano conto del contesto territoriale, del radicamento dei clan camorristici, degli interessi economici in gioco e del grado di infiltrazione di alcune delle imprese operanti nel settore, si rischia concretamente di affidare le operazioni di bonifica proprio a coloro che hanno avvelenato il territorio campano.

In questo senso, il presente atto di indirizzo si muove nell'ottica di potenziare al massimo i presidi da attivare nella fase antecedente all'esecuzione degli interventi nella consapevolezza che l'affidamento di appalti ed altri subcontratti a soggetti contigui ad ambienti criminali potrebbe non solo costituire un vulnus per la trasparenza e la libertà del mercato legale ma anche compromettere ulteriormente il primario diritto alla salute della popolazione di quei territori.

Di particolare utilità a tal fine si sono rilevati: da un lato, l'accresciuta conoscenza, da parte delle Forze di polizia e della Autorità giudiziaria, dei meccanismi di penetrazione mafiosa nel «business» ambientale e, dall'altro, le potenzialità offerte da talune disposizioni contenute nella normativa di settore (si fa riferimento, in particolare, all'art. 29 del decreto-legge n. 90/2014 in tema di white list, ma anche alla regolamentazione che disciplina l'attività di gestione ambientale e del ciclo dei rifiuti).

Una particolare attenzione, dunque, è stata rivolta allo strumento dello screening preventivo sugli operatori economici da parte della Prefettura, con il supporto degli organi info investigativi e la collaborazione offerta dall'Autorità giudiziaria, così come allo strumento delle «White List», opportunamente calibrato sulla specificità del rischio criminale, che dovrebbe costituire il meccanismo di elezione per la scelta dell'operatore economico.

Sul punto, vale la pena di precisare che l'impianto delle presenti linee guida, anche con specifico riferimento al tema delle white list è stato condiviso dall'Avvocatura generale dello Stato cui è stato trasmesso il testo per un parere preventivo.

Va infine sottolineato che analoga considerazione è stata riservata alla fase dei controlli sulla esecuzione degli interventi che potrà giovarsi non solo del qualificato contributo di componenti specialistiche delle Forze di polizia ma anche delle forme di collaborazione istituzionale con l'Autorità giudiziaria già positivamente sperimentate in precedenti esperienze.

2. Quadro di situazione degli interventi avviati e da avviare.

In preparazione del presente atto di indirizzo, sono stati avviati contatti con l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e il Comando Generale del Corpo Forestale dello Stato, per acquisire un quadro informativo circa lo stato delle iniziative avviate. Inoltre, rappresentanti del Comitato hanno partecipato ad incontri presso la Direzione Nazionale Antimafia, ed alla quale sono intervenuti il Procuratore Nazionale Antimafia ed i suoi Sostituti, nonché i Procuratori Distrettuali e Circondariali dei territori campani maggiormente interessati dai fenomeni di sversamenti e smaltimenti abusivi in aree agricole. In tali incontri sono stati acquisiti, alla luce di quanto finora accertato in sede giudiziaria, spunti di riflessione sulle possibili criticità e quindi sulle misure di rafforzamento dell'azione di prevenzione attraverso forme di collaborazione con l'Autorità Giudiziaria.

Il quadro di situazione emerso può essere sintetizzato come segue.

Il D.L. n. 136/2013 articola il processo di risanamento delle aree in discorso in due fasi:

a) la prima fase consiste nella mappatura dei terreni a rischio.

Tale attività viene realizzata attraverso indagini tecniche effettuate da soggetti pubblici specificamente incaricati (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - CRA, ISPRA, Istituto Superiore di Sanità - ISS, e dell'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale in Campania - ARPAC), sulla base degli indirizzi e delle priorità stabilite con una direttiva adottata dai Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e della salute, d'intesa con il Presidente della Regione Campania (art. 1 del D.L. n. 136/2013). A questo scopo, il personale tecnico incaricato, accompagnato da personale del Corpo Forestale dello Stato e del NOE dell'Arma dei Carabinieri è, autorizzato ad accedere a ciascun sito per effettuare i prelievi di materiali da analizzare. A conclusione della fase diagnostica, con decreto dei Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono individuati - classificandoli secondo una scala del rischio che va dal Livello 5 (Rischio molto alto) a Livello 1 (Rischio basso) - i terreni che non possono essere destinati a colture agroalimentari o quelli da destinare solo ad alcune colture agroalimentari.

Con la direttiva interministeriale emanata il 23 dicembre 2013 è stato elaborato un primo elenco di 57 Comuni (33 della Provincia di Napoli e 24 della Provincia di Caserta), i cui territori devono formare oggetto prioritario dell'attività in questione; con una successiva direttiva interministeriale del 16 aprile 2014 è stato individuato un secondo elenco di 31 Comuni (22 della Provincia di Napoli e 9 della Provincia di Caserta), i cui territori dovranno formare oggetto delle medesime indagini tecniche.

Resta comunque fermo che l'ambito di applicazione delle presenti Linee guida - allo stato riferito ai cennati territori - verrà automaticamente ad estendersi a quelle aree che dovessero essere individuate, a seguito di ulteriori direttive interministeriali, ai fini dei relativi interventi di bonifica;

b) la seconda fase consiste nella attuazione degli interventi finalizzati alla bonifica dei siti e alla rivitalizzazione economica dei territori, sulla base di un programma straordinario e urgente per la cui esecuzione potranno essere individuati soggetti attuatori. E' previsto che tali interventi possano essere realizzati attraverso la stipula di contratti istituzionali di sviluppo di cui all'art. 6 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, nell'ambito dei quali la Regione può individuare anche misure incentivanti l'utilizzo di colture di prodotti non destinati all'alimentazione umana o animale (si vedano, in particolare, gli articoli 1, comma 6-quinquies, e 2, comma 4).

Nel momento in cui viene adottato il presente atto di indirizzo, risultano essere in fase di svolgimento le attività riguardanti la mappatura dei terreni di cui alla precedente lettera a).

3. I soggetti della «rete» di prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

L'art. 2-bis, del D.L. n. 136/2013 prevede che i controlli antimafia sui diversi interventi connessi al monitoraggio e alla bonifica delle aree agricole campane vengano sviluppati secondo modalità rafforzate rispetto a quelle attuate in via ordinaria ed assegna un ruolo centrale di indirizzo e coordinamento al Prefetto di Napoli.

Per lo svolgimento di questi compiti egli potrà avvalersi:

a) della Sezione Specializzata di questo Comitato, di cui al comma 2, del ricordato art. 2-bis;

b) del Gruppo interforze centrale per il monitoraggio e le bonifiche delle aree inquinate (GIMBAI), organismo info-investigativo, costituito presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 2-bis.

Tali organismi vanno a integrare la «rete» del monitoraggio antimafia, prevista dal D.M. 14 marzo 2003, a cominciare dalla DIA e dal Gruppo Interforze, ed ovviamente dalle altre Prefetture, in primis quella di Caserta, il cui territorio è considerevolmente interessato dagli interventi di monitoraggio e bonifica.

A questo fine, il Prefetto di Napoli si farà carico di individuare le più efficaci forme di raccordo tra le predette componenti, in modo da garantire la massima circolazione informativa nella fase ascendente, verso quella prefettura, e in quella discendente, in direzione cioè delle altre prefetture e delle diverse componenti del sistema rafforzato antimafia.

In questo senso, diventerà fondamentale avviare un'ancor più stretta collaborazione con la DDA di Napoli e le altre Procure dei circondari interessati dal piano degli interventi disciplinati dal predetto D.L. n. 136/2013, nell'ovvio rispetto dei reciproci ruoli e del segreto di indagine. A tal fine, potrà essere presa in considerazione la possibilità di attivare intese, volte a conferire alla Prefettura di Napoli il ruolo di «interfaccia» privilegiato delle informazioni che le citate Autorità Giudiziarie riterranno opportuno «riversare» nel circuito amministrativo per le conseguenti iniziative.

Sempre nell'ottica di rendere più incisiva l'azione di controllo, il Prefetto di Napoli potrà avviare iniziative collaborative con gli altri stakeholders pubblici competenti a eseguire o far eseguire il monitoraggio dei terreni, in linea di continuità con il protocollo di legalità, già stipulato con il Presidente della Regione Campania, per la prevenzione della corruzione e dell'infiltrazione criminale nelle opere di bonifica ambientali.

