REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER
LA REGIONE TOSCANA
composta
dai seguenti magistrati:
Francesco PEZZELLA
Presidente
Carlo
GRECO Consigliere
Leonardo VENTURINI
Consigliere relatore
ha
emesso la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n.
58585/R del registro di segreteria, ad istanza della Procura
regionale nei confronti del Sig. #################
#################, nato a -
Visti gli atti introduttivi del
giudizio;
Visti gli altri atti e
documenti della causa;
Tenutasi la pubblica udienza il
giorno 24 novembre 2010, con la presenza del PM VPG. Rosaria
Acheropita Mondera per la Procura regionale e l’avv.to Damiani
su delega dell’avv.to Lattanzi per il convenuto.
Visto l’art.132 c.p.c. (così
come modificato dall’art.45, comma 17, legge n.69/09) da
ritenersi applicabile anche al processo contabile per effetto
del rinvio di cui all’art.26 del R.D. 1038/33 (cfr. sentenze di
questa Sezione nn. 151/10 - 204/10 - 259/10 – 262/10);
SVOLGIMENTO MOTIVAZIONALE
I.
La Procura innanzi a questa Sezione Giurisdizionale della
Corte dei conti ha citato innanzi a questa Sezione il convenuto
sopra indicato a
comparire in giudizio con pretesa di condanna al pagamento a
favore del Ministero dell'Interno, della somma di €11.237,80
(undicimila duecentotrentasette euro e ottanta centesimi), di
cui € 1.237,80 a titolo di danno patrimoniale diretto ed €
10.000,00 per danno all'immagine, patrimonialmente valutabile,
oltre interessi e rivalutazione, o di quella diversa somma che
risultasse in corso di causa, aumentata degli interessi legali a
decorrere dal momento dell'effettivo depauperamento del
patrimonio dell'Amministrazione e fino all'effettivo
soddisfacimento delle ragioni del creditore e con le spese del
giudizio.
Nell’atto di citazione in
giudizio, si legge che l’attività inquirente della Procura ha
avuto inizio a seguito di nota prot. n. Ill - BO/2.8 - D/761 del
3 marzo 1998,con la quale il Direttore dell'Ufficio Ispettivo
per le Regioni Emilia Romagna e Toscana, Dipartimento della
Pubblica Sicurezza, Ministero dell'Interno, ha segnalato alla
medesima Procura l'esistenza di un procedimento penale a carico
dell'Ispettore ################# ################# ed altri
dipendenti della Polizia
di Stato (################# #################,
################# ################# e #################
#################), in servizio presso la Questura di
################# #################.
I poliziotti sopra indicati,
sono stati rinviati a giudizio per i reati di cui agli articoli
61 n. 9, 81 cpv, 110, 328 comma 1°, 379 del codice penale per
avere "nella loro qualità di pubblici ufficiali, appartenenti
alla Squadra Mobile della Questura di #################
#################, in concorso tra loro e con più omissioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, indebitamente
rifiutato il sequestro di un numero imprecisabile di carte di
credito di illecita provenienza nonché la denuncia di
################# #################, possessore ed utilizzatore
di esse carte".
Oltre a tali delitti, commessi
in concorso tra loro, i poliziotti summenzionati, sono stati
rinviati anche per altri delitti, e precisamente, l'Ispettore
################# ################# "per aver costretto o,
comunque, indotto ################# ################# a dargli
indebitamente, in tempi diversi, un apparecchio telefonico
cellulare del tipo NEC P 300, una somma di denaro di ammontare
non precisato, nonché l'assegno n. #################, tratto
dalla Banca Toscana dell' importo di £ 3.000.000";
l'Assistente Capo
################# ################# "per avere illecitamente
ceduto a ################# ################# sostanza
stupefacente del tipo hashish per un quantitativo imprecisabile
e per avere costretto o, comunque, indotto #################
################# a dare indebitamente al ################# un
apparecchio telefonico cellulare del tipo SKI LINC: l'Assistente
Capo ################# ################# "per avere costretto o,
comunque, indotto ################# ################# a dargli
indebitamente la somma di £ 3.000.000, in denaro contante"; "per
avere, millantando credito presso funzionari del Servizio
Centrale Operativo della
Polizia di Stato, ricevuto da #################
#################, quale prezzo della propria mediazione al fine
di interessarsi presso quella struttura, relativamente alla
posizione del detenuto ################# #################,
nonché a quella dello stesso #################
#################, la somma di £ 1.000.000, in denaro contante";
e "per avere, in qualità di pubblico ufficiale appartenente alla
Squadra Mobile della Questura di #################
#################, formando un verbale di spontanee
dichiarazioni rese dal detenuto #################
#################, successivamente trasmesso alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di #################
#################, attestato falsamente, nell'esercizio delle
sue funzioni, di avere ricevuto dal #################
################# dichiarazioni in realtà da costui mai
rese".
