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lunedì 18 luglio 2011

Corte dei Conti "...Sul punto si sottolinea che la giurisprudenza della Corte dei Conti ha ormai da tempo avuto modo di delineare e precisare i connotati del c.d. "danno da disservizio": tale peculiare figura di danno si registra ogni qualvolta si sia verificato un "disservizio" ("disservizio nella mancata resa della prestazione dovuta", ovvero "disservizio da illecito esercizio di pubbliche funzioni", ovvero "disservizio da mancata resa del servizio") e questo sia da ricollegarsi alla condotta commissiva od omissiva, dolosa o gravemente colposa, di un amministratore o dipendente pubblico che ha prodotto effetti distorsivi e negativi sulla gestione di un pubblico servizio...."

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
composta dai seguenti magistrati:
Francesco PEZZELLA                 Presidente
Carlo GRECO                                 Consigliere
Leonardo VENTURINI                 Consigliere relatore
ha emesso la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 58585/R del registro di segreteria, ad istanza della Procura regionale nei confronti del Sig. ################# #################, nato a -
Visti gli atti introduttivi del giudizio;
Visti gli altri atti e documenti della causa;
Tenutasi la pubblica udienza il giorno 24 novembre  2010, con  la presenza del PM VPG. Rosaria Acheropita Mondera per la Procura regionale e l’avv.to Damiani su delega dell’avv.to Lattanzi per il convenuto.
Visto l’art.132 c.p.c. (così come modificato dall’art.45, comma 17, legge n.69/09) da ritenersi applicabile anche al processo contabile per effetto del rinvio di cui all’art.26 del R.D. 1038/33 (cfr. sentenze di questa Sezione nn. 151/10 - 204/10 - 259/10 – 262/10);
SVOLGIMENTO MOTIVAZIONALE
I.           La Procura innanzi a questa Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti ha citato innanzi a questa Sezione il convenuto sopra indicato a comparire in giudizio con pretesa di condanna al pagamento  a favore del Ministero dell'Interno, della somma di €11.237,80 (undicimila duecentotrentasette euro e ottanta centesimi), di cui € 1.237,80 a titolo di danno patrimoniale diretto ed € 10.000,00 per danno all'immagine, patrimonialmente valutabile, oltre interessi e rivalutazione, o di quella diversa somma che risultasse in corso di causa, aumentata degli interessi legali a decorrere dal momento dell'effettivo depauperamento del patrimonio dell'Amministrazione e fino all'effettivo soddisfacimento delle ragioni del creditore e con le spese del giudizio.
Nell’atto di citazione in giudizio, si legge che l’attività inquirente della Procura ha avuto inizio a seguito di nota prot. n. Ill - BO/2.8 - D/761 del 3 marzo 1998,con la quale  il Direttore dell'Ufficio Ispettivo per le Regioni Emilia Romagna e Toscana, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Ministero dell'Interno, ha segnalato alla medesima Procura l'esistenza di un procedimento penale a carico dell'Ispettore ################# ################# ed altri dipendenti della Polizia di Stato (################# #################, ################# ################# e ################# #################), in servizio presso la Questura di ################# #################.
I poliziotti sopra indicati, sono stati rinviati a giudizio per i reati di cui agli articoli 61 n. 9, 81 cpv, 110, 328 comma 1°, 379 del codice penale per avere "nella loro qualità di pubblici ufficiali, appartenenti alla Squadra Mobile della Questura di ################# #################, in concorso tra loro e con più omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso, indebitamente rifiutato il sequestro di un numero imprecisabile di carte di credito di illecita provenienza nonché la denuncia di ################# #################, possessore ed utilizzatore di esse carte".
