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domenica 26 marzo 2023

Corte d'Appello 2023-"mentre camminava sul marciapiede di Via I., in C., all'altezza di Piazza S., improvvisamente, scivolava a causa di una guida nera di gomma usurata, cadendo rovinosamente a terra; a seguito della caduta, subiva lesioni "

 

Corte d'Appello Catanzaro Sez. II, Sent., 09-03-2023

Fatto Diritto P.Q.M.


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


La Corte di Appello di Catanzaro


Seconda Sezione Civile


riunita in camera di consiglio e composta dai Magistrati:


Dott.ssa Carmela Ruberto - Presidente,


Dott.ssa Anna Maria Raschellà - Consigliere,


Dott.ssa Giuseppa Alecci - Giudice aus. rel.,


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella causa civile iscritta al n. 560/20 R.G., trattenuta in decisione all'udienza dell'11.05.22, previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., vertente


tra


G.A., rappresentato e difeso da sé stesso.


appellante


e


Comune di Catanzaro, in persona del sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso congiuntamente e separatamente dagli avv.ti Santa Durante e Saverio Molica.


appellato

Svolgimento del processo


A.G., conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Catanzaro, il Comune di Catanzaro esponendo che: in data 11.01.10, mentre camminava sul marciapiede di Via I., in C., all'altezza di Piazza S., improvvisamente, scivolava a causa di una guida nera di gomma usurata, cadendo rovinosamente a terra; a seguito della caduta, subiva lesioni per le quali veniva trasportato presso l'Ospedale di Catanzaro ove gli veniva diagnosticata "frattura bimalleolare intrasindesmotica scomposta del collo del piede destro"; la responsabilità dell'evento dannoso era da imputarsi al convenuto, ex art. 2051 c.c. Concludeva chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro. 40.000, oltre accessori, per tutti i danni patiti.


Si costituiva in giudizio il Comune di Catanzaro che eccepiva l'infondatezza della domanda attorea in quanto l'occorso era da addebitare alla negligenza e disattenzione dell'attore, anche in considerazione delle avverse condizioni metereologiche del giorno dell'occorso; declinava qualsiasi responsabilità, atteso che la guida nera di gomma era stata collocata sul marciapiede dall'Istituto di Credito B.C.C..


La causa, istruita con prova testi e c.t.u. veniva trattenuta in decisione.


Con sentenza n. 1711/19, depositata il 23.09.19, il Tribunale di Catanzaro rigettava la domanda proposta dall'attore e lo condannava al pagamento delle spese di lite e di c.t.u.


Avverso la suddetta pronuncia, con atto di citazione ritualmente notificato, G.A. proponeva appello per i motivi che, di seguito, saranno esposti. Concludeva come in epigrafe.


Si costituiva in giudizio il Comune di Catanzaro che impugnava il gravame e chiedeva la conferma della sentenza impugnata. Concludeva, come in epigrafe.


Acquisito il fascicolo di primo grado, all'udienza dell'11.05.22, le parti precisavano le conclusioni mediante il deposito di note scritte, ex art. 221 comma 4, D.L. n. 34 del 2020, convertito in L. n. 77 del 2020, recante disposizioni per l'emergenza sanitaria da Covid-19, e la causa veniva assegnata a sentenza con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.


Entrambe le parti provvedevano al deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica.

Motivi della decisione


1.- Con un primo motivo, G.A. chiede la riforma della sentenza impugnata in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente rigettato la domanda sul presupposto della mancata dimostrazione del nesso di causalità tra la cosa e l'evento dannoso, nonostante le chiare risultanze istruttorie.


Invero, il proprio teste, A.B., avrebbe confermato i fatti esposti in citazione, ossia la rovinosa caduta a terra a causa di una guida nera di gomma usurata, resa scivolosa dalla pioggia, fatti, confermati nella relazione di servizio redatta dall’ appuntato scelto della Polizia Municipale di Catanzaro, L.D.V., il quale, giunto sul luogo del sinistro, constatava che: "la guida in plastica posta sul marciapiede era usurata e con la pioggia risultava essere scivolosa".


Il Comune di Catanzaro, peraltro, avrebbe, successivamente, proceduto alla ripavimentazione di detto marciapiede sostituendo, la guida nera di gomma, con altro rivestimento antiscivolo con ciò confermando sia di essere custode dei luoghi di causa, sia che la predetta guida era usurata e dunque da sostituire.


