N. 99
SENTENZA
13 maggio - 5 giugno 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Edilizia e urbanistica - Strutture e recinzioni per il ricovero dei cani e dei gatti, nonche' per la custodia degli animali di affezione - Realizzazione anche in deroga alla normativa regionale e agli strumenti territoriali, ambientali, naturalistici ed edilizi. - Legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 17 (Modifica della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 "Tutela degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo" e successive modificazioni), art. 2. -(GU n.23 del 10-6-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo
CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della
legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 17 (Modifica della
legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 "Tutela degli animali
d'affezione e prevenzione del randagismo" e successive
modificazioni), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri
con ricorso notificato il 23-28 agosto 2014, depositato in
cancelleria il 2 settembre 2014 ed iscritto al n. 69 del registro
ricorsi 2014.
Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell'udienza pubblica del 12 maggio 2015 il Giudice
relatore Nicolo' Zanon;
uditi l'avvocato dello Stato Giovanni Paolo Polizzi per il
Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Luigi Manzi e
Ezio Zanon per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso spedito per la notifica il 23 agosto 2014,
ricevuto dalla resistente il 28 agosto 2014 e depositato nella
cancelleria di questa Corte il 2 settembre 2014 (reg. ric. n. 69 del
2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto, in
riferimento all'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s),
della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 2 della legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 17
(Modifica della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 "Tutela degli
animali d'affezione e prevenzione del randagismo" e successive
modificazioni).
1.1.- La norma impugnata introduce, dopo il comma 6 dell'art. 8
della legge regionale n. 60 del 1993, i nuovi commi 6-bis e 6-ter. Il
primo e' finalizzato espressamente all'attuazione della disciplina
posta al comma 2-bis dell'art. 3 della stessa legge n. 60 del 1993,
ove si vieta al proprietario o al detentore anche temporaneo di
animali di affezione l'utilizzo della catena o di qualunque altro
strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie o
per misure urgenti e temporanee di sicurezza. Con il comma 6-bis
citato, in particolare, si prevede che la Giunta regionale, sentita
la competente commissione consiliare, emani indicazioni tecniche sui
requisiti delle strutture di ricovero e custodia per gli animali. Il
nuovo comma 6-ter - che risulta essere la sola disposizione posta
effettivamente ad oggetto d'impugnazione - aggiunge che le strutture
e le recinzioni in questione, realizzate secondo le modalita'
indicate dalla Giunta, «sono sempre consentite, anche in deroga alla
normativa regionale e agli strumenti territoriali, ambientali,
urbanistici ed edilizi».
1.2.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la norma
impugnata contrasta con il primo comma dell'art. 117 Cost., in quanto
incompatibile con il diritto dell'Unione europea, come recepito
mediante l'art. 5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento
recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della
flora e della fauna selvatiche).
In particolare, il paragrafo 3 dell'art. 6 della citata direttiva
del Consiglio n. 92/43/CEE stabilisce che qualunque piano o progetto
che possa riguardare le zone di speciale conservazione cui si
riferiscono i commi precedenti sia posto ad oggetto d'una valutazione
di incidenza, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del
sito, e che l'intervento ottenga un provvedimento favorevole
(«accordo») dalle autorita' nazionali competenti solo quando vi sia
certezza che esso non pregiudichera' l'integrita' del sito medesimo.
La disciplina nazionale di recepimento - prosegue il ricorrente - ha
demandato a Regioni e Province il compito di attuazione del
procedimento di verifica.
La norma impugnata sarebbe illegittima in quanto eluderebbe la
«rete di tutela» apprestata dal legislatore eurounitario e da quello
nazionale, consentendo la realizzazione delle strutture di ricovero
alla sola condizione della loro conformita' alle indicazioni tecniche
della Giunta regionale.
1.3.- Il ricorrente assume, inoltre, la violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., che riserva allo Stato la
competenza esclusiva a legiferare in materia di «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». Nella specie,
si tratterebbe di disciplina regionale idonea a diminuire i livelli
di tutela dell'ambiente. La Regione Veneto avrebbe dovuto limitarsi
ad intervenire sulla normativa regionale, e nei limiti competenziali
tipici della stessa, senza la pretesa di incidere sugli strumenti di
matrice nazionale per la protezione dell'ambiente.
A tale proposito, il ricorrente evoca la normativa richiamata
nella delibera del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2014, di
impugnazione della legge regionale in oggetto, anzitutto a proposito
della pianificazione dei bacini idrogeologici, i cui strumenti sono
sovraordinati ai piani territoriali ed ai programmi regionali (il
riferimento concerne l'art. 65 del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152 - Norme in materia ambientale). Si osserva che gli stessi
strumenti regionali possono essere derogati solo in quanto
compatibili con il piano di bacino.
