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martedì 23 giugno 2015

N. 99 SENTENZA 13 maggio - 5 giugno 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Edilizia e urbanistica - Strutture e recinzioni per il ricovero dei cani e dei gatti, nonche' per la custodia degli animali di affezione - Realizzazione anche in deroga alla normativa regionale e agli strumenti territoriali, ambientali, naturalistici ed edilizi. - Legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 17 (Modifica della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 "Tutela degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo" e successive modificazioni), art. 2. - (GU n.23 del 10-6-2015 )



  N. 99 SENTENZA 13 maggio - 5 giugno 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Edilizia e urbanistica - Strutture e recinzioni per il  ricovero  dei
  cani e  dei  gatti,  nonche'  per  la  custodia  degli  animali  di
  affezione - Realizzazione anche in deroga alla normativa  regionale
  e  agli  strumenti  territoriali,  ambientali,   naturalistici   ed
  edilizi. 
- Legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n.  17  (Modifica  della
  legge regionale 28 dicembre  1993,  n.  60  "Tutela  degli  animali
  d'affezione   e   prevenzione   del   randagismo"   e    successive
  modificazioni), art. 2. 
-   
(GU n.23 del 10-6-2015 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
  ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della
legge della Regione Veneto 19 giugno  2014,  n.  17  (Modifica  della
legge regionale  28  dicembre  1993,  n.  60  "Tutela  degli  animali
d'affezione   e   prevenzione   del    randagismo"    e    successive
modificazioni), promosso dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri
con  ricorso  notificato  il  23-28  agosto   2014,   depositato   in
cancelleria il 2 settembre 2014 ed iscritto al  n.  69  del  registro
ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  12  maggio  2015  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi l'avvocato  dello  Stato  Giovanni  Paolo  Polizzi  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati  Luigi  Manzi  e
Ezio Zanon per la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito  per  la  notifica  il  23  agosto  2014,
ricevuto dalla resistente  il  28  agosto  2014  e  depositato  nella
cancelleria di questa Corte il 2 settembre 2014 (reg. ric. n. 69  del
2014), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha   proposto,   in
riferimento all'art. 117, primo comma e secondo  comma,  lettera  s),
della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 2 della legge della Regione Veneto 19 giugno  2014,  n.  17
(Modifica della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 "Tutela degli
animali  d'affezione  e  prevenzione  del  randagismo"  e  successive
modificazioni). 
    1.1.- La norma impugnata introduce, dopo il comma 6  dell'art.  8
della legge regionale n. 60 del 1993, i nuovi commi 6-bis e 6-ter. Il
primo e' finalizzato espressamente  all'attuazione  della  disciplina
posta al comma 2-bis dell'art. 3 della stessa legge n. 60  del  1993,
ove si vieta al proprietario  o  al  detentore  anche  temporaneo  di
animali di affezione l'utilizzo della catena  o  di  qualunque  altro
strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie  o
per misure urgenti e temporanee di  sicurezza.  Con  il  comma  6-bis
citato, in particolare, si prevede che la Giunta  regionale,  sentita
la competente commissione consiliare, emani indicazioni tecniche  sui
requisiti delle strutture di ricovero e custodia per gli animali.  Il
nuovo comma 6-ter - che risulta essere  la  sola  disposizione  posta
effettivamente ad oggetto d'impugnazione - aggiunge che le  strutture
e  le  recinzioni  in  questione,  realizzate  secondo  le  modalita'
indicate dalla Giunta, «sono sempre consentite, anche in deroga  alla
normativa  regionale  e  agli  strumenti  territoriali,   ambientali,
urbanistici ed edilizi». 
    1.2.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la  norma
impugnata contrasta con il primo comma dell'art. 117 Cost., in quanto
incompatibile con  il  diritto  dell'Unione  europea,  come  recepito
mediante l'art. 5 del d.P.R. 8 settembre 1997,  n.  357  (Regolamento
recante  attuazione   della   direttiva   92/43/CEE   relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e  seminaturali,  nonche'  della
flora e della fauna selvatiche). 
