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lunedì 18 luglio 2011

Tribunale "...Il gestore telefonico che ritarda ad attivare la linea subisce condanna ex art. 700 cpc..."

Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi
Sezione Civile
Sentenza 14 giugno 2011, n. 1292
REPUBBLICA ITALIANA
Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
Il Giudice dott. Luigi Levita letti gli atti e sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 1 giugno 2011 OSSERVA L’istante #################### Srl ha chiesto ordinarsi ex art. 700 c.p.c. a #################### SpA di attivare il servizio di linea telefonica in uso a seguito del recesso da altro operatore telefonico (tel. ####################/#################### – #################### – #################### – #################### con ADSL; ####################/#################### – #################### con ADSL), deducendo sotto vari profili la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora; il tutto, con vittoria delle spese di lite e con condanna ex art. 614-bis c.p.c.
Si è costituita la società #################### SpA, evidenziando preliminarmente l’inammissibilità del ri-corso e, nel merito, deducendo l’insussistenza dei requisiti ex art. 700 c.p.c.; ha pertanto conclu-so per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.
Trattandosi di un provvedimento ex art. 700 c.p.c., l’attenzione del Giudice deve concen-trarsi sulla verifica dei presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora. Nella presente vicenda, la domanda cautelare è stata proposta quale provvedimento di urgenza strumentale ed anticipatorio rispetto alla instauranda azione di merito (azione risarcito-ria da inadempimento contrattuale), volta ad ottenere il risarcimento del danno alla produttività aziendale arrecato all’istante e ricollegabile alla mancata attivazione delle linee telefoniche sin dal dicembre 2010, data in cui è avvenuto il distacco dal precedente operatore. Ciò conduce, pertanto, al rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa specificazione della causa di merito. L’attenzione del Giudice deve quindi appuntarsi sulla verifica della sussistenza dei presup-posti di legge. Sussiste, in primo luogo, il fumus boni iuris.

Ed infatti la ricorrente, con analitica documentazione, ha dimostrato la propria qualifica imprenditoriale ed il proprio volume di affari (superiore ai dieci milioni di euro annui), eviden-ziando di essersi avvalsa dell’operato del funzionario #################### per la migrazione delle proprie linee te-lefoniche a #################### dopo un’infelice esperienza con ####################.
La ricorrente ha altresì depositato i “codici migrazione” ritualmente consegnatigli da #################### già nel gennaio 2011 onde consentire a #################### di effettuare correttamente l’operazione di rientro, il che tuttavia non è avvenuto nei tempi contrat-tualmente stabiliti (sette giorni lavorativi). Tali circostanze di fatto, peraltro tutte provate per tabulas, non sono state specificamente contestate dalla resistente, il che ha reso superflua l’escussione di informatori sul punto.
La resistente ha invece dedotto in comparsa una serie di eccezioni - presumibilmente di stile – non afferenti alla concreta vicenda, limitandosi nel merito ad evidenziare che #################### avrebbe opposto non meglio definiti ostacoli all’acquisizione delle utenze da parte di ####################; tale deduzione, tuttavia, risulta decisamente smentita dall’avvenuto rilascio dei “codici migrazione”, i quali abili-tano il contraente a richiedere la corretta e celere esecuzione della prestazione in capo all’esercente, a nulla rilevando eventuali disguidi intercorsi fra quest’ultimo e soggetti terzi. Sussiste altresì il periculum in mora.
Ed invero, la giurisprudenza è univoca nell’affermare che normalmente il pericolo del veri-ficarsi di un danno patrimoniale non costituisce un danno grave ed irreparabile, in quanto il dan-no patrimoniale è per sua natura sempre riparabile mediante il successivo risarcimento; è noto infatti il principio secondo cui il pregiudizio irreparabile previsto dall’art. 700 c.p.c. sussiste solo quando siano in discussione posizioni soggettive di carattere assoluto, principalmente attinenti alla sfera personale del soggetto (e spesso anche dotate di rilievo e protezione a livello costitu-zionale), che rendano necessario un pronto ed immediato intervento cautelare al fine di assicu-rarne la completa tutela (cfr. Trib. Modena, 9 luglio 2003).
Orbene, non vi è dubbio che nella presente vicenda la posizione soggettiva della ricorren-te rinvenga il proprio fondamento nel diritto di iniziativa economica privata, trovando un imme-diato addentellato costituzionale nell’art. 41 della Carta fondamentale, laddove la condotta illeci-ta della resistente costituisce un vulnus alla necessità della comunicazione – anche e soprattutto telematica – della ricorrente (la cui compiuta efficienza costituisce una ineludibile necessità degli odierni traffici commerciali; ne è riprova – ad abundantiam ed in via esemplificativa – la recente presentazione di un disegno di legge costituzionale – n. 2485 – dal seguente tenore: “Dopo l’articolo 21 della Costituzione è inserito il seguente: «Art. 21-bis. Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. La legge stabilisce provvedimenti a-deguati a prevenire le violazioni dei diritti di cui al Titolo I della parte I.»”). L'impossibilità di comunicare telefonicamente incide quindi in maniera significativa sulle modalità di svolgimento dell'attività imprenditoriale della ricorrente (si pensi, ad esempio, all'impossibilità o quantomeno alla maggiore difficoltà di effettuare o di ricevere commesse, anche via Internet), la quale si trova esposta al rischio di perdita di clientela o comunque di ritardi e difficoltà nella gestione dei propri rapporti commerciali, con conseguente necessità di tutela giurisdizionale immediata. La ricorrente ha altresì domandato corredarsi la condanna giudiziale di un provvedimento di coercizione indiretta ex art. 614-bis c.p.c., come introdotto dalla legge n. 69/2009.

