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giovedì 14 luglio 2011

Cassazione "...Il concorso di colpa del dipendente non salva il datore di lavoro..."

Con ricorso notificato il 1° febbraio 2007, [OMISSIS] chiede la cassazione della sentenza depositata il 7 aprile 2006, con la quale la Corte d’appello di Caltanissetta, confermando la decisione di primo grado, ha respinto le sue domande di condanna del datore di lavoro [OMISSIS] a risarcirgli il danno biologico per lire 131.700.000, in relazione all’infortunio occorsogli in data 4 marzo 1998 in cantiere, mentre era intento al disarmo di una pensilina.
I giudici di merito hanno infatti ritenuto non provata l’assegnazione del ricorrente, aiuto carpentiere dipendente di [OMISSIS], al compito di disarmare una pensilina (che avrebbe comportato la predisposizione di una serie di misure di sicurezza in quanto questa era situata al terzo piano, dal quale il lavoratore era precipitato), quindi frutto di una sua imprevedibile iniziativa, come tale escludente la responsabilità del datore di lavoro.
L’intimato non si è costituito.

Motivi della decisione

Col ricorso la sentenza viene censurata per violazione dell’art. 2087 c.c. e per vizio di motivazione, per non avere sufficientemente valorizzato l’esistenza di un obbligo di vigilanza del datore di lavoro, per non avere correttamente applicato il principio secondo cui il datore di lavoro è esonerato da responsabilità unicamente nel caso di una condotta abnorme e imprevedibile del lavoratore.
Il ricorso è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (oltre, da ultimo, Cass. 25 febbraio 2011 n. 4656) “le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza e imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile ex art. 2087 c.c. dell infortunio occorso al lavoratore sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l‘imprenditore dall‘eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l‘esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell‘evento, essendo necessaria a tal fine una rigorosa dimostrazione dell ‘indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro e, con essa, dell‘estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere
Nel caso in esame, accertato che l’avere svolto l’attività di disarmo di una pensilina collocata in un piano alto di un edificio in costruzione aveva costituito una iniziativa del [OMISSIS], non richiestagli dal datore di lavoro che gli aveva affidato il diverso incarico di estrarre alcuni chiodi dalle parti di un’altra pensilina già disarmata e situata anch’essa in un piano elevato dell’edificio, ne hanno tratto la conseguenza che l’infortunio che ne era derivato non poteva essere attribuito a responsabilità del datore di lavoro.
Trattasi di enunciazione meramente assertiva, non avendo la Corte territoriale preso adeguatamente in esame, sulla base del contesto in cui si era verificato l’infortunio (oltre le circostanze indicate, la qualifica di aiuto carpentiere del dipendente, età e durata del suo rapporto di lavoro e quindi la sua esperienza professionale in materia, la possibile presenza in cantiere di altri dipendenti – dalla sentenza sembra di capire che il [OMISSIS] vi era stato lasciato solo, mentre il datore di lavoro e il carpentiere si erano allontanati) la possibile prevedibilità della deviazione del [OMISSIS] – avvenuta comunque sempre all’interno del tipo di lavoro cui era addetto – dai compiti specificatamente assegnatigli, dopo lo svolgimento di questi e quindi il corretto adempimento del dovere di vigilanza gravante sul datore di lavoro in ordine all’effettiva osservanza degli incarichi impartiti, alla stregua dei principi di diritto sopra richiamati.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza va conseguentemente cassata, con rinvio, anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Palermo, che si atterrà nella nuova valutazione dei fatti al principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Palermo.
Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2011

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