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lunedì 3 dicembre 2012

Polizia Penitenziaria: "carceri e sistema penitenziario - decreto penale - impiego pubblico - sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un mese. "



CARCERI E SISTEMA PENITENZIARIO   -   DECRETO PENALE   -   IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 03-10-2012, n. 974
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con atto notificato in data 17.2.2009 e depositato in data 12.3.2009, il ricorrente, assistente del Corpo di Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di (Lpd), impugnava l'epigrafato Decreto n. 025439/2008/4953/ds03 del 17.12.2008, notificato il 19.12.2008, con cui gli veniva inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un mese.
Esponeva che, con Decreto Penale del Tribunale di Verona del 30.4.2008, divenuto esecutivo il 6.6.2008 e pervenuto all'Amministrazione in data 25.6.2008, era stato condannato alla pena di Euro 600,00 di multa per i reati di cui agli artt. 110 (Lpd)p. 81 (Lpd)p.v. 660, 612 (Lpd)p., poichè, in concorso con altri soggetti, aveva commesso reati inerenti minacce, molestie e disturbo, tramite conversazioni telefoniche e messaggi inviati con modalità SMS, nei confronti di una signora, con la quale, in precedenza, aveva intrattenuto una relazione sentimentale.
Precisava che, con nota del 7.7.2008 dell'Ufficio Disciplina, gli erano state contestate le infrazioni disciplinari, ai sensi dell'art. 5 comma 3 lettera d) ed all'art. 5 comma 3 lett. g) del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 e che, con nota del 3.9.2008, il Funzionario Istruttore aveva trasmesso la relazione conclusiva al Consiglio Centrale di Disciplina, il quale, dopo la seduta del 04.11.2008, emanava l'epigrafato decreto.
A sostegno del proprio gravame, deduceva:
1) violazione di legge ed in particolare dell'art. 5, comma 3, lettera d) sotto il profilo dell'errata valutazione della natura del Decreto Penale di condanna ed eccesso di potere nell'irrogazione della sanzione disciplinare per un caso non previsto dalla norma in contrasto con l'art. 460, comma 5, (Lpd)p.p. laddove stabilisce che il decreto penale di condanna non ha efficacia di giudicato nel giudizio amministrativo;
Nella specie, non potrebbe trovare applicazione l'art. 5 comma 3, lett. d), del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, il quale stabilisce che la sospensione dal servizio può essere inflitta nel caso di "condanna con sentenza passata in giudicato per delitto non colposo".
2) violazione di legge ed in particolare dell'art. 5, comma 3, lettera g), sotto il profilo della errata valutazione della condotta morale tenuta dal ricorrente ed eccesso di potere nella mancata valutazione dello stato di servizio ineccepibile dell'agente (Lpd);
Non si sarebbe tenuto conto degli ottimi precedenti di servizio del ricorrente nonché della sua personalità complessiva.
3) eccesso di potere per difetto di adeguata motivazione ed eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria.
Non sarebbe stata consentita la valutazione in ordine all'attività istruttoria compiuta e non si sarebbe tenuto conto della relazione del funzionario istruttore, peraltro neanche menzionata nell'impugnato provvedimento.
Concludeva per l'accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.
Con atto depositato in data 17.3.2009, si costituiva l'intimata amministrazione per resistere al presente ricorso e, con memoria depositata in data 3.5.2012, insisteva nelle già prese conclusioni.
Alla pubblica udienza del giorno 8.6.2012, il ricorso passava in decisione.
Motivi della decisione
1. Viene impugnato l'epigrafato Decreto n. 0295439/2008/4956 del 17.12.2008 del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Direzione Generale del Personale e della Formazione, notificato il 19.12.2008, dispositivo della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un mese , a seguito dell'emanazione del Decreto Penale del Tribunale di Verona del 30.4.2008, divenuto esecutivo il 6.6.2008 e pervenuto all'Amministrazione in data 25.6.2008, con cui il ricorrente è stato condannato alla pena di Euro 600,00 di multa per i reati di cui agli artt. 110 (Lpd)p. 81 (Lpd)p.v. 660, 612 (Lpd)p., per avere, in concorso con altri soggetti, commesso reati inerenti minacce, molestie e disturbo, tramite conversazioni telefoniche e messaggi inviati con modalità SMS, nei confronti di una signora, con la quale, in precedenza, aveva intrattenuto una relazione sentimentale.
2. Con il primo motivo, parte ricorrente deduce che, nella specie, non potrebbe trovare applicazione l'art. 5 comma 3, lett. d), del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, il quale stabilisce che la sospensione dal servizio può essere inflitta nel caso di "condanna con sentenza passata in giudicato per delitto non colposo".
In base all'art. 460, lett. c), (Lpd)p.p., il decreto penale di condanna costituisce un sintetico accertamento del reato e, laddove non opposto, come nella specie, assume un valore vincolante quanto all'accertamento dei fatti materiali costituenti reato ed alla loro imputabilità al condannato, a nulla rilevando la poca gravità del fatto e la tenuità della pena inflitta, trattandosi di elementi incidenti soltanto ai fini del rito processuale, ma non ai fini della qualificazione del reato.
Esso si configura come una sorta di decisione preliminare, destinata ad essere sostituita, in caso di opposizione, da nuova pronuncia, all'esito di un dibattimento che segue il contraddittorio pretermesso nella fase monitoria, ma la sua acquisita irrevocabilità assume il valore di una condanna, quale atto terminativo di una fase processuale conclusa con rituale statuizione giurisdizionale (conf: Corte Cost. Ord. 24 luglio 2007 n. 323).
In quest'ottica, non si può ritenere che il decreto penale di condanna non sia una misura idonea a costituire fonte di prova della responsabilità per l'illecito penale, solo se si considera che esso contiene un sia pur sintetico accertamento di reità, ai sensi dell'art. 460, lett. c), (Lpd)p.p., tanto che, in sede disciplinare, non si può tener conto delle prove contrarie -in ordine all'esistenza ed alla qualificazione del fatto- offerte dal condannato, dato che la lievità del fatto e la tenuità della pena non influiscono sulla qualificazione del reato (conf.: Cons. Stato: Sez. V, 6.12. 2006 n. 7195; Sez. IV, 24.2. 2006 n. 811; (Lpd)G.A. Sez. Giur. 18.5. 1999 n. 828; Cons. Stato, Sez. IV, 24.2.2006 n. 811 ).
Sotto tale angolazione, quindi, non rileva che il decreto penale esecutivo sia caratterizzato dalla cosiddetta "inefficacia extrapenale" sui giudizi amministrativi e civile ex art. 460, comma 5, (Lpd)p.p., posto che l'autorità disciplinare sempre vincolata alle risultanze del processo penale quanto all'accertamento dei fatti materiali, qualunque sia l'esito processuale.
Pertanto, la censura non merita adesione.
3. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce che non si sarebbe tenuto conto degli ottimi precedenti di servizio del ricorrente nonché della sua personalità complessiva.
La scelta della sanzione da applicare, all'esito di un procedimento disciplinare, consegue a valutazioni di merito insindacabili in sede di legittimità, per cui il giudice amministrativo non può valutare autonomamente il fatto imputato, né qualificarlo giuridicamente in modo difforme, apprezzandone direttamente la misura della sanzione inflitta, salvo il limite della manifesta abnormità ( ex plurimis, Cons. Stato: Sez. IV, 31.1. 2006 n. 339; Sez. IV, 1.10. 2004 n. 6404).
Invero, in sede di procedimento disciplinare, la PA può tener conto delle circostanze attenuanti nell'ambito di un complesso di elementi, senza essere, però, tenuta a darne comunque rilevanza, essendo, all'uopo, sufficiente che vi sia adeguata motivazione della misura della sanzione (conf. Cons. Stato, Sez. IV 7.7.1993 n. 677).
Nella specie, la Delib. 4 novembre 2008 afferma: "aldilà del decreto penale di condanna emesso a carico dell'imputato dal G.I.P. presso il Tribunale di Verona, il Consiglio ha esaminato gli accertamenti fattuali che sono stati messi a sua disposizione. Anche a voler tenere conto di un quadro di relazioni interpersonali sicuramente intricato, problematico, non limpido, in cui le parti si rinfacciano torti e scorrettezze di vario tipo, non si può non evidenziare che un poliziotto penitenziario, nell'ambito della sua vita privata, ha tenuto una condotta fortemente censurabile per aver usato espressioni offensive e minacciose nei confronti di altri cittadini attraverso soprattutto le modalità dei c(Lpd)dd. SMS. Il Consiglio, nel rapporto tra gravità del fatto e stato di servizio dell'incolpato, ha tenuto conto del suo complessivo percorso professionale e pertanto ha deliberato di proporre al Capo del Dipartimento che all'Ass.te (Lpd)(Lpd) venisse irrogata la sanzione della sospensione dal servizi per mesi uno".
Alla stregua dei precitati principi, quindi, non appare censurabile la scelta avversata di assegnare scarso rilievo ai precedenti di carriera, poiché l'aver adempiuto ai propri doveri di istituto non può esonerare il dipendente dalle conseguenze di successive azioni illecite (conf.: Cons. Stato, Sez. IV 7 marzo 2001 n. 1321).
Orbene, nel caso di specie, in cui si verte in relazione ad un illecito di carattere penale, avente ad oggetto comportamenti molesti, oggettivamente idonei a determinare discredito sul prestigio del Corpo militare, i buoni precedenti di carriera dell'inquisito non possono costituire ostacolo all'irrogazione di sanzioni disciplinari.
Pertanto, la censura non merita adesione.
4. Con l'ultimo mezzo, il ricorrente deduce che non sarebbe stata consentita la valutazione in ordine all'attività istruttoria compiuta e non si sarebbe tenuto conto della relazione del funzionario istruttore, peraltro neanche menzionata nell'impugnato provvedimento.
Il Ministero della Giustizia, con nota del 10.07.2008 ha contestato al ricorrente le infrazioni disciplinari di cui all'art. 5 comma 3 lettera d) ed all'art. 5 comma 3 lett. G) del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 . La documentazione in atti esibita dalla difesa erariale non mostra elementi di anomalia nella sequenza procedimentale e/o nell'istruttoria, come, del resto, implicitamente dimostra la circostanza secondo cui il ricorrente non ha sviluppato il profilo di gravame, a seguito del deposito documentale.
Conseguentemente, la censura non contiene elementi sufficientemente apprezzabili al fine di condurre alla caducazione del procedimento disciplinare di che trattasi.
In definitiva, il ricorso si appalesa infondato e va rigettato.
Le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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