Ancora, la norma impugnata contrasterebbe con la disciplina delle
cosiddette aree protette, e con quella relativa alla competenza
dell'Ente parco, riguardo alla tipologia ed alle modalita' di
costruzione dei manufatti nelle aree medesime (riferimento
concernente l'art. 11 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 - Legge
quadro sulle aree protette). Il ricorrente osserva come il piano per
il parco - a norma dell'art. 12, comma 7, della citata legge n. 394
del 1991 - abbia effetto di dichiarazione di pubblico generale
interesse e di urgenza e di indifferibilita' per gli interventi in
esso previsti, e come tale piano sostituisca ad ogni livello i piani
paesistici, territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di
pianificazione. A fronte di tali normative, la norma regionale
impugnata, per parte sua, pretenderebbe di derogare, in via generale
ed astratta, a questi prioritari strumenti di tutela dell'ambiente.
2. - Con memoria del 2 ottobre 2014, depositata in pari data, si
e' costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo che la
questione promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri sia
dichiarata inammissibile o comunque non fondata.
2.1.- Secondo la resistente, il nuovo comma 6-ter dell'art. 8
della legge regionale n. 60 del 1993, introdotto dalla norma
impugnata, andrebbe letto in relazione al precedente comma 2 dello
stesso articolo, che continua a richiamare, quanto ai «canili
sanitari e rifugi per cani», il successivo art. 14 della stessa
legge. Quanto al nuovo comma 6-bis dell'art. 8 la norma si
riferirebbe unicamente alle situazioni regolate dal comma 2-bis
dell'art. 3 della legge citata.
Tale ultima disposizione contiene il divieto di utilizzare catene
o altri mezzi di contenimento, salvo che per ragioni sanitarie o di
sicurezza, comunque temporanee. Dunque, il citato comma 6-bis
dell'art. 8 avrebbe riguardo unicamente a strutture per uso
temporaneo ed eccezionale, dovuto a ragioni sanitarie o di sicurezza,
e cosi' dovrebbe concludersi per la norma derogatoria collegata. I
«canili sanitari e rifugi per cani» sarebbero invece assoggettati
alla disciplina ordinaria, dettata al gia' citato (e non modificato)
art. 14.
Il doppio regime porrebbe in evidenza che la normativa impugnata
riguarderebbe solo «strutture di ridotta incidenza [di] preminente
carattere domestico e privato». La conclusione sarebbe avvalorata dal
significato logico e letterale dell'espressione «strutture e
recinzioni», tale da evocare costruzioni non strutturate e semplici,
che vengono disciplinate per assicurare l'interesse al miglior
trattamento degli animali di affezione.
La Regione Veneto esclude dunque, ed anzitutto, che sia violata
la disciplina eurounitaria, il cui rilievo presuppone la
realizzazione di opere che possano avere incidenza significativa
sulle aree collocate nella cosiddetta rete ecologica europea.
2.2.- Non sussisterebbe, d'altra parte, la denunciata violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Le norme impugnate
infatti introdurrebbero un regime derogatorio limitato alla
legislazione regionale ed ai relativi piani e strumenti, nei termini
consentiti dalla normazione statale. La conseguenza sarebbe
desumibile da una corretta lettura del nuovo comma 6-ter dell'art. 8,
la cui parte finale, concernente gli strumenti di governo del
territorio, costituirebbe specificazione del riferimento iniziale
alla legislazione regionale. La portata precettiva della norma,
comunque, andrebbe ricostruita secondo il criterio
dell'interpretazione costituzionalmente compatibile. Non avrebbe
senso pretendere che una norma regionale elenchi espressamente ogni
disposizione statale non suscettibile di deroga, dovendosi ritenere
implicita, ogni volta, l'evocazione dei pertinenti limiti
competenziali.
3.- L'Avvocatura generale dello Stato, nell'interesse del
Presidente del Consiglio dei ministri, ha depositato memoria in data
21 aprile 2015, insistendo per l'accoglimento del ricorso.
L'utilizzo del termine «strutture», nella normativa impugnata,
non sarebbe affatto indicativo dell'estraneita' di questa alla
disciplina dei canili sanitari e dei rifugi, trovandosi tra l'altro
lo stesso termine anche nell'art. 14 della legge n. 60 del 1993,
sicche' non potrebbe accogliersi la tesi per cui le nuove norme
regionali non riguarderebbero i citati canili e rifugi.
