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domenica 21 aprile 2024

cASSAZIONE 2024-Con sentenza n. 375/2015 il Tribunale di OMISSIS ha rigettato le domande proposte da OMISSIS, dipendente della Città Metropolitana di OMISSIS, volte ad ottenere l'inquadramento nella ex VI qualifica funzionale dal 23.12.1997, l'adempimento di tale obbligo, il risarcimento dei danni da dequalificazione professionale e da mobbing, nonché l'annullamento delle sanzioni disciplinari illegittime.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 05/03/2024) 16-04-2024, n. 10170 

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE LAVORO CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 

Dott. MAROTTA Caterina - Presidente 

Dott. TRICOMI Irene - Consigliere 

Dott. BELLÈ Roberto - Consigliere 

Dott. BUCONI Maria Lavinia - Consigliere Rel. 

Dott. CAVALLARI Dario - Consigliere 

ha pronunciato la seguente 

ORDINANZA 

sul ricorso iscritto al n. 13113/2019 R.G. proposto da: 

OMISSIS, rappresentato e difeso dall'Avv.  

-ricorrente- 

contro 

CITTÀ METROPOLITANA DI OMISSIS, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv.  ; 

-controricorrente- 

avverso la sentenza n. 837/2018 della Corte d'Appello di OMISSIS, depositata in data 9.10.2018, N.R.G. 511/2015. 

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05.03.2024 dal Consigliere dott.ssa MARIA LAVINIA BUCONI. 

Svolgimento del processo 

1. Con sentenza n. 375/2015 il Tribunale di OMISSIS ha rigettato le domande proposte da OMISSIS, dipendente della Città Metropolitana di OMISSIS, volte ad ottenere l'inquadramento nella ex VI qualifica funzionale dal 23.12.1997, l'adempimento di tale obbligo, il risarcimento dei danni da dequalificazione professionale e da mobbing, nonché l'annullamento delle sanzioni disciplinari illegittime. 

2. La Corte di Appello di OMISSIS ha rigettato l'appello proposto da OMISSIS avverso tale sentenza. 

3. La Corte territoriale ha rilevato che i fatti dedotti nel presente giudizio riguardano il periodo dal 2004 al 2010, evidenziando che la sentenza n. 4082/2012, con cui il Tribunale di OMISSIS aveva escluso il demansionamento del OMISSIS anche per il periodo dal 2004 al 2010 oggetto della presente controversia (punto decisivo non fatto oggetto di critica), è stata riformata dalla sentenza della Corte di Appello di OMISSIS n. 376/2018 limitatamente al periodo dal 1.1.2000 al 31.12.2003. 

4. Ciò premesso, ha rimarcato che a fronte del complesso argomentativo contenuto nella sentenza di primo grado, il OMISSIS si era limitato a riferire, seppure per il periodo in contestazione, di fatti anteriori al 2004, senza muovere alcuna specifica critica al convincimento espresso dal Tribunale in ordine alle deposizioni dei testi escussi sul presunto mancato espletamento di attività da parte del ricorrente, ritenute dal primo giudice generiche e compatibili con l'atteggiamento del ricorrente di non accettazione e parziale rifiuto dell'espletamento delle mansioni assegnate. 

5. Il giudice di appello ha ritenuto immuni da vizi le statuizioni della sentenza di primo grado relative alla giustificazione della retrocessione, in quanto fondate sul parere espresso dall'Avvocatura provinciale dell'ente e sulla sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa passata in giudicato (formatosi nei confronti del ricorrente e non di altri dipendenti); ha in proposito evidenziato che l'atto di appello si era limitato a prospettare un contesto di emarginazione, senza precisare in quali termini un provvedimento vincolato potesse avere l'effetto di emarginare il ricorrente. 

6. Quanto al preteso inquadramento nella ex VI qualifica, ha evidenziato che l'appellante non aveva smentito l'accertamento della circostanza che non era stato nominato vincitore di concorso. 

7. In ordine alle sanzioni disciplinari ha ritenuto che l'appellante, piuttosto che allegare genericamente una grave negligenza dell'Amministrazione, avrebbe dovuto indicare in quale errore sarebbe incorso il giudice di prime cure nel valutare i fatti oggettivi oggetto di provvedimento disciplinare; ha inoltre rimarcato che secondo la giurisprudenza di legittimità il rapporto tra vessatorietà e conflittualità si configura in termini opposti rispetto a quelli indicati dall'appellante. 

8. Quanto ai continui ordini di servizio che lo spostavano da un ufficio all'altro della provincia, ha evidenziato che l' "avocazione delle presenze da parte del dirigente OMISSIS" si era resa necessaria tenuto conto delle continue discordie (da ultimo quella relativa ai buoni pasto del mese di marzo, rifiutati dal OMISSIS). 

9. Per la cassazione della sentenza di appello OMISSIS ha proposto ricorso prospettando otto motivi, illustrati da memoria. 

10. La Città Metropolitana di OMISSIS ha resistito con controricorso, illustrato da memoria. 

Motivi della decisione 

1. Con il primo motivo il ricorso denuncia la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e la nullità della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. 

Lamenta la mancanza di un'espressa pronuncia, da parte del primo giudice e della Corte territoriale, sulla domanda di accertamento del diritto del OMISSIS all'inquadramento nella VI qualifica funzionale dal 27.12.1997, sulla domanda di condanna della Città Metropolitana di M. all'adempimento e all'assegnazione al OMISSIS delle relative mansioni, e sulla conseguente domanda volta alla declaratoria di illegittimità della retrocessione. 

Deduce che il Consiglio di Giustizia Amministrativa con la sentenza n. 551/2006 si è limitato a ritenere l'incompetenza dell'organo che aveva deliberato sull'inquadramento, ma non ha statuito sulla legittimità del medesimo; evidenzia che i giudici di merito non si sono pronunciati su tali domande. 

Sostiene che la Provincia regionale non poteva adottare la determinazione dirigenziale n. 235 del 10.6.2010, né l'atto presupposto costituito dalla deliberazione della Giunta Provinciale n. 128 del 19.5.2010 e la successiva determina dirigenziale n. 438 del 4.11.2010 di ricostruzione della carriera, ma doveva reinquadrare il ricorrente con atto adottato dall'organo competente nella V qualifica funzionale, e poi nella VI qualifica funzionale. 

2. Con il secondo motivo il ricorso denuncia l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ. 

Sostiene che l'omessa pronuncia della Corte territoriale sulla domanda di accertamento del diritto del OMISSIS all'inquadramento nella V qualifica funzionale quale operatore CE-CM, con conseguente declaratoria dell'illegittima retrocessione del medesimo nella IV qualifica funzionale rende illegittima la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo. 

Torna ad argomentare che il OMISSIS aveva espressamente chiesto una pronuncia giudiziale sul diritto del ricorrente all'inquadramento nella V qualifica funzionale ai sensi dell'art. 34 del d.P.R. n. 333/1990, nonché la condanna dell'Amministrazione al relativo adempimento e all'assegnazione del ricorrente alle corrispondenti mansioni, nonché la declaratoria di illegittimità della retrocessione; evidenzia che tale diritto è stato espressamente riconosciuto con l'Amministrazione resistente in forza di atti annullati solo per incompetenza dell'organo deliberante. 

3. Con il terzo motivo il ricorso denuncia la violazione per erronea applicazione dell'art. 34 del DPR n. 333/1990, nonché la violazione dell'art. 2909 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale, come il primo giudice, omesso di pronunciarsi sulla domanda di accertamento del diritto del OMISSIS all'inquadramento nella V qualifica funzionale, e quindi nella VI qualifica funzionale. 