Il procedimento penale a carico
dei poliziotti sopra indicati ha avuto il seguente esito:
sentenza n. 488 del 14 novembre
2002 del Tribunale di #################: #################
################# e ################# #################
condannati alla pena di anni tre di reclusione;
################# ################# e #################
################# condannati alla pena due anni e mesi sei di
reclusione;
sentenza n. 1351 del 13 giugno
2008 della Corte d'Appello di Genova: non doversi procedere nei
confronti di ################# #################,
################# #################, #################
################# e ################# ################# per
intervenuta prescrizione; ################# #################
condannato a mesi otto di reclusione per il reato di cui al capo
9) “per avere, in qualità di pubblico ufficiale appartenente
alla Squadra Mobile della Questura di #################
#################, formando una dichiarazione di servizio
indirizzata al Dirigente della Squadra Mobile e da questi
trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di
################# #################, attestato falsamente, nell
'esercizio delle sue funzioni, di essere stato contattato
telefonicamente a mezzo del cellulare personale da
################# #################, persona ricercata,
omettendo di segnalare, peraltro, le dichiarazioni ricevute di
presenza dal predetto ################# #################,
nonché il fatto stesso di aver incontrato il #################
################# durante la di lui latitanza”.
Rileva la Procura, fornendo
prova con la diffusione della vicenda sulla stampa, che il caso
giudiziario in questione ha suscitato molto interesse e scalpore
nell'opinione pubblica.
In conseguenza dei predetti
fatti, il Ministero dell'Interno ha subito vari danni: danno da
violazione del rapporto sinallagmatico, da disservizio ed
all'immagine.
La sentenza della Corte
d'Appello di Genova n. 1351 del 13 giugno 2008, passata in
giudicato in data 31 ottobre 2008, in riforma della sentenza di
1° grado emessa dal Tribunale di #################, ha
dichiarato di non doversi procedere nei confronti di
################# #################, #################
#################, ################# ################# e
################# ################# per intervenuta
prescrizione, relativamente ai reati agli stessi contestati di
cui agli articoli 317, 328. 379, 648 del codice penale;
ad avviso della Procura (ed in
tal senso si delimita l’ambito della presente controversia),
alla data del presente giudizio, quindi, può fondatamente e
tempestivamente esercitarsi solo l'azione amministrativa nei
confronti dell'Assistente Capo #################
#################, condannato dalla richiamata sentenza della
Corte d'Appello di Genova ad mesi otto di reclusione per il
delitto di cui all'articolo 479 del codice penale (per false
attestazioni relative ai rapporti del suddetto poliziotto con il
Sig. ################# #################, latitante). La
sentenza della Corte d’Appello è passata in giudicato il 30
ottobre 2008. In conclusione la Procura chiede che sia
riconosciuto e rifuso il danno per interruzione del rapporto
sinallagmatico con la PA, danno da disservizio e danno
all’immagine delle Forze dell’Ordine.
Il convenuto si difende
affermando che i reati che determinerebbero la gravità dei fatti
sono caduti in prescrizione, mentre la Procura motiva le sue
richieste soprattutto in relazione a questi crimini, poi
rappresenta il suo “curriculum” professionale, ricco di
benemerenze ed attestati di professionalità.
II.
Alla stregua di quanto sopra, si deve riconoscere fondata
l’azione della Procura.
Innanzitutto è presente il
danno da disservizio essendo provato, dalla documentazione
penale versata in atti, benché la Corte d’Appello abbia dovuto
dichiarare la prescrizione (ma non l’assoluzione, che è un
“prius” nelle pronunce penali, donde il convincimento e le prove
della colpevolezza del ################# e dei suoi colleghi dei
reati ascrittigli e sopra descritti) il comportamento infrattivo
dei doveri di servizio del convenuto.
