PER DIFENDERE LA GDF SI DEVONO AFFRONTARE I PROBLEMI E NON
NASCONDERLI DIETRO RETORICA, PREGIUDIZI, SPOT ED IMMAGINE. URGE UN PATTO TRA
VERTICI E RAPPRESENTANZA PER RIFORME CONDIVISE ED UN NUOVO SPECIFICO E MODERNO
ORDINAMENTO - di
Gianluca Taccalozzi.
Manovre “lacrime e
sangue”, abbattimento del debito pubblico, razionalizzazione della spesa
pubblica, lotta all’evasione, questione morale, credibilità dei mercati,
meritocrazia e trasparenza, liberalizzazioni, riforma del mercato del lavoro,
ecc.; sono questi i temi che imperversano sui media ed occupano l’agenda della
politica. Urgono riforme strutturali, epocali ed impopolari e, prima o poi,
qualcuno le dovrà varare.
In tale contesto si
comincia a parlare anche di riorganizzazione e razionalizzazione
dell’amministrazione finanziaria, con due grandi obiettivi: migliorare il grado
di efficacia e razionalizzare (diminuire) le risorse impiegate. Ecco quindi
riemergere i consueti ed annosi interrogativi: meglio più amministrazioni
coordinate od un'unica amministrazione? Meglio un corpo militare o un’agenzia
civile? Meglio la Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate? E’ il caso di
riformare la Guardia di Finanza e, se sì, come?
La questione è
complessa e va analizzata a 360 gradi, senza pregiudizi e senza “tifoserie”
preconcette e contrapposte, partendo da una semplice ma incontestabile
considerazione: la Guardia di Finanza, intesa come polizia militare con
competenza economico-finanziaria, rappresenta un’anomalia nel panorama europeo
e, più in generale, dei Paesi occidentali e, come ogni anomalia, ha ragione
d’essere soltanto se garantisce sostanziali vantaggi.
Prima di discutere
ogni tipo di riforma dell’amministrazione finanziaria, bisognerebbe esaminare,
nei pro e nei contro, i “reali” effetti dell’attuale ordinamento militare sulle
missioni istituzionali assegnate alla Guardia di Finanza, dal punto di vista
dell’interesse generale e del cittadino e non solo dal punto d vista parziale ed
inevitabilmente corporativo, del Finanziere, del Generale o dell’ideologia
politica.
Il tradizionale
ordinamento militare (sostanzialmente pensato per la funzione di difesa e non
certo per la funzione di polizia, tanto più nel settore economico-finanziario)
e la conseguente assenza del sindacato, a fronte di inconfutabili vantaggi dal
punto di vista della reattività e della certezza dell’esecuzione degli ordini,
non ha garantito al Corpo una maggiore efficienza rispetto alle Agenzie, se è
vero che lo stesso è afflitto dagli stessi problemi che affliggono la Pubblica
Amministrazione civile, come, ad esempio, l’impiego di troppe risorse
nell’attività di funzionamento, l’assenza o quasi di valutazione e di premi
della produttività individuale, le carriere legate a logiche di mera anzianitÃ
o, al più, di relazione più che all’effettiva produttività , ecc.. Con
un’ulteriore e non secondaria aggravant e dovuta al fatto che l’ordinamento
militare, per sua stessa natura, rende la gestione molto meno trasparente
rispetto alle Agenzie, tanto che le uniche informazioni pubbliche sulla gestione
delle risorse finanziarie e soprattutto umane, sono quelle prodotte dai vertici,
senza alcun tipo di contraddittorio, oppure quelle che incidentalmente emergono
a seguito di ricorsi amministrativi o di interrogazioni parlamentari.
Negli ultimi giorni
la questione è divenuta di stretta attualità con la proposta avanzata dal Prof.