In particolare, il Prefetto di Napoli si farà carico di promuovere la stipula degli accordi di legalità che, nei termini indicati dalle presenti Linee Guida, definiranno la cornice dei controlli antimafia sugli interventi - ivi comprese le forme di incentivazione - contemplati dai contratti istituzionali di sviluppo eventualmente stipulati per le esigenze di cui ai già menzionati articoli 1, comma 6-quinquies, e 2, comma 4, del D.L. n. 136/2013.

E' utile ricordare che l'art. 6, comma 3, del decreto legislativo n. 88/2011 assoggetta i predetti contratti istituzionali di sviluppo alla disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici per le realizzazioni comprese nel Piano delle Infrastrutture Strategiche, anche per ciò che concerne le modalità di svolgimento delle verifiche antimafia (Parte II, Titolo III, Capo IV del Codice).

Ai contratti istituzionali di sviluppo si applica, dunque, l'art. 176 del citato Codice che rende obbligatoria la conclusione di appositi accordi di legalità tra il Prefetto e le parti dei medesimi contratti, finalizzati a definire, appunto, i controlli e le cautele da osservarsi in chiave di prevenzione delle ingerenze criminali.

I contenuti di tali protocolli si uniformeranno al sistema dei controlli antimafia delineato dalla delibera CIPE n. 58 del 3 agosto 2011, concernente le infrastrutture strategiche di interesse nazionale.

4. Indicazioni per la prevenzione delle infiltrazioni nella fase del monitoraggio delle aree della Regione Campania oggetto di eventuali contaminazioni o inquinamenti.

4.1. Il monitoraggio delle aree territoriali.

Nell'attuale stadio propedeutico all'attivazione degli interventi di bonifica, è ragionevole ipotizzare che l'interesse della criminalità organizzata sia orientato a precostituirsi posizioni, direttamente o indirettamente, lucrative sia rispetto agli interventi - e alle relative risorse economiche - destinati al risanamento delle aree contaminate, sia rispetto ad eventuali forme di speculazione edilizia.

Di conseguenza l'azione di monitoraggio dovrà prevalentemente essere rivolta a intercettare manovre intrusive volte a interferire sul regolare processo di campionamento e classificazione dei terreni, così come ad acquisire il controllo delle aree interessate all'indotto del futuro piano di bonifica.

Sintomatici, a tal fine, potranno dunque rivelarsi, già in questa fase, i passaggi di proprietà riguardanti terreni ricompresi nelle aree in questione, così come le richieste di trasformazione di destinazione d'uso di zone limitrofe (ad esempio da adibire a cave o a siti per lo smaltimento di inerti).

In tale prospettiva, il Prefetto di Napoli, avvalendosi del contributo dei Gruppi Interforze e del GIMBAI, avvierà, sin da ora, le iniziative di screening volte al censimento dei siti al fine di far emergere situazioni di «allarme» o comunque di «anomalia».

Particolarmente utili, a tali fini, saranno i contributi informativi forniti dai Gruppi Interforze, relativamente al censimento dei soggetti proprietari dei terreni (4), nonché dal GIMBAI a seguito dello screening periodico dei trasferimenti di proprietà nelle zone ove insistono i terreni a rischio.

L'eventuale individuazione di elementi di «criticità», in termini di contiguità mafiosa, che dovessero emergere nei confronti di soggetti proprietari dei terreni o interessati da transazioni aventi ad oggetto i terreni stessi, potrà consentire il rilascio di attestazioni sfavorevoli qualora i soggetti abbiano in corso rapporti con la pubblica amministrazione. In ogni caso tali elementi potranno dare adito ad ulteriori accertamenti volti alla proposta di applicazione di misure di prevenzione, ovvero sfociare in altre forme di accertamento di natura giudiziaria.

4.2. Il monitoraggio delle cave e delle discariche.

E' facilmente prevedibile che la «filiera» degli operatori economici impegnati nell'esecuzione degli interventi di bonifica dei terreni agricoli inquinati o contaminati comprenderà anche le imprese che gestiscono cave o discariche.

Si tratta, come è noto, di attività particolarmente delicate, non solo sul versante del rischio prettamente ambientale, ma anche perché costituiscono un settore tradizionalmente più esposto ai tentativi di aggressione e condizionamento del crimine organizzato.

In considerazione di ciò, appare opportuno che le Prefetture di Napoli e Caserta (e quelle altre della Campania in futuro interessate) proseguano attivamente il monitoraggio, previsto dalla direttiva del Ministro dell'interno del 23 giugno 2010 sui soggetti che gestiscono i predetti siti estrattivi o di smaltimento dei rifiuti.

Lo screening dovrà essere svolto in necessaria collaborazione con i competenti organi regionali, ed eventualmente provinciali, ai quali andrà richiesto un quadro informativo esauriente circa i soggetti cui sono stati affidati in concessione i siti estrattivi o cui sono state rilasciate le prescritte autorizzazioni per la gestione delle discariche, allo scopo di accertare l'effettiva titolarità delle attività. Altrettanto importante sarà assicurare un circuito informativo tempestivo sulle richieste di autorizzazione e concessione ancora in itinere o che verranno nel tempo presentate.

Nel caso in cui l'operatore economico non risulti già iscritto nelle white list e gli accertamenti facciano emergere le condizioni per il rilascio di informazioni antimafia interdittive, le Prefetture di Napoli e Caserta provvederanno a informare:

a) l'Amministrazione concedente o che ha rilasciato gli eventuali provvedimenti di tenore autorizzatorio, per l'adozione dei conseguenti provvedimenti;

b) l'eventuale soggetto aggiudicatore degli appalti pubblici connessi all'esecuzione delle bonifiche perché, ai fini di una più efficace ed estesa rete di prevenzione antimafia, inibisca i soggetti e gli operatori economici interessati dall'intrattenere rapporti di fornitura, approvvigionamento ecc. con le imprese controindicate.

Qualora le imprese abbiano sede legale in altra Provincia, le Prefetture di Napoli e Caserta provvederanno a attivare le competenti prefetture ai fini degli adempimenti di cui alle precedenti lettere a) e b).

Si segnala che il Prefetto, fuori dai casi in cui vengano accertati tentativi di infiltrazione mafiosa che consentano il rilascio di un'interdittiva, potrà in ogni caso, nel contesto di questa attività di monitoraggio, esercitare il potere di segnalazione di cui all'art. 1-septies del d.l. n. 629/1982.

Ed infatti, il nuovo Codice antimafia, nel sopprimere le cd. informazione «atipiche», ha comunque mantenuto in capo al Prefetto il potere di comunicare alle amministrazioni competenti situazioni suscettibili di essere valutate ai fini della permanenza in capo ai soggetti scrutinati dei requisiti morali richiesti dalle normative di settore per la concessione e il mantenimento di taluni provvedimenti ampliativi della sfera giuridica degli interessati (concessioni, autorizzazioni all'esercizio di alcune attività economiche, ecc., elencate nel predetto art. 1-septies).

Con specifico riguardo alle attività economiche che insistono sul territorio campano, si evidenzia che la legge regionale 13 dicembre 1985, n. 54, non richiede requisiti morali ulteriori rispetto a quelli antimafia per il rilascio delle autorizzazioni o concessioni alla coltivazioni di cave.

Diverse considerazioni valgono per le attività riguardanti la gestione di discariche e di smaltimento dei rifiuti.

L'esercizio di tali attività è, infatti, subordinato all'iscrizione nell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, oggi disciplinato dal regolamento di cui al D.M. 3 giugno 2014, n. 120.

L'art. 20 del citato regolamento prevede espressamente che le Sezioni regionali dell'Albo procedono alla cancellazione dall'Albo stesso degli operatori economici nei confronti dei quali sono venuti meno i requisiti morali necessari per l'iscrizione elencati all'art. 10, comma 2, dello stesso regolamento.

Tali requisiti comprendono non solo l'assenza delle cause ostative di cui all'art. 67 del decreto legislativo n. 159/2011 (art. 10, comma 2, del D.M. n. 120/2014), ma anche l'assenza di condanne definitive per reati ambientali o ad una pena superiore ad un anno di reclusione per delitti non colposi.

L'esistenza quindi di condanne per questi reati a carico di soggetti iscritti nelle Sezioni del citato Albo potrà formare oggetto di comunicazioni di segnalazione da parte del Prefetto ai sensi dell'art. 1-septies del D.L. n. 629/1982.

4.3. Comunicazione degli esiti dei monitoraggi svolti dal Corpo Forestale dello Stato.

In questo contesto, risulterà di particolare utilità per il Prefetto di Napoli e Caserta (e di quelli altri i cui territori saranno interessati dagli interventi contemplati dal D.L. n. 136/2013) disporre dei risultati di alcuni monitoraggi che vengono già adesso sviluppati dal Corpo Forestale dello Stato.

