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domenica 26 marzo 2023

Consiglio di Stato 2023- Guardie particolari e istituti di vigilanza privata

 




Consiglio di Stato 2023- Guardie particolari e istituti di vigilanza privata



Cons. Stato Sez. III, Sent., (ud. 19/01/2023) 14-03-2023, n. 2677 



REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Consiglio di Stato 

in sede giurisdizionale (Sezione Terza) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 10756 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS OMISSIS e OMISSIS OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, 

contro 

il Ministero dell'Interno e la Prefettura - UTG di Bari, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, 

nei confronti 

dell'OMISSISdenominato-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio, 

per la riforma 

della sentenza del Tar Puglia, sede di Bari, sez. II, n. -OMISSIS- non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il decreto del Prefetto di Barletta-Andria-Trani, che ha negato il rinnovo del decreto di nomina a guardia particolare giurata e la relativa licenza di porto di pistola a tariffa ridotta e ha fatto divieto di detenere armi, munizioni ed esplosivi. 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Prefettura - UTG di Bari; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2023 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale; 

Svolgimento del processo 

1. Con Provv. del 9 settembre 2020 il Prefetto della Provincia di Barletta-Andria-Trani ha respinto l'istanza presentata dall'OMISSIS denominato-OMISSIS- (d'ora in poi "Istituto di Vigilanza") concernente il rinnovo del decreto di nomina a guardia particolare giurata e della relativa licenza di porto di pistola a tariffa ridotta in favore del loro dipendente, signor -OMISSIS-. Nel medesimo provvedimento, il Prefetto ha altresì fatto divieto al signor -OMISSIS-di detenere armi, munizioni ed esplosivi ai sensi dell'art. 39, t.u.l.p.s. 

Il decreto prefettizio ha tratto fondamento dalle informazioni rese dal Comando Provinciale Carabinieri di Foggia con nota del 13 marzo 2020, che ha rilevato a carico del signor -OMISSIS-numerose segnalazioni concernenti controlli effettuati dalle Forze dell'Ordine, riferite ad un arco temporale tra il 2005 e il 2015, in occasione dei quali il predetto è stato ripetutamente trovato in compagnia di noti pregiudicati, in quanto persone gravate da precedenti penali a vario titolo e che risultano legate agli ambienti della criminalità organizzata locale. Altresì, è emerso che a carico del signor -OMISSIS-è stato emesso un decreto penale di condanna per i reati di cui agli artt. 81, 110, 612, co. 2, c.p., opposto dallo stesso. 

2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Puglia, sede di Bari, il signor -OMISSIS-e l'Istituto di Vigilanza hanno impugnato il suddetto provvedimento deducendo la OMISSISzione degli artt. 11, 39, 40, 43, 138, t.u.l.p.s., l'eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto di istruttoria e carenza di motivazione, la OMISSISzione del principio di proporzionalità. In particolare, il Prefetto avrebbe dato rilevanza a fatti non circostanziati e risalenti nel tempo, omettendo di prendere in esame la documentazione presentata dagli interessati in sede di audizione personale. Nel corso del giudizio, l'allora ricorrente ha depositato altresì il dispositivo di sentenza emesso dal Tribunale di Foggia il 26 marzo 2021, rendendo noto che il procedimento penale a proprio carico, avente ad oggetto i reati di cui agli artt. 81, 110, 612, co. 2, c.p., si è concluso, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, con sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. 

3. Con sentenza n. -OMISSIS- il Tar Bari ha respinto il ricorso, dando rilievo alle plurime frequentazioni pregiudizievoli con le quali si è intrattenuto il signor -OMISSIS-, ritenendo le stesse idonee a sorreggere la motivazione provvedimentale. 

4. La citata sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato il 29 novembre 2021 e depositato il successivo 23 dicembre, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata. 

5. Il Ministero dell'Interno e la Prefettura - UTG di Bari si sono costituiti in giudizio senza espletare difese scritte. 

6. L'OMISSISdenominato-OMISSIS- non si è costituito in giudizio. 

7. Alla pubblica udienza del 19 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione. 

Motivi della decisione 

1. L'appello è infondato. 

Va premesso che la materia del rilascio del porto d'armi è disciplinata dagli artt. 11 e 43 di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773. Il legislatore nella materia de qua affida all'Autorità di pubblica sicurezza la formulazione di un giudizio di natura prognostica in ordine alla possibilità di abuso delle armi, da svolgersi con riguardo alla condotta e all'affidamento che il soggetto richiedente può dare. 

Il potere di rilasciare le licenze per porto d'armi costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 c.p. e dall'art. 4, comma 1, L. n. 110 del 1975. La regola generale è, pertanto, il divieto di detenzione delle armi, al quale l'autorizzazione di polizia può derogare in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali, che è compito dell'Autorità di pubblica sicurezza prevenire. 

La Corte Costituzionale, sin dalla sentenza del 16 dicembre 1993, n. 440, ha affermato che "il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, una eccezione al normale divieto di portare le armi, che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse". Il Giudice delle leggi ha osservato, altresì, che "dalla eccezionale permissività del porto d'armi e dai rigidi criteri restrittivi regolatori della materia deriva che il controllo dell'autorità amministrativa deve essere più penetrante rispetto al controllo che la stessa autorità è tenuta ad effettuare con riguardo a provvedimenti permissivi di tipo diverso, talora volti a rimuovere ostacoli e situazioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i richiedenti". 

Proprio in ragione dell'inesistenza, nell'ordinamento costituzionale italiano, di un diritto di portare armi, il Giudice delle leggi ha aggiunto, nella sentenza del 20 marzo 2019, n. 109, che "deve riconoscersi in linea di principio un ampio margine di discrezionalità in capo al legislatore nella regolamentazione dei presupposti in presenza dei quali può essere concessa al privato la relativa licenza, nell'ambito di bilanciamenti che - entro il limite della non manifesta irragionevolezza - mirino a contemperare l'interesse dei soggetti che richiedono la licenza di porto d'armi per motivi giudicati leciti dall'ordinamento e il dovere costituzionale di tutelare, da parte dello Stato, la sicurezza e l'incolumità pubblica: beni, questi ultimi, che una diffusione incontrollata di armi presso i privati potrebbe porre in grave pericolo, e che pertanto il legislatore ben può decidere di tutelare anche attraverso la previsione di requisiti soggettivi di affidabilità particolarmente rigorosi per chi intenda chiedere la licenza di portare armi". 

La giurisprudenza, riprendendo i principi espressi dalla Corte Costituzionale, è consolidata nel ritenere che il porto d'armi non costituisce oggetto di un diritto assoluto, rappresentando un'eccezione al normale divieto di detenere armi e potendo essere riconosciuto soltanto a fronte della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l'ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività (cfr., ex multis, Cons. St., sez. III, 25 marzo 2019, n. 1972; 7 giugno 2018, n. 3435). 

Il giudizio che compie l'Autorità di pubblica sicurezza è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale, che presuppone una analisi comparativa dell'interesse pubblico primario, degli interessi pubblici secondari, nonché degli interessi dei privati, oltre che un giudizio di completa affidabilità del soggetto istante basato su rigorosi parametri tecnici. 

Nello specifico settore delle armi, tale valutazione comparativa si connota in modo peculiare rispetto al giudizio che tradizionalmente l'Amministrazione compie nell'adottare provvedimenti permissivi di tipo diverso. La peculiarità deriva dal fatto che, stante l'assenza di un diritto assoluto al porto d'armi, nella valutazione comparativa degli interessi coinvolti assume carattere prevalente, nella scelta selettiva dell'Amministrazione, quello di rilievo pubblico, inerente alla sicurezza e all'incolumità delle persone, rispetto a quello del privato, tanto più nei casi di impiego dell'arma per attività di diporto o sportiva. 

L'apprezzamento discrezionale rimesso all'Autorità di pubblica sicurezza involge soprattutto il giudizio di affidabilità del soggetto che detiene o aspira a ottenere il porto d'armi. A tal fine, l'Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione tecnica in ordine al pericolo di abuso delle armi, che deve essere desunta da elementi non meramente immaginari o aleatori. Il pericolo di abuso delle armi è valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere "più probabile che non" il pericolo di abuso delle armi. 

È in questa prospettiva, anticipatoria della difesa della legalità, che si collocano i provvedimenti con cui l'Autorità di pubblica sicurezza vieta la detenzione di armi, ai quali infatti viene riconosciuta natura cautelare e preventiva (ex multis, Cons. St., sez. III, 2 dicembre 2021, n. 8041). Ne è prova il costante orientamento di questa Sezione, secondo cui l'inaffidabilità all'uso delle armi è idonea a giustificare il ritiro della licenza, addirittura senza che occorra dimostrarne l'avvenuto abuso (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2017, n. 1814). 

Tale esegesi è peraltro confermata sul piano legislativo dalla formulazione dell'art. 39 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, laddove, nel prevedere che "il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne", considera sufficiente l'esistenza di elementi che fondino solo una ragionevole previsione di un uso inappropriato. 

Quanto al decreto di nomina a guardia particolare giurata, com'è noto, il conferimento di tale qualifica, cui accede in via ordinaria anche il rilascio di porto d'armi, rientra tra le cosiddette autorizzazioni di polizia disciplinate a livello generale dal Capo III del Titolo I del R.D. 18 giugno 1931, n. 773. Il loro rilascio e rinnovo, pertanto, è condizionato alla verifica della sussistenza dei requisiti generali di cui all'art. 11, nonché a quelli specificamente richiesti dalla norma di riferimento. 

Analoga indicazione è contenuta all'art. 43, comma 2, in materia di porto d'armi, laddove egualmente si richiama il requisito della buona condotta, nonché l'"affidamento a non abusare delle armi". 

L'art. 138, infine, relativo nello specifico al titolo di guardia particolare giurata, al comma 1, nella stesura risultante dall'intervento della Corte Costituzionale n. 311/1996, consente di valutare la condotta morale del richiedente, senza pretenderne i parametri di assolutezza riconducibili all'aggettivo ottima ivi originariamente previsto. 

Come evidenziato da questa Sezione, sussiste in capo all'Amministrazione l'obbligo di valutare, con la discrezionalità tipica sottesa al rilascio delle autorizzazioni di polizia, a maggior ragione in un ambito di particolare delicatezza quale quello che implica comunque l'uso delle armi, l'irreprensibilità del richiedente, non in termini assoluti e lato sensu etici, bensì, con un approccio finalistico, in funzione proprio dei contenuti specifici della richiesta avanzata. Si è, altresì, precisato che la peculiarità del ruolo della guardia particolare giurata, chiamata a tutelare l'integrità del patrimonio altrui, tanto che il legislatore annette allo stesso il riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio (art. 138, ultimo comma, T.U.L.P.S., aggiunto dall'art. 33, comma 1, lett. d) della L. 1 marzo 2002, n. 39), impone un'attenzione particolare nell'esercizio di tale discrezionalità, non richiedendo necessariamente un giudizio di vera e propria pericolosità sociale dell'interessato (cfr. Cons. St. sez. III, 10 luglio 2018, n. 4215). 

È, infatti, noto che l'inaffidabilità all'uso delle armi è idonea a giustificare l'adozione di misure con valenza tipicamente cautelare, senza che occorra dimostrarne l'avvenuto abuso. Tale valutazione, caratterizzata da ampia discrezionalità, ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, i delitti, ma anche i sinistri involontari, che potrebbero avere occasione per il fatto che vi sia la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili (cfr. Cons. Stato, sez. III, 1 agosto 2014, n. 4121). 

Il giudizio alla base di tale provvedimento di divieto non è quindi un giudizio di pericolosità sociale bensì un giudizio prognostico sull'affidabilità del soggetto e sull'assenza di rischio di abusi, per certi versi più stringente del primo, atteso che il divieto può fondarsi anche su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a buona condotta (cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2016, nr. 922; Cons. Stato, sez. III, 12 giugno 2014, n. 2987). 

Sulla scorta dei suesposti principi, la giurisprudenza ritiene esigibile nei confronti delle guardie particolari giurate una condotta improntata al massimo rispetto della legalità, evitando con accortezza situazioni ambigue e comunque non adeguate ai compiti propri della qualifica stessa (Cons. Stato, sez. III, 8 settembre 2022, n. 7828). 

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso all'esame, il Collegio ritiene che il provvedimento prefettizio sia immune dalle censure mosse dall'appellante. 

Invero, dalla documentazione versata in atti risultano dieci controlli da parte delle Forze dell'Ordine in occasione dei quali l'odierno appellante si è intrattenuto dialogando amichevolmente in compagnia di soggetti controindicati. In particolare, a carico di questi ultimi, nel luglio 2020, i militari del dipendente N.I., a conclusione di una complessa attività di indagine, hanno eseguito l'ordinanza di applicazione di misure cautelari per le ipotesi di reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti in concorso, con altresì la contestazione del reato di illecita detenzione e porto abusivo di arma comune da sparo e con le aggravanti di aver commesso il fatto avendo la disponibilità di armi ed avvalendosi dei metodi mafiosi, al fine di agevolare il gruppo mafioso di appartenenza. 

