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mercoledì 26 settembre 2018
N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 agosto 2018 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 agosto 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Impiego pubblico - Norme della Regione autonoma Sardegna - Riconoscimento di una indennita' aggiuntiva al personale non dirigente preposto al coordinamento delle Unita' di progetto - Determinazione, da parte dell'assessore competente in materia di personale, del contingente dei posti da mettere a concorso. - Legge della Regione autonoma Sardegna 18 giugno 2018, n. 21 (Misure urgenti per il reclutamento di personale nel sistema Regione. Modifiche alla legge regionale n. 31 del 1998, alla legge regionale n. 13 del 2006, alla legge regionale n. 36 del 2013 e alla legge regionale n. 37 del 2016), artt. 2 e 6. (GU n.38 del 26-9-2018 )
N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 agosto 2018
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 agosto 2018 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Impiego pubblico - Norme della Regione autonoma Sardegna -
Riconoscimento di una indennita' aggiuntiva al personale non
dirigente preposto al coordinamento delle Unita' di progetto -
Determinazione, da parte dell'assessore competente in materia di
personale, del contingente dei posti da mettere a concorso.
- Legge della Regione autonoma Sardegna 18 giugno 2018, n. 21 (Misure
urgenti per il reclutamento di personale nel sistema Regione.
Modifiche alla legge regionale n. 31 del 1998, alla legge regionale
n. 13 del 2006, alla legge regionale n. 36 del 2013 e alla legge
regionale n. 37 del 2016), artt. 2 e 6.
(GU n.38 del 26-9-2018 )
Ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri (codice
fiscale 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio
attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici ha
domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ricorrente,
Contro la Regione autonoma Sardegna, in persona del presidente
attualmente in carica resistente,
Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita'
degli articoli 2 e 6 della legge regionale 18 giugno 2018, n. 21,
avente ad oggetto «Misure urgenti per il reclutamento del personale
nel sistema regione. Modifiche alla legge regionale n. 31 del 1998,
alla legge regionale n. 13 del 2006, alla legge regionale n. 36 del
2013 e alla legge regionale n. 37 del 2016», pubblicata nel
Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna n. 82 del
21 giugno 2018.
Il consiglio regionale della Regione autonoma della Sardegna ha
approvato ed emanato in data 18 giugno 2018 la legge n. 21 che,
modificando ed integrando una serie di leggi regionali precedenti (la
legge n. 31/1998, la legge n. 13/2006, la legge n. 36/2013 e la legge
n. 37/2016) ha introdotto una serie di disposizioni in materia di
reclutamento del personale nel sistema regione.
Interessano qui in particolare le norme relative al reclutamento
di personale con qualifica dirigenziale, ai bandi di concorso, alla
nomina del direttore generale, alla proroga dei contratti, agli
uffici di protezione civile e all'integrazione del fondo per la
contrattazione collettiva.
Dette norme, secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri,
eccedono la competenza legislativa esclusiva regionale, come
attribuita dagli articoli 3 e 5 dello statuto speciale, e pertanto
ledono i principi di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l)
della Costituzione.
Da qui la necessita' della presente impugnazione, affidata ai
seguenti
Motivi
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge regionale 18
giugno 2016, n. 21, per contrasto con gli articoli 3 e 5 dello
statuto speciale della Regione Sardegna (legge costituzionale n.
3/1948), nonche' con l'art. 117, comma 2, lettera l) della
Costituzione, in riferimento all'art. 45 del decreto legislativo n.
165 del 2001 e alle altre norme del titolo III dello stesso decreto.
L'art. 26, comma 3, della legge regionale n. 31/1998 riconosceva
al personale preposto al coordinamento delle unita' di progetto per
il conseguimento di obiettivi specifici (previste dal comma 1 del
medesimo articolo) una retribuzione collegata al conseguimento degli
obiettivi stessi, secondo quanto disposto dalla contrattazione
collettiva regionale per l'area dirigenziale.
L'art. 2 della legge regionale in rubrica ha sostituito il comma
3 dell'art. 26 con un testo del seguente tenore:
«Al personale non dirigente preposto al coordinamento delle
unita' di cui al comma 1 e' riconosciuta un'indennita' aggiuntiva
equiparata alla retribuzione di posizione spettante al direttore di
servizio a alla relativa retribuzione di risultato commisurata al
raggiungimento degli obiettivi».
Ora, come noto, lo statuto speciale della Regione Sardegna
all'art. 3, comma 1, lettera a), attribuisce alla potesta'
legislativa esclusiva regionale la disciplina dell'ordinamento degli
uffici amministrativi regionale e dello stato giuridico ed economico
del relativo personale, ma con il rispetto delle norme fondamentali
delle riforme economico sociali della Repubblica.
Sennonche', l'art. 45, comma 1, del decreto legislativo n.
165/2001 prevede che il trattamento economico fondamentale ed
accessorio e' definito dalla contrattazione collettiva, e deve
seguire le procedure proprie in contraddittorio con le rappresentanze
sindacali.
Questa norma, e in definitiva tutto il sistema disciplinato
dall'intero decreto legislativo, si inserisce nel quadro della
riforma del lavoro pubblico a suo tempo introdotta dal decreto
legislativo n. 29/1993 ed ispirata alla finalita' di accrescere
l'efficienza delle amministrazioni in coerenza con gli standard degli
altri Paesi della Comunita' europea, di razionalizzare il costo del
lavoro pubblico contenendone la spesa complessiva entro i vincoli
della finanza pubblica, e di integrare progressivamente la disciplina
del lavoro pubblico con quella del lavoro privato.
Si tratta in sostanza di un complesso normativo, cui appartiene
la disposizione di cui all'art. 45 qui invocata a limite, che ha
profondamente innovato la disciplina precedente sul pubblico impiego,
ricostruendo l'intera materia intorno ai nuovi principi della
privatizzazione e della contrattualizzazione collettiva e
individuale.
In sostanza, il principio base e' quello per cui la regolazione
mediante contratti collettivi e individuali costituisce il metodo di
disciplina dei rapporti di lavoro nel settore pubblico.
Inutile dire, perche' ovvio, che tale disciplina si applica a
tutto il personale dipendente pubblico, e quindi anche a quello
regionale.
In sostanza, nel riservare alla contrattazione collettiva
l'intera definizione del trattamento economico nell'ottica di una
visione privatistica del rapporto di pubblico impiego, il legislatore
ha attuato una fondamentale riforma economica e sociale della
Repubblica (come peraltro espressamente detto dall'art. 1 del decreto
legislativo n. 165/2001) e le norme che traducono questa riforma
costituiscono limite invalicabile alla potesta' legislativa - anche
esclusiva - delle regioni.
La legge regionale previgente, infatti, lasciava alla
contrattazione collettiva regionale per l'area dirigenziale
l'individuazione delle retribuzione per il personale preposto al
coordinamento delle unita' di progetto.
La norma qui censurata invece, nel sostituirsi a quella, del
tutto tralascia la fonte contrattuale e fissa autonomamente sia
l'attribuzione che la misura della voce retributiva spettante al
personale preposto al coordinamento delle predette unita'. In cio' si
pone in contrasto con la norma statale che esige la definizione del
trattamento economico fondamentale ed accessorio del personale
pubblico mediante contrattazione collettiva, e viola il limite del
rispetto delle norme fondamentali di riforma economico sociale della
Repubblica.
Ma alla censura di incostituzionalita' della norma regionale qui
denunciata si perviene anche per altra - non meno fondata - via.
Come piu' volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale, se
e' vero che alla potesta' legislativa regionale e' demandata la
materia dell'organizzazione degli uffici, e' altrettanto vero che la
disciplina del rapporto di lavoro non attiene ai profili
organizzativi, ma appartiene alla sfera contrattuale e come tale
rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, cui e'
riservata la materia dell'ordinamento civile ai sensi dell'art. 117,
secondo comma, lettera l) della Costituzione.
L'impiego pubblico regionale deve ricondursi, per i profili
privatizzati del rapporto, all'ordinamento civile (e quindi alla
competenza legislativa statale esclusiva) e solo per i profili
pubblicistico organizzativi all'ordinamento e organizzazione
amministrativa regionale (Corte costituzionale n. 63/2012; Corte
costituzionale n. 339/2011; Corte costituzionale n. 233/2006).
Il rapporto di impiego alle dipendenze di regioni ed enti locali,
essendo privatizzato, e' retto dalla disciplina generale dei rapporti
di lavoro di tale tipo ed e' percio' soggetto alle regole statali che
ne garantiscono l'uniformita'.
«Conseguentemente, i principi fissati dalla legge statale in
materia costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati
sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di
garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati e,
come tali, si impongono anche alla regioni a statuto speciale» (Corte
costituzionale 14 giugno 2007, n. 189).