Oltre a tali delitti, commessi in concorso tra loro, i poliziotti summenzionati, sono stati rinviati anche per altri delitti, e precisamente, l'Ispettore ################# ################# "per aver costretto o, comunque, indotto ################# ################# a dargli indebitamente, in tempi diversi, un apparecchio telefonico cellulare del tipo NEC P 300, una somma di denaro di ammontare non precisato, nonché l'assegno n. #################, tratto dalla Banca Toscana dell' importo di £ 3.000.000";        
l'Assistente Capo ################# ################# "per avere illecitamente ceduto a ################# ################# sostanza stupefacente del tipo hashish per un quantitativo imprecisabile  e  per avere costretto o, comunque, indotto ################# ################# a dare indebitamente al ################# un apparecchio telefonico cellulare del tipo SKI LINC: l'Assistente Capo ################# ################# "per avere costretto o, comunque, indotto ################# ################# a dargli indebitamente la somma di £ 3.000.000, in denaro contante"; "per avere, millantando credito presso funzionari del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, ricevuto da ################# #################, quale prezzo della propria mediazione al fine di interessarsi presso quella struttura, relativamente alla posizione del detenuto ################# #################, nonché a quella dello stesso ################# #################, la somma di £ 1.000.000, in denaro contante"; e "per avere, in qualità di pubblico ufficiale appartenente alla Squadra Mobile della Questura di ################# #################, formando un verbale di spontanee dichiarazioni rese dal detenuto ################# #################, successivamente trasmesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di ################# #################, attestato falsamente, nell'esercizio delle sue funzioni, di avere ricevuto dal ################# #################      dichiarazioni in realtà da costui mai rese".
Il procedimento penale a carico dei poliziotti sopra indicati ha avuto il seguente esito:
sentenza n. 488 del 14 novembre 2002 del Tribunale di #################: ################# ################# e ################# ################# condannati alla pena di anni tre di reclusione; ################# ################# e ################# ################# condannati alla pena due anni e mesi sei di reclusione;
sentenza n. 1351 del 13 giugno 2008 della Corte d'Appello di Genova: non doversi procedere nei confronti di ################# #################, ################# #################, ################# ################# e ################# ################# per intervenuta prescrizione; ################# ################# condannato a mesi otto di reclusione per il reato di cui al capo 9) “per avere, in qualità di pubblico ufficiale appartenente alla Squadra Mobile della Questura di ################# #################, formando una dichiarazione di servizio indirizzata al Dirigente della Squadra Mobile e da questi trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di ################# #################, attestato falsamente, nell 'esercizio delle sue funzioni, di essere stato contattato telefonicamente a mezzo del cellulare personale da ################# #################, persona ricercata, omettendo di segnalare, peraltro, le dichiarazioni ricevute di presenza dal predetto ################# #################, nonché il fatto stesso di aver incontrato il ################# ################# durante la di lui latitanza”.
Rileva la Procura, fornendo prova con la diffusione della vicenda sulla stampa, che il caso giudiziario in questione ha suscitato molto interesse e scalpore nell'opinione pubblica.
In conseguenza dei predetti fatti, il Ministero dell'Interno ha subito vari danni: danno da violazione del rapporto sinallagmatico, da disservizio ed all'immagine.
La sentenza della Corte d'Appello di Genova n. 1351 del 13 giugno 2008, passata in giudicato in data 31 ottobre 2008, in riforma della sentenza di 1° grado emessa dal Tribunale di #################, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di ################# #################, ################# #################, ################# ################# e ################# ################# per intervenuta prescrizione, relativamente ai reati agli stessi contestati di cui agli articoli 317, 328. 379, 648 del codice penale;
ad avviso della Procura (ed in tal senso si delimita l’ambito della presente controversia), alla data del presente giudizio, quindi, può fondatamente e tempestivamente esercitarsi solo l'azione amministrativa nei confronti dell'Assistente Capo ################# #################, condannato dalla richiamata sentenza della Corte d'Appello di Genova ad mesi otto di reclusione per il delitto di cui all'articolo 479 del codice penale (per false attestazioni relative ai rapporti del suddetto poliziotto con il Sig. ################# #################, latitante). La sentenza della Corte d’Appello è passata in giudicato il 30 ottobre 2008. In conclusione la Procura chiede che sia riconosciuto e rifuso il danno per interruzione del rapporto sinallagmatico con la PA, danno da disservizio e danno all’immagine delle Forze dell’Ordine.
