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mercoledì 27 marzo 2019

N. 64 ORDINANZA 21 febbraio - 21 marzo 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Depenalizzazione di reati puniti con la sola pena pecuniaria - Esclusione dei reati di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. - Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67), art. 1, comma 4. - (GU n.13 del 27-3-2019 )

N. 64 ORDINANZA 21 febbraio - 21 marzo 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati e pene - Depenalizzazione di reati  puniti  con  la  sola  pena
  pecuniaria - Esclusione dei reati di ingresso e soggiorno  illegale
  nel territorio dello Stato.
- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (Disposizioni in  materia
  di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della  legge
  28 aprile 2014, n. 67), art. 1, comma 4.

(GU n.13 del 27-3-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
 
     
    ha pronunciato la seguente

                              ORDINANZA

    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  «dell'art.  139,
comm[i]  1,  3,  6»  (recte:  dell'art.  1,  comma  4,  del   decreto
legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, recante «Disposizioni  in  materia
di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della legge 28
aprile 2014, n. 67»), promosso dal Giudice di pace di  Macerata,  nel
procedimento penale a carico di L. B., con ordinanza del  5  dicembre
2017, iscritta al n. 30 del  registro  ordinanze  2018  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale,
dell'anno 2018.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del 20 febbraio 2019  il  Giudice
relatore Luca Antonini.
    Ritenuto che, con ordinanza del 5 dicembre 2017,  il  Giudice  di
pace di Macerata ha sollevato, in riferimento agli «artt. 2,  3,  24,
32, 76, 117 della Costituzione» (recte: in  riferimento  all'art.  76
Cost.), questione  di  legittimita'  costituzionale  «dell'art.  139,
comm[i]  1,  3,  6»  (recte:  dell'art.  1,  comma  4,  del   decreto
legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, recante «Disposizioni  in  materia
di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della legge 28
aprile 2014, n. 67»);
    che la norma e' censurata nella parte in cui dispone  che  l'art.
1, comma 1, del d.lgs. n. 8 del 2016  -  a  mente  del  quale  «[n]on
costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa  del
pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali  e'
prevista la sola pena della multa o dell'ammenda» - non si applica ai
reati di cui al decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello  straniero),  cosi'  escludendo  dalla
depenalizzazione anche la contravvenzione, prevista dall'art.  10-bis
di quest'ultimo d.lgs., di «[i]ngresso e  soggiorno  illegale  [dello
straniero] nel territorio dello Stato»;
    che il giudice  a  quo  riferisce  che  nel  processo  principale
«oggetto  d'esame»   e'   il   reato   appena   menzionato,   sicche'
all'accoglimento    della    questione    sollevata     conseguirebbe
l'assoluzione dell'imputato e, quindi, «il tasso di  concretezza  del
controllo di costituzionalita'»  sarebbe  «utile  in  funzione  della
soluzione della controversia pendente»;
    che,  al  riguardo,  egli   ritiene   che   la   pregiudizialita'
deriverebbe dalla necessita', «allo stato degli atti»,  di  applicare
la norma censurata;
    che,  ad  avviso  del  rimettente,  la  disposizione  denunciata,
nell'escludere   dalla   depenalizzazione,   mediante   il   richiamo
all'intero d.lgs. n. 286 del 1998, anche il reato previsto  dall'art.
10-bis del medesimo d.lgs., violerebbe l'art. 76 Cost.;
    che, difatti, tale esclusione si  porrebbe  in  contrasto  con  i
principi e i criteri della  delega  dettati,  in  particolare,  dalla
norma di cui all'art. 2, comma 3, lettera b), della legge  28  aprile
2014, n. 67 (Deleghe al Governo in  materia  di  pene  detentive  non
carcerarie e di riforma del sistema  sanzionatorio.  Disposizioni  in
materia di sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei
confronti degli  irreperibili),  nella  parte  in  cui  essa  prevede
l'abrogazione e la  trasformazione  in  illecito  amministrativo  del
reato introdotto dall'art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998;
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sia  dichiarata  inammissibile  per
difetto di rilevanza,  dal  momento  che  la  eventuale  declaratoria
d'illegittimita' costituzionale non avrebbe «alcuna  incidenza  sulla
vigenza dell'articolo 10 bis del d.lgs.  286  del  1998»,  avendo  il
Governo ritenuto di non esercitare la delega conferitagli;
    che, comunque, osserva l'Avvocatura, secondo la giurisprudenza di
questa  Corte,  «la  mancata  (o  parziale)  attuazione   di   delega
legislativa comporta una responsabilita' politica  del  Governo»,  ma
