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lunedì 7 maggio 2018

Corte dei Conti maggio 2018: per il riconoscimento e la riliquidazione del trattamento pensionistico, anche privilegiato, con maggiorazione del 18% sui sei scatti aggiuntivi ex art. 11 lege n. 231 del 1990. Sentenza. n. 380/2018



Corte dei Conti maggio 2018: per il riconoscimento e la riliquidazione del trattamento pensionistico, anche privilegiato, con maggiorazione del 18% sui sei scatti aggiuntivi ex art. 11 lege n. 231 del 1990. Sentenza. n. 380/2018


Sentenza. n. 380/2018

REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA PUGLIA IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Marcello Iacubino ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 33205 del registro di segreteria, sul ricorso presentato ad

istanza di:

xxx



tutti rappresentati e difesi dall'avvocata Maria Dolores Gaudiomonte (c.f. GDMMDL76A43E038Y), e domiciliati presso il suo studio in Bari alla via Principessa Iolanda 4 (fax 0805426623; pec: avvocato.gaudiomonte@pec.it), in virtù di procura in calce al ricorso;

contro:

Comando Guardia di Finanza, R.T.L.A. Puglia (Ufficio Amministrazione), in persona del Ministro dell’Economia p.t., ovvero del legale rappresentante p.t. con sede in Bari alla via Gioacchino Murat n. 59, rappresentato e domiciliato ope legis presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari con sede in Bari alla via Melo n. 97;

per il riconoscimento:

e la riliquidazione del trattamento pensionistico, anche privilegiato, con maggiorazione del 18% sui sei scatti aggiuntivi ex art. 11 lege n. 231 del 1990.

Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;

visti: la legge n. 205/2000 e il Codice di giustizia contabile approvato con d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, in particolare gli artt. 151 e ss.;

uditi, nella pubblica udienza del 3 maggio 2018, l’avv.ta Gaudiomonte e il Luogotenente Donato Pascazio per il Comando della Guardia di Finanza.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso depositato in data 26.1.2017 e notificato il 26.03.2018, i ricorrenti – sottufficiali della Guardia di Finanza che hanno compiuto 30 anni contributivi alla data del 31/12/1992, e poi posti in quiescenza dal 2008 al 2012 (con Decreti n. 52441 del 15 giugno 2009 il xxx, n. 5526 del 10 ottobre 2012 il xxx, n. 5520 del 3 luglio 2015 il xxx, n. 5510 del 01/10/2012 il xxx, n. 5011 del 24 giugno 2008 il xxx – si dolgono della mancata concessione sulla pensione ordinaria dei sei scatti aggiuntivi di cui all’art.11 della L. n. 231/1990, e della conseguente privazione della maggiorazione del 18% prevista dall'art. 53 T.U. n. 1092/73, come modificato dall'art. 16 L. 176/77.

A fondamento del ricorso hanno dedotto, in via preliminare:

- che i ricorrenti, militari collocati in quiescenza per limiti di età, alla data del 31/12/1992 avevano già maturato il massimo di anzianità contributiva, e dunque 30 anni di servizio utile, corrispondente alla massima aliquota di rendimento pari all'80% della base pensionabile (art. 6 della legge 1543/1963);

- in secondo luogo, l’irrilevanza del disposto di cui all’art. 4 del D. Lgs. n. 165/1997, in quanto tale norma riguarda le pensioni liquidate in due quote, come previsto dall’art. 13 del D. Lgs. n. 503/1992 (disciplina che non è stata applicata per la liquidazione del loro trattamento per essere gli stessi in possesso della massima anzianità contributiva alla data del 31.12.1992), mentre la base pensionabile della propria pensione è definita soltanto dall’art. 53 del TU n. 1092/1973.

Hanno richiamato, quindi, la deliberazione della sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti della Toscana n. 3/2002 del 4.4.2002, l’orientamento espresso dalla richiamata giurisprudenza di diverse sezioni della Corte dei Conti, il contenuto della circolare INPDAP n. 18 del 18.9.2009 e della circolare del Ministero della Difesa del 4.3.2003, tutti concordi nel ritenere che quando il soggetto abbia raggiunto alla data del 31.12.1992 il massimo dell’anzianità contributiva la pensione deve essere liquidata integralmente in base alla sola quota A di cui all’art. 13 del D. Lgs. n. 503/1992, rappresentando che in base all’interpretazione recata da tali atti il beneficio dei sei scatti deve essere considerato quale unicum con lo stipendio e come tale assoggettato alla maggiorazione del 18 per cento.