Il convenuto si difende affermando che i reati che determinerebbero la gravità dei fatti sono caduti in prescrizione, mentre la Procura motiva le sue richieste soprattutto in relazione a questi crimini, poi rappresenta il suo “curriculum” professionale, ricco di benemerenze ed attestati di professionalità.
II.         Alla stregua di quanto sopra, si deve riconoscere fondata l’azione della Procura.
Innanzitutto è presente il danno da disservizio essendo provato, dalla documentazione penale versata in atti,  benché la Corte d’Appello abbia dovuto dichiarare la prescrizione (ma non l’assoluzione, che è un “prius” nelle pronunce penali, donde il convincimento e le prove della colpevolezza del ################# e dei suoi colleghi dei reati ascrittigli e sopra descritti) il comportamento infrattivo dei doveri di servizio del convenuto.
A dimostrazione di ciò, ovvero della perpetrazione di fatti criminosi da parte dello #################, si cita passaggio della sentenza n. 1351 del 2008 della Corte d'Appello di Genova, dalla quale risulta che "dalle risultanze processuali è emerso con certezza che tra il ################# (latitante ) e gli imputati ( #################, #################, ################# e ################# ) s'era instaurato un rapporto confidenziale" e che "tutti gli imputati sapevano dell’utilizzo illecito delle carte di credito da parte del #################".
Il danno da disservizio è, ontologicamente, danno patrimoniale. Esso presuppone che sia provata una distorsione dell'azione pubblica rispetto al fine cui l'azione stessa deve essere indirizzata.
Sul punto si sottolinea che la giurisprudenza della Corte dei Conti ha ormai da tempo avuto modo di delineare e precisare i connotati del c.d. "danno da disservizio": tale peculiare figura di danno si registra ogni qualvolta si sia verificato un "disservizio" ("disservizio nella mancata resa della prestazione dovuta", ovvero "disservizio da illecito esercizio di pubbliche funzioni", ovvero "disservizio da mancata resa del servizio") e questo sia da ricollegarsi alla condotta commissiva od omissiva, dolosa o gravemente colposa, di un amministratore o dipendente pubblico che ha prodotto effetti distorsivi e negativi sulla gestione di un pubblico servizio.
In un tale contesto, il disservizio viene a qualificarsi - in presenza di strutture ed organizzazioni pubbliche, i cui relativi costi ed investimenti sono finalizzati e giustificati dalle attese di utilità dei corrispondenti benefici previsti - come il mancato raggiungimento delle utilità e dei fini che erano stati previsti ed ipotizzati come normalmente ed ordinariamente ritraibili sulla base delle quantità delle risorse economiche investite e, quindi, nei maggiori oneri, a carico della collettività, a seguito della mancata utilità ritraibile dalle somme spese, per effetto della disorganizzazione del servizio (Sez. Giurisd. Reg. Umbria, Sent. 511/R/2001).
Inoltre, il convenuto, con il suo comportamento, ha contemporaneamente  sospeso il sinallagma fra la retribuzione percepita e il servizio di ordine pubblico  che doveva prestare alla collettività in relazione al contratto cui era legato con il Ministero dell’Interno.
A seguito della sentenza di condanna di primo grado, emessa dal #################,  il danno è stato quantificato, in via equitativa, nella somma di € 1.237,80, di cui € 918,60 dovuto alla violazione del rapporto sinallagmatico, corrispondente alla retribuzione, indebitamente percepita dal poliziotto, per le ore utilizzate per compiere, durante l'attività di servizio, i fatti delittuosi sopra indicati ( calcolato moltiplicando la retribuzione media giornaliera, pari ad € 45,93, con le giornate di servizio utilizzate per compiere i reati, n. 20 ) ed € 319.20 per danno da disservizio, consistente nell'aggravio dei carichi di lavoro della Questura di ################# #################, affrontato attraverso l'espletamento di lavoro straordinario da parte del personale in servizio, in conseguenza della prolungata assenza dal servizio dell’interessato, per l'applicazione delle misure interdittive, disposte nei suoi riguardi, nonché dei  provvedimenti di sospensione cautelare che sono stati adottati in relazione alla vicenda “ de qua”.
Oltre al predetto danno, in conseguenza della condotta delittuosa degli interessati, l'Amministrazione Pubblica ha subito indubbiamente anche un danno all'immagine della stessa, che la Procura ritiene quantificabile, equitativamente, in € 40.000,00, dalla complessiva vicenda con più soggetti sottoposti a giudizio penale, di cui un quarto viene attribuito dalla Procura alla condotta delittuosa dell'Assistente Capo ################# #################.
Dal comportamento del Sig. #################, quindi, è stato causato – secondo l’accusa della Procura che il Giudicante ritiene corretta  -  all'Erario un danno pari a € 11.237,80 di cui € 1.237,80 a titolo di danno patrimoniale diretto ed € 10.000.00 per danno all'immagine, patrimonialmente valutabile, oltre interessi e rivalutazione.
Occorre però soffermarsi più approfonditamente sul danno all’immagine, dopo la novella di cui all’art. 17, comma 30, D.L. 78/2009  conv. in L. 102/209. La novella legislativa è stata approfonditamente esaminata nella sentenza n. 90 del 2011 cui si rinvia per “relationem”, valutando i dicta della Consulta ( sentenza n. 355 del 2010), seppur non ritenendo vincolanti questi nell’ambito di una sentenza interpretativa di rigetto.
Orbene, alla stregua dell’interpretazione data dalla Sezione si giunge alle seguenti conclusioni:
quanto ai reati contro la PA, concussione, omissione di atti di ufficio, non essendovi sentenza passata in giudicato, non è possibile ravvisare un danno all’immagine, alla stregua della doverosa applicabilità dell’art 7 della L. 97 del 2001, come prescritto dal prefato art. 17 comma 30. Ma il richiamo all’art. 129 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. rendono sanzionabile, se vi sono i presupposti, il reato di favoreggiamento (379 c.p. reato contro l’Amministrazione della giustizia) e quello di falsa attestazione di cui all’art 479 c.p., contro la fede pubblica, reato su cui, peraltro vi è condanna passata in giudicato che, quindi – mentre per il precedente reato ci si è basati, nel convincimento di colpevolezza sugli atti penali – ex art. 651 c.p.p.fa stato circa la commissione del fatto da parte dell’imputato (qui convenuto) e del suo stato di colpevolezza. Danno all’immagine poi vi è stato, stante il “clamor fori” ovvero lo sconcerto creato nell’opinione pubblica, e il rischio di effetti emulativi o scoraggianti nei confronti del contesto professionale operativo.
Sulle somme per cui è condanna va calcolata la rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), a decorrere dalla data di verificazione dell’evento dannoso che, nella fattispecie, va individuata nella data (marzo 1998) mese in cui è terminato il comportamento illecito dello #################, sottoposto a procedimento penale, fino alla data di pubblicazione della presente sentenza.
Dalla data di detta pubblicazione sono altresì dovuti, sulla somma come sopra rivalutata, gli interessi nella misura del saggio legale fino all’effettivo pagamento. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione Toscana, in composizione collegiale, definitivamente decidendo
Condanna
################# #################, in atti  e sopra meglio individuato  nei sensi e per le somme di cui in parte motiva, ammontanti ad euro 11.237,80 (undicimiladuecentotrentasette/80), oltre interessi e rivalutazione monetaria sempre come in parte motiva.
Con condanna alle spese liquidate in euro 253,83..=(Euro duecentocinquantatre/83.=)
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 24 novembre 2010 e del 7 febbraio  2011.
L’ESTENSORE                                                  IL PRESIDENTE
F.to L. VENTURINI                                            F.to F. PEZZELLA

Depositata in Segreteria il  6 LUGLIO 2011
                                                           p.IL DIRETTORE DI SEGRETERIA
                                                                       F.to Paola Altini
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TOSCANA Sentenza 243 2011 Responsabilità 06-07-2011

 

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