GIOVEDÌ 07 MAGGIO 2020 15.06.09
## COVID-19, ecco come la Corea del Sud l'ha domato
## COVID-19, ecco come la Corea del Sud l'ha domato L'articolata ricetta di Seoul, di cui il tracciamento è solo un ingrediente Roma, 7 mag. (askanews) - E' riuscita a mettere sotto controllo il COVID-19 senza applicare un vero e proprio lockdown, senza chiudere del tutto le frontiere, limitando al minimo i divieti ai propri cittadini. Oggi la Corea del Sud, che all'inizio della pandemia da nuovo coronavirus sembrava un Paese destinato a essere devastato, rappresenta un modello a cui tutti guardano. Un modello in cui, diversamente dalla vulgata, la magia segreta non è tanto quella di un'app di tracciamento, ma di un'organizzazione articolata e precisa che ha regolato ogni aspetto della risposta. Nell'ultimo giorno la Corea del Sud ha registrato solo quattro nuovi casi accertati, di cui solo uno autoctono. E si tratta del primo caso originato nel Paese da quattro giorni a questa parte, secondo i dati deli Korea Centers for Disease Control and Prevention (KCDC), l'organismo su cui fa perno l'apparato di risposta governativa al nuovo coronavirus. Tra il momento in cui sembrava che Seoul dovesse cadere nel caos e questa situazione di relativa pace, c'è stata anche una tornata elettorale che ha portato il 15 aprile 30 milioni di cittadini, tra i quali 10mila persone sottoposte a isolamento, ai seggi senza che vi sia stata segnalazione di un solo contagio dovuto a questa attività. 'Possiamo dire che abbiamo avuto successo nell'organizzazione delle elezioni', ha commentato con una certa soddisfazione Son Youngrae, portavoce del ministero della Salute in un briefing online a cui askanews oggi ha partecipato. E' una declinazione di quella che in Italia abbiamo chiamato la 'Fase 2', che in Corea del Sud hanno deciso di chiamare 'distanziamento nella vita quotidiana'. Son ha teso a ripeterlo oggi diverse volte: 'Siamo passati dal distanziamento sociale, al distanziamento nella vita quotidiana'. E' questa la parola d'ordine che vuole rappresentare la convivenza col virus che non va via così e che potrebbe ripresentarsi in una seconda ondata. 'Noi ci stiamo già preparando a questa possibilità', ha spiegato il portavoce del ministero. Certo, per capire come mai Seoul abbia avuto una risposta così buona, bisogna prima di tutto avere un quadro ben preciso delle peculiarità del contagio in Corea del Sud. Il primo caso di COVID-19 fu rilevato il 20 gennaio, un cittadino cinese. Per quasi un mese l'andamento epidemico apparve abbastanza contenuto, ma dal 18 febbraio (quando i casi accertati erano 31), cominciò un aumento esponenziale soprattutto nella zona di Daegu, che è la seconda città del paese dopo Seoul, a causa dell'infezione all'interno della chiesa cristiano-millenarista Shincheonji e nell'ospedale Cheongdo Daenam. Allora la situazione sembrò andare fuori controllo, con nuovi casi confermati giornalieri oltre quota 900 e con il numero delle persone in isolamento volontario in crescita costante. Oggi, invece, la situazione è pienamente in controllo. In tutto ci sono stati finora poco più di 10mila casi accertati, il 76 per cento dei quali nell'area di Daegu. Un'epidemia, insomma, molto localizzata. E oltre il 48 per cento è collegato a un unico focolaio: la setta religiosa Shincheonji. (Segue) Mos 20200507T150604Z
## COVID-19, ecco come la Corea del Sud l'ha domato
## COVID-19, ecco come la Corea del Sud l'ha domato L'articolata ricetta di Seoul, di cui il tracciamento è solo un ingrediente Roma, 7 mag. (askanews) - E' riuscita a mettere sotto controllo il COVID-19 senza applicare un vero e proprio lockdown, senza chiudere del tutto le frontiere, limitando al minimo i divieti ai propri cittadini. Oggi la Corea del Sud, che all'inizio della pandemia da nuovo coronavirus sembrava un Paese destinato a essere devastato, rappresenta un modello a cui tutti guardano. Un modello in cui, diversamente dalla vulgata, la magia segreta non è tanto quella di un'app di tracciamento, ma di un'organizzazione articolata e precisa che ha regolato ogni aspetto della risposta. Nell'ultimo giorno la Corea del Sud ha registrato solo quattro nuovi casi accertati, di cui solo uno autoctono. E si tratta del primo caso originato nel Paese da quattro giorni a questa parte, secondo i dati deli Korea Centers for Disease Control and Prevention (KCDC), l'organismo su cui fa perno l'apparato di risposta governativa al nuovo coronavirus. Tra il momento in cui sembrava che Seoul dovesse cadere nel caos e questa situazione di relativa pace, c'è stata anche una tornata elettorale che ha portato il 15 aprile 30 milioni di cittadini, tra i quali 10mila persone sottoposte a isolamento, ai seggi senza che vi sia stata segnalazione di un solo contagio dovuto a questa attività. 'Possiamo dire che abbiamo avuto successo nell'organizzazione delle elezioni', ha commentato con una certa soddisfazione Son Youngrae, portavoce del ministero della Salute in un briefing online a cui askanews oggi ha partecipato. E' una declinazione di quella che in Italia abbiamo chiamato la 'Fase 2', che in Corea del Sud hanno deciso di chiamare 'distanziamento nella vita quotidiana'. Son ha teso a ripeterlo oggi diverse volte: 'Siamo passati dal distanziamento sociale, al distanziamento nella vita quotidiana'. E' questa la parola d'ordine che vuole rappresentare la convivenza col virus che non va via così e che potrebbe ripresentarsi in una seconda ondata. 'Noi ci stiamo già preparando a questa possibilità', ha spiegato il portavoce del ministero. Certo, per capire come mai Seoul abbia avuto una risposta così buona, bisogna prima di tutto avere un quadro ben preciso delle peculiarità del contagio in Corea del Sud. Il primo caso di COVID-19 fu rilevato il 20 gennaio, un cittadino cinese. Per quasi un mese l'andamento epidemico apparve abbastanza contenuto, ma dal 18 febbraio (quando i casi accertati erano 31), cominciò un aumento esponenziale soprattutto nella zona di Daegu, che è la seconda città del paese dopo Seoul, a causa dell'infezione all'interno della chiesa cristiano-millenarista Shincheonji e nell'ospedale Cheongdo Daenam. Allora la situazione sembrò andare fuori controllo, con nuovi casi confermati giornalieri oltre quota 900 e con il numero delle persone in isolamento volontario in crescita costante. Oggi, invece, la situazione è pienamente in controllo. In tutto ci sono stati finora poco più di 10mila casi accertati, il 76 per cento dei quali nell'area di Daegu. Un'epidemia, insomma, molto localizzata. E oltre il 48 per cento è collegato a un unico focolaio: la setta religiosa Shincheonji. (Segue) Mos 20200507T150604Z
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