La richiesta – invero sottratta al potere officioso del giudice e rimessa all’impulso di parte – va accolta, dal momento che la condanna accessoria costituisce un indubbio stimolo per la re-sistente al sollecito adempimento del comando giurisdizionale, scongiurando altresì il rischio di un successivo contenzioso (in termini, Trib. Cagliari, 19 ottobre 2009). Nel caso di specie, peraltro, tale istituto acquisisce un decisivo rilievo in quanto l’ordine giurisdizionale di riattivazione delle linee telefoniche non è suscettibile di esecuzione forzata, giacché l’attività di ripristino non può concretamente prescindere dal comportamento attivo del gestore del servizio telefonico. Né l’ampiezza della dizione normativa (“Con il provvedimento di condanna …”) consente di escludere dal proprio alveo applicativo i provvedimenti a natura cautelare anticipatoria, tanto più ove gli stessi racchiudano – come nella presente vicenda – un ordine di prestazione (cfr. Trib. Varese, 16 febbraio 2011). L’art. 614-bis c.p.c. fornisce altresì i parametri di riferimento per la quantificazione della somma dovuta: “Il giudice determina l’ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o pre-vedibile e di ogni altra circostanza utile”. Orbene, alla luce di siffatti criteri e tenendo conto, soprattutto, del perdurante inadempi-mento della resistente, la quale non ha prestato esecuzione al decreto reso inaudita altera parte con ciò frustrando l’autorità delle decisioni giudiziarie (il che esclude qualsiasi iniquità), ritiene questo Giudice di quantificare in euro 50,00 per ogni giorno di ritardo nell’attivazione delle linee telefoniche la somma di denaro da corrispondersi dalla resistente in favore della ricorrente. Trattandosi di provvedimento reso ex art. 700 c.p.c., nessun termine va assegnato dal Giudice per l’instaurazione del giudizio di merito, in applicazione del comma 6 dell’art. 669-octies, come modificato dal d.l. n. 35/2005, convertito in legge n. 80/2005. Ex art. 669-octies, comma 7, c.p.c., all’accoglimento dell’istanza consegue la necessità della statuizione sulle spese di lite, le quali seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, giusta la natura ed il valore della controversia, l’importanza ed il numero delle questioni trattate, nonché la fase di chiusura del processo, ed alla luce del principio di adeguatezza e proporzionali-tà (che impone, peraltro, una costante ed effettiva relazione tra la materia del dibattito proces-suale e l’entità degli onorari per l’attività professionale svolta, assegnando la prevalenza del deci-sum sul disputatum: Cass. Civ., Sez. Un., 11 settembre 2007, n. 19014. Il principio è stato al-tresì ribadito da Cass. Civ., Sez. II, 5 gennaio 2011, n. 226, secondo cui ai fini dell’individuazione dello scaglione tariffario applicabile assume decisiva rilevanza il criterio dell’effettivo valore della controversia, desumibile dal decisum).
P. Q. M.
Il Giudice dott. Luigi Levita, decidendo sul ricorso, così provvede:

• accoglie il ricorso e, per l’effetto, conferma il decreto reso il 20.4.2011;

• fissa a carico della resistente il pagamento, in favore della ricorrente, della somma di euro 50,00 per ciascun giorno di ritardo nell’attivazione delle linee telefoniche di cui al ricorso, a decorrere dalla data di notificazione del presente provvedimento;

• condanna la resistente al rimborso delle spese processuali in favore della ricorrente, che si liquidano in euro 600,00 per onorari ed euro 400,00 per diritti, oltre rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA come per legge.


Sant’Angelo dei Lombardi, 14 giugno 2011.
Il Giudice dott. Luigi Levita
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 201

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