A dimostrazione di ciò, ovvero
della perpetrazione di fatti criminosi da parte dello
#################, si cita passaggio
della sentenza n. 1351 del 2008
della Corte d'Appello di Genova, dalla quale risulta che "dalle
risultanze processuali è emerso con certezza che tra il
################# (latitante ) e gli imputati (
#################, #################, ################# e
################# ) s'era instaurato un rapporto confidenziale"
e che "tutti gli imputati sapevano dell’utilizzo illecito delle
carte di credito da parte del #################".
Il danno da disservizio è,
ontologicamente, danno patrimoniale. Esso presuppone che sia
provata una distorsione dell'azione pubblica rispetto al fine
cui l'azione stessa deve essere indirizzata.
Sul punto si sottolinea che la
giurisprudenza della Corte dei Conti ha ormai da tempo avuto
modo di delineare e precisare i connotati del c.d. "danno da
disservizio": tale peculiare figura di danno si registra ogni
qualvolta si sia verificato un "disservizio" ("disservizio nella
mancata resa della prestazione dovuta", ovvero "disservizio da
illecito esercizio di pubbliche funzioni", ovvero "disservizio
da mancata resa del servizio") e questo sia da ricollegarsi alla
condotta commissiva od omissiva, dolosa o gravemente colposa, di
un amministratore o dipendente pubblico che ha prodotto effetti
distorsivi e negativi sulla gestione di un pubblico servizio.
In un tale contesto, il
disservizio viene a qualificarsi - in presenza di strutture ed
organizzazioni pubbliche, i cui relativi costi ed investimenti
sono finalizzati e giustificati dalle attese di utilità dei
corrispondenti benefici previsti - come il mancato
raggiungimento delle utilità e dei fini che erano stati previsti
ed ipotizzati come normalmente ed ordinariamente ritraibili
sulla base delle quantità delle risorse economiche investite e,
quindi, nei maggiori oneri, a carico della collettività, a
seguito della mancata utilità ritraibile dalle somme spese, per
effetto della disorganizzazione del servizio (Sez. Giurisd. Reg.
Umbria, Sent. 511/R/2001).
Inoltre, il convenuto, con il
suo comportamento, ha contemporaneamente sospeso il sinallagma
fra la retribuzione percepita e il servizio di ordine pubblico
che doveva prestare alla collettività in relazione al contratto
cui era legato con il Ministero dell’Interno.
A seguito della sentenza di
condanna di primo grado, emessa dal #################, il danno
è stato quantificato, in via equitativa, nella somma di €
1.237,80, di cui € 918,60 dovuto alla violazione del rapporto
sinallagmatico, corrispondente alla retribuzione, indebitamente
percepita dal poliziotto, per le ore utilizzate per compiere,
durante l'attività di servizio, i fatti delittuosi sopra
indicati ( calcolato moltiplicando la retribuzione media
giornaliera, pari ad € 45,93, con le giornate di servizio
utilizzate per compiere i reati, n. 20 ) ed € 319.20 per danno
da disservizio, consistente nell'aggravio dei carichi di lavoro
della Questura di ################# #################,
affrontato attraverso l'espletamento di lavoro straordinario da
parte del personale in servizio, in conseguenza della prolungata
assenza dal servizio dell’interessato, per l'applicazione delle
misure interdittive, disposte nei suoi riguardi, nonché dei
provvedimenti di sospensione cautelare che sono stati adottati
in relazione alla vicenda “ de qua”.
Oltre al predetto danno, in
conseguenza della condotta delittuosa degli interessati,
l'Amministrazione Pubblica ha subito indubbiamente anche un
danno all'immagine della stessa, che la Procura ritiene
quantificabile, equitativamente, in € 40.000,00, dalla
complessiva vicenda con più soggetti sottoposti a giudizio
penale, di cui un quarto viene attribuito dalla Procura alla
condotta delittuosa dell'Assistente Capo #################
#################.
Dal comportamento del Sig.