    In particolare, il paragrafo 3 dell'art. 6 della citata direttiva
del Consiglio n. 92/43/CEE stabilisce che qualunque piano o  progetto
che possa  riguardare  le  zone  di  speciale  conservazione  cui  si
riferiscono i commi precedenti sia posto ad oggetto d'una valutazione
di incidenza, tenendo conto  degli  obiettivi  di  conservazione  del
sito,  e  che  l'intervento  ottenga  un   provvedimento   favorevole
(«accordo») dalle autorita' nazionali competenti solo quando  vi  sia
certezza che esso non pregiudichera' l'integrita' del sito  medesimo.
La disciplina nazionale di recepimento - prosegue il ricorrente -  ha
demandato  a  Regioni  e  Province  il  compito  di  attuazione   del
procedimento di verifica. 
    La norma impugnata sarebbe illegittima in  quanto  eluderebbe  la
«rete di tutela» apprestata dal legislatore eurounitario e da  quello
nazionale, consentendo la realizzazione delle strutture  di  ricovero
alla sola condizione della loro conformita' alle indicazioni tecniche
della Giunta regionale. 
    1.3.- Il ricorrente assume, inoltre, la violazione dell'art. 117,
secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  che  riserva  allo  Stato   la
competenza   esclusiva   a   legiferare   in   materia   di   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».  Nella  specie,
si tratterebbe di disciplina regionale idonea a diminuire  i  livelli
di tutela dell'ambiente. La Regione Veneto avrebbe  dovuto  limitarsi
ad intervenire sulla normativa regionale, e nei limiti  competenziali
tipici della stessa, senza la pretesa di incidere sugli strumenti  di
matrice nazionale per la protezione dell'ambiente. 
    A tale proposito, il ricorrente  evoca  la  normativa  richiamata
nella delibera del Consiglio dei ministri  del  31  luglio  2014,  di
impugnazione della legge regionale in oggetto, anzitutto a  proposito
della pianificazione dei bacini idrogeologici, i cui  strumenti  sono
sovraordinati ai piani territoriali ed  ai  programmi  regionali  (il
riferimento concerne l'art. 65 del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152 - Norme in materia ambientale).  Si  osserva  che  gli  stessi
strumenti  regionali  possono  essere   derogati   solo   in   quanto
compatibili con il piano di bacino. 
    Ancora, la norma impugnata contrasterebbe con la disciplina delle
cosiddette aree protette,  e  con  quella  relativa  alla  competenza
dell'Ente  parco,  riguardo  alla  tipologia  ed  alle  modalita'  di
costruzione  dei   manufatti   nelle   aree   medesime   (riferimento
concernente l'art. 11 della legge 6 dicembre 1991,  n.  394  -  Legge
quadro sulle aree protette). Il ricorrente osserva come il piano  per
il parco - a norma dell'art. 12, comma 7, della citata legge  n.  394
del 1991 -  abbia  effetto  di  dichiarazione  di  pubblico  generale
interesse e di urgenza e di indifferibilita' per  gli  interventi  in
esso previsti, e come tale piano sostituisca ad ogni livello i  piani
paesistici, territoriali o urbanistici  e  ogni  altro  strumento  di
pianificazione. A  fronte  di  tali  normative,  la  norma  regionale
impugnata, per parte sua, pretenderebbe di derogare, in via  generale
ed astratta, a questi prioritari strumenti di tutela dell'ambiente. 
    2. - Con memoria del 2 ottobre 2014, depositata in pari data,  si
e' costituita  in  giudizio  la  Regione  Veneto,  chiedendo  che  la
questione promossa dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  sia
dichiarata inammissibile o comunque non fondata. 
