la resistenza romana
Porta S. Paolo e la Difesa di Roma
Carta della Battaglia di
Roma, 8-10 settembre 1943
Il 10 settembre1943, la zona sud di Roma è
teatro di uno degli episodi più drammatici ed eroici della Resistenza: la battaglia di
Porta San Paolo: l'estremo, disperato tentativo da parte dei militari e dei civili
italiani di opporsi all'occupazione tedesca della capitale avviata subito dopo l'annuncio
dell'armistizio.
A seguito della
caduta del fascismo e della formazione del governo Badoglio, nella capitale erano
confluite alcune divisioni dell'esercito regio. Contemporaneamente i partiti di sinistra,
tornati allo scoperto e appena tollerati dal nuovo presidente del consiglio, iniziarono ad
organizzare i primi nuclei militari composti da militanti antifascisti, coordinati da una
Giunta militare nata alla fine d’agosto e diretta dai comunisti Luigi Longo, Giorgio
Amendola e Mauro Scoccimarro; dagli azionisti Riccardo Bauer, Ugo La Malfa ed Emilio
Lussu; dai socialisti Pietro Nenni e Giuseppe Saragat.
Dunque, al momento
dell'annuncio dell'armistizio, la sera dell'8 settembre, la possibilità di difendere la
città dall'imminente attacco nazista non è da escludere. Ma all'alba del 9 il re Vittorio
Emanuele III, Badoglio e le autorità militari abbandonano Roma senza impartire nessuna
direttiva precisa, lasciando l'esercito nella più assoluta incertezza.
Sin dalla notte
dell'8 settembre avvengono combattimenti alla periferia della capitale: i militari
italiani hanno la peggio e sono costretti a ritirarsi. La mattina del 10 una parte di
questi si riunisce intorno a Porta San Paolo dove li attendono i civili giunti
spontaneamente od organizzati dai partiti antifascisti. Si ritrovano così fianco a
fianco, tra gli altri, i superstiti della Divisione «Granatieri di Sardegna», i Lancieri
del battaglione «Genova Cavalleria», alcuni reparti della Divisione «Sassari» e
moltissimi civili armati alla meglio.
Nonostante la
schiacciante superiorità numerica e d’armamento delle truppe tedesche comandate dal
maresciallo Kesselring, Il fronte resistenziale riesce ad attestarsi lungo le mura di
Porta San Paolo, innalzando barricate e facendosi scudo delle vetture dei tram rovesciate.
Nel corso della
battaglia si distinguono militari come il generale Giacomo Carboni, comandante del Corpo
d'armata motocorazzato, che si prodiga nel tenere alto il morale dei soldati: manda i
carabinieri a staccare i manifesti disfattisti che danno per imminenti le trattative con i
tedeschi, fa spargere la notizia dello sbarco ad Ostia degli alleati e dell'arrivo a Roma
delle divisioni «Ariete» e «Piave». Combattono valorosamente i tenenti colonnello Enzo
Nisco e Franco Vannetti Donnini, i capitani Giulio Gasparri e Camillo Sabatini, i tenenti
Francesco Saint-Just, Gino Nicoli, Guido Bertoni, Vincenzo Fioritto, il carrista Salvatore
Lo Pizzo e tanti altri soldati.
Molti anche i
civili che pagano con la morte il loro eroismo: l'operaio diciottenne Maurizio Cecati è
colpito a morte mentre incita i suoi compagni alla lotta; il fruttivendolo Ricciotti che,
finito il lavoro ai mercati generali, si era improvvisato eccezionale tiratore; muore
colpito da una scheggia Raffaele Persichetti, professore di storia dell'arte al liceo
classico «Visconti». Persichetti sarà la
prima medaglia d'oro della Resistenza.
Complessivamente
nella battaglia di Porta San Paolo muoiono quattrocento civili tra cui quarantatré donne.
Molti anche i
dirigenti dei partiti antifascisti presenti sul luogo della battaglia: tra gli altri,
Luigi Longo, Antonello Trombadori e Fabrizio Onofri del PCI; Emilio Lussu e Ugo La Malfa
del PdA; Sandro Pertini, Eugenio Colorni, Mario Zagari del PSIUP; Romualdo Chiesa e
Adriano Ossicini del Movimento dei cattolici comunisti; il sindacalista socialista Bruno
Buozzi.
Nel primo
pomeriggio la resistenza è travolta dai mezzi corazzati tedeschi e il capo di stato
maggiore della Divisione «Centauro», Leandro Giaccone, firma la resa a Frascati, presso
il Quartier generale tedesco.
La battaglia di
Porta San Paolo è considerata il vero e proprio esordio della Resistenza italiana e in
lei si può misurare emblematicamente il comportamento dei vari protagonisti. Le
istituzioni, la cui assenza è ben rappresentata dalla fuga del re e del governo;
l'esercito, diviso tra chi sceglie di combattere e chi, come il vecchio maresciallo
d'Italia Enrico Caviglia, tratta con il nemico; gli organi politici antifascisti, che
imboccano decisamente la strada della lotta di liberazione con la costituzione del CCLN ; infine la popolazione, che, nonostante la paura,
sceglie numerosa, almeno in questa occasione, la solidarietà antinazista contro
l'indifferenza.
Nelle
stesse ore, a centinaia di chilometri di distanza, si consuma un altro tragico episodio di
eroismo italiano e di violenza nazista: il martirio del presidio militare di Cefalonia.
(Notizie
tratte dal cd-rom "La Resistenza", Laterza multimedia)
L'8 Settembre del 1943
a Roma, di Paolo Monelli