#################, quindi, è stato causato – secondo l’accusa
della Procura che il Giudicante ritiene corretta - all'Erario
un danno pari a € 11.237,80 di cui € 1.237,80 a titolo di danno
patrimoniale diretto ed € 10.000.00 per danno all'immagine,
patrimonialmente valutabile, oltre interessi e rivalutazione.
Occorre però soffermarsi più
approfonditamente sul danno all’immagine, dopo la novella di cui
all’art. 17, comma 30, D.L. 78/2009 conv. in L. 102/209. La
novella legislativa è stata approfonditamente esaminata nella
sentenza n. 90 del 2011 cui si rinvia per “relationem”,
valutando i dicta della Consulta ( sentenza n. 355 del 2010),
seppur non ritenendo vincolanti questi nell’ambito di una
sentenza interpretativa di rigetto.
Orbene, alla stregua
dell’interpretazione data dalla Sezione si giunge alle seguenti
conclusioni:
quanto ai reati contro la PA,
concussione, omissione di atti di ufficio, non essendovi
sentenza passata in giudicato, non è possibile ravvisare un
danno all’immagine, alla stregua della doverosa applicabilità
dell’art 7 della L. 97 del 2001, come prescritto dal prefato
art. 17 comma 30. Ma il richiamo all’art. 129 delle disposizioni
di attuazione del c.p.p. rendono sanzionabile, se vi sono i
presupposti, il reato di favoreggiamento (379 c.p. reato contro
l’Amministrazione della giustizia) e quello di falsa
attestazione di cui all’art 479 c.p., contro la fede pubblica,
reato su cui, peraltro vi è condanna passata in giudicato che,
quindi – mentre per il precedente reato ci si è basati, nel
convincimento di colpevolezza sugli atti penali – ex art. 651
c.p.p.fa stato circa la commissione del fatto da parte
dell’imputato (qui convenuto) e del suo stato di colpevolezza.
Danno all’immagine poi vi è stato, stante il “clamor fori”
ovvero lo sconcerto creato nell’opinione pubblica, e il rischio
di effetti emulativi o scoraggianti nei confronti del contesto
professionale operativo.
Sulle somme per cui è condanna
va calcolata la rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT
dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI),
a decorrere dalla data di verificazione dell’evento dannoso che,
nella fattispecie, va individuata nella data (marzo 1998) mese
in cui è terminato il comportamento illecito dello
#################, sottoposto a procedimento penale, fino alla
data di pubblicazione della presente sentenza.
Dalla data di detta
pubblicazione sono altresì dovuti, sulla somma come sopra
rivalutata, gli interessi nella misura del saggio legale fino
all’effettivo pagamento. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione
giurisdizionale per la regione Toscana, in composizione
collegiale, definitivamente decidendo
Condanna
#################
#################, in atti e sopra meglio individuato nei
sensi e per le somme di cui in parte motiva, ammontanti ad euro
11.237,80 (undicimiladuecentotrentasette/80), oltre interessi e
rivalutazione monetaria sempre come in parte motiva.
Con condanna alle spese
liquidate in euro 253,83..=(Euro duecentocinquantatre/83.=)
Così deciso in Firenze nella
camera di consiglio del 24 novembre 2010 e del 7 febbraio 2011.
L’ESTENSORE IL
PRESIDENTE
F.to L. VENTURINI
F.to F. PEZZELLA
Depositata
in Segreteria il 6 LUGLIO 2011
p.IL
DIRETTORE DI SEGRETERIA
F.to Paola Altini
|
Translate
lunedì 18 luglio 2011
Corte dei Conti "...Sul punto si sottolinea che la giurisprudenza della Corte dei Conti ha ormai da tempo avuto modo di delineare e precisare i connotati del c.d. "danno da disservizio": tale peculiare figura di danno si registra ogni qualvolta si sia verificato un "disservizio" ("disservizio nella mancata resa della prestazione dovuta", ovvero "disservizio da illecito esercizio di pubbliche funzioni", ovvero "disservizio da mancata resa del servizio") e questo sia da ricollegarsi alla condotta commissiva od omissiva, dolosa o gravemente colposa, di un amministratore o dipendente pubblico che ha prodotto effetti distorsivi e negativi sulla gestione di un pubblico servizio...."
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento