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venerdì 3 febbraio 2012

PER DIFENDERE LA GDF SI DEVONO AFFRONTARE I PROBLEMI E NON NASCONDERLI DIETRO RETORICA, PREGIUDIZI, SPOT ED IMMAGINE. URGE UN PATTO TRA VERTICI E RAPPRESENTANZA PER RIFORME CONDIVISE ED UN NUOVO SPECIFICO E MODERNO ORDINAMENTO


PER DIFENDERE LA GDF SI DEVONO AFFRONTARE I PROBLEMI E NON NASCONDERLI DIETRO RETORICA, PREGIUDIZI, SPOT ED IMMAGINE. URGE UN PATTO TRA VERTICI E RAPPRESENTANZA PER RIFORME CONDIVISE ED UN NUOVO SPECIFICO E MODERNO ORDINAMENTO - di Gianluca Taccalozzi.

 
Manovre “lacrime e sangue”, abbattimento del debito pubblico, razionalizzazione della spesa pubblica, lotta all’evasione, questione morale, credibilità dei mercati, meritocrazia e trasparenza, liberalizzazioni, riforma del mercato del lavoro, ecc.; sono questi i temi che imperversano sui media ed occupano l’agenda della politica. Urgono riforme strutturali, epocali ed impopolari e, prima o poi, qualcuno le dovrà varare.
In tale contesto si comincia a parlare anche di riorganizzazione e razionalizzazione dell’amministrazione finanziaria, con due grandi obiettivi: migliorare il grado di efficacia e razionalizzare (diminuire) le risorse impiegate. Ecco quindi riemergere i consueti ed annosi interrogativi: meglio più amministrazioni coordinate od un'unica amministrazione? Meglio un corpo militare o un’agenzia civile? Meglio la Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate? E’ il caso di riformare la Guardia di Finanza e, se sì, come?
La questione è complessa e va analizzata a 360 gradi, senza pregiudizi e senza “tifoserie” preconcette e contrapposte, partendo da una semplice ma incontestabile considerazione: la Guardia di Finanza, intesa come polizia militare con competenza economico-finanziaria, rappresenta un’anomalia nel panorama europeo e, più in generale, dei Paesi occidentali e, come ogni anomalia, ha ragione d’essere soltanto se garantisce sostanziali vantaggi.
Prima di discutere ogni tipo di riforma dell’amministrazione finanziaria, bisognerebbe esaminare, nei pro e nei contro, i “reali” effetti dell’attuale ordinamento militare sulle missioni istituzionali assegnate alla Guardia di Finanza, dal punto di vista dell’interesse generale e del cittadino e non solo dal punto d vista parziale ed inevitabilmente corporativo, del Finanziere, del Generale o dell’ideologia politica.
Il tradizionale ordinamento militare (sostanzialmente pensato per la funzione di difesa e non certo per la funzione di polizia, tanto più nel settore economico-finanziario) e la conseguente assenza del sindacato, a fronte di inconfutabili vantaggi dal punto di vista della reattività e della certezza dell’esecuzione degli ordini, non ha garantito al Corpo una maggiore efficienza rispetto alle Agenzie, se è vero che lo stesso è afflitto dagli stessi problemi che affliggono la Pubblica Amministrazione civile, come, ad esempio, l’impiego di troppe risorse nell’attività di funzionamento, l’assenza o quasi di valutazione e di premi della produttività individuale, le carriere legate a logiche di mera anzianità o, al più, di relazione più che all’effettiva produttività , ecc.. Con un’ulteriore e non secondaria aggravant e dovuta al fatto che l’ordinamento militare, per sua stessa natura, rende la gestione molto meno trasparente rispetto alle Agenzie, tanto che le uniche informazioni pubbliche sulla gestione delle risorse finanziarie e soprattutto umane, sono quelle prodotte dai vertici, senza alcun tipo di contraddittorio, oppure quelle che incidentalmente emergono a seguito di ricorsi amministrativi o di interrogazioni parlamentari.
Negli ultimi giorni la questione è divenuta di stretta attualità con la proposta avanzata dal Prof. Di Tanno e con successiva la mozione presentata in Parlamento dall’IDV, nonché con altre prese di posizione della dottrina più qualificata e della politica, e la sensazione è che, da un lato la necessità di incrementare la lotta all’evasione e dall’altro il bisogno di razionalizzare la spesa, rischiano di aumentare l’interesse attorno all&rs quo;argomento, ponendo al centro del dibattito l’esistenza stessa della “anomalia” Guardia di Finanza.
In questo contesto, per difendere l’utilità e quindi l’esistenza del Corpo, ci sembra ormai anacronistico ed alla lunga perdente, continuare a nascondere criticità ormai palesi trincerandosi dietro la retorica della tradizione ultracentenaria o snocciolando risultati roboanti ma troppo autoreferenziali e poco sostanziali o, peggio ancora, rincorrere le prime pagine dei media in una sorta di esasperata competizione ad apparire con le altre Forze di Polizia o con l’Agenzia delle Entrate.
Come si è già avuto modo di rappresentare nell’ultima adunanza plenaria di Castelporziano in tempi non sospetti, bisognerebbe che vertici e rappresentanza militare (insieme e non contrapposti) abbiano il coraggio, la maturità e la lungimiranza di affrontare le criticità , risolverle (per quanto di competenza interna) o portarle all’attenzione delle istituzioni con proposte serie, condivise e pensate nell’interesse del cittadino, prima ancora che degli appartenenti.
Si pensi quanto sarebbe più difficile per qualsiasi Governo, per qualsiasi agenzia o per qualsiasi altro detrattore o competitor (forza di polizia) proporre di riformare un’amministrazione che, seppur “anomala”, sia efficiente, trasparente, meritocratica e ben organizzata.
Il futuro della Guardia di Finanza dipende da quanto, nei prossimi anni, i vertici e la rappresentanza militare sapranno fare per superare le contrapposizioni e portare il Corpo in una condizione di modernità ed efficienza tale da renderlo insostituibile o addirittura di esempio virtuoso per le altre amministrazioni. Magari puntando su quella doppia funzione di polizia giudiziaria (investigatore) e polizia tributaria (verificatore) che oggi è l’unica caratteristica che rende la Guardia di Finanza, per competenza e professionalità , assolutamente necessaria nel settore della polizia economica-finanziaria (provate a chiedere alle Procure della Repubblica impegnate su indagini finanziarie).
Per far ciò, è necessario che si abbandoni l’ordinamento militare tradizionale (idoneo solo per i compiti di difesa) e si adotti un ordinamento (militare o civile che sia) “ad hoc” che preveda: un’effettiva trasparenza della gestione, un’effettiva valutazione della perfomance individuale e di reparto, su base territoriale, legata a risultati sostanziali e misurabili, un’effettiva premiazione nella carriera legata alla produttività individuale, una rimodulazione dell’impiego del personale con maggiori risorse nell’attività direttamente operativa, una maggiore partecipazione del personale attraverso nuovi e più incisivi ed autonomi strumenti di rappresentanza, ecc.. In poche parole, più trasparenza, più merito e più responsabilità verso il risultato operativo reale.
Si dirà : un’autentica rivoluzione! Forse sì, ma se si vuole validamente difendere un’”anomalia” (la Guardia di Finanza) che altrimenti non avrebbe ragione di esistere e, prima o poi, sarebbe destinata ad essere rimossa, è questa l’unica via percorribile.
Rimanere ancorati a posizioni esasperatamente conservatrici e continuare opportunisticamente a difendere ad oltranza l’attuale situazione, esporrebbe la Guardia di Finanza al rischio di riforme calate dall’alto, invasive e repentine, con inevitabili ripercussioni soprattutto a danno dei livelli inferiori (in quanto privi di incisivi strumenti di tutela).

Gianluca Taccalozzi

Presidente Direttivo Nazionale Ficiesse
gianlucataccalozzi@alice.it

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