Di Tanno e con
successiva la mozione presentata in Parlamento dall’IDV, nonché con altre
prese di posizione della dottrina più qualificata e della politica, e la
sensazione è che, da un lato la necessità di incrementare la lotta all’evasione
e dall’altro il bisogno di razionalizzare la spesa, rischiano di aumentare
l’interesse attorno all&rs quo;argomento, ponendo al centro del dibattito
l’esistenza stessa della “anomalia” Guardia di Finanza.
In questo contesto,
per difendere l’utilità e quindi l’esistenza del Corpo, ci sembra ormai
anacronistico ed alla lunga perdente, continuare a nascondere criticità ormai
palesi trincerandosi dietro la retorica della tradizione ultracentenaria o
snocciolando risultati roboanti ma troppo autoreferenziali e poco sostanziali o,
peggio ancora, rincorrere le prime pagine dei media in una sorta di esasperata
competizione ad apparire con le altre Forze di Polizia o con l’Agenzia delle
Entrate.
Come si è giÃ
avuto modo di rappresentare nell’ultima adunanza plenaria di Castelporziano in tempi
non sospetti, bisognerebbe che vertici e rappresentanza militare (insieme e non
contrapposti) abbiano il coraggio, la maturità e la lungimiranza di affrontare
le criticità , risolverle (per quanto di competenza interna) o portarle
all’attenzione delle istituzioni con proposte serie, condivise e pensate
nell’interesse del cittadino, prima ancora che degli appartenenti.
Si pensi quanto
sarebbe più difficile per qualsiasi Governo, per qualsiasi agenzia o per
qualsiasi altro detrattore o competitor (forza di polizia) proporre di riformare
un’amministrazione che, seppur “anomala”, sia efficiente, trasparente,
meritocratica e ben organizzata.
Il futuro della
Guardia di Finanza dipende da quanto, nei prossimi anni, i vertici e la
rappresentanza militare sapranno fare per superare le contrapposizioni e portare
il Corpo in una condizione di modernità ed efficienza tale da renderlo
insostituibile o addirittura di esempio virtuoso per le altre amministrazioni.
Magari puntando su quella doppia funzione di polizia giudiziaria
(investigatore) e polizia tributaria (verificatore) che oggi è l’unica
caratteristica che rende la Guardia di Finanza, per competenza e professionalitÃ
, assolutamente necessaria nel settore della polizia economica-finanziaria
(provate a chiedere alle Procure della Repubblica impegnate su indagini
finanziarie).
Per far ciò, è
necessario che si abbandoni l’ordinamento militare tradizionale (idoneo solo per
i compiti di difesa) e si adotti un ordinamento (militare o civile che sia)
“ad hoc” che preveda: un’effettiva trasparenza della gestione,
un’effettiva valutazione della perfomance individuale e di reparto, su base
territoriale, legata a risultati sostanziali e misurabili, un’effettiva
premiazione nella carriera legata alla produttività individuale, una
rimodulazione dell’impiego del personale con maggiori risorse nell’attivitÃ
direttamente operativa, una maggiore partecipazione del personale attraverso
nuovi e più incisivi ed autonomi strumenti di rappresentanza, ecc.. In poche
parole, più trasparenza, più merito e più responsabilità verso il risultato
operativo reale.
Si dirà :
un’autentica rivoluzione! Forse sì, ma se si vuole validamente difendere
un’”anomalia” (la Guardia di Finanza) che altrimenti non avrebbe ragione di
esistere e, prima o poi, sarebbe destinata ad essere rimossa, è questa l’unica
via percorribile.
Rimanere ancorati a
posizioni esasperatamente conservatrici e continuare opportunisticamente a
difendere ad oltranza l’attuale situazione, esporrebbe la Guardia di Finanza al
rischio di riforme calate dall’alto, invasive e repentine, con inevitabili
ripercussioni soprattutto a danno dei livelli inferiori (in quanto privi di
incisivi strumenti di tutela).
Gianluca
Taccalozzi
Presidente Direttivo
Nazionale Ficiesse
gianlucataccalozzi@alice.it
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