2. Il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo di Puglia della Guardia di Finanza, costituito in giudizio con memoria depositata in data 5.4.2018, ha rappresentato che:

i) la mancata inclusione del beneficio dei sei scatti dello stipendio nella base pensionabile è dovuta alla circostanza che la Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti, a suo tempo, aveva mosso rilievi su provvedimenti di liquidazione di pensione di altri colleghi proprio sul punto della maggiorazione di tale beneficio del 18%;

ii) il provvedimento impugnato aveva conseguito la registrazione da parte della Sezione di controllo stessa;

iii) ha operato con legittimità.

Di conseguenza, ha chiesto il rigetto del ricorso; in subordine ha eccepito la prescrizione quinquennale in relazione ai maggiori ratei eventualmente dovuti.

3. All’udienza del 3.5.2018, l’avv.ta Gaudiomonte per la parte ricorrente ed il Luogotenente Pascazio per la Guardia di Finanza si sono riportati agli atti scritti, insistendo per le conclusioni ivi rassegnate e chiedendo la prima la compensazione delle spese di giudizio in caso di eventuale soccombenza.

Il giudizio è stato quindi introitato per la decisione e definito come da dispositivo, letto nella stessa udienza, di seguito trascritto.

4. Nel merito, il ricorso è infondato.

Il giudizio verte sul computo in base pensionabile, con conseguente maggiorazione del 18%, del beneficio dei sei scatti stipendiali di cui all’art. 11 della legge n. 231/1990.

Tale disposizione ha sostituito il comma 15-bis dell'art. 1, D.L. 16 settembre 1987, n. 379: tale comma, così novellato (poi abrogato dal D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66), prevedeva che “Ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della legge 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati, che cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti, sono attribuiti, ai soli fini pensionistici e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, sei scatti calcolati sull'ultimo stipendio, ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e gli scatti generici, in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante”.

Ai fini del calcolo della base pensionabile, nel caso di specie, occorre far riferimento all’art. 53 del d.P.R. n. 1092/1973, in applicazione dell’art. 13 della legge 503/1992 che fa salva la previgente disciplina per i dipendenti, come i ricorrenti, che alla data del 31.12.19992 vantavano la massima anzianità contributiva prevista dalla legge (per i sottufficiali della Guardia di Finanza 30 anni).

Tale disposizione sancisce che: “Ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, escluso quello indicato nell'articolo 54, penultimo comma, la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati, integralmente percepiti, è aumentata del 18 per cento:

a) indennità di funzione per i generali di brigata ed i colonnelli, prevista dall'articolo 8 della legge 10 dicembre 1973, n. 804;

b) assegno perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti dall'articolo 1 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, in favore degli ufficiali di grado inferiore a colonnello o capitano di vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa;

c) assegno personale previsto dall'articolo 202 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, applicabile al personale militare in base all'articolo 3 della legge 8 agosto 1957, n. 751.

Agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”.

Da quanto riportato circa il quadro normativo di riferimento è evidente che, seppure i ricorrenti si trovino nelle condizioni previste dall’art. 1, comma 15-bis, del D.L. 16 settembre 1987, n. 379 (cessazione dal servizio per limiti di età) per l’attribuzione del beneficio dei sei scatti di stipendio ai soli fini pensionistici e nei suoi confronti il trattamento di pensione vada calcolato interamente in base al metodo retributivo di cui all’art. 53 del DPR 1092/1973 (per essere in possesso alla data del 31.12.2992 della massima anzianità contributiva), tuttavia l’inclusione del beneficio di che trattasi nella base pensionabile non è espressamente previsto da alcuna disposizione di legge.

Non è peraltro convincente la distinzione che, in base alla delibera della Sezione del Controllo Toscana (n. 3/2002 del 4.4.2002), opera la circolare del Ministero della Difesa del 4.3.2003, in relazione alla diversa formulazione del predetto art. 1, comma 15-bis del D.L. 16 settembre 1987, n. 379 rispetto al successivo art. 4 del D. Lgs. n. 165/1997 (ritenendo applicabile la maggiorazione del 18% su tale beneficio pensionistico per il personale che, pur cessato dal servizio dopo il 1998, abbia maturato la massima anzianità di servizio alla data del 31.12.1992), né la motivazione di alcune pronunce giurisdizionali (Sez. App. Sicilia sent. n. 380/2011) che fondano l’interpretazione favorevole ai ricorrenti sulla natura stipendiale del beneficio in parola.