Non v'e' dubbio che la norma qui censurata attenga alla
disciplina del rapporto di lavoro e non alla mera organizzazione
degli uffici, trattando del trattamento economico di una categoria
del personale dipendente regionale, e quindi non puo' sottrarsi alla
regola della necessaria fonte contrattuale collettiva come
espressamente ed inderogabilmente sancito dalle norme dello Stato (v.
da ultimo Corte costituzionale 11 luglio 2017, n. 160).
Concludendo per questi aspetti, la norma qui denunciata deve
essere dichiarata costituzionalmente illegittima sia perche'
contrasta con norme fondamentali di riforma economico sociale della
Repubblica (e quindi travalica i limiti posti alla competenza
legislativa regionale), sia perche' indebitamente invade la sfera di
potesta' legislativa esclusiva dello Stato.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge regionale 14
giugno 2018, n. 21, per contrasto con gli articoli 3 e 5 dello
statuto speciale della Regione Sardegna (legge costituzionale n.
3/1948), nonche' con l'art. 97 della Costituzione, in riferimento
all'art. 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
L'art. 6 della legge regionale n. 21/2018 sostituisce il secondo
comma dell'art. 54 della legge regionale n. 31/1998 e dispone che:
«L'assessore competente in materia di personale, sulla base
delle necessita' di personale definite dall'amministrazione e dagli
enti del sistema regione ed alle quali non si possa far fronte
mediante processi di mobilita', fissa il contingente dei posti da
mettere a concorso, definito per specifiche professionalita' e sedi
di destinazione».
Ad avviso della Presidenza del Consiglio questa norma, pur
attenendo a profili organizzatori degli uffici regionali e quindi pur
rientrando nella competenza legislativa esclusiva regionale,
ugualmente si presta a censura di incostituzionalita' in quanto
travalica i limiti di tale competenza.
Essa infatti, come recita lo statuto speciale, deve essere
esercitata nel rispetto delle norme fondamentali di riforma economico
sociale della Repubblica, e tale vincolo nella fattispecie non e'
rispettato ove si osservi che la funzione attribuita dalla norma
regionale all'assessore al personale lede il principio della rigorosa
separazione tra compiti di indirizzo politico e compiti gestionali.
L'art. 4 del decreto legislativo n. 165/2001 (le cui norme ai
sensi dell'art. 1 del medesimo testo, come sopra ricordato, sono
espressamente definite «fondamentali di riforma economico sociale
della Repubblica» ai sensi e per gli effetti dell'art. 117 della
Costituzione) ribadisce che agli organi di governo spettano le
funzioni di indirizzo politico amministrativo, attraverso la
definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare nonche'
attraverso gli atti da adottare in quanto rientranti in quelle
funzioni.
In materia di personale, la norma assegna al vertice politico la
«individuazione delle risorse umane ... da destinare alle diverse
finalita' e la loro ripartizione tra gli uffici di livello
dirigenziale generale».
Altra cosa e' invece la funzione attribuita all'organo politico
dalla norma regionale qui censurata, che si incentra invece sulla
individuazione del fabbisogno assunzionale sia della regione che
degli enti di sistema, distinto per specifiche professionalita' e
sedi di destinazione.
Tali attivita' sembrano invece piu' propriamente attenere
all'organizzazione delle risorse umane e strumentali, e quindi
rientrare nelle competenze gestionali della dirigenza.
L'accertamento delle carenze di organico e l'apprezzamento del
grado di sofferenza delle singole sedi in relazione a tali carenze,
nonche' l'individuazione delle professionalita' necessarie allo
svolgimento delle attivita' istituzionali sono infatti strumentali
non tanto alla definizione degli obiettivi dell'ente, quanto
piuttosto al modo con cui quegli obiettivi devono essere raggiunti.
Non riguardano dunque l'indirizzo politico, quanto piuttosto
l'attivita' di gestione essendo noto che l'effettivo raggiungimento
degli obiettivi e' il parametro su cui si fonda la produttivita'
delle strutture amministrative e, in definitiva, il grado di
efficienza della pubblica amministrazione.
P.Q.M.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, come in epigrafe
rappresentata e difesa conclude per l'accoglimento del presente
ricorso e per la conseguente dichiarazione di incostituzionalita'
delle norme della legge regionale in esso denunciate.
Roma, 9 agosto 2018
L'avvocato dello Stato: Corsini
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