Ci si riferisce, in particolare, a tre iniziative che, come è emerso negli incontri preparatori di queste Linee Guida, sono già stati avviati nei territori dei Comuni dove sono state individuate le aree oggetto di possibile contaminazione:

a) il censimento delle cave e degli altri analoghi siti estrattivi;

b) le aree dove sono stati installati cantieri per la realizzazione di rilevanti opere pubbliche o private;

c) il censimento dei soggetti che conducono di fatto i terreni agricoli, anche a prescindere da quanto risulta formalmente dai titoli contrattuali.

Gli esiti di tali monitoraggi forniranno, infatti, ai Prefetti una «mappatura» delle zone che potrebbero, con maggiore probabilità, essere interessate dal verificarsi di nuovi fenomeni illeciti di sversamento o smaltimento di rifiuti.

In particolare, i Prefetti potranno tenere conto dei risultati delle iniziative in questione anche ai fini di meglio orientare i piani di controllo del territorio, in modo da realizzare una più efficace azione di prevenzione.

4.4. Possibili misure per evitare alterazioni dei risultati delle indagine tecniche relative ai siti monitorati.

Sempre con riferimento alla fase propedeutica all'affidamento delle attività di bonifica, il Comitato ritiene, anche in esito agli approfondimenti intercorsi presso la Procura nazionale antimafia, che una particolare attenzione vada riservata all'aspetto della campionatura dei siti.

Risulta evidente, infatti, come le indagini tecniche effettuate per accertare l'esistenza di inquinamenti e contaminazioni costituiscano uno dei punti-cardine del processo di risanamento ecologico da avviare.

Da tali risultati e dalla conseguente classificazione dei terreni conseguiranno effetti sulla futura produttività di quelle aree ma anche benefici in termini di incentivi che potranno essere destinati ai proprietari dei siti dai programmi istituzionali di sviluppo previsti dallo stesso decreto-legge.

In questa prospettiva, anche in un'ottica di deterrenza, il Comitato ritiene opportuno segnalare l'esigenza di adottare le migliori cautele al fine di garantire la genuinità dei risultati e delle indagini tecniche, riducendo il rischio di tentativi di manipolazione o di alterazione dei campioni.

A questo scopo, potrà essere presa in considerazione la possibilità, da parte dei competenti Reparti del Corpo Forestale dello Stato e del NOE dell'Arma dei Carabinieri, di effettuare ripetizioni randomiche delle indagini già svolte, previo un nuovo prelievo di materiale, in modo da corroborare i risultati delle analisi già svolte.

Ai fini della scelta dei siti in cui reiterare la campionatura, i Reparti del Corpo Forestale dello Stato e del NOE potranno valorizzare gli eventuali spunti di analisi offerti dai Gruppi Interforze, nonché le risultanze dell'attività di intelligence sviluppata dal GIMBAI e dalla Sezione specializzata che operano a supporto del Prefetto di Napoli.

5. Le white list dei fornitori e prestatori di servizi connessi agli interventi di bonifica dei siti inquinati.

L'art. 2-bis, comma 6, del D.L. n. 136/2013 stabilisce che presso la Prefettura di Napoli siano istituiti elenchi di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi i soggetti esecutori degli interventi di bonifica delle aree agricole inquinate. Ai fini della costituzione di tali elenchi è previsto che venga adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'interno, della giustizia, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'economia e delle finanze.

L'intento perseguito dal Legislatore è evidentemente quello di apprestare un ulteriore strumento di prevenzione delle infiltrazioni criminali, calibrato sulle particolari esigenze connesse all'esecuzione dei progetti di risanamento dei territori in discorso.

Il citato art. 2-bis, comma 6, si pone, quindi, come norma speciale volta alla costituzione di elenchi di imprese che solo in parte coincidono con quelli disciplinati in via generale dall'art. 1, commi dal 52 al 57, della legge n. 190/2012, come modificato dall'art. 29 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.

Ciò premesso, nelle more dell'attuazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo, il Comitato ravvisa l'opportunità di avviare sin da ora, in analogia a quanto già effettuato in altre vicende, una prima sperimentazione di tale sistema anticipando così al massimo la fase di monitoraggio di fornitori e prestatori di servizi che saranno interessati agli interventi di bonifica delle aree agricole della Campania.

Ciò per diversi ordini di ragioni.

Innanzitutto, per la peculiarità di tali operatori economici che l'esperienza di questi anni ha dimostrato essere particolarmente esposti alla pressione criminale. Si richiamano al riguardo le considerazioni svolte nel precedente paragrafo 1, relative agli approfondimenti svolti dalla Direzione Nazionale Antimafia con riguardo alle interazioni tra criminalità ambientale, criminalità mafiosa e delitti contro la Pubblica Amministrazione. Appare inevitabile dunque che, se si vuole provare a costituire un sistema di imprese virtuose veramente funzionale alla specificità degli interventi che si andranno a realizzare, dovranno essere presi in considerazione parametri di valutazione altrettanto specifici e calibrati sul livello di rischio preconizzabile in base all'esperienza info-investigativa maturata sul campo.

A ciò si aggiunge il non trascurabile intento di mettere in condizione gli operatori economici interessati di poter accedere per tempo a queste nuove «white list», in modo da non pregiudicarne le chances di partecipazione alle procedure di gara che saranno indette in relazione al processo di risanamento in questione.

D'altra parte, come ha anche evidenziato l'Avvocatura Generale dello Stato, nel parere reso in merito ai contenuti del presente atto di indirizzo, le white list costituiscono uno strumento sostitutivo, in un'ottica di semplificazione amministrativa e di ordinari controlli antimafia. La stessa Avvocatura, inoltre, ha riconosciuto che le white list del comma 5, dell'art. 2-bis del d.l. n. 136/2013, rivestono carattere di specialità, rispetto alle «normali» white list poiché afferenti a contratti pubblici e/o a subcontratti relativi agli interventi di cui al comma 1 dell'art. 2-bis e, in tal senso, più restrittive, ed anche derogatorie, quanto ai requisiti di iscrizione.

Le forniture e i servizi per i quali andranno costituiti gli elenchi in questione dovranno ricomprendere tipologie di attività già oggi incluse nelle white list istituite ai sensi dell'art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012, cui si andranno ad aggiungere ulteriori specifiche tipologie (bonifica di siti; bonifica di beni e siti contenenti amianto).

Il Comitato rileva l'opportunità che questi «elenchi» sperimentali costituiscano la modalità obbligatoria attraverso la quale saranno effettuati i controlli antimafia sulle imprese operanti nei predetti settori, che pertanto non potranno partecipare agli interventi di riqualificazione ambientale previsti dal D.L. n. 136/2013, se non iscritti nelle white list. In tal modo i predetti «elenchi» verranno a costituire, con le peculiarità di cui si dirà appresso, un'estensione delle white list nazionali di cui al ripetuto art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012. In analogia a quanto previsto per tale ultima categoria generale, l'iscrizione negli elenchi sperimentali avrà una durata di dodici mesi a decorrere dalla data del provvedimento che la dispone.

Nel caso in cui l'attività svolta dall'operatore economico ricomprenda uno o più tipologie di forniture e servizi tra quelli indicati ovvero nei casi di attività promiscua - intendendosi per tale l'attività che riguardi congiuntamente una delle forniture di beni o servizi sopra indicate - l'iscrizione verrà eseguita con riguardo all'elenco di ciascuna attività.

Si evidenzia, inoltre, che le «liste» in questione fanno riferimento ad attività prive di caratterizzazione territoriale, per cui l'ammissione ad esse potrà essere richiesta sia dagli operatori economici aventi sede legale o una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato ex art. 2508 c.c., sia dalle imprese aventi sede legale all'estero, prive di un'organizzazione stabile nel territorio dello Stato.

Per quanto concerne i requisiti necessari per l'iscrizione, va evidenziato che l'art. 2-bis, comma 6, del D.L. n. 136/2013 fa riferimento ad operatori economici «non soggetti a rischio di inquinamento mafioso».

Appare consequenziale che l'ammissione nell'elenco venga ad essere correlata ad accertamenti approfonditi finalizzati a verificare l'assenza del fumus di mafiosità.

In questo senso, si ritiene che l'iscrizione sarà, innanzitutto, subordinata alla verifica dei requisiti che consentono, ai sensi dell'art. 84, comma 3, del decreto legislativo n. 159/2011, il rilascio dell'informazione antimafia liberatoria, e cioè: l'assenza delle situazioni ostative di cui all'art. 67 del decreto legislativo n. 159/2011, nonché di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle imprese interessate. Si è tuttavia accennato in precedenza all'esigenza che lo scrutinio di mafiosità, nel caso specifico, venga effettuato tenendo conto del dato di esperienza giudiziaria che induce a porre in stretta correlazione, vieppiù in quel contesto territoriale, criminalità ordinaria di natura ambientale con criminalità di stampo mafioso, legittimando una valutazione di «sintomaticità» della prima rispetto alla seconda.

Ma analogamente, come si è già osservato, i dati giudiziari dimostrano che la presenza delle mafie nel ciclo dei rifiuti si coniuga con la complicità dei pubblici amministratori, il cui coinvolgimento è indispensabile per ottenere le commesse pubbliche. Né può trascurarsi che funzionale all'operatività dell'impresa che agisce illecitamente nel settore dello smaltimento dei rifiuti è l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.

Si ritiene pertanto di prevedere, quale profilo di specificità rispetto al modello più generale previsto dalla legge n. 190/2012, che l'ammissione alle liste dovrà essere subordinata alla verifica dell'assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa desunti oltre che dalle situazioni di cui all'art. 84, comma 4, del decreto legislativo n. 159/2011 anche dalle seguenti situazioni:

a) misure cautelari (personali o reali), provvedimenti di rinvio a giudizio, o condanne anche non definitive, per i seguenti delitti: combustione illecita di rifiuti (art. 256-bis del decreto legislativo n. 152/2006), falsità nella certificazione dell'analisi dei rifiuti (art. 258, comma 4, secondo perioso, del decreto legislativo n. 152/2006), traffico organizzato di rifiuti (art. 260 del decreto legislativo n. 152/2006), delitti commessi nel settore dello smaltimento dei rifiuti nel periodo dello stato di emergenza dichiarato ai sensi della legge n. 225/1992 (art. 6 del D.L. n. 172/2008), disastro doloso (art. 434, comma 2, c.p.), avvelenamento delle acque (439 c.p.), disastro colposo (449 c.p.);

b) misure cautelari (personali o reali), provvedimenti di rinvio a giudizio, o condanne anche non definitive, per il delitto di cui all'art. 321 c.p. in relazione agli articoli 318, 319, 319-ter e 320 c.p., nonché per il delitto di cui all'art. 319-quater, comma 2, c.p. nonché ancora per i delitti di cui agli articoli 2 e 8 decreto legislativo n. 74/2000;

c) annotazione nominativa nei registri delle misure di prevenzione di cui all'art. 81 del citato decreto legislativo n. 159/2011.

Nella logica sopra illustrata, ai fini dell'accertamento dell'esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il Prefetto di Napoli potrà altresì valutare l'esistenza, nei confronti dei soggetti rilevanti della compagine d'impresa, di più condanne, anche non definitive, per le contravvenzioni previste in materia ambientale dal decreto legislativo n. 152/2006 nonché dall'art. 21 della legge n. 646/1982 (subappalto non autorizzato). In relazione a tali ultime fattispecie, si richiama peraltro l'attenzione sull'opportunità, come evidenziato anche nel parere dell'Avvocatura Generale dello Stato, che tali condanne siano suffragate da ulteriori elementi sintomatici e risultino collegate funzionalmente a una modalità di gestione dei rifiuti e dalla considerazione degli interessi ambientali non consona all'attività per cui si richiede l'iscrizione.

Resta inteso che al fine di procedere a tali valutazioni la Prefettura di Napoli dovrà acquisire copia dei provvedimenti giudiziari.

Tornando al procedimento volto all'iscrizione nei cennati elenchi prefettizi, con particolare riguardo alle modalità di accertamento della sussistenza dei requisiti di specialità sopraindicati, si ritiene che nei confronti delle imprese aventi sede legale nel territorio della propria Provincia, la Prefettura di Napoli potrà fare riferimento alle procedure delineate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013 per l'iscrizione nelle white list «nazionali», di cui all'art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012.

Per le imprese aventi sede legale nel territorio di altre Province, la Prefettura di Napoli interpellerà la Prefettura territorialmente competente che, previa valutazione del Gruppo Interforze, provvederà a comunicare l'esito delle verifiche svolte, formulando una valutazione propositiva circa il provvedimento finale da adottare.

Per quanto concerne le imprese estere, prive di sede secondaria in Italia, il Comitato, nella logica di controllo rafforzato perseguita dalle presente Linee Guida, rileva l'opportunità che gli accertamenti vengano sviluppati secondo un procedimento derogatorio, rispetto a quello ordinario, disciplinato dal combinato disposto degli articoli 85, comma 2-ter, e 91, comma 5, del decreto legislativo n. 159/2011, già, peraltro, sperimentato in altri contesti. Pertanto, la Prefettura di Napoli provvederà a:

1) verificare autonomamente attraverso il CED Interforze l'eventuale sussistenza nei confronti dei soggetti di cui all'art. 85, comma 2-ter, del decreto legislativo n. 159/2011 di tutti i requisiti di iscrizione, anche aggiuntivi rispetto a quelli ordinari, stabiliti dal presente paragrafo per le imprese aventi sede in Italia. La Prefettura di Napoli verificherà l'attualità delle iscrizioni pregiudizievoli eventualmente riscontrate, acquisendo presso le competenti Autorità Giudiziarie copia dei pertinenti provvedimenti;

2) acquisire i certificati giudiziari e dei carichi pendenti nei riguardi dei soggetti di cui al citato art. 85, comma 2-ter, del decreto legislativo n. 159/2011;

3) richiedere al GIMBAI di verificare presso i competenti organi del Ministero dell'interno l'eventuale sussistenza di eventuali segnalazioni provenienti dai collaterali uffici di polizia stranieri;

4) sulla base delle informazioni partecipate dal GIMBAI, adottare le conseguenti determinazioni relativamente alla domanda di iscrizione presentata dall'operatore economico estero. (5)

Si precisa che, qualora l'impresa abbia già conseguito l'iscrizione in corso di validità nelle white list ex art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012, le verifiche dovranno essere effettuate tenendo conto dell'effetto-equipollenza, previsto dal comma 52-bis recentemente inserito nel medesimo articolo dall'art. 29 del D.L. n. 90/2014.

Conseguentemente, in tali ipotesi, le verifiche saranno circoscritte esclusivamente all'accertamento dell'assenza delle predette situazioni ostative derivanti da procedimenti penali in corso per i reati di cui ai punti a) e b) del presente paragrafo ovvero dall'iscrizione nel registro delle misure di prevenzione.

Quanto all'art. 29, comma 2, del D.L. n. 90/2014 che, per un periodo transitorio di dodici mesi, considera equipollente all'iscrizione nelle «white list» nazionali la presentazione della sola domanda di iscrizione, si ritiene che tale previsione debba essere applicata in termini compatibili con la logica dei controlli rafforzati postulati dal D.L. n. 136/2013.

Pertanto, analogamente a quanto è stato già previsto per gli interventi connessi all'EXPO 2015 e di ricostruzione «post sisma» in Abruzzo, la Prefettura di Napoli dovrà procedere comunque all'accertamento dei requisiti per il rilascio dell'informazione antimafia liberatoria, anche nei riguardi delle imprese, richiedenti l'iscrizione negli «elenchi» in argomento, le quali abbiano presentato la domanda di ammissione alle white list nazionali di cui al ripetuto art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012.

Si soggiunge infine che, trattandosi, come precisato nel paragrafo 4.2, di imprese soggette all'iscrizione, sulla base di requisiti di moralità specifici, qualora nel corso delle verifiche venga accertata l'esistenza di situazioni che determinino il venir meno di tali requisiti, il Prefetto di Napoli potrà darne comunicazione - in esercizio dei poteri di segnalazione ex art. 1-septies del D.L. n. 629/1982, delegati in via permanente dal Ministro dell'interno - alla competente Sezione regionale dell'Albo dei gestori ambientali per l'adozione dei conseguenti provvedimenti.

6. I controlli sugli interventi di bonifica delle aree agricole oggetto di inquinamento o contaminazione:

a) Indirizzi per i soggetti attuatori

6.1. Quadro di situazione.

L'art. 2 del D.L. n. 136/2013 stabilisce che gli indirizzi fondamentali per la bonifica dei terreni e delle falde acquifere siano definiti da un Comitato interministeriale ad hoc presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, o da un Ministro da lui delegato, composto dai Ministri della coesione territoriale, dell'interno, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, della salute, dei beni e delle attività culturali e della difesa e che vede la partecipazione di diritto del Presidente della Regione Campania (comma 1).

Sulla base di tali indirizzi, un'apposita Commissione adotterà il programma degli interventi straordinari e urgenti anche finalizzati al risanamento delle aree in questione, individuando i soggetti attuatori e le modalità di realizzazione dei vari interventi.

La fase delineata dalla disposizione in commento versa ancora in uno stadio incipiente.

Nondimeno, il Comitato ritiene opportuno anticipare, con riserva di ulteriori indirizzi, le misure organizzative e di controllo antimafia che dovranno essere realizzate dai Soggetti attuatori e dalla filiera delle imprese.

6.2. I bandi di gara.

Attualmente non sono ancora note le modalità con cui verranno affidati gli interventi di risanamento delle aree oggetto del decreto-legge n. 136/2013, con particolare riguardo alla individuazione di uno o più soggetti attuatori deputati alla gestione dei procedimenti di gara e alle fasi dell'aggiudicazione nonché all'esecuzione dei contratti pubblici.

Il Comitato ritiene, tuttavia, nelle more di tale individuazione, di anticipare alcune linee di azione con riguardo alla predisposizione dei contenuti dei bandi di gara, che costituiscono uno dei fattori determinanti nell'azione di prevenzione sul piano amministrativo.

A tal fine, appare opportuno che i soggetti attuatori si attivino, in via preventiva, al fine di condividere con la Prefettura lo schema dei bandi di gara da elaborarsi secondo criteri di massima trasparenza nel quadro dei criteri che verranno individuati da questo Comitato di concerto con l'ANAC, in particolare, oltre ai criteri di aggiudicazione, ai fini della definizione dei requisiti di partecipazione dei concorrenti alle procedure di selezione dell'aggiudicatario, secondo i principi stabiliti dall'art. 2, comma 2, e art. 69, del decreto legislativo n. 163/2006 in tema di salvaguardia delle esigenze sociali e di tutela dell'ambiente e della salute, nonché dall'art. 44 del medesimo codice in tema di misure di gestione ambientale. In via generale, come sottolineato anche dall'Avvocatura Generale dello Stato, appare opportuno che, sia a garanzia della Stazione appaltante che degli operatori della filiera, nei bandi di gara siano precisati gli specifici impegni derivanti dall'attuazione delle presenti Linee guida, al fine di dare compiuta conoscenza dei vincoli nascenti a carico delle imprese, con specifico riguardo alla capacità giuridica a contrarle. Nell'ambito della pianificazione degli interventi, potrà essere valutata, d'intesa con il soggetto attuatore, la possibilità di procedere alla suddivisione degli interventi stessi in lotti funzionali ex art. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 163/2006; aspetto di cui si terrà conto nei bandi di gara, sia ai fini della «tornata di gara» sia ai fini delle aggiudicazioni multiple.

ANAC potrà predisporre un'attività di verifica preventiva delle procedure di selezione dei concorrenti e di esecuzione dei contratti di lavori, servizi e forniture, anche sulla base dei modelli sperimentati in ambito Expo 2015 di Milano. Le modalità di esercizio di tali verifiche preventive, potranno includere visite a campione e senza preavviso in qualsiasi fase di svolgimento delle gare, della esecuzione dei contratti e di ogni altra prestazione in capo ai soggetti attuatori. Segnatamente, ANAC, con suoi rappresentanti o delegati, potrà accedere e presenziare, ai fini documentativi, alle sedute pubbliche o riservate delle commissioni giudicatrici o di eventuali sub-commissioni tecniche in corso di svolgimento, estraendo copia di atti o di verbali. Analoga attività di verifica a campione e senza preavviso, potrà essere dispiegata da ANAC in merito agli incombenti dei responsabili del procedimento dei soggetti attuatori, dei progettisti e dei direttori dei lavori.

6.3. L'Anagrafe degli esecutori.

In primo luogo, i Soggetti attuatori dovranno prevedere la costituzione di un'anagrafe degli esecutori (d'ora in poi solo: «Anagrafe») accessibile alla DIA, ai Gruppi Interforze delle Prefetture campane interessate e che sarà a disposizione anche del Servizio Alta Sorveglianza del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, realizzata secondo i criteri individuati dal Comitato nelle linee guida allegate alla delibera CIPE n. 58/20111. All'Anagrafe potranno, altresì, accedere la Direzione Nazionale Antimafia, nonché le Direzioni Distrettuali Antimafia.

Il Comitato si riserva di valutare la possibilità di consentire la creazione di un'unica Anagrafe che potrà essere utilizzata in comune da tutti i Soggetti attuatori, una volta che il programma degli interventi di bonifica sarà stato definito nel dettaglio, eventualmente valorizzando le possibilità dischiuse dal già ricordato protocollo di legalità stipulato tra il Prefetto di Napoli e il Presidente della Regione Campania per la prevenzione della corruzione e delle infiltrazioni da parte della criminalità nelle opere di bonifica ambientale. In questo contesto, il Prefetto di Napoli potrà prendere in considerazione la possibilità di mutuare le soluzioni tecniche che, su questo specifico versante, sono state già positivamente sperimentate per l'EXPO 2015 di Milano.

I Soggetti attuatori si avvarranno, per la formazione e l'inserimento dei dati necessari al popolamento dell'Anagrafe, della collaborazione degli stessi soggetti esecutori, con i quali potranno essere assunte intese per la definizione delle specifiche modalità collaborative.

Tale collaborazione, in quanto rivolta a realizzare specifiche esigenze informative di tipo sistemico connesse a finalità antimafia, non determina alcun onere aggiuntivo a carico dei Soggetti attuatori, nel senso che non comporta alcuna variazione del prezzo, importo o valore del contratto, subcontratto o subappalto, né legittima alcuna richiesta in tal senso.

A questo riguardo, occorre ricordare che l'art. 1, quinto comma, del D.L. n. 629/1982 stabilisce che le imprese, individuali e collettive, aggiudicatarie di contratti pubblici, sono tenute a fornire notizie di carattere organizzativo, finanziario e tecnico sulla propria attività, nonché ogni indicazione ritenuta utile ad individuare gli effettivi titolari dell’impresa ovvero delle azioni o quote sociali.

Il conferimento dei dati nell'Anagrafe viene dunque a rappresentare una modalità di attuazione di tale obbligo, assistito dalla sanzione penale di cui all'art. 1, sesto comma, del medesimo D.L. n. 629/1982.

Le informazioni presenti nell'Anagrafe saranno utilizzabili dalla DIA ai fini delle attività istituzionali di monitoraggio sugli appalti pubblici volte a prevenire e contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata.

Un report delle risultanze dell'Anagrafe, corredato da eventuali osservazioni di rilievo, sarà messo a disposizione della Sezione Specializzata e del Comitato stesso.

6.4. Controlli antimafia.

Alla luce dei positivi risultati conseguiti nella prevenzione delle infiltrazioni criminali nei diversi contesti soggetti a regimi rafforzati di controllo, il Comitato ritiene fondamentale che, anche per gli interventi connessi alla bonifica delle aree inquinate della Campania, le verifiche antimafia si svolgano estendendo a tutti i soggetti appartenenti alla «filiera» delle imprese l'obbligo di assoggettarsi al regime delle informazioni prefettizie di cui al Libro II, Capo IV, del decreto legislativo n. 159/2011.

Tali informazioni costituiranno, pertanto, l'unica ed esclusiva forma di accertamento antimafia per le fattispecie contrattuali, sub-contrattuali, i subappalti, i cottimi le prestazioni d'opera, le forniture di servizi, indipendentemente dal loro importo, oggetto, durata e da qualsiasi condizione o modalità di esecuzione.

In particolare, fino alla definitiva attivazione della Banca dati di cui all'art. 96 del decreto legislativo n. 159/2011, i Soggetti attuatori richiederanno, indipendentemente dal luogo di residenza o sede legale dell'operatore economico interessato, il rilascio delle informazioni antimafia alla Prefettura di Napoli che provvederà agli adempimenti stabiliti nel successivo paragrafo 7.

L'eventuale emissione di un'informazione antimafia interdittiva determinerà l'impossibilità di stipulare il contratto o di autorizzare il subcontratto o subappalto, nonché in caso di accertamento successivo alla stipula o all'autorizzazione, la perdita del contratto, sub-contratto o subappalto, dando luogo all'esercizio del recesso unilaterale o alla revoca dell'autorizzazione.

Le stazioni appaltanti adotteranno tali provvedimenti, con la massima tempestività e, comunque, entro il termine massimo di sette giorni dalla data di notifica del predetto provvedimento prefettizio.

Accede alla sanzione della perdita del contratto, l'applicazione di una penale pecuniaria, stabilita nella misura minima del 5% dell'importo o del valore del contratto stesso subcontratto o subappalto, salva dimostrazione del maggior danno da parte della stazione appaltante. Tale sanzione, la cui entità potrà essere elevata dai protocolli di legalità di cui si dirà a breve, risponde ad una duplice esigenza:

a) assolvere ad un'efficace dissuasiva, generalmente propria di ogni misura che aggredisca o minacci di aggredire l'ambito economico-patrimoniale del soggetto potenzialmente destinatario della sanzione pecuniaria;

b) ammortizzare le perniciose conseguenze derivanti dalla necessità per il soggetto in bonis di procedere alla sostituzione «in corsa» dell'impresa colpita dalla determinazione interdittiva. Sotto questo punto di vista la sanzione pecuniaria viene a corrispondere ad una sorta di liquidazione forfettaria del danno, salvo che la parte lesa non lamenti un maggior danno per il cui riconoscimento restano naturalmente ferme le ordinarie tutele risarcitorie.

La perdita del contratto andrà comunicata, a cura del responsabile del procedimento, all'ANAC divenuta competente, in virtù del citato D.L. n. 90/2014, per i conseguenti provvedimenti in tema di casellario informatico delle imprese stabiliti dalla determinazione n. 1/2008, a suo tempo adottata dalla soppressa AVCP.

6.5. Indirizzi per il monitoraggio delle attività di cantiere.

Il Comitato rileva, altresì, l'opportunità che anche per le bonifiche da realizzarsi ai sensi del D.L. n. 136/2013 venga attuata l'esperienza del «Piano di controllo coordinato del cantiere e del sub cantiere», in linea con i criteri delineati per le opere comprese nel Piano delle Infrastrutture Strategiche (PIS) e in conformità a quanto stabilito dagli articoli 4 e 5 della legge n. 136/2010.

La fase di cantierizzazione degli interventi è, come noto, particolarmente delicata, in quanto, proprio durante il suo svolgimento, possono manifestarsi le pressioni a carattere estorsivo della criminalità organizzata, spesso perpetrate con metodi violenti ai danni di cose o persone.

In considerazione di ciò, appare necessario che siano fatti oggetto di attenta valutazione i piani coordinati di controllo onde verificare, in relazione alla dislocazione delle aree di cantiere e alla mappatura dei rischi, l'esigenza di possibili modifiche o integrazione dei dispositivi in atto.

Il «Piano di controllo coordinato del cantiere e del sub cantiere» si impernia sulla costituzione di un data base della cui gestione è responsabile l'impresa affidataria principale o concessionaria che, all'uopo individua un proprio referente di cantiere, in cui è inserito con cadenza settimanale, il piano delle informazioni (cd. settimanale di cantiere) relative a:

a) le ditte che intervengono sul cantiere, a qualunque titolo risultino coinvolte;

b) i mezzi impiegati, di cui devono essere indicati gli estremi identificativi e i relativi proprietari;

c) il personale delle ditte la cui presenza è prevista in cantiere nell'arco di validità temporale del piano, con relativa indicazione nominativa (peraltro, dovrà essere ribadita l'obbligatorietà della dotazione e utilizzazione delle tessere di riconoscimento di cui all'art. 18 del decreto legislativo n. 81/2008;

d) le persone che, per motivi diversi da quelli indicati al punto precedente, risultino comunque autorizzate all'accesso in cantiere.

Per assicurare il concreto rispetto del piano di informazioni e, conseguentemente, preservarne l'efficacia, è altresì necessario che il referente di cantiere comunichi senza ritardo ogni eventuale variazione che dovesse intervenire relativa ai dati già inseriti nel piano stesso.

Il piano delle informazioni è trasmesso, per il tramite delle Prefetture nel cui territorio vengono eseguiti gli interventi, alle rispettive Forze di polizia territoriali e alla direzione dei lavori, mediante interfaccia web. Le Forze di polizia provvederanno al riscontro dei dati, in occasione degli accessi ai cantieri. Le eventuali anomalie o altre evidenze ritenute di interesse saranno vagliate dal competente Gruppo Interforze, provvedendo a riferire alla Sezione Specializzata gli esiti delle analisi sviluppate.

Giova, comunque, precisare che la responsabilità sulla sicurezza dei cantieri, anche in relazione al potere di accesso, continua a far capo alle Prefetture del luogo in cui gli stessi cantieri sono ubicati. Ciò non toglie che la Prefettura di Napoli, in ragione della speciale competenza in materia di rilascio e informazione antimafia per tutti gli interventi di bonifica, oggetto del presente atto di indirizzo, potrà attivare i necessari interventi sollecitatori nei riguardi delle Prefetture di altre province in cui stanno realizzando interventi gli operatori economici interessati agli interventi di bonifica, ovvero la stessa D.I.A., qualora ritenga utile acquisire elementi info-investigativi sul profilo della impresa stessa.

E' opportuno, inoltre, che vengano previsti incontri periodici tra i referenti di cantiere e il Gruppo Interforze al fine di procedere ad aggiornamenti di situazione e allo sviluppo dei focalpoint.

Quanto al tracciamento, ai fini di trasparenza, dei flussi di manodopera, tale esigenza corrisponde alla considerazione secondo cui la pressione criminale viene talora ad interferire anche nelle attività di reclutamento di unità lavorative, rappresentando una forma di mascheramento di indirette pratiche di carattere estorsivo.

Questa forma di monitoraggio può contribuire ad infrenare fenomeni di sfruttamento e caporalato, con connessa evasione/elusione della normativa di protezione sociale, spesso sintomatici di ingerenze criminali.

In relazione agli adempimenti previsti dal presente paragrafo, con particolare riguardo alle modalità di funzionamento della piattaforma informatica a supporto delle attività di controllo dei cantieri, potrà costituire valido riferimento il sistema messo a punto per EXPO dalla Prefettura di Milano.

6.6. Obblighi di denuncia.

L'impresa aggiudicataria o affidataria degli interventi di bonifica e le altre imprese della «filiera» dovranno, inoltre, assumere una serie di obblighi finalizzati a rafforzare la cornice di legalità entro la quale dovrà svilupparsi l'esecuzione contrattuale.

Nei contratti stipulati, dovranno essere pertanto inserite apposite clausole che impegnino l'impresa aggiudicataria/affidataria e le imprese subcontraenti a:

a) denunciare i tentativi di estorsione o concussione, con qualunque forma e modalità essi siano perpetrati;

b) assumere gli obblighi previsti dalle clausole «anticorruzione» di cui alle Linee guida annesse al protocollo di legalità stipulato tra dal Ministro dell'interno e dal Presidente dell'ANAC il 15 luglio 2014.

Le predette clausole dovranno essere assistite da apposite sanzioni che, in ragione della gravità della violazione, potranno prevedere anche la perdita del contratto.

In analogia a quanto previsto dall'art. 176, comma 3, lettera e) del decreto legislativo n. 163/2011, il comportamento dell'impresa aggiudicataria/affidataria sarà oggetto di comunicazione alla stazione appaltante perché possa essere valutato ai fini della successiva ammissione ad ulteriori procedure contrattuali gestite dalla medesima stazione appaltante.

6.7. Tracciabilità dei flussi finanziari.

L'art. 2-bis, comma 6, del D.L. n. 136/2013 stabilisce che, con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri destinato a disciplinare in via definitiva le white list dedicate alla bonifica delle aree campane, siano stabilite anche le modalità di tracciabilità dei flussi finanziari derivanti dagli appalti concernenti gli interventi di risanamento e dalla concessione delle erogazione e delle provvidenze pubbliche correlate.

Nelle more dell'emanazione di tale provvedimento, appare necessario che la tracciabilità venga realizzata osservando le norme generali stabilite in materia dagli articoli 3 e 6 della legge n. 136/2010 sia per quanto concerne i predetti appalti, sia per quanto concerne la concessione di finanziamenti pubblici, anche europei, a soggetti a qualunque titolo interessati agli interventi di bonifica in discorso.

Il Comitato valuterà, d'intesa con i Prefetti di Napoli e Caserta e le stazioni appaltanti interessate, la possibilità di rafforzare ulteriormente il regime di tracciabilità, applicando agli appalti pubblici relativi a specifici progetti, il sistema di monitoraggio finanziario, previsto dall'art. 36 del D.L. n. 90/2014 per gli interventi compresi nel Piano delle Infrastrutture Strategiche (PIS).