Pertanto, l'appellante chiede la riforma della sentenza nella parte in cui ha escluso la responsabilità dell'amministrazione comunale sull'erroneo presupposto della mancata dimostrazione che la porzione di detta sede stradale, afferisca al demanio comunale e, conseguentemente, che in a capo all'ente pubblico gravi un obbligo specifico di manutenzione e custodia della res.


Infatti, il luogo, teatro del sinistro, si trova all’ interno del perimetro urbano e, pertanto, nessuna prova doveva essere fornita in ordine all'appartenenza del tratto di strada (marciapiede) al demanio comunale.


2.- Con un secondo motivo il G. chiede la rivisitazione della sentenza di primo grado laddove il giudice di prime cure ha ritenuto che il suo comportamento abbia potuto costituire caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale.


Invero, il Comune, quale custode, tenuto alla manutenzione e vigilanza della res, per liberarsi dall'obbligo risarcitorio avrebbe dovuto provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, tale da interrompere il nesso di causalità.


Ebbene, nessuna prova, in tal senso, avrebbe fornito l'Ente.


Peraltro, non avrebbe nemmeno dimostrato che la guida di gomma era stata collocata sul marciapiede dall'Istituto di Credito B.C.; a tal riguardo, prosegue l'appellante, il caso fortuito, idoneo ad esonerare il custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c., può originare dalla condotta del terzo solo al sussistere di determinati requisiti ossia: l'autonomia, l'imprevedibilità e l'inevitabilità e che sia, quindi, idonea a produrre l'evento - escludendo fattori causali concorrenti - requisiti assenti nella fattispecie in questione.


3.- Con un terzo motivo, l'appellante impugna la pronuncia laddove il Tribunale ha statuito che il danneggiato avrebbe dovuto fornire la prova positiva circa il nesso di causalità esistente fra il danno e la res e a tal fine sarebbe stato tenuto ad allegare e provare il danno, in ragione dell'intrinseca pericolosità ad essa connaturata, mentre l'ente convenuto ha dimostrato che l'incidente patito dall'avv. G. è dipeso da fattori imprevedibili e insuperabili, estranei al contegno dell'ente pubblico e riconducibili nella scriminante del caso fortuito di cui all'art. 2051 c.c.


Ebbene, tale conclusione non sarebbe coerente con la consolidata interpretazione dell'art. 2051 c.c., secondo cui la pericolosità della cosa fonte di danno non è fatto costitutivo della responsabilità del custode, ma è semplicemente un indizio dal quale desumere ex art. 2727 c.c., la sussistenza di un valido nesso causale.


Ai fini del riparto dell'onere probatorio tra danneggiato e custode, infatti, occorrerebbe distinguere l'ipotesi in cui il danno è causato da cose dotate di intrinseco dinamismo, da quelle in cui la causa proviene, invece, da cose inerti (marciapiedi, scale, strade, pavimenti, e simili); nel primo caso, l'attore avrebbe solo l'onere di provare il nesso causale, non essendo necessaria l'ulteriore prova della pericolosità della res; mentre, nel secondo caso, la dimostrazione del nesso causale si evincerebbe dall'accertamento della pericolosità della cosa.


Una volta accertato il nesso causale, graverà invece sul custode, al fine di sottrarsi alla responsabilità ex art. 2051 c.c., la prova della colpa esclusiva o concorrente del danneggiato; quindi, se il danno si assume provocato da una cosa inerte, il giudice potrebbe risalire dal fatto noto della pericolosità intrinseca della cosa al fatto ignoto dell'esistenza del nesso causale, mentre dal fatto noto che la cosa non fosse pericolosa potrebbe risalire al fatto ignorato che sia stata la distrazione della vittima a provocare il danno.


Pertanto, poiché l'attore avrebbe già dimostrato la sussistenza del nesso causale, l'ulteriore dimostrazione della pericolosità della cosa sarebbe superflua ai fini della responsabilità del Comune, il quale, per andarne esente da responsabilità, avrebbe dovuto provare la propria assenza di colpa.


4.- Con un ultimo motivo il G. chiede la riforma della sentenza nella parte in cui il Tribunale di Catanzaro ha ritenuto che - sia ricollegando la domanda all'art. 2051 c.c., che all'art. 2043 c.c. - appare evidente che la verificazione del sinistro sia ascrivibile alla condotta imprudente dell'attore.


L'appellante ritiene che il Comune di Catanzaro sia responsabile dell'occorso, sia ai sensi dell'art. 2051 c.c. che dell'art. 2043 c.c. ricorrendo, pur sempre, una situazione di insidia o trabocchetto.


Costituisce, infatti, indirizzo consolidato della Suprema Corte che, in tema di responsabilità per i danni arrecati da beni demaniali, qualora ritenuta non applicabile la disciplina della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., l'ente pubblico risponde dei danni subiti dall'utente secondo la regola generale dell'art. 2043 c.c..


In questo caso, graverà sul danneggiato l'onere della prova dell'anomalia del bene demaniale, fatto di per sé idoneo a configurare il comportamento colposo della P.A. sulla quale ricadrebbe l'onere della prova dei fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità per l'utente di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia.


L'Ente, dal canto suo, per andare esente da responsabilità, sarebbe tenuto a dimostrare il concorso di colpa del danneggiato o la propria mancanza di colpa per avere adottato tutte le misure idonee a prevenire situazioni di pericolo occulto per l'utente.


Nella fattispecie, sarebbe spettato al Comune convenuto l'onere di fornire la prova positiva del fortuito, ovvero l'impossibilità di intervenire tempestivamente per l'eliminazione del pericolo, prova non fornita nel corso del giudizio.


L'appello è infondato.


Occorre premettere che il Tribunale ha correttamente applicato al caso in esame l'art. 2051 c.c., in luogo dell'art. 2043 c.c., poiché l'orientamento giurisprudenziale nettamente prevalente è nel senso di ritenere che i sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo, connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada pubblica, indipendentemente dalla sua estensione, siano imputabili all'ente proprietario e custode della strada a titolo di responsabilità oggettiva- ossia a prescindere dalla condotta colposa dell'ente - salvo che quest'ultimo dimostri il caso fortuito.


E’ pacifico, che la responsabilità, ivi prevista, ha natura oggettiva e discende dall'accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova (liberatoria) del caso fortuito - inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico ed è comprensivo della condotta incauta del danneggiato o del fatto di un terzo (ex multis, Cass. n. 27724/18).


Pertanto, l'onere probatorio gravante sull'attore si sostanzia nella duplice dimostrazione dell'esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando a carico del custode l'onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito, senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura "insidiosa" o pericolosa o che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato, trattandosi di elementi propri della responsabilità, ex art. 2043 c.c., (ex multis, Cass. n. 39965/21, n. 25214/14; n. 10687/01).


Inoltre, la Suprema Corte ha precisato che: "in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (Cass. ord. n. 34886/21; Cass. n. 9315/19; Cass. n. 2480/18).


Orbene, ritiene la Corte che il giudice di prime cure abbia, adeguatamente ed attentamente, valutato il materiale probatorio e gli elementi di fatto acquisiti al giudizio rigettando la domanda risarcitoria.


Appare utile richiamare il dichiarato testimoniale.


Il teste A.B. ha testualmente riferito: "ricordo che in data 11.01.10 mi trovavo lungo la strada che va da Piazza S. a Via I. quando ho visto l'avvocato G. scivolare a terra…. ricordo che c'erano delle guide scivolose lungo il marciapiede in quanto aveva piovuto… non so di che materiale fossero dette guide. In quel momento non stava piovendo".


Il teste di parte convenuta, geom. M.S. del Settore Gestione del Territorio del Comune di Catanzaro, nel confermare la relazione a sua firma, ha dichiarato quanto segue: "dall'istruttoria è emerso che il tappetino in gomma è stato presumibilmente montato dalla Banca, atteso che il cordolo del marciapiede è diverso rispetto a quello che c'è nella rimanente parte, che è di pietra dura, e la rimanente pavimentazione è in mattonelle d'asfalto, materiale, quest'ultimo, che l'amministrazione ha utilizzato per tutta la città. Non abbiamo dati oggettivi per far risalire il montaggio del tappeto alla Banca.Il Comune non ha mai manutentato detto tratto di marciapiede perché non lo riconosce come proprio, atteso che la banca sotto detto marciapiede ha dei servizi quali il caveau ed altri servizi".


Ebbene, alla luce delle risultanze istruttorie, il Tribunale ha rigettato la domanda risarcitoria - benché sull'erroneo presupposto del difetto di prova del nesso di causalità tra la res e l'evento dannoso - non considerando che proprio l'imprudenza del danneggiato ha reciso totalmente quel nesso, integrando il caso fortuito, e ciò a prescindere dalla circostanza che sul marciapiede in questione il Comune esercitasse o meno la custodia con conseguente obbligo specifico di manutenzione dello stesso.


Né il danneggiato - contrariamente a quanto ritenuto in sentenza - era tenuto a provare la natura "insidiosa" o pericolosa della res o che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile, trattandosi di elementi propri della responsabilità, ex art. 2043 c.c.


Invero, appare evidente - come ritenuto giustamente in sentenza - che il tappetino di gomma color nero, posizionato sul marciapiede, era facilmente rilevabile e visibile atteso il colore scuro, rispetto al resto della strada, e le sue dimensioni, con conseguente possibilità di evitarlo; peraltro, anche le condizioni meteorologiche con caduta di pioggia "rendevano palese la pericolosità del tappeto rendendolo scivoloso, condizione, questa, suscettibile di essere prevista e quindi evitata dal danneggiato con l'adozione delle normali cautele…. L'amministrazione convenuta, dal canto suo, ha dimostrato invece che l'incidente patito dall'avvocato G. sia dipeso dal punto di vista eziologico da fattori imprevedibili ed insuperabili del tutto estranei al contegno dell'ente pubblico riconducibilinella scriminante del caso fortuito di cui all'art. 2051 c.c…il montaggio del tappetino in gomma, in uno alle copiose precipitazioni atmosferiche, alla visibilità del tappetino e all'imprudenza del pedone, configurano certamente il concetto di caso fortuito di cui all'art. 2051 c.c., elementi esterni imprevedibili ed insuperabili capaci di recidere il rapporto di causalità materiale fra cosa e danno".


E’ pacifico, infatti, che il caso fortuito può essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato (che abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera occasione o "teatro" della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell'evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente.


Invero, quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso (Cass. n. 9315/19).


Precisa, infatti, la Suprema Corte che ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l'agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno non solo una la condotta lato sensu colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa, ma a maggior ragione una condotta del danneggiato che, senza essere in qualche modo inosservante della normalità dell'esercizio dell'attività esercitata legittimamente sulla cosa, come nella specie la circolazione sulla pubblica strada, risulti e si profili solo ex post, cioè all'esito dell'apprezzamento, dopo il verificarsi del danno dovuto alla condizione della cosa, tale che, se non fosse stata tenuta nel modo in cui lo è stato, il danno si sarebbe potuto evitare, nonostante quella condizione (Cass. 39965/21; 25837/17).


Nella fattispecie, appare, evidente che il comportamento imprudente ed incauto di G.A. abbia assunto un'efficacia causale esclusiva in quanto grave ed anomalo, ossia estraneo al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, integrando, perciò, il caso fortuito idoneo ad elidere il nesso di causalità tra cosa e danno.


Si impone, pertanto, il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata con diversa motivazione.


Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo sulla base dei parametri minimi, di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto della scarsa complessità delle questioni trattate, escluso il compenso per la fase istruttoria non espletata (scaglione compreso tra Euro. 26.001 ed Euro. 52.000) in favore del Comune di Catanzaro.


Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti comportanti per l'appellante l'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.


la Corte di Appello di Catanzaro, Seconda Sezione Civile, definitivamente decidendo sull'appello proposto da G.A., nei confronti del Comune di Catanzaro, avverso la sentenza n. 1711/19, depositata il 23.09.19, emessa dal Tribunale di Catanzaro, così provvede:


- rigetta l'appello e conferma l'impugnata sentenza con diversa motivazione;


- condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Catanzaro che liquida in complessivi Euro. 3.473,00, per compensi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva e cpa.


- si dà atto che ricorrono i presupposti processuali per imporre all'appellante il pagamento di un ulteriore contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002.


Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 25 gennaio 2023.


Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2023.

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