Ritiene il Collegio che la frequentazione di persone gravate da procedimenti penali e di polizia assume un'indubbia importanza in sede di valutazione della affidabilità dell'interessato al fine del rinnovo del decreto di nomina a guardia particolare giurata. Al riguardo, non vi è ragione di discostarsi dall'affermazione del Consiglio di Stato secondo la quale gli organi del Ministero dell'Interno ben possono rilevare come certe frequentazioni "possano dare luogo al rischio che l'arma sia appresa dalle persone frequentate, e gravate da procedimenti penali, e sia impropriamente utilizzata: una tale valutazione risulta di per sé ragionevole, perché per una buona regola di prudenza è bene evitare che soggetti pregiudicati per gravi reati frequentino chi porti con sé armi, e viceversa" (v. Cons. Stato, sez. III, 13 ottobre 2016, n. 4242). Quanto detto a maggior ragione in relazione al riconoscimento di qualifiche cui accede un titolo agevolato di porto d'arma, la cui custodia impone un'attenzione al contesto comprensibilmente accentuata. 

Le numerose frequentazioni segnalate escludono il carattere dell'occasionalità e giustificano, sul piano prognostico e della tutela anticipata della sicurezza e dell'incolumità pubblica, il giudizio dell'amministrazione sul rischio di abuso delle armi. 

Né può assumere efficacia dirimente che gli incontri segnalati afferiscano ad un arco temporale (2005-2015) ormai concluso (tale da rendere il giudizio prognostico formulato dalla Prefettura non attuale) e che gli stessi fatti non hanno impedito il rinnovo delle licenze negli anni precedenti. 

Anzitutto, come rilevato dal primo giudice, alla luce dei riscontri più recenti, le richiamate circostanze hanno assunto una diversa valenza, contribuendo a comporre un quadro indiziario di allarmante pericolosità sociale in ordine all'abuso delle armi. Del resto, l'Organo di Polizia, a fronte delle osservazioni prodotte dall'appellante in sede in risposta al c.d. preavviso di diniego, ha inteso confermare, con nota del 13 luglio 2020, l'orientamento negativo già espresso in precedenza, avendo verificato il permanere di situazioni di contiguità tra il signor -OMISSIS-e numerosi esponenti di spicco della criminalità locale di alto spessore criminale. 

Inoltre, il Collegio condivide l'orientamento della Sezione (ex multis, 25 agosto 2020, n. 5200) in base al quale la circostanza che in passato l'Amministrazione si sia determinata in modo favorevole all'interessato, non preclude alla stessa la possibilità di operare opposte valutazioni, sia adducendo il sopravvenire di elementi di novità, sia soltanto sulla base di un ripensamento delle considerazioni svolte originariamente, per una nuova discrezionale valutazione della convenienza e opportunità della scelta originariamente compiuta, anche alla luce di mutati indirizzi di gestione degli interessi generali di settore, purché basato su elementi istruttori adeguati e su una motivazione accurata; circostanze presenti nel caso di specie. 

In definitiva, l'amministrazione, lungi dall'operare un automatismo preclusivo in relazione alle segnalazioni riscontrate, ha discrezionalmente valutato i fatti come indice di non completa affidabilità dell'interessato ad un uso consono dell'arma, tenendo specificamente conto delle mansioni assegnate alle guardie particolari giurate ed effettuando una scelta di merito non sindacabile in questa sede in quanto non manifestamente illogica. 

2. Per le ragioni che precedono, l'appello deve essere respinto, non essendo sindacabile da parte di questo Giudice, perché non affetta da manifesta illogicità o irragionevolezza, la decisione impugnata di rigettare l'istanza di rinnovo del decreto di nomina a guardia particolare giurata e la relativa licenza di porto di pistola a tariffa ridotta e di vietare all'appellante di detenere armi, munizioni ed esplosivi. 

L'assenza di difese scritte da parte delle Amministrazioni appellate giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio. 

P.Q.M. 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), 

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. 

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio. 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità della parte appellante. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati: 

Michele Corradino, Presidente 

Nicola D'Angelo, Consigliere 

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore 

Raffaello Sestini, Consigliere 

Antonio Massimo Marra, Consigliere 


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