6.8. Protocolli di legalità relativi ai contratti istituzionali di sviluppo.

Come si è già accennato, gli arti. 1, comma 6-quinquies, e 2, comma 4, del D.L. n. 136/2013 prevedono che la concessione di incentivi da parte della Regione Campania e gli interventi di bonifica possano avvenire nel contesto di appositi contratti istituzionali di sviluppo da stipularsi tra le parti pubbliche interessate ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo n. 88/2011.

Tali contratti sono sottoposti, anche per quanto concerne il controllo antimafia, alle disposizioni del Codice dei contratti pubblici previste per le opere infrastrutturali comprese nel PIS (articoli dal 161 al 194), per cui ad essi troverà applicazione l'art. 176, comma 3, del citato Codice che richiede di stipulare appositi accordi finalizzati a garantire la legalità dell'iniziativa pubblica e a prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata.

In considerazione di ciò, il Prefetto di Napoli si farà carico di promuovere la stipula di tali intese le quali dovranno avere contenuti conformi alle indicazioni formulate con la presente Linea Guida.

In particolare, per quanto concerne le forme di incentivazione che saranno previste da tali contratti, appare necessario che i citati accordi prevedano l'obbligo per l'Amministrazione erogante di richiedere sempre le informazioni antimafia nei riguardi del soggetto interessato, anche in deroga ai limiti di importo stabiliti dall'art. 91, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 159/2011 e delle clausole di esenzione stabilite dall'art. 83, comma 3, lettera d) dello stesso decreto legislativo.

7. Indicazioni per il Prefetto di Napoli e per le altre Prefetture.

Nel presente paragrafo vengono forniti elementi indicativi, di più specifico interesse del Prefetto ma comunque di carattere generale, in merito alle procedure ed all'ambito degli accertamenti antimafia.

7.1. Il procedimento di rilascio delle informazioni antimafia.

In via preliminare è necessario che i controlli antimafia siano improntati al criterio dell'efficacia, della speditezza e della dinamicità.

In questa prospettiva appare pertanto opportuno confermare l'impianto operativo già sperimentato per Abruzzo ed Expo, imputando al Prefetto di Napoli la competenza all'emanazione di tutte le informative che interessino imprese anche aventi sede legale in altra provincia, così garantendo la concentrazione operativa dei flussi informativi anche nella fase decisionale.

Peraltro, questo sistema si è rivelato di particolare pregio anche in ipotesi, quale quella della ricostruzione in Abruzzo, ove i territori interessati dagli interventi erano ricompresi in più ambiti provinciali.

E' evidente che, anche in questo caso, il meccanismo derogatorio ipotizzato dovrà essere accompagnato da un sistema che supporti adeguatamente il carico di lavoro che graverà sulla Prefettura evitando appesantimenti nello scambio informativo tra tutti i soggetti costituenti la rete di monitoraggio e controllo.

Fondamentale a tal riguardo sarà innanzitutto il ruolo della Sezione specializzata costituita presso la Prefettura così come quello del GIMBAI.

In linea con le indicazioni formulate dal Ministro con la direttiva del 28 ottobre 2013, il Comitato ha ritenuto di acquisire la disponibilità del Dipartimento della pubblica sicurezza ad un peculiare coinvolgimento della DIA, nelle sue articolazioni centrali e territoriali, al fine di rendere più incisivo il meccanismo di coordinamento e di circolarità informativa che fa capo al Prefetto di Napoli. Spetterà alla DIA, anche in considerazione della precipua missione istituzionale e del patrimonio informativo di cui dispone, costituire il punto di snodo imprescindibile delle attività info-investigative di preventivo controllo fermo restando il ruolo di intelligence e di analisi del contesto che fa capo al GIMBAI e alle altre Forze di polizia che operano sul territorio. Analoga valorizzazione va conferita, nello specifico contesto, alla componente del Corpo Forestale dello Stato per la tradizionale vocazione al contrasto e alla prevenzione degli illeciti in campo ambientale e per il preminente ruolo operativo svolto nella fase di monitoraggio dei siti ancora in via di definizione. In tal senso sarà pertanto importante che la presenza di un rappresentante di tale Corpo, già prevista in seno alla Sezione specializzata e al GIMBAI, venga assicurata anche nell'ambito del Gruppo interforze che opera presso la prefettura di Napoli, che dovrà essere, perciò, opportunamente integrato.

Sempre nell'ottica di coniugare tempestività ed incisività nell'azione di prevenzione del prefetto, si inquadra la disponibilità manifestata dalla Direzione nazionale antimafia a rafforzare gli strumenti di collaborazione interistituzionale, sulla scorta di quanto già sperimentato per Expo. Ciò con l'attivazione di un circuito informativo dedicato che consenta, nei limiti del doveroso rispetto del segreto d'indagine ex art. 329 c.p.p. e secondo le modalità che verranno descritte nel prosieguo, di verificare l'attualità delle notizie contenute nelle Banche dati interforze attinenti a procedimenti penali per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.

Particolarmente significativa appare poi la possibilità, nella logica di proattiva collaborazione emersa nel corso della riunione precedentemente citata, che sia la stessa Procura nazionale, o per suo tramite la competente DDA, a fornire alla prefettura, sulla base del materiale investigativo raccolto e nel rigoroso rispetto del segreto d'indagine, ulteriori spunti per meglio orientare la propria azione di accertamento, di carattere amministrativo, sia in fase istruttoria di rilascio dell'informazione antimafia sia in fase di accesso ai cantieri. Ciò con evidenti positivi effetti anche sul piano della ottimizzazione dell'impegno delle Forze di polizia.

Non va infine esclusa, in relazione all'inevitabile maggior carico di lavoro che graverà sulla Prefettura di Napoli, la possibilità che lo stesso Prefetto, analogamente a quanto verificatosi per Expo, possa procedere, anche in linea con le intese di recente formalizzate nel protocollo stipulato tra Prefettura e Regione Campania, alla istituzione di una task force, che possa avvalersi del supporto, sul piano amministrativo, dei Corpi di polizia locale, comunale e provinciale, secondo modalità operativa da concordare in un apposito strumento pattizio.

Passando, ora, alla più puntuale descrizione del modello procedimentale volto al rilascio dell'informazione prefettizia, si ritiene che l’iter degli accertamenti debba svilupparsi come segue:

a) la stazione appaltante richiede alla Prefettura di Napoli il rilascio dell'informazione antimafia nei confronti dell'impresa aggiudicataria dell'appalto, o affidataria del subappalto o subcontratto, indipendentemente dal luogo di residenza o sede legale di quest'ultima. La richiesta deve essere corredata dei dati indicati all'art. 91, comma 4, del decreto legislativo n. 159/2011. Qualora la richiesta risulti incompleta, perché mancante dell'indicazione di dati essenziali per la conclusione del procedimento, la Prefettura di Napoli provvede a dichiararne l'improcedibilità secondo le modalità semplificate stabilite oggi dall'art. 2 della legge n. 241/1990, come modificato dalla legge «anticorruzione» n. 190/2012, indicando i dati con i quali la domanda deve essere integrata. In tal caso i termini previsti all'art. 94 commi 2 e 3 del decreto legislativo n. 159/2011 non iniziano a decorrere;

b) la prefettura di Napoli procede quindi ad avviare immediatamente le necessarie verifiche presso il Ced e contestualmente a interessare la Dia, oltre che le altre Forze di polizia, in modo da consentire a quest'ultima di fornire appieno il proprio contributo conoscitivo con particolare riguardo a quelle imprese che operino fuori provincia. Analoga contestuale comunicazione verrà data alla Prefettura competente nel caso in cui l'impresa abbia sede legale in altra provincia;

c) qualora emerga l'esistenza delle situazioni ex articoli 67 e 84, comma 4, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 159/2011, la Prefettura di Napoli avvia il procedimento volto a verificare la loro attualità, interpellando:

1. l'Autorità Giudiziaria per conoscere lo stato del procedimento penale o di prevenzione. In tali casi, quale che sia l'Autorità interpellata, si richiama l'attenzione sulla necessità di acquisire il provvedimento giudiziario dalla cui lettura potranno emergere ulteriori elementi utili per stabilire, in via definitiva, se nei riguardi dell'impresa esaminata sussistano o meno tentativi di infiltrazione mafiosa. Risulterà di fondamentale importanza, come detto sopra, la collaborazione della Direzionale Nazionale Antimafia, che, secondo le intese raggiunte, procederà come segue: ove a carico di un nominativo risulti emesso un provvedimento giudiziario «ostensibile» per uno di tali reati, come pure ove risulti emessa o proposta una misura di prevenzione, il documento sarà estratto dalla Banca dati della D.N.A. (SIDNA), o se assente, sarà richiesto all'A.G. competente, e trasmesso con modalità PEC alla Prefettura di Napoli.