D'altra parte, l'art. 6, terzo paragrafo, della gia' citata
direttiva 92/43/CE imporrebbe una preventiva valutazione di incidenza
su qualunque intervento che possa pregiudicare i siti di interesse
naturalistico. Una siffatta potenzialita' lesiva non potrebbe essere
esclusa in via generale ed astratta per le strutture in questione,
come vorrebbe invece disporre la legge impugnata.
Quanto infine alla natura degli strumenti "derogabili",
l'Avvocatura generale dello Stato esclude che il testo della norma
impugnata la limiti a quelli regionali, sui quali del resto avrebbe
potuto direttamente incidersi attraverso le «indicazioni tecniche»
della giunta, senza necessita' della previsione derogatoria.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli
artt. 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della
Costituzione, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 2 della legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 17
(Modifica della legge regionale 28 dicembre 1993 n. 60 "Tutela degli
animali d'affezione e prevenzione del randagismo" e successive
modificazioni).
La norma impugnata incide sulla citata legge regionale n. 60 del
1993, approvata sulla base della legge statale 14 agosto 1991, n. 281
(Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del
randagismo), intervenendo, in particolare, sull'art. 8 (rubricato
«Canili sanitari e rifugi»), ove sono introdotti due nuovi commi.
Il comma 6-bis e' finalizzato a dare attuazione alla disposizione
(nuovo comma 2-bis) che la stessa legge regionale n. 17 del 2014 ha
introdotto nell'art. 3 della precedente legge regionale n. 60 del
1993, ove si vieta al proprietario o al detentore anche temporaneo di
animali di affezione l'utilizzo della catena o di qualunque altro
strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie o
per misure urgenti e temporanee di sicurezza. Ebbene, il citato comma
6-bis stabilisce che la Giunta regionale, sentita la competente
commissione consiliare, al fine appunto di dare attuazione alla
disposizione appena ricordata, emani «apposite indicazioni tecniche
aventi ad oggetto gli specifici requisiti delle strutture e delle
recinzioni volte al ricovero dei cani e dei gatti e le modalita' di
custodia degli animali di affezione, con disposizioni specifiche per
la custodia dei cani da parte dei privati».
Il nuovo comma 6-ter - che, in base alla motivazione e alle
conclusioni del ricorso, e' la sola disposizione posta effettivamente
ad oggetto dell'impugnazione statale - aggiunge che le strutture e le
recinzioni in questione, realizzate secondo le indicazioni tecniche
indicate dalla Giunta, «sono sempre consentite, anche in deroga alla
normativa regionale e agli strumenti territoriali, ambientali,
urbanistici ed edilizi».
2.- La norma impugnata e' fatta oggetto di due distinte censure.
In primo luogo, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,
essa violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con il
diritto dell'Unione europea, come recepito mediante l'art. 5 del
d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della
direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna
selvatiche). Infatti, ammettendo la realizzazione delle strutture di
ricovero alla sola condizione della loro conformita' alle indicazioni
tecniche della Giunta regionale, la norma consentirebbe l'elusione
della «rete di tutela» apprestata dal legislatore eurounitario e da
quello nazionale - in relazione alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche
- la quale impone una valutazione di incidenza di qualunque piano o
progetto che possa influire sull'integrita' delle zone di speciale
conservazione, escludendo gli interventi pregiudizievoli.
In secondo luogo, secondo il ricorrente, la norma impugnata
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva
allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». In particolare,
la disposizione in esame pretenderebbe di derogare, in via generale
ed astratta, a una serie di prioritari strumenti di tutela
dell'ambiente, previsti dalla legislazione statale, dando vita ad una
disciplina idonea a diminuire i livelli di tutela. La Regione Veneto
avrebbe, invece, dovuto limitarsi ad intervenire sulla normativa
regionale, e nei limiti di competenza tipici della stessa, senza la
pretesa di incidere sugli strumenti di matrice nazionale per la
protezione dell'ambiente.
Entrambe le censure, in definitiva, denunciano l'illegittimita'
costituzionale della norma regionale impugnata, sul presupposto che
essa introduca, in vista della realizzazione di qualsiasi struttura
di ricovero e cura per animali d'affezione, deroghe agli strumenti di
tutela ambientale, la cogenza dei quali deriva, invece, sia dalla
conformazione del diritto interno al diritto dell'Unione, sia dalla
competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente».
3.- La Regione Veneto, nel sollecitare il rigetto delle
questioni, ha proposto una interpretazione riduttiva del significato
della disposizione impugnata.