Evidenzia che con sentenza n. 919/2004, il TAR Sicilia ha rigettato i ricorsi n. 2121/1999 R.G. e n. 1918/1998 R.G. proposti da OMISSIS, rispettivamente volti ad ottenere l'annullamento della deliberazione della Giunta Provinciale di OMISSIS n. 407 del 13.4.1999 (avente ad oggetto "ascrizione alla V qualifica dei restanti tre posti della figura professionale di operatore CE-CM; modifica alla pianta organica ai sensi dell'art. 34, terzo comma, del d. P.R. n. 333/1990"), l'annullamento della deliberazione n. 480 del 2.4.1998 (con cui la Giunta Provinciale, nell'esplicitare che il Consiglio Provinciale aveva subordinato l'inquadramento nella V qualifica funzionale all'esercizio delle mansioni indicate, aveva dato atto della circostanza che il OMISSIS aveva prevalentemente espletato funzioni di terminalista o di addetto alla registrazione dati), nonché l'annullamento del provvedimento n. 170 del 30.7.1998, con cui il Presidente della Provincia aveva nominato i vincitori del concorso, disponendo contestualmente che la nomina del OMISSIS fosse subordinata al suo inquadramento nella V qualifica funzionale. 

Deduce l'insussistenza di un giudicato sostanziale, in quanto la sentenza n. 551/2006 del Consiglio di Giustizia Amministrativa si è limitata a dichiarare l'incompetenza dell'organo deliberante; evidenzia che l'annullamento della deliberazione della Giunta Provinciale di OMISSIS n. 407 del 13.4.1999 e degli atti successivi e consequenziali, in riforma della decisione impugnata, non aveva determinato l'obbligo di retrocessione del ricorrente da parte della Provincia. 

Evidenzia che il giudicato costituito dalla sentenza n. 551/2006 del Consiglio di Giustizia Amministrativa non poteva impedire, ma anzi, imponeva, una nuova pronuncia amministrativa, e non ostava ad una pronuncia giudiziale, a fronte delle specifiche domande proposte dal ricorrente; argomenta che la pronuncia in rito dà luogo solo al giudicato formale, e non al giudicato sostanziale. 

4. Con il quarto motivo il ricorso denuncia violazione per erronea applicazione degli artt. 2103, 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonché dell'art. 116 cod. proc. civ., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. 

Addebita alla sentenza impugnata di avere escluso il demansionamento del OMISSIS e la sussistenza di un danno risarcibile, pur avendo la Corte territoriale riconosciuto il demansionamento subito dal medesimo fino al 2003; lamenta inoltre l'omessa considerazione dell'acquisizione della VI qualifica funzionale (oggi categoria C del CCNL Enti locali 1999) da parte del OMISSIS 

Si duole della mancata disamina del materiale probatorio acquisito agli atti da cui risulta l'illegittimità della retrocessione del OMISSIS nel 2010, l'illegittimo demansionamento del OMISSIS dal mese di giugno 2000, la mancata attribuzione di specifiche competenze inquadrabili nella declaratoria relativa alla categoria C del CCNL Enti locali, lo spostamento del OMISSIS alle ciminiere da solo e senza specifiche mansioni (come accertato dalla Corte di Appello di OMISSIS con la sentenza n. 376/2018), la collocazione del OMISSIS nei corridoi per un periodo, la nomina del OMISSIS quale operatore incaricato di procedere al servizio di verifica dei pagamenti superiori ad Euro 10.000,00, nonché la valutazione di "insufficiente" al OMISSIS ai fini della progressione orizzontale e la privazione dell'uso del programma contabile, come risulta dalla nota n. 679 del 15.5.2008. 

Critica la sentenza impugnata per avere valorizzato elementi del tutto estranei al confronto oggettivo tra le mansioni svolte dal lavoratore e le classificazioni del CCNL; evidenzia che il demansionamento subito dal OMISSIS riguarda il periodo anteriore al 18.2.2005 e successivo al mese di aprile 2006. 

Evidenzia che le prove testimoniali esaminate dal primo giudice nella statuizione fatta propria dalla sentenza impugnata riguardano prevalentemente il periodo in cui il OMISSIS è stato assegnato all'ufficio di ragioneria (l'anno 2005 ed i primi mesi dell'anno 2006), e dunque il lasso di tempo in cui lo stesso OMISSIS aveva ammesso di avere svolto mansioni inerenti alla qualifica di appartenenza. 

Richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui l'inadempimento datoriale può comportare un danno da perdita della professionalità di contenuto patrimoniale, che può consistere sia nell'impoverimento della capacità professionale del lavoratore e nella mancata acquisizione di un maggior saper fare, sia nel pregiudizio subito per la perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno o di ulteriori potenzialità occupazionali; aggiunge che la modifica in peius delle mansioni è potenzialmente idonea a determinare un pregiudizio a beni di natura immateriale, anche ulteriori rispetto alla salute. 

5. Con il quinto motivo il ricorso denuncia la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., nonché la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. 

Lamenta che la Corte territoriale si è limitata a ratificare la sentenza di primo grado, evidenziando che i giudici di merito hanno omesso di esaminare la legittimità di tutte le sanzioni disciplinari inflitte. 

Rispetto alla sanzione disciplinare irrogata con nota prot. n. 52501 del 30.10.2009, precisa che era stata evidenziata l'insussistenza dei fatti addebitati, per effetto delle sentenze penali emesse dal Giudice di pace, le quali avevano accertato la responsabilità del dirigente Dott. OMISSIS ed escluso quella del ricorrente, e si duole dell'omessa pronuncia sul punto. 

6. Con il sesto motivo il ricorso denuncia la violazione dell'art. 116 cod. proc. civ., dell'art. 24, comma 6 del CCNL del 6.7.1995 applicabile ratione temporis, nonché la violazione dell'art. 7 della legge n. 300/1970 e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. 

Lamenta che la Corte territoriale ha erroneamente escluso la violazione dell'art. 24 del CCNL del 6.7.1994 ratione temporis applicabile, a fronte della tempestiva adozione delle sanzioni, ancorché notificate oltre il termine di 120 giorni; evidenzia il mancato accertamento dei fatti contestati, nonché la perentorietà del termine di 120 giorni indicato dal CCNL, da computarsi tenendo conto della comunicazione del provvedimento disciplinare. 

Richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui la garanzia relativa alla pubblicità del codice disciplinare non si applica solo in caso di licenziamento intimato per violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro. 

7. Con il settimo motivo il ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2087, 2043, 2059, 2727 e 2729 cod. civ., in rapporto anche all'art. 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la sussistenza del mobbing. 

Lamenta l'omessa valutazione del materiale probatorio offerto nei gradi di merito, evidenziando che la Corte di Appello di OMISSIS con la sentenza n. 376/2018 ha riconosciuto il demansionamento del ricorrente nel periodo dal 2000 al 2003 e che il ricorrente ha provato il declassamento, il demansionamento, i reiterati ordini di servizio, le iniziative disciplinari assunte nei suoi confronti, le postazioni di lavoro a lui assegnate ed i danni alla salute subiti. 

8. Con l'ottavo motivo, il ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per essersi la Corte territoriale erroneamente pronunciata sulle spese dei precedenti gradi di giudizio, che avrebbero dovuto essere poste a carico dell'odierna resistente; lamenta che il OMISSIS è stato erroneamente condannato al pagamento delle spese di lite, considerata la palese fondatezza del ricorso. 

9. I primi tre motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono inammissibili. 

Non sussiste l'omessa pronuncia, avendo la Corte territoriale rilevato che il OMISSIS, anziché formulare una critica adeguata alla ratio decidendi esplicitata dal primo giudice riguardo al carattere vincolato del provvedimento adottato nei confronti del ricorrente in esecuzione del giudicato amministrativo, si era rifugiato nella petizione di principio in forza della quale il provvedimento avrebbe dovuto essere valutato in un contesto di emarginazione, senza indicare in quali termini un provvedimento "vincolato" poteva avere l'effetto di emarginare il ricorrente. 