Pertanto, allorquando risultino dal CED iscrizioni attinenti ai reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. o ad una misura di prevenzione personale o patrimoniale, l'istanza di conoscere lo stato del procedimento e la richiesta di trasmissione dei provvedimenti giudiziari potrà essere rivolta, oltre che all'A.G. competente, anche alla D.N.A., che riscontrerà direttamente l'istanza del Prefetto.

Si sottolinea che la collaborazione offerta dalla D.N.A. riguarda esclusivamente il reperimento e la trasmissione di atti giudiziari ostensibili, come le misure cautelari, personali o reali, eseguite, i decreti che dispongono il giudizio, le sentenze, i decreti di applicazione e le proposte di misure di prevenzione (queste ultime solo dopo l'esecuzione dell'eventuale sequestro anticipato ovvero della notifica al proposto della fissazione dell'udienza in camera di consiglio).

Laddove invece i procedimenti instaurati per reati ex art. 51, comma 3-bis, c.p.p. risultino pendenti nella fase delle indagini preliminari e nel loro ambito o all'esito delle stesse non sia stato adottato alcun provvedimento ostensibile (ad esempio, misura cautelare, richiesta di rinvio a giudizio ...) o nel caso in cui la proposta di misura di prevenzione non sia ancora stata notificata al destinatario, la D.N.A. invierà una risposta con la seguente dicitura: «non risultano informazioni suscettibili di comunicazione», dovendosi intendere che l'espressione utilizzata comprende sia i casi in cui non risultano iscrizioni a carico del soggetto, sia i casi in cui non possono essere fornite informazioni, in quanto coperte da segreto.

Infine, nel caso in cui l'esame del CED abbia evidenziato iscrizioni relative a reati diversi da quelli elencati nel 51, comma 3-bis, c.p.p. - i cd. reati spia che ai sensi dell'art. 84, comma 4, del decreto legislativo n. 159/2011 hanno comunque valenza indiziante - la richiesta di copia dei provvedimenti giudiziari dovrà essere rivolta alle Procure, distrettuali o circondariali, ovvero agli organi di P. G. procedenti. In proposito, nel richiamare l'attenzione sull'esistenza di procedimenti e/o condanne per reati ambientali, anche contravvenzionali, che - nel caso in questione - potrebbero venire in rilievo quali reati spia, ai sensi del citato art. 84, si rinvia alle considerazioni fornite nel paragrafo 5 in merito all'esigenza che le determinazioni prefettizie siano corroborate da ulteriori elementi sintomatici pregnanti e attuali.

Si precisa al riguardo che tutte le comunicazioni e i dati di scambio dovranno intercorrere tramite apposito canale dedicato, da concordare con l'A.G.;

2. la Questura competente, allo scopo di conoscere se le segnalazioni riferibili anche a fatti potenzialmente suscettibili di sfociare nell'avvio di un procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali siano da considerarsi attuali e se esse abbiano portato all'adozione di iniziative sul piano penale o dell'avvio di procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione;

d) Ove nel corso dell'attività istruttoria non emerga l'esistenza delle situazioni ostative sopraindicate, vengono in rilievo gli accertamenti ulteriori concernenti situazioni indizianti che prescindono da evidenze documentali, giudiziarie o di prevenzione (art. 84, comma 4, lettere d) ed f), nonché art. 91, comma 6, del decreto legislativo n. 159/2011).

Rilevano a questo fine i contributi che provengono:

1. dall'attività informativa disposta dal Prefetto di Napoli e da quella disposta dal Prefetto di altra provincia nel caso in cui l'impresa esaminata abbia la sede legale fuori da quella di Napoli. In tale contesto, saranno utilizzabili gli strumenti che consentono di effettuare verifiche dinamiche sull'esecuzione dell'appalto (attraverso gli accessi ai cantieri espletati dai Gruppi Interforze), nonché i poteri conoscitivi di cui al D.L. n. 629/1982, delegati ai Prefetti con decorrenza 1° gennaio 1993. In questa fase, gli accertamenti assumono i contorni di un'indagine amministrativa di prevenzione in cui sussiste la necessità che il Prefetto, Autorità procedente, venga a disporre di ogni elemento ritenuto indispensabile all'emissione del giudizio prognostico. Non va esclusa, pertanto, la possibilità di attivare gli ulteriori poteri conoscitivi previsti dall'art. 14, commi dal 3-bis al 3-septies, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991, n. 203. Si ravvisa l'opportunità che gli accertamenti siano svolti secondo un modello che implichi una costante interazione tra la Prefettura di Napoli, nel suo ruolo di coordinamento, e le Prefetture e i rispettivi Gruppi Interforze del luogo di sede legale delle imprese;

2. dalle analisi della DIA che sono svolte anche sulla base delle attività dei Gruppi Interforze e degli eventuali contributi pervenuti dal GIMBAI;

3. dagli ulteriori spunti informativi resi disponibili dall'A.G.

Le Prefetture trasmetteranno gli esiti degli approfondimenti svolti a livello territoriale al Gruppo interforze della Prefettura di Napoli ed al Centro Operativo DIA di Napoli. Quest'ultimo sulla base degli elementi acquisiti nell’iter istruttorio fornirà un proprio rapporto alla Prefettura di Napoli;

e) Qualora la complessità degli accertamenti non consenta di concludere il procedimento nel termine ordinario di 45 giorni, previsto dall'art. 92, comma 3, del Codice antimafia, la prefettura, in un'ottica di collaborazione, ne darà espressa comunicazione alla stazione appaltante, la quale, come stabilito dallo stesso art. 92, comma 3, potrà procedere alla stipula del contratto solo decorsi i successivi trenta giorni.

Resta in ogni caso fermo, anche in relazione a tale fase, che qualora nel corso delle verifiche venga accertata l'esistenza di situazioni che determinino il venir meno dei requisiti morali necessari al mantenimento dell'iscrizione dell'impresa in elenchi detenuti da pubbliche amministrazioni ovvero la possibilità di una sospensione di tale titolo abilitativo, il Prefetto di Napoli potrà darne opportuna comunicazione all'ente che detiene l'elenco, per i conseguenti provvedimenti.

7.2. L'ambito oggettivo degli accertamenti e quello soggettivo.

Nei precedenti paragrafi è stata richiamata l'attenzione sull'utilità della massima anticipazione dei presidi di prevenzione antimafia facendo perno sulla disposizione contenuta nell'art. 95, comma 3, del Codice antimafia, secondo cui il prefetto svolge accertamenti preliminari sulle imprese locali per le quali il rischio di tentativi di infiltrazione mafiosa è ritenuto maggiore.

La norma consente uno screening preventivo ad ampio raggio delle imprese che operano in particolari settori «sensibili», come quello delle bonifiche, a prescindere dalla loro effettiva partecipazione, in seguito, alla fase esecutiva. Nell'ipotesi in cui siano accertate infiltrazioni di tipo criminale, la disposizione richiamata prevede effetti pienamente ostativi che comportano l'esclusione dell'impresa dai lavori in ogni caso, qualunque sia il valore o l'importo del subappalto e/o del subcontratto.

Di fondamentale importanza, a tal fine, è la possibilità di conoscere il prima possibile il quadro della filiera, a cominciare dalle figure dei subappaltatori e cottimisti. Ciò non solo nell'ottica di accelerare le verifiche antimafia antecedentemente alla fase di aggiudicazione, o al fine dell'autorizzazione al subappalto, ma anche in funzione della migliore pianificazione, da parte del Prefetto, delle attività di accesso in situ nella successiva fase di esecuzione dell'appalto comprensiva dello stesso collaudo.

Si raccomanda pertanto di prevedere, nell'ambito dei futuri protocolli, specifiche prescrizioni che impegnino le imprese aggiudicatarie a trasmettere tempestivamente il piano degli affidamenti.

(4) Le Prefetture cureranno, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui all'art. 99, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l'inserimento dei dati riguardanti i controlli effettuati nella Banca dati nazionale unica della documentazione, una volta che quest'ultima sarà divenuta operativa.

(5) Si segnala che le stazioni appaltanti, al fine di verificare il possesso da parte degli operatori economici esteri dei requisiti morali per la partecipazione alle procedure di gara, richiesti dall'art. 38 del decreto legislativo n. 163/2006, potranno applicare le indicazioni di cui al paragrafo 1.2 delle Linee Guida, pubblicate il 12 agosto 2010, e relative alla ricostruzione "post sisma in Abruzzo, consultabili attraverso il link del CCASGO presso il sito istituzionale del Ministero dell'interno.

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