    2.1.- Secondo la resistente, il nuovo  comma  6-ter  dell'art.  8
della  legge  regionale  n.  60  del  1993,  introdotto  dalla  norma
impugnata, andrebbe letto in relazione al precedente  comma  2  dello
stesso  articolo,  che  continua  a  richiamare,  quanto  ai  «canili
sanitari e rifugi per cani»,  il  successivo  art.  14  della  stessa
legge.  Quanto  al  nuovo  comma  6-bis  dell'art.  8  la  norma   si
riferirebbe unicamente  alle  situazioni  regolate  dal  comma  2-bis
dell'art. 3 della legge citata. 
    Tale ultima disposizione contiene il divieto di utilizzare catene
o altri mezzi di contenimento, salvo che per ragioni sanitarie  o  di
sicurezza,  comunque  temporanee.  Dunque,  il  citato  comma   6-bis
dell'art.  8  avrebbe  riguardo  unicamente  a  strutture   per   uso
temporaneo ed eccezionale, dovuto a ragioni sanitarie o di sicurezza,
e cosi' dovrebbe concludersi per la norma  derogatoria  collegata.  I
«canili sanitari e rifugi per  cani»  sarebbero  invece  assoggettati
alla disciplina ordinaria, dettata al gia' citato (e non  modificato)
art. 14. 
    Il doppio regime porrebbe in evidenza che la normativa  impugnata
riguarderebbe solo «strutture di ridotta  incidenza  [di]  preminente
carattere domestico e privato». La conclusione sarebbe avvalorata dal
significato  logico  e  letterale   dell'espressione   «strutture   e
recinzioni», tale da evocare costruzioni non strutturate e  semplici,
che  vengono  disciplinate  per  assicurare  l'interesse  al  miglior
trattamento degli animali di affezione. 
    La Regione Veneto esclude dunque, ed anzitutto, che  sia  violata
la  disciplina   eurounitaria,   il   cui   rilievo   presuppone   la
realizzazione di opere  che  possano  avere  incidenza  significativa
sulle aree collocate nella cosiddetta rete ecologica europea. 
    2.2.- Non sussisterebbe, d'altra parte, la denunciata  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.  Le  norme  impugnate
infatti  introdurrebbero  un   regime   derogatorio   limitato   alla
legislazione regionale ed ai relativi piani e strumenti, nei  termini
consentiti  dalla  normazione   statale.   La   conseguenza   sarebbe
desumibile da una corretta lettura del nuovo comma 6-ter dell'art. 8,
la cui  parte  finale,  concernente  gli  strumenti  di  governo  del
territorio, costituirebbe  specificazione  del  riferimento  iniziale
alla legislazione  regionale.  La  portata  precettiva  della  norma,
comunque,    andrebbe     ricostruita     secondo     il     criterio
dell'interpretazione  costituzionalmente  compatibile.  Non   avrebbe
senso pretendere che una norma regionale elenchi  espressamente  ogni
disposizione statale non suscettibile di deroga,  dovendosi  ritenere
implicita,   ogni   volta,   l'evocazione   dei   pertinenti   limiti
competenziali. 
    3.-  L'Avvocatura  generale  dello  Stato,   nell'interesse   del
Presidente del Consiglio dei ministri, ha depositato memoria in  data
21 aprile 2015, insistendo per l'accoglimento del ricorso. 
    L'utilizzo del termine «strutture»,  nella  normativa  impugnata,
non  sarebbe  affatto  indicativo  dell'estraneita'  di  questa  alla
disciplina dei canili sanitari e dei rifugi, trovandosi  tra  l'altro
lo stesso termine anche nell'art. 14 della  legge  n.  60  del  1993,
sicche' non potrebbe accogliersi la  tesi  per  cui  le  nuove  norme
regionali non riguarderebbero i citati canili e rifugi. 