non anche, di per se' sola, «l'illegittimita' del decreto legislativo
per delega omissiva».
    Considerato che il Giudice di  pace  di  Macerata  solleva  -  in
riferimento agli «artt. 2, 3, 24, 32, 76, 117 della  Costituzione»  -
questione di legittimita' costituzionale «dell'art. 139,  comm[i]  1,
3, 6»;
    che, in realta', il giudice a quo dubita, in riferimento all'art.
76 Cost., della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4, del
decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (Disposizioni in materia di
depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2,  della  legge  28
aprile 2014, n. 67), come si  desume  dal  tenore  complessivo  della
motivazione dell'ordinanza  di  rimessione,  il  cui  dispositivo  e'
affetto da evidenti errori materiali;
    che, ad avviso del giudice rimettente, la disposizione censurata,
escludendo dalla depenalizzazione disposta dall'art. 1, comma 1,  del
d.lgs. n. 8 del 2016 anche la contravvenzione di cui all'art.  10-bis
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), contrasterebbe con l'art. 2, comma
3, lettera b), della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al  Governo
in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del  sistema
sanzionatorio.   Disposizioni   in   materia   di   sospensione   del
procedimento  con  messa   alla   prova   e   nei   confronti   degli
irreperibili),  nella  parte  in  cui  questa  disposizione  prevede,
invece, l'abrogazione e la trasformazione in illecito  amministrativo
di tale fattispecie contravvenzionale;
    che, in tal modo, sarebbe leso l'art. 76 Cost.;
    che l'ordinanza di rimessione, la cui motivazione in punto di non
manifesta  infondatezza  si  limita  peraltro  in  massima  parte   a
riprodurre uno specifico contributo della dottrina, reca, come dianzi
evidenziato,  un  dispositivo  del  tutto  non  pertinente   rispetto
all'oggetto  della  censura  e  che  evoca  parametri  costituzionali
largamente inconferenti;
    che, a  prescindere  dalla  fondatezza,  o  meno,  dell'eccezione
d'inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato, la
medesima ordinanza presenta, in ogni caso, evidenti lacune  in  punto
di descrizione della fattispecie  concreta  e  di  motivazione  sulla
rilevanza, tali da precludere lo scrutinio nel merito della questione
con essa sollevata;
    che il giudice a quo si limita, infatti, a riportare il  capo  di
imputazione, il quale e' peraltro  «formulato  in  modo  alternativo,
senza sciogliere il dubbio  in  ordine  a  quale  delle  due  diverse
ipotesi di reato, ingresso illegale  o  indebito  trattenimento,  sia
stata posta in essere dall'imputato» (ordinanza n. 32 del 2011), e si
risolve, nella sostanza, in una parafrasi  del  dettato  della  norma
incriminatrice;
    che mancano, per converso, adeguate  indicazioni  sulla  concreta
vicenda  oggetto  del  giudizio  a  quo   e   sulla   sua   effettiva
riconducibilita' al paradigma punitivo considerato;
    che, d'altro canto, il rimettente afferma in  maniera  apodittica
che la pregiudizialita' deriverebbe dalla necessita' di applicare  la
norma censurata «allo stato degli atti», omettendo  di  precisare  in
quale fase si trovi il processo di cui e' investito;
    che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte,  l'omessa  o
insufficiente descrizione della fattispecie oggetto  del  giudizio  a
quo - non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, preclusa
dal principio di autosufficienza  dell'ordinanza  di  rimessione  (ex
plurimis, ordinanze n. 242 del 2018 e n. 185 del  2013)  -  determina
l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, in
quanto  impedisce  di  verificare  la  sua  effettiva  rilevanza  (ex
plurimis, ordinanze n. 191 e n. 64 del 2018, n. 210 del 2017);
    che, in particolare, questa Corte  ha  dichiarato  manifestamente
inammissibili questioni sollevate con ordinanze  affette  da  carenze
analoghe a quelle poc'anzi descritte e aventi a oggetto  la  medesima
norma che prevede il reato per cui si procede nel processo principale
(ex plurimis, ordinanze n. 84 del 2012, n. 193, n. 161,  n.  149,  n.
135 e n. 32 del 2011);
    che la questione deve, pertanto, essere dichiarata manifestamente
inammissibile.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.
     
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  4,  del   decreto
legislativo 15  gennaio  2016,  n.  8  (Disposizioni  in  materia  di
depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2,  della  legge  28
aprile 2014, n. 67), sollevata,  in  riferimento  all'art.  76  della
Costituzione,  dal  Giudice  di  pace  di  Macerata  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                      Luca ANTONINI, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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