Essa ritiene, in primo luogo, che la disciplina contenuta
nell'art. 2 della legge regionale n. 17 del 2014 riguarderebbe solo
strutture temporanee e di preminente carattere domestico e privato,
mentre i veri e propri rifugi per cani sarebbero assoggettati alla
disciplina ordinaria, di cui all'art. 14 della legge regionale n. 60
del 1993.
Sostiene, ancora, la difesa regionale il rigetto della questione
proponendo un'interpretazione adeguatrice della norma impugnata.
Poiche' e' necessario interpretare le norme in modo da ricavarne un
significato costituzionalmente compatibile, e poiche' il rispetto
delle competenze statali esclusive o concorrenti rappresenta una
condizione di legittimita' per ogni legge regionale, sarebbe da
intendersi che ogni legge regionale, per quanto non lo specifichi,
escluda dal proprio ambito applicativo qualsiasi fattispecie che lo
Stato abbia regolato o avrebbe potuto regolare.
Nel caso di specie, con particolare riferimento al nuovo comma
6-ter dell'art. 8 della legge regionale n. 60 del 1993, sarebbe
percio' introdotto un regime derogatorio limitato alla legislazione
regionale ed ai relativi piani e strumenti, e nei termini consentiti
dalla normazione statale. La conseguenza sarebbe appunto desumibile
da una lettura costituzionalmente conforme della disposizione, la cui
parte finale, concernente gli strumenti di governo del territorio,
costituirebbe specificazione del riferimento iniziale alla
legislazione regionale.
4.- Gli argomenti della difesa regionale non trovano conferma nel
senso e nella lettera della disciplina censurata. Di conseguenza, e'
fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della
legge della Regione Veneto n. 17 del 2014, nella parte in cui
introduce il comma 6-ter nell'art. 8 della legge regionale n. 60 del
1993.
4.1.- E' vero, come sostiene la resistente e come risulta dal
testo della disposizione, che le «indicazioni tecniche» della Giunta,
di cui tratta il citato comma 6-bis, sono finalizzate all'attuazione
del comma 2-bis dell'art. 3 della stessa legge regionale n. 60 del
1993, cioe' a garantire che gli animali di affezione non siano legati
alla catena o ad altri similari strumenti di contenzione, salvo casi
eccezionali. Ma, nel comma 2-bis, tale obiettivo riguarda chiunque
custodisca gli animali, a qualsiasi fine, e caratterizza le stabili
ed ordinarie condizioni di custodia, aggiungendosi, per maggior
garanzia, che la regola vale per i casi di detenzione «anche» - e
quindi non solo - temporanea. Qualunque struttura per il ricovero
degli animali d'affezione e', in definitiva, tenuta a conformarsi
all'obiettivo ricordato. Ed e' evidente come il perseguimento di
quest'ultimo richieda un tendenziale ampliamento degli spazi, e
percio' delle strutture medesime.
Questa conclusione non e' affatto smentita - ed anzi e'
confermata - dal rilievo che le norme censurate sono state inserite
nell'art. 8 della legge regionale n. 60 del 1993, visto che anche
tale norma e' destinata a disciplinare i canili sanitari ed i rifugi,
come la stessa rubrica dell'articolo indica, pur essendo presente (al
comma 2) un rinvio al successivo art. 14 per la fissazione dei
criteri di costruzione delle indicate strutture.
In sostanza, risulta che le "finalita'" da perseguire mediante le
apposite «indicazioni tecniche» della Giunta abbiano carattere
generale, tanto da essere inserite nella norma sulla istituzione e
sulla gestione della anagrafe canina, che si rivolge indistintamente
a commercianti, privati, enti pubblici. D'altra parte, il comma 6-bis
dell'art. 8 della legge regionale n. 60 del 1993 prevede
espressamente che siano dettate «disposizioni specifiche per la
custodia dei cani da parte dei privati». E cio' non puo' che
significare che quel che viene disciplinato prima di tale specifica
indicazione si rivolga primariamente alle strutture di ricovero
"pubbliche" (canili e rifugi), non certo a quelle che abbiano
preminente carattere domestico e privato.
Per altro verso, non vi sono elementi normativi o sistematici
idonei a circoscrivere le prescrizioni alle strutture di carattere
meramente temporaneo. Non giova, in questo senso, il riferimento al
comma 2-bis dell'art. 3 della citata legge regionale n. 60 del 1993,
pur enfatizzato dalla difesa regionale. Infatti, non e' verosimile
che la disciplina censurata riguardi proprio e solo «catene o
strumenti di contenzione similare», da utilizzare esclusivamente per
contingenti misure di sicurezza, giacche' bisognerebbe allora
ipotizzare che l'approvazione di linee guida della Giunta - sentita
la competente commissione consiliare, in deroga agli strumenti
territoriali, ambientali, urbanistici ed edilizi - sia prevista per
la mera regolazione di catene di contenzione per animali. Inoltre, e'
proprio la lettera dei commi 6-bis e 6-ter dell'art. 8 della legge
regionale n. 60 del 1993 ad evocare, in generale, «strutture» e
«recinzioni» per il ricovero dei cani e dei gatti, non circoscritte a
cautele sanitarie e di sicurezza temporanee.