Inoltre i motivi non si confrontano con la statuizione della sentenza impugnata secondo cui il giudicato si è formato nei confronti del ricorrente e non degli altri dipendenti (dalla sentenza impugnata risulta che il ricorrente nel ricorso di primo grado aveva dedotto il carattere vessatorio del provvedimento di retrocessione ed ha prospettato la questione nei medesimi termini nel giudizio di appello; si vedano le pagine 3, punto 14, 5 e 8), né si confrontano con la statuizione secondo cui l'appellante, più che formulare una critica adeguata alla ratio decidendi della sentenza del Tribunale relativa al carattere vincolato del provvedimento adottato nei riguardi del OMISSIS in esecuzione del giudicato amministrativo, si è rifugiato nella petizione di principio in forza della quale il provvedimento era da valutare in un contesto di emarginazione, senza indicare in quali termini un provvedimento "vincolato" poteva avere l'effetto di emarginare il ricorrente. 

Ciò premesso, va evidenziato che a seguito della sentenza n. 551/2006 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, conoscibile da questa Corte in quanto sintetizzata e depositata dal ricorrente, è venuto meno il presupposto per l'inquadramento del OMISSIS nella V qualifica funzionale. 

La sentenza n. 551/2006 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia (intervenuta tra OMISSIS, il OMISSIS e la Provincia Regionale di OMISSIS) ha infatti annullato la deliberazione della Giunta Provinciale n. 407/1999 (avente ad oggetto l'ascrizione alla V qualifica dei restanti tre posti della figura professionale di operatore CE-CM - modifica alla pianta organica ai sensi dell'art. 34, terzo comma, del d.P.R. n. 333/1990), nonché tutti gli atti successivi e consequenziali. 

Le argomentazioni del ricorrente, che fanno leva sulle ragioni dell'annullamento di tale deliberazione (l'incompetenza dell'organo che ha adottato la delibera) e sul carattere asseritamente processuale della pronuncia, non valgono ad infirmare l'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato. 

Sono infatti irrilevanti le ragioni dell'annullamento della deliberazione della Giunta Provinciale n. 407/1999; inoltre, per effetto dell'annullamento di tale provvedimento sono venuti meno il provvedimento con cui erano stati ricondotti alla V qualifica i restanti tre posti della figura professionale di operatore CE-CM, nonché gli atti successivi e consequenziali. 

10. Il quarto ed il settimo motivo, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione, sono inammissibili. 

La Corte territoriale ha dato atto del riconoscimento del demansionamento del OMISSIS limitatamente al periodo dal 1.1.2000 al 31.12.2003 da parte della sentenza n. 376/2018 della Corte di Appello di OMISSIS; ha inoltre evidenziato che non sono state oggetto di critica le statuizioni del Tribunale, la quale ha escluso il demansionamento anche nel periodo dal 2004 al 2010. 

Ha poi rilevato che a fronte del complesso argomentativo contenuto nella sentenza di primo grado, il OMISSIS si era limitato a riferire, seppure per il periodo in contestazione, di fatti anteriori al 2004, inconferenti rispetto al periodo in esame, senza muovere alcuna specifica critica al convincimento espresso dal Tribunale in ordine alle deposizioni dei testi escussi; ha inoltre richiamato le statuizioni del primo giudice, secondo cui le dichiarazioni testimoniali sul presunto mancato espletamento di attività da parte del ricorrente appaiono generiche e compatibili con l'atteggiamento dello stesso ricorrente, di non accettazione e parziale rifiuto in ordine all'espletamento delle mansioni assegnate. 

La sentenza impugnata, in punto di "svuotamento di mansioni", ha altresì evidenziato che l'appellante si è rimesso alle dichiarazioni testimoniali (una delle quali, sul trasferimento da solo, senza altro personale, alle Ciminiere, nemmeno presente nei verbali di causa), senza muovere alcuna specifica critica al convincimento espresso dal Tribunale in ordine alle deposizioni dei testi escussi, ed ha richiamato la decisione del primo giudice, secondo cui le dichiarazioni testimoniali sul presunto mancato espletamento di attività da parte del OMISSIS appaiono generiche e compatibili con l'atteggiamento dello stesso ricorrente, di non accettazione e parziale rifiuto in ordine all'espletamento delle mansioni assegnate; quanto al valore da attribuire alle testimonianze de relato, escluso dal Tribunale, ha inoltre evidenziato che l'appellante non ha indicato rispetto a quali "altre risultanze acquisite al processo" fossero da ritenere fondamentali le suddette deposizioni de relato. 

I motivi, nel sostenere che il OMISSIS ha provato il demansionamento, riconosciuto dalla sentenza della Corte di Appello di OMISSIS n. 376/2018 in relazione al periodo dal 2000 al 2003 e nel lamentare l'omessa disamina del materiale probatorio acquisito agli atti, non si confrontano con tali statuizioni e sollecitano la rivisitazione del fatto attraverso una diversa valutazione delle risultanze istruttorie. 

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758). 

Deve in proposito rammentarsi che tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione. (Cass. n. 6774/2022). 

Si è infatti chiarito che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., opera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice di merito configura un errore di fatto che va censurato nei limiti consentiti dall'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. n. 27847/2021). 

11. Il quinto ed il sesto motivo, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono inammissibili, in quanto non si confrontano con le statuizioni della decisione impugnata. 

La Corte territoriale ha infatti evidenziato che la critica dell'appellante riguardo alle sanzioni disciplinari irrogate si basa sulla circostanza (di cui non vi è traccia nella sentenza di primo grado) che i fatti contestati al OMISSIS sarebbero stati determinati da gravi negligenze dell'Amministrazione intimata, le quali avrebbero creato un clima conflittuale all'interno degli uffici; ha infatti evidenziato che la doglianza, per come formulata, non ha scalfito la sentenza impugnata, secondo la quale il provvedimenti erano fondati su fatti oggettivamente riscontrabili in atti e riportati nella medesima sentenza. 

Il giudice di appello ha altresì ritenuto che il OMISSIS avrebbe dovuto indicare l'errore nel quale sarebbe incorso il giudice di prime cure nel valutare i "fatti oggettivi" oggetto di provvedimento disciplinare, piuttosto che allegare una generica "grave negligenza dell'amministrazione" quale causa del comportamento del OMISSIS; ha inoltre ritenuto corretti i rilievi del Tribunale, secondo cui con la nota n. 737 del 15.4.2009, a firma del dirigente del II dipartimento-gestione finanziaria, tale avocazione si era resa necessaria tenuto conto delle continue discordie (per ultima quella relativa ai buoni pasto del mese di marzo rifiutati dal OMISSIS). 

Tali statuizioni non sono state censurate. 

Inoltre, i suddetti motivi difettano di autosufficienza, in quanto nel lamentare la tardività delle sanzioni e la mancata pubblicazione del codice disciplinare, e nel dedurre che per la sanzione irrogata con nota n. 52501 del 30.10.2009 i fatti addebitati sono da escludere per effetto delle sentenze penali emesse dal Giudice di pace (provvedimenti che la sentenza impugnata non menziona), non riproducono né sintetizzano l'atto di appello, e non lo localizzano. 

L'onere della parte di indicare puntualmente il contenuto degli atti richiamati all'interno delle censure è stato recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, sia pure nell'ambito dell'affermata necessità di non intendere il principio di autosufficienza del ricorso in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza C.E.D.U. Succi e altri c. Italia del 28.10.2021 (Cass. SU n. 8950/2022). 

12. L'ottavo motivo è inammissibile. 

Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale non si è infatti pronunciata sulle spese relative agli altri gradi di giudizio ed in ordine alle spese del giudizio di appello ha fatto applicazione del principio di soccombenza. 

Deve in proposito rammentarsi che la denuncia di violazione della norma di cui all'art. 91, comma 1, cod. proc. civ., in sede di legittimità trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa (ex multis: Cass. n. 18128 del 2020 e Cass. n. 26912 del 2020). 

13. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. 

14. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. 

15. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dell'obbligo, per il ricorrente, di versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione integralmente rigettata, se dovuto. 

P.Q.M. 

La Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 3.500,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge. 

Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto. 

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 5 marzo 2024. 

Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2024. 


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