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lunedì 3 dicembre 2012

TAR Toscana: "Il provvedimento di destituzione deve essere firmato dal Capo della Polizia, mentre nella specie risulta sottoscritto da soggetto diverso, non identificato, che non indica la sua qualifica e che non risulta essere titolare di potere delegato a seguito di delega di firma, il che determina una violazione non solo formale, impedendo al titolare del potere la valutazione delle risultanze dell'istruttoria svolta e la possibile irrogazione di una sanzione più lieve di quella proposta dal Consiglio di Disciplina;"

IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, Sen(Lpd), 06-09-2012, n. 1527
Fatto Diritto P.Q.(Lpd)
Svolgimento del processo
Il ricorrente, assistente capo della Polizia di Stato, espone nell'atto introduttivo del giudizio di essere stato condannato dal Tribunale penale di (Lpd) per il reato di corruzione e che la relativa sentenza è stata poi riformata dalla Corte d'Appello di (Lpd) che ha disposto non doversi procedere per intervenuta prescrizione, ed impugna quindi il decreto del Capo della Polizia che ha disposto nei suoi confronti la sanzione disciplinare della destituzione.
Nei confronti dell'atto gravato il ricorrente formula le seguenti censure:
1 - "Violazione di legge per inosservanza degli art(Lpd) 7, ultimo comma, e 21, comma 3, del D.P.R. n. 737 del 1981". Il provvedimento di destituzione deve essere firmato dal Capo della Polizia, mentre nella specie risulta sottoscritto da soggetto diverso, non identificato, che non indica la sua qualifica e che non risulta essere titolare di potere delegato a seguito di delega di firma, il che determina una violazione non solo formale, impedendo al titolare del potere la valutazione delle risultanze dell'istruttoria svolta e la possibile irrogazione di una sanzione più lieve di quella proposta dal Consiglio di Disciplina;
2 - "Eccesso di potere per travisamento e/o erronea valutazione dei fatti". Il provvedimento gravato si fonda sull'erroneo presupposto che la sentenza di condanna penale del Tribunale di (Lpd) per il reato di cui all'ar(Lpd) 319 c.p. non sia stata superata da quella della Corte d'Appello di (Lpd), che ha invece riformato la precedente per intervenuta prescrizione; né è vero che la Corte d'Appello abbia escluso nella specie l'applicabilità dell'ar(Lpd) 530, comma 2, c.p.p. perché ritesse sussistere la piena prova della responsabilità del ricorrente; l'Amministrazione doveva procedere ad una autonoma valutazione dei fatti e non basarsi sulle risultanze della sentenza penale di primo grado;
3 - "Violazione di legge per inosservanza dell'ar(Lpd) 1, comma 2, del D.P.R. n. 737 del 1981 (principio di gradualità della sanzione), per falsa applicazione dell'ar(Lpd) 13 del D.P.R. n. 737 del 1981 e per carente e/o apparente motivazione (ar(Lpd) 3 L. n. 241 del 1990)". Si censura la sanzione inflitta per violazione del principio di gradualità, non avendo il ricorrente in precedenza riportato sanzioni e avendo avuto buone valutazioni nei rapporti informativi e mancanza di motivazione sul punto;
4- "Violazione di legge per mancata applicazione dell'ar(Lpd) 4, comma 2, della L. n. 97 del 2001 ai fini della decorrenza della destituzione". Contesta infine la decorrenza della destituzione, che dovrebbe operare a far data dal 5 marzo 2011 (data di applicazione della sospensione cautelare) e non dal 25 novembre 2008, data di sospensione dal servizio ex ar(Lpd) 4 L. n. 97 del 2011, perché tale sospensione è venuta meno a seguito della pronuncia di proscioglimento per prescrizione nel processo penale d'appello.
L'Amministrazione si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.
La Sezione ha disposto incombenti istruttori.
Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 11 luglio 2012 e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione
Con il primo mezzo il ricorrente evidenzia che il provvedimento di destituzione non è stato firmato dal Capo della Polizia e risulta sottoscritto da soggetto non identificabile, che si dubita sia titolare di potere di delega da parte del Capo della Polizia medesimo.
La censura è infondata.
È vero che l'ar(Lpd) 21, comma 3, del D.P.R. n. 737 del 1981 rimette al Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza l'adozione della sanzione, tuttavia nella specie essa risulta adottata (come da nota del Ministero dell'Interno depositata in giudizio in data 26 maggio 2012 e non contestata, nelle circostanze fattuali, dal ricorrente) dal Prefetto N.I., vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza con funzioni vicarie del Direttore Generale, come tale titolare di un potere generale di sostituzione del Capo della Polizia anche senza necessità di specifica delega. D'altra parte è la stessa legge a prevedere un vice Direttore Generale con funzioni vicarie, così disponendo l'ar(Lpd) 5, comma 4, della L. n. 121 del 1981.
Con il secondo mezzo il ricorrente contesta l'operato dell'Amministrazione, che ha fondato la sanzione applicata su una sentenza di condanna (quella di primo grado) che è stata invero superata dalla successiva pronuncia di appello, senza che l'Amministrazione abbia proceduto ad una autonoma valutazione dei fatti di causa.
La censura è infondata.
L'esame dell'atto gravato, e della previa pronuncia del Consiglio Provinciale di Disciplina presso la Questura di (Lpd), consente di evidenziare che l'Amministrazione, pur richiamando le risultanze del processo penale che hanno visto pronunciare nei confronti del ricorrente una condanna penale per il reato di corruzione poi riformata in appello per intervenuta prescrizione, non ha affatto omesso di procedere ad un'autonoma valutazione della condotta del dipendente e dei fatti allo stesso attribuiti nell'ottica della loro valenza disciplinare e non può quindi sostenersi che si sia pedissequamente riportata alle risultanze penali. Al ricorrente si contesta di "avere fattivamente aiutato un cittadino straniero, in ragione di pregresso legame di amicizia con altra cittadina straniera, ad ottenere dei permessi di soggiorno a vario titolo, nonostante lo stesso non possedesse i requisiti per il rilascio ed anzi, annoverasse a suo carico un provvedimento che lo rendeva inammissibile sul territorio Schengen"; il ricorrente ha utilizzato il suo status di poliziotto in servizio presso l'Ufficio Immigrazione della Questura di (Lpd) "che gli ha consentito di eludere la possibilità di eventuali controlli del medesimo ufficio di Polizia"; ciò "in previsione di ottenere un indebito compenso e altre utilità personali, consistenti nel recupero di un credito vantato nei confronti di un soggetto terzo operante in Russia, grazie al fattivo interessamento dello straniero favorito col rilascio del titolo di soggiorno" (così nel provvedimento di destituzione). Dalle condotte sopra descritte il provvedimento sanzionatorio trae le conseguenze in termini di grave violazione degli obblighi deontologici e di servizio facenti capo ad un pubblico ufficiale appartenente alla Polizia di Stato. Dunque l'atto impugnato effettua una specifica valutazione di tipo disciplinare. Per supportare le ricostruzioni fattuali alla base del provvedimento gravato negli atti del procedimento sanzionatorio si richiamano atti istruttori propri dell'indagine penale, aventi una specifica valenza probatoria in punto di fatto. Così nel verbale del Consiglio di disciplina della Questura di (Lpd) del 3 agosto 2011, che conclude proponendo la destituzione del ricorrente, si legge il riferimento a intercettazioni telefoniche e testimonianze che suffragano la illiceità della condotta del ricorrente e delle quali l'Amministrazione ha tenuto conto per ritenere a lui ascrivibile la condotta disciplinarmente illegittima sanzionata con la destituzione. Quanto