Invero, la ritenuta diversità di disciplina tra quanto previsto dalla norma del 1987, come modificata nel 1990, e quanto previsto nel 1997 (D. Lgs. n. 167), ad avviso del giudicante non sussiste. Quest’ultima norma, infatti, si limita a stabilire che i vari benefici, tra cui anche quello previsto dall’art. 11 della legge 1/1990, “sono attribuiti, in aggiunta alla base pensionabile definita ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, all'atto della cessazione dal servizio da qualsiasi causa determinata, con esclusione del collocamento in congedo a domanda, e sono assoggettati alla contribuzione previdenziale …”. In sostanza, con tale disposizione da un lato si amplia la previsione della valorizzazione a fini pensionistici di tale beneficio anche per i pensionamenti per i quali il trattamento deve essere liquidato secondo le due quote previste dall’art. 13 del D. Lgs. n. 503/1992 (per le cessazioni dal servizio da qualunque causa determinate), dall’altro lo si assoggetta a contribuzione previdenziale, senza nulla prevedere, analogamente a quanto disponeva il precedente art. 11 della Legge 231 del 1990, circa l’inclusione di tale emolumento nella base pensionabile.

L’argomento, poi, che fa leva sulla natura stipendiale del beneficio non è rilevante, posto che il citato art. 53 del DPR n. 1092/1973 prevede il computo nella base pensionabile con la maggiorazione del 18% solo dello stipendio integralmente percepito, sicché la natura stipendiale del beneficio stesso non è sufficiente ai fini della maggiorazione del 18%, reclamata dalla parte ricorrente, in assenza dell’effettiva percezione degli scatti stipendiali stessi.

Inoltre, è utile riportare le ulteriori argomentazioni svolte dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti (sent. n. 9/2011/QM) in occasione dell’esame della questione di massima concernente altro analogo beneficio pensionistico (assegno di funzione), che, come la stessa pronuncia ha chiarito, valgono anche per altri assegni, come quello di cui si discute nel presente giudizio, di cui è prevista per legge la mera valutazione a fini pensionistici:

«l’art. 53, come modificato dall’art. 16 della legge n. 177 del 1976, ha trasformato la tradizionale nozione della “base pensionabile” quale coacervo degli emolumenti utili a pensione da prendere a base per il calcolo del trattamento di quiescenza, tanto da non potersi affermare che vi sia ancora una perfetta sovrapponibilità tra “retribuzione pensionabile” e “base pensionabile”. In realtà, quella nozione unitaria è stata spezzata in due frammenti, nel senso che la “base pensionabile” è pur sempre l’insieme degli emolumenti “pensionabili” che costituiscono il termine di riferimento per il calcolo della pensione, ma «la base pensionabile … aumentata del 18 per cento» è solo quella costituita dallo stipendio e dagli assegni indicati nel comma 1 dell’art. 53 e da quegli altri assegni pensionabili relativamente ai quali, ai sensi del comma 2, sia espressamente prevista da una disposizione di legge «la valutazione nella base pensionabile».

In definitiva, le Sezioni Riunite hanno affermato che ai fini della maggiorazione del 18% occorre di volta in volta verificare se un assegno o un’indennità utili a pensione rientrino tra quelli espressamente indicati nell’art. 53, comma 1, del D.P.R. n. 1092 del 1973 ovvero se, come previsto nel comma 2, si tratti di assegno o indennità che – oltre ad essere previsti come pensionabili – abbiano ricevuto dalla legge istitutiva la connotazione espressamente dichiarata di componenti della base pensionabile.

Su tale presupposto, per ciò che attiene all’assegno funzionale, le Sezioni Riunite hanno ribadito il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 9/2006/QM del 29 settembre 2006 secondo cui l’assegno, ancorché pensionabile, non può beneficiare dell’aumento del 18%, evidenziando che:

- l’assegno in questione non ha le connotazioni previste nei commi 1 e 2 dell’art. 53 affinché un emolumento entri a far parte della base pensionabile aumentata del 18%. Per un verso, non rientra nel disposto del comma 2, trattandosi di assegno che la legge istitutiva (decreto legge n. 379 del 1987, convertito in legge n. 468 del 1987, per i sottufficiali delle Forze armate; decreto legge n. 387 del 1987, convertito in legge n. 472 del 1987, per gli appartenenti ai Corpi di Polizia) qualifica come utile a pensione senza enunciarne «espressamente la valutazione nella base pensionabile».

- che l’espressione secondo cui i relativi importi «si aggiungono alla retribuzione individuale di anzianità», contenuta nell’art. 1, comma 9, del decreto legge n. 379 del 1987, convertito in legge n. 468 del 1987, non può essere valorizzata fino al punto da affermare – senza altre esplicite indicazioni normative – che l’assegno funzionale acquisti per ciò solo, e per tutti gli effetti di legge, natura retributiva. In realtà, deve rilevarsi che l’espressione evidenzia proprio l’autonomia di tale assegno rispetto alla retribuzione cui si “aggiunge”; l’assegno funzionale mantiene, quindi, la sua natura giuridica di complemento accessorio dello stipendio, avendo peraltro “effetto” – come gli altri elementi che concorrono a formare la retribuzione – «sul trattamento ordinario di quiescenza», ai sensi dello stesso art. 1, comma 10, del ripetuto d.l. n. 379/1987;

- l’art. 4 della legge 8 agosto 1990 n. 231, nell’aumentare la misura dell’assegno, ne conferma la pensionabilità senza prevederne «espressamente la valutazione nella base pensionabile».

Il principio di diritto non contempla anche altri specifici emolumenti. Tuttavia, le stesse Sezioni Riunite, come si è detto, hanno precisato che «ovviamente, i principi di diritto qui enunciati non possono non valere per qualunque assegno o indennità pensionabile».

Alla luce di quanto fin qui considerato, il ricorso deve essere respinto, non potendosi assoggettare il beneficio pensionistico dei sei scatti stipendiali, conseguito dai ricorrenti, alla pretesa maggiorazione del 18% previsto solo per gli emolumenti rientranti espressamente nella base pensionabile. Si veda, in senso conforme, Sez. Terza d’appello, sent. n. 654/2014 del 10/12/2014; id.: questa stessa Sezione, sent. n. 484 del 21/11/2017 e, da ultimo, Sezione I Appello, sent. n. 318 del 12/09/2017, secondo cui: «Punto C) In merito al riconoscimento della maggiorazione del 18% dell’assegno funzionale per il trattamento pensionistico, l’appello va accolto, in quanto nessuno degli originari ricorrenti può ritenersi destinatario del suddetto beneficio, ai sensi del consolidato principio di diritto espresso dalle Sezioni Riunite, nelle sentenze nn. 6/QM/2004 e 9/QM/2006, ribadito anche nella sent. n. 9/QM/2011. Da esse promana con certezza il principio inequivocabile in base al quale “l’assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti alle Forze Armate dall’art. 1, comma 9, DL 16 settembre 1987, n. 379, convertito nella Legge 14 novembre 1987, n. 468, nonché l’analogo assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti ai Corpi di polizia dall’art. 6, DL 21 novembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni nella Legge 20 novembre 1987, n. 472, ancorchè pensionabili, non sono inclusi nella base pensionabile e quindi non possono usufruire della maggiorazione del 18% in relazione all’art. 53, comma 1 del DPR 29 dicembre 1973, n. 1092, come modificato dall’art. 16 della Legge 29 aprile 1976, n. 177».

5. In conclusione, il ricorso in esame va respinto.

Le spese di lite vanno compensate, attesa la mancata presentazione, da parte dell’Amministrazione resistente, costituita a mezzo di propri funzionari, di apposita nota delle spese liquidabili, che abbia concretamente affrontato in questo giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra deduzione, eccezione e domanda, rigetta il ricorso di cui in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso, in Bari, all’esito della pubblica udienza del 3 maggio 2018.

IL GIUDICE

F.to (Marcello Iacubino)



Depositata in Segreteria il 04/05/2018

Il Responsabile della Segreteria

Il Funzionario di Cancelleria

F.to (dott. Pasquale ARBORE)


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