ASSOCIAZIONI E ATTIVITA' SINDACALI
T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 19-06-2012, n. 5669
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Ha esposto il ricorrente Sindacato Autonomo dei Vigili del Fuoco CONAPO di essersi avveduto che, nell'ambito della rilevazione delle deleghe sindacali al 31 dicembre 2007, ai fini della misurazione della rappresentatività per il biennio 2008-2009, in corso da parte del Ministero dell'interno, non erano state conteggiate a favore dell'esponente 58 adesioni, antecedenti alla predetta data.
Ha narrato ancora il ricorrente che, nel comunicare tale circostanza al Ministero dell'interno, il CONAPO, anche rappresentato che per altri sindacati di categoria erano state conteggiate deleghe non più esistenti, per dimissioni degli aderenti, ha richiesto che la controversia fosse rimessa alla valutazione e decisione del Comitato Paritetico previsto dall'art. 43, comma 8 del D.Lgs. n. 165 del 2001, con richiesta di "riconteggio di tutte le deleghe presentate e di tutte le revoche effettivamente presentate e successivamente attivate".
Ha rappresentato, infine, il ricorrente che a tale richiesta non è stato dato alcun seguito, di talchè, con decreto 29 dicembre 2008, la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, ha stabilito la delegazione sindacale di cui all'art. 35 del D.lgs. 13 ottobre 2005, n. 217 per la partecipazione al procedimento negoziale dell'accordo per il biennio economico 2008-2009 riguardante il personale non direttivo e non dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco includendovi F. CISL VV.F., F.P. CGIL VV.F., UIL P.A. VV.F., RdB CUB VV.F e CONFSAL VV.F. ed escludendovi CONAPO.
Tanto premesso, ha lamentato il ricorrente sindacato che tale risultato, lesivo degli interessi del CONAPO, oltre a dipendere dall'erroneo conteggio di cui sopra, è affetto da altra illegittimità, consistente nell'applicazione al procedimento di cui trattasi dell'art. 41 del D.P.R. 7 maggio 2008, che ha previsto, ai fini dell'accertamento delle deleghe e nelle more dell'elezione dell'organismo di rappresentanza per il personale di cui al precedente art. 35, di tener conto dei dati associativi relativi alle associazioni sindacali con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, aggiornato al 31 gennaio dello stesso anno in cui si procede alla rilevazione.
Secondo il CONAPO, l'applicazione alla rilevazione dei dati al 31 dicembre 2007 del citato criterio, stabilito da una norma successiva a tale data, ha comportato il mancato conteggio degli associati CONAPO alla data del 31 dicembre 2007, per i quali la trattenuta nella busta paga era iniziata dal febbraio del 2008.
E tale metodo di conteggio, ha concluso il ricorrente, è contrario non solo al sistema di rilevazione precedentemente attuato ed in vigore alla data di riferimento del nuovo rilevamento, ma anche al parere del Consiglio di Stato, I, n. 451 del 2000, secondo cui per il computo delle deleghe sindacali rileva la data di rilascio o della consegna all'amministrazione e non la data nella quale viene operata la trattenuta.
Indi, dedotta, in forza di quanto sopra, la contraddittorietà, la carenza assoluta dei presupposti, la violazione del procedimento di cui all'art. 43, comma 8, del D.Lgs. n. 165 del 2001, la mancata nomina del responsabile del procedimento e la violazione di legge, il ricorrente ha domandato che l'adito Tribunale:
- ordini all'amministrazione di procedere al riconteggio delle deleghe in parola, considerando quelle trasmesse all'amministrazione entro la data del 31 dicembre 2007, al fine di dare piena applicazione all'art. 47-bis, comma 1, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 99, inerente l'individuazione della soglia di rappresentatività per l'ammissione delle OO.SS. alla contrattazione collettiva;
- accerti che l'amministrazione è tenuta a rideterminare le OO.SS. maggiormente rappresentative ammesse al procedimento negoziale di cui sopra sulla base del conteggio delle deleghe rilasciate al 31 dicembre 2007, indipendentemente dalla data di attuazione della ritenuta sindacale;
- condanni le intimate amministrazioni a risarcire al CONAPO tutti i danni patiti per i comportamenti ed atti denunziati, con particolare riferimento al danno all'immagine, da individuarsi in via equitativa, e da devolversi all'Opera Nazionale di Assistenza per il personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, eretta in ente morale con D.P.R. 30 giugno 1959, n. 630, con espressa volontà che vengano dall'ente devoluti ai figli dei vigili del fuoco caduti in servizio.
Le intimate amministrazioni si sono costituite in resistenza, svolgendo nel prosieguo in memoria le proprie difese, anche a mezzo di eccezioni di carattere pregiudiziale.
Con ordinanza 30 dicembre 2011, n. 10346 la Sezione ha disposto un incombente istruttorio a carico della parte resistente, che vi ha adempiuto con deposito del 5 marzo 2012.
Parte ricorrente ha affidato a memorie lo sviluppo delle proprie tesi difensive.
Il ricorso è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 giugno 2012.
Motivi della decisione
1. Il ricorrente sindacato lamenta di essere stato escluso dalla delegazione sindacale di cui all'art. 35 del D.lgs. 13 ottobre 2005, n. 217, per la partecipazione al procedimento negoziale relativo all'accordo per il biennio economico 2008-2009 del personale non direttivo e non dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
2. L'art. 35 del D.Lgs. n. 217 del 2005, recante l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252, costituisce, pertanto, previsione di riferimento della presente controversia.
La disposizione, che regola le delegazioni negoziali del comparto in parola, prevede che "Il procedimento negoziale intercorre tra una delegazione di parte pubblica composta dal Ministro per la funzione pubblica, che la presiede, e dai Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, o dai Sottosegretari di Stato rispettivamente delegati, e una delegazione delle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale del personale non direttivo e non dirigente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco individuate con decreto del Ministro per la funzione pubblica, in conformità alle disposizioni vigenti per il pubblico impiego in materia di accertamento della rappresentatività sindacale, misurata tenendo conto del dato associativo e del dato elettorale; le modalità di espressione di quest'ultimo, le relative forme di rappresentanza e le loro attribuzioni sono definite, tra le suddette delegazioni di parte pubblica e sindacale con apposito accordo recepito con il decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 34, comma 2, in attesa della cui entrata in vigore il decreto del Ministro per la funzione pubblica tiene conto del solo dato associativo".
Per l'accertamento della rappresentatività sindacale, l'art. 35 del D.Lgs. n. 217 del 2005 richiama indi le norme vigenti in via generale per il pubblico impiego.
Non potrebbe, d'altronde, essere altrimenti.
Infatti, la richiamata legge delega, art. 2 della L. n. 252 del 2004, nel dettare i principi e criteri direttivi della regolazione delegata e nel prevedere l'istituzione di un autonomo comparto di negoziazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al comma 1, lett. a), rimanda, quanto alla composizione delle delegazioni trattanti, per la parte sindacale, alle previsioni e alle procedure di cui agli articoli 42 e 43 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Vieppiù, lo stesso comma 1, lett. a), prevede al penultimo periodo una disposizione di chiusura, che recita "Per quanto riguarda gli istituti e le materie di partecipazione sindacale si applicano comunque gli articoli 42 e 43 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165".
Deve, pertanto, concludersi che la disciplina degli istituti e delle materie di partecipazione sindacale nell'ambito dell'autonomo comparto di negoziazione di cui trattasi è retta in linea generale, ovvero per quanto non specificamente regolato dal D.Lgs. n. 217 del 2005, direttamente dagli artt. 42 e 43 del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Tanto chiarito, si osserva che il D.Lgs. n. 165 del 2001, all'art. 63, comma 3, devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, sia le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 28 della L. 20 maggio 1970, n. 300, sia le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall'ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all'articolo 40 e seguenti del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Tale ultimo riferimento è al Titolo III del D.Lgs. n. 165 del 2001, che con gli artt. 40 e ss. regola la contrattazione collettiva e la rappresentatività sindacale.
Tra tali articoli figura, per quanto qui di particolare interesse, l'art. 43, dedicato alla rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva.
Ne deriva che, alla luce del combinato disposto delle predette disposizioni (art. 35 del D.Lgs. n. 217 del 2005; art. 2 della legge delega 252/2004; artt. 63 e 40 e ss. del D.Lgs. n. 165 del 2001), nelle parti sopra esposte, il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile per carenza di giurisdizione dell'adito Tribunale, risultando competente a delibare sulla materia il giudice ordinario.
3. Alle stesse conclusioni si perviene tenuto conto della natura della posizione soggettiva fatta valere nel presente giudizio.
Anche riguardata sotto tale ottica, deve infatti concludersi che la cognizione della controversia in esame spetta al giudice ordinario.
Va premesso che è indubitabile che la materia coinvolta dal presente gravame inerisce alla rappresentatività delle organizzazioni sindacali.
Va poi rammentato il criterio del petitum sostanziale, che, ai fini dell'individuazione del giudice competente a decidere una controversia, impone la ricognizione della posizione giuridica effettivamente dedotta dal soggetto che adisce la tutela giudiziale, a prescindere dal contenuto della domanda.
Alla stregua di tale criterio, la materia in argomento, secondo consolidata giurisprudenza amministrativa, già nel sistema anteriore (Cass. 7 agosto 1998, n. 7754), e, successivamente, nella vigenza dell'art. 63, D.Lgs. n. 165 del 2001, afferisce alla sfera dei diritti e delle libertà sindacali, e risulta pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, secondo l'interpretazione della Corte regolatrice (Cass. SS.UU., 10 maggio 2001, n. 192; 15 giugno 2000, n. 436), ritenuta costituzionalmente conforme (C. Cost., 24 aprile 2003, n. 143).
Tanto, sinteticamente ma esaustivamente, si deriva da C. Stato, IV, ordinanza 6 dicembre 2005, n. 5893, in controversia instaurata da sindacato di polizia penitenziaria
La medesima linea argomentativa giurisprudenziale, che parimenti conclude per la giurisdizione nella materia del giudice ordinario, svolgendo la connessa tematica, sottolinea:
- che i diritti soggettivi di associazione sindacale non sono suscettibili di degradazione (C. Stato, IV, ordinanza 20 dicembre 2005, n. 6179, in controversia attinente allo stesso comparto di cui sopra);
- che la nuova disciplina in materia di rappresentatività sindacale delle organizzazioni sindacali operanti nel settore pubblico, recata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, ha determinato criteri oggettivi di misurazione della rappresentatività stessa, ai fini, tra altro, della partecipazione alla contrattazione collettiva, facendo venir meno ogni discrezionalità della pubblica amministrazione, che, allo stato, deve limitarsi a verificare, attraverso un mero accertamento tecnico, la sussistenza obiettiva dei dati richiesti ai fini della titolarità e dell'esercizio delle prerogative sindacali. Di contro, le predette organizzazioni sono titolari di veri e propri diritti di libertà e di attività, non degradabili ad interessi legittimi, non configurandosi la possibilità di una valutazione discrezionale riservata all'amministrazione (C. Stato, IV, 10 giugno 2010, n. 3698, anche in riferimento a Cass. Civ., SS. UU., 22 maggio 1998, n. 7179 e 16 gennaio 2007, n. 758).
Può, ancora, rammentarsi sull'argomento che le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno da lungo tempo formulato il principio per cui le organizzazioni sindacali sono titolari di veri e propri diritti di liberta e di attività, non degradabili ad interessi legittimi per effetto di valutazioni discrezionali riservate alla pubblica amministrazione, da cui la giurisdizione del giudice ordinario, senza che possa rilevare, in contrario, la circostanza che in sede di ricorso al tribunale amministrativo regionale la parte abbia esplicitato un petitum formale consistente nell'annullamento di provvedimenti amministrativi (sentenze 27 luglio 1998, n. 7349; 22 luglio 1998, n. 7179; 14 febbraio 1997, n. 1398; 17 marzo 1995, n. 3104; 10 maggio 2001, n. 192).
Tale ultima condizione, del resto, è qui insussistente, essendosi parte ricorrente limitata ad introdurre le domande di accertamento e di condanna indicate in epigrafe, ancorchè, come rappresentato dalla parte resistente, il D.M. 29 dicembre 2008, recante la "misurazione" nel comparto della rappresentatività sindacale per il biennio 2008-2009, per cui è controversia, è stato pubblicato nella G.U. 11 febbraio 2009, n. 34 (da cui anche l'eccezione spiegata dalla parte resistente di tardività del gravame, notificato l'11 giugno 2009 e depositato il successivo 23 giugno).
4. Tanto basta per affermare conclusivamente che la cognizione della vicenda in discorso spetta al giudice ordinario e che deve, quindi, dichiararsi al riguardo il difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo.
Per l'effetto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.
Alla dichiarazione di difetto di giurisdizione consegue il rinvio della causa al giudice ordinario, con salvezza, ferme restando le eventuali preclusioni e decadenze intervenute, degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice privo di giurisdizione, ai sensi del disposto di cui all'art.11, secondo comma, del codice del processo amministrativo di cui al D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 e s.m.i., che fa "salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato".
Al riguardo, può ancora rammentarsi, ad abundantiam, ovvero al fine di sgombrare il campo da ogni eventuale questione fondata sull'anteriorità dell'instaurazione del gravame rispetto all'entrata in vigore del c.p.a. (16 settembre 2010), che il principio della traslatio iudicii recepito dal ridetto art. 11 c.p.a. è stato affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 12 marzo 2007, n. 77, e, precedentemente all'entrata in vigore del c.p.a., è stato disciplinato in via generale dall'art. 59 della L. 18 giugno 2009, n. 69.
La natura della posizione azionata rende equo disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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