    D'altra parte, l'art.  6,  terzo  paragrafo,  della  gia'  citata
direttiva 92/43/CE imporrebbe una preventiva valutazione di incidenza
su qualunque intervento che possa pregiudicare i  siti  di  interesse
naturalistico. Una siffatta potenzialita' lesiva non potrebbe  essere
esclusa in via generale ed astratta per le  strutture  in  questione,
come vorrebbe invece disporre la legge impugnata. 
    Quanto  infine  alla   natura   degli   strumenti   "derogabili",
l'Avvocatura generale dello Stato esclude che il  testo  della  norma
impugnata la limiti a quelli regionali, sui quali del  resto  avrebbe
potuto direttamente incidersi attraverso  le  «indicazioni  tecniche»
della giunta, senza necessita' della previsione derogatoria. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli
artt.  117,  primo  comma  e  secondo  comma,   lettera   s),   della
Costituzione, ha sollevato questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2 della legge della Regione Veneto 19 giugno  2014,  n.  17
(Modifica della legge regionale 28 dicembre 1993 n. 60 "Tutela  degli
animali  d'affezione  e  prevenzione  del  randagismo"  e  successive
modificazioni). 
    La norma impugnata incide sulla citata legge regionale n. 60  del
1993, approvata sulla base della legge statale 14 agosto 1991, n. 281
(Legge quadro in materia di animali di affezione  e  prevenzione  del
randagismo), intervenendo, in  particolare,  sull'art.  8  (rubricato
«Canili sanitari e rifugi»), ove sono introdotti due nuovi commi. 
    Il comma 6-bis e' finalizzato a dare attuazione alla disposizione
(nuovo comma 2-bis) che la stessa legge regionale n. 17 del  2014  ha
introdotto nell'art. 3 della precedente legge  regionale  n.  60  del
1993, ove si vieta al proprietario o al detentore anche temporaneo di
animali di affezione l'utilizzo della catena  o  di  qualunque  altro
strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie  o
per misure urgenti e temporanee di sicurezza. Ebbene, il citato comma
6-bis stabilisce che  la  Giunta  regionale,  sentita  la  competente
commissione consiliare, al  fine  appunto  di  dare  attuazione  alla
disposizione appena ricordata, emani «apposite  indicazioni  tecniche
aventi ad oggetto gli specifici requisiti  delle  strutture  e  delle
recinzioni volte al ricovero dei cani e dei gatti e le  modalita'  di
custodia degli animali di affezione, con disposizioni specifiche  per
la custodia dei cani da parte dei privati». 
    Il nuovo comma 6-ter - che,  in  base  alla  motivazione  e  alle
conclusioni del ricorso, e' la sola disposizione posta effettivamente
ad oggetto dell'impugnazione statale - aggiunge che le strutture e le
recinzioni in questione, realizzate secondo le  indicazioni  tecniche
indicate dalla Giunta, «sono sempre consentite, anche in deroga  alla
normativa  regionale  e  agli  strumenti  territoriali,   ambientali,
urbanistici ed edilizi». 
    2.- La norma impugnata e' fatta oggetto di due distinte censure. 
    In primo luogo, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,
essa violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con  il
diritto dell'Unione europea, come  recepito  mediante  l'art.  5  del
d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della
direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione   degli   habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche). Infatti, ammettendo la realizzazione delle strutture  di
ricovero alla sola condizione della loro conformita' alle indicazioni
tecniche della Giunta regionale, la  norma  consentirebbe  l'elusione
della «rete di tutela» apprestata dal legislatore eurounitario  e  da
quello nazionale - in  relazione  alla  conservazione  degli  habitat
naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche
- la quale impone una valutazione di incidenza di qualunque  piano  o
progetto che possa influire sull'integrita' delle  zone  di  speciale
conservazione, escludendo gli interventi pregiudizievoli. 
    In secondo luogo,  secondo  il  ricorrente,  la  norma  impugnata
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che  riserva
allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di  «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». In particolare,
la disposizione in esame pretenderebbe di derogare, in  via  generale
ed  astratta,  a  una  serie  di  prioritari  strumenti   di   tutela
dell'ambiente, previsti dalla legislazione statale, dando vita ad una
disciplina idonea a diminuire i livelli di tutela. La Regione  Veneto
avrebbe, invece, dovuto  limitarsi  ad  intervenire  sulla  normativa
regionale, e nei limiti di competenza tipici della stessa,  senza  la
pretesa di incidere sugli  strumenti  di  matrice  nazionale  per  la
protezione dell'ambiente. 
    Entrambe le censure, in definitiva,  denunciano  l'illegittimita'
costituzionale della norma regionale impugnata, sul  presupposto  che
essa introduca, in vista della realizzazione di  qualsiasi  struttura
di ricovero e cura per animali d'affezione, deroghe agli strumenti di
tutela ambientale, la cogenza dei quali  deriva,  invece,  sia  dalla
conformazione del diritto interno al diritto dell'Unione,  sia  dalla
competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente». 
    3.-  La  Regione  Veneto,  nel  sollecitare  il   rigetto   delle
questioni, ha proposto una interpretazione riduttiva del  significato
della disposizione impugnata. 
    Essa  ritiene,  in  primo  luogo,  che  la  disciplina  contenuta
nell'art. 2 della legge regionale n. 17 del 2014  riguarderebbe  solo
strutture temporanee e di preminente carattere domestico  e  privato,
mentre i veri e propri rifugi per cani  sarebbero  assoggettati  alla
disciplina ordinaria, di cui all'art. 14 della legge regionale n.  60
del 1993. 
    Sostiene, ancora, la difesa regionale il rigetto della  questione
proponendo  un'interpretazione  adeguatrice  della  norma  impugnata.
Poiche' e' necessario interpretare le norme in modo da  ricavarne  un
significato costituzionalmente compatibile,  e  poiche'  il  rispetto
delle competenze statali  esclusive  o  concorrenti  rappresenta  una
condizione di legittimita'  per  ogni  legge  regionale,  sarebbe  da
intendersi che ogni legge regionale, per quanto  non  lo  specifichi,
escluda dal proprio ambito applicativo qualsiasi fattispecie  che  lo
Stato abbia regolato o avrebbe potuto regolare. 
    Nel caso di specie, con particolare riferimento  al  nuovo  comma
6-ter dell'art. 8 della legge  regionale  n.  60  del  1993,  sarebbe
percio' introdotto un regime derogatorio limitato  alla  legislazione
regionale ed ai relativi piani e strumenti, e nei termini  consentiti
dalla normazione statale. La conseguenza sarebbe  appunto  desumibile
da una lettura costituzionalmente conforme della disposizione, la cui
parte finale, concernente gli strumenti di  governo  del  territorio,
costituirebbe   specificazione   del   riferimento   iniziale    alla
legislazione regionale. 
    4.- Gli argomenti della difesa regionale non trovano conferma nel
senso e nella lettera della disciplina censurata. Di conseguenza,  e'
fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della
legge della Regione Veneto  n.  17  del  2014,  nella  parte  in  cui
introduce il comma 6-ter nell'art. 8 della legge regionale n. 60  del
1993. 
    4.1.- E' vero, come sostiene la resistente  e  come  risulta  dal
testo della disposizione, che le «indicazioni tecniche» della Giunta,
di cui tratta il citato comma 6-bis, sono finalizzate  all'attuazione
del comma 2-bis dell'art. 3 della stessa legge regionale  n.  60  del
1993, cioe' a garantire che gli animali di affezione non siano legati
alla catena o ad altri similari strumenti di contenzione, salvo  casi
eccezionali. Ma, nel comma 2-bis, tale  obiettivo  riguarda  chiunque
custodisca gli animali, a qualsiasi fine, e caratterizza  le  stabili
ed ordinarie  condizioni  di  custodia,  aggiungendosi,  per  maggior
garanzia, che la regola vale per i casi di  detenzione  «anche»  -  e
quindi non solo - temporanea. Qualunque  struttura  per  il  ricovero
degli animali d'affezione e', in  definitiva,  tenuta  a  conformarsi
all'obiettivo ricordato. Ed e'  evidente  come  il  perseguimento  di
quest'ultimo richieda  un  tendenziale  ampliamento  degli  spazi,  e
percio' delle strutture medesime. 
    Questa  conclusione  non  e'  affatto  smentita  -  ed  anzi   e'
confermata - dal rilievo che le norme censurate sono  state  inserite
nell'art. 8 della legge regionale n. 60 del  1993,  visto  che  anche
tale norma e' destinata a disciplinare i canili sanitari ed i rifugi,
come la stessa rubrica dell'articolo indica, pur essendo presente (al
comma 2) un rinvio al  successivo  art.  14  per  la  fissazione  dei
criteri di costruzione delle indicate strutture. 
    In sostanza, risulta che le "finalita'" da perseguire mediante le
apposite  «indicazioni  tecniche»  della  Giunta  abbiano   carattere
generale, tanto da essere inserite nella norma  sulla  istituzione  e
sulla gestione della anagrafe canina, che si rivolge  indistintamente
a commercianti, privati, enti pubblici. D'altra parte, il comma 6-bis
dell'art.  8  della  legge  regionale  n.   60   del   1993   prevede
espressamente che  siano  dettate  «disposizioni  specifiche  per  la
custodia dei cani  da  parte  dei  privati».  E  cio'  non  puo'  che
significare che quel che viene disciplinato prima di  tale  specifica
indicazione si  rivolga  primariamente  alle  strutture  di  ricovero
"pubbliche" (canili  e  rifugi),  non  certo  a  quelle  che  abbiano
preminente carattere domestico e privato. 
    Per altro verso, non vi sono  elementi  normativi  o  sistematici
idonei a circoscrivere le prescrizioni alle  strutture  di  carattere
meramente temporaneo. Non giova, in questo senso, il  riferimento  al
comma 2-bis dell'art. 3 della citata legge regionale n. 60 del  1993,
pur enfatizzato dalla difesa regionale. Infatti,  non  e'  verosimile
che la  disciplina  censurata  riguardi  proprio  e  solo  «catene  o
strumenti di contenzione similare», da utilizzare esclusivamente  per
contingenti  misure  di  sicurezza,  giacche'   bisognerebbe   allora
ipotizzare che l'approvazione di linee guida della Giunta  -  sentita
la  competente  commissione  consiliare,  in  deroga  agli  strumenti
territoriali, ambientali, urbanistici ed edilizi - sia  prevista  per
la mera regolazione di catene di contenzione per animali. Inoltre, e'
proprio la lettera dei commi 6-bis e 6-ter dell'art.  8  della  legge
regionale n. 60 del 1993  ad  evocare,  in  generale,  «strutture»  e
«recinzioni» per il ricovero dei cani e dei gatti, non circoscritte a
cautele sanitarie e di sicurezza temporanee. 
    4.2.- Non e' sostenibile neppure l'ulteriore assunto della difesa
regionale, secondo la quale, in base al criterio dell'interpretazione
costituzionalmente conforme,  la  norma  impugnata  introdurrebbe  un
regime  derogatorio  limitato  alla  legislazione  regionale  ed   ai
relativi piani e strumenti, e nei termini consentiti dalla normazione
statale,  conseguendone  l'irrilevanza   sia   della   normativa   di
trasposizione  del   diritto   dell'Unione   in   materia   di   aree
naturalistiche,   sia   degli   strumenti    (ambientali,    edilizi,
urbanistici) non riferibili alla competenza della stessa Regione. 
    Ritenere inutile che le leggi regionali  elenchino  espressamente
le disposizioni statali non suscettibili di  deroga,  dovendosi  ogni
volta considerare implicito che  le  leggi  medesime  abbiano  inteso
rispettare i propri limiti di  competenza,  e'  argomento  che  prova
troppo.  Ragionando  in  questo  modo,  infatti,   si   eliminerebbe,
facilmente e in  radice,  la  grande  maggioranza  dei  conflitti  di
competenza, i quali resterebbero confinati alle  ipotesi  (residuali)
di deliberata, esplicita e non superabile regolazione di  fattispecie
o materie riservate alla legislazione dello Stato. 
    Non sono mancati, per vero, casi nei quali si e' riconosciuta  da
questa Corte, in via interpretativa, una limitazione della disciplina
regionale ad  ambiti  materiali  di  competenza  corrispondente,  con
conseguente rigetto dell'impugnativa statale (da ultimo, sentenze  n.
300 del 2013, n. 278 e n. 171 del 2012, n. 168 del 2010). Si trattava
pero' di casi nei quali la legge regionale adottava esplicite formule
di coordinamento con la disciplina  statale,  o  nei  quali,  almeno,
mancavano  disposizioni  derogatorie  implicite  o  esplicite.  Nella
fattispecie  qui  in  esame,  invece,  una  disposizione  derogatoria
esplicita esiste, e  la  sua  ininfluenza  su  ambiti  di  competenza
legislativa statale resta affidata  alla  tesi  per  cui  l'aggettivo
«regionale», nel testo dell'impugnato  comma  6-ter,  assumerebbe  un
ruolo dominante nel contesto  di  una  complessa  endiadi.  Tuttavia,
l'utilizzo dei normali criteri ermeneutici  porta  ad  escludere  che
tale interpretazione abbia pregio: la  deroga  per  la  realizzazione
delle strutture  e  delle  recinzioni  in  parola  e'  esplicitamente
riferita  alla  sola  legislazione  regionale,   mentre   l'aggettivo
«regionale» non e' piu' riprodotto con riferimento alla  deroga  agli
strumenti ambientali, territoriali, urbanistici ed edilizi. 
    4.3.- Alla luce dell'esame svolto, consentendo  la  realizzazione
di strutture di ricovero per animali d'affezione in generica deroga a
strumenti ambientali, l'impugnato comma  6-ter  produce  un  evidente
effetto di riduzione delle soglie di tutela nella materia ambientale,
riservata  alla  legislazione  esclusiva  dello  Stato,   in   virtu'
dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. In  particolare,  la  legge
regionale ha inteso regolare direttamente la  materia  in  questione,
dettando disposizioni volte a stabilire, in via generale ed astratta,
quali interventi dovrebbero essere sottratti agli ordinari  strumenti
di tutela ambientale, cio' che deve ritenersi comunque precluso  alla
legislazione delle Regioni (ex multis sentenze n. 303  e  n.  58  del
2013,  n.  66  del  2012,  n.  325   del   2011).   Questo   comporta
l'illegittimita' costituzionale della norma censurata,  limitatamente
alla previsione secondo  la  quale  le  strutture  e  le  recinzioni,
realizzate secondo le modalita' di cui  al  precedente  comma  6-bis,
sono sempre consentite, anche in deroga agli strumenti ambientali. 
    4.4.- E' assorbita la censura riferita alla violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della  legge
della Regione Veneto 19 giugno 2014,  n.  17  (Modifica  della  legge
regionale 28 dicembre 1993, n. 60 "Tutela degli animali d'affezione e
prevenzione del randagismo" e successive modificazioni), nella  parte
in cui aggiunge il comma 6-ter all'art. 8 della  legge  regionale  28
dicembre 1993, n. 60, limitatamente alla previsione secondo la  quale
le strutture e le recinzioni, realizzate secondo le modalita' di  cui
al precedente comma 6-bis, sono sempre consentite,  anche  in  deroga
agli strumenti ambientali. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 maggio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI 
 

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