alla sentenza della Corte d'Appello di (Lpd) che, riformando la sentenza di condanna di primo grado, ha dichiarato estinti i reati ascritti al ricorrente, deve essere evidenziato il suo effettivo contenuto, che è fortemente esplicito nel sottolineare "la mancanza della evidenza dell'innocenza degli imputati": la Corte afferma "che l'impianto accusatorio ha evidenziato dei pesanti elementi di responsabilità a carico degli imputati" e pone in luce che "qualsiasi fosse stato l'interessamento del (Lpd) sui permessi di soggiorno - anche laddove ne fosse stato soltanto velocizzato il rilascio, intento certo non irrealizzabile anche da parte di chi non fosse direttamente addetto all'Ufficio competente - la responsabilità sarebbe oltremodo provata, a fronte della evidente illiceità di essi e del corrispettivo dell'interessamento consistente nella aspettativa del recupero dell'investimento in Russia, del quale avrebbe dovuto occuparsi proprio il (Lpd), ovvero - assai verosimilmente - anche dalla dazione del (Lpd) in occasione della nascita del figliolo del (Lpd), il quale - come detto dalla stessa moglie nella conversazione intercettata e riportata nella sentenza impugnata - avrebbe riferito di aver avuto una boccata di ossigeno, debilitando il fondamento della convinzione che, secondo l'assunto difensivo fondato sul contenuto di altra conversazione anch'essa riportata in sentenza, egli non avrebbe accettato denaro". Anche sotto questo profilo non pare dunque privo di significato il fatto che l'Amministrazione, nonostante il superamento processuale della condanna per la prescrizione, continui a richiamare i risultati del procedimento penale.
Con il terzo mezzo il ricorrente contesta la mancanza di gradualità della sanzione e quindi la particolare pesantezza.
La censura è infondata.
Osserva il Collegio che sussiste un'ampia discrezionalità dell'Amministrazione in punto di valutazione della gravità dei fatti attribuiti all'incolpato onde scegliere la sanzione applicabile, valutazione censurabile in sede di sindacato di legittimità solo per illogicità, travisamento dei fatti o violazione delle previsioni normative o contrattuali in materia. Nella specie non sussistono i presupposti per censurare l'operato dell'Amministrazione, stante la particolare pesantezza dei fatti attribuiti al ricorrente, che evidenziano la sua inidoneità allo svolgimento delle funzioni d'istituto e risultano idonei ad integrare la previsione normativa di cui all'ar(Lpd) 7 del D.P.R. n. 737 del 1981, trattandosi di condotte incompatibili con la sua ulteriore permanenza in servizio.
Con il quarto mezzo il ricorrente contesta infine la decorrenza della destituzione, che dovrebbe operare a far data dal 5 marzo 2011 (data di applicazione della sospensione cautelare) e non dal 25 novembre 2008, data di sospensione dal servizio ex ar(Lpd) 4 L. n. 97 del 2001, perché tale sospensione è venuta meno a seguito della pronuncia di proscioglimento per prescrizione nel processo penale d'appello.
La censura è infondata.
Osserva il Collegio che, come risulta dalla documentazione versata in atti, il ricorrente risulta destinatario di due distinti provvedimenti di sospensione dal servizio, il primo, del 24 novembre 2008, di sospensione obbligatoria ex ar(Lpd) 4 della L. n. 97 del 2001, il secondo, del 1 marzo 2011, di sospensione per gravi motivi disciplinari ex ar(Lpd) 92 D.P.R. n. 3 del 1957, quest'ultimo adottato proprio per far fronte al venir meno della sospensione obbligatoria a seguito della riforma della sentenza di condanna in primo grado. Ne consegue che il ricorrente risulta destinatario di una sospensione continuativa dalla contestazione dei fatti, infine sfociata nel provvedimento di destituzione, il che corrisponde alla previsione normativa e alla gravità dei fatti medesimi.
Alla luce dei rilievi che precedono il ricorso deve essere respinto, potendo comunque disporsi, per la natura della controversia, la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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