4.2.- Non e' sostenibile neppure l'ulteriore assunto della difesa
regionale, secondo la quale, in base al criterio dell'interpretazione
costituzionalmente conforme, la norma impugnata introdurrebbe un
regime derogatorio limitato alla legislazione regionale ed ai
relativi piani e strumenti, e nei termini consentiti dalla normazione
statale, conseguendone l'irrilevanza sia della normativa di
trasposizione del diritto dell'Unione in materia di aree
naturalistiche, sia degli strumenti (ambientali, edilizi,
urbanistici) non riferibili alla competenza della stessa Regione.
Ritenere inutile che le leggi regionali elenchino espressamente
le disposizioni statali non suscettibili di deroga, dovendosi ogni
volta considerare implicito che le leggi medesime abbiano inteso
rispettare i propri limiti di competenza, e' argomento che prova
troppo. Ragionando in questo modo, infatti, si eliminerebbe,
facilmente e in radice, la grande maggioranza dei conflitti di
competenza, i quali resterebbero confinati alle ipotesi (residuali)
di deliberata, esplicita e non superabile regolazione di fattispecie
o materie riservate alla legislazione dello Stato.
Non sono mancati, per vero, casi nei quali si e' riconosciuta da
questa Corte, in via interpretativa, una limitazione della disciplina
regionale ad ambiti materiali di competenza corrispondente, con
conseguente rigetto dell'impugnativa statale (da ultimo, sentenze n.
300 del 2013, n. 278 e n. 171 del 2012, n. 168 del 2010). Si trattava
pero' di casi nei quali la legge regionale adottava esplicite formule
di coordinamento con la disciplina statale, o nei quali, almeno,
mancavano disposizioni derogatorie implicite o esplicite. Nella
fattispecie qui in esame, invece, una disposizione derogatoria
esplicita esiste, e la sua ininfluenza su ambiti di competenza
legislativa statale resta affidata alla tesi per cui l'aggettivo
«regionale», nel testo dell'impugnato comma 6-ter, assumerebbe un
ruolo dominante nel contesto di una complessa endiadi. Tuttavia,
l'utilizzo dei normali criteri ermeneutici porta ad escludere che
tale interpretazione abbia pregio: la deroga per la realizzazione
delle strutture e delle recinzioni in parola e' esplicitamente
riferita alla sola legislazione regionale, mentre l'aggettivo
«regionale» non e' piu' riprodotto con riferimento alla deroga agli
strumenti ambientali, territoriali, urbanistici ed edilizi.
4.3.- Alla luce dell'esame svolto, consentendo la realizzazione
di strutture di ricovero per animali d'affezione in generica deroga a
strumenti ambientali, l'impugnato comma 6-ter produce un evidente
effetto di riduzione delle soglie di tutela nella materia ambientale,
riservata alla legislazione esclusiva dello Stato, in virtu'
dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. In particolare, la legge
regionale ha inteso regolare direttamente la materia in questione,
dettando disposizioni volte a stabilire, in via generale ed astratta,
quali interventi dovrebbero essere sottratti agli ordinari strumenti
di tutela ambientale, cio' che deve ritenersi comunque precluso alla
legislazione delle Regioni (ex multis sentenze n. 303 e n. 58 del
2013, n. 66 del 2012, n. 325 del 2011). Questo comporta
l'illegittimita' costituzionale della norma censurata, limitatamente
alla previsione secondo la quale le strutture e le recinzioni,
realizzate secondo le modalita' di cui al precedente comma 6-bis,
sono sempre consentite, anche in deroga agli strumenti ambientali.
4.4.- E' assorbita la censura riferita alla violazione dell'art.
117, primo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge
della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 17 (Modifica della legge
regionale 28 dicembre 1993, n. 60 "Tutela degli animali d'affezione e
prevenzione del randagismo" e successive modificazioni), nella parte
in cui aggiunge il comma 6-ter all'art. 8 della legge regionale 28
dicembre 1993, n. 60, limitatamente alla previsione secondo la quale
le strutture e le recinzioni, realizzate secondo le modalita' di cui
al precedente comma 6-bis, sono sempre consentite, anche in deroga
agli strumenti ambientali.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 maggio 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Nicolo' ZANON, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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