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mercoledì 11 dicembre 2019

N. 249 SENTENZA 22 ottobre - 4 dicembre 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Caccia - Norme della Regione Marche - Annotazione sul tesserino venatorio degli abbattimenti di capi di fauna selvatica - Obbligatorieta' in relazione agli abbattimenti "accertati" - Denunciata violazione della competenza statale esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - Non fondatezza della questione. - Legge della Regione Marche 7 novembre 2018, n. 44, art. 2, comma 1. - Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lettera s). (GU n.50 del 11-12-2019 )



N. 249 SENTENZA 22 ottobre - 4 dicembre 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Caccia - Norme della  Regione  Marche  -  Annotazione  sul  tesserino
  venatorio  degli  abbattimenti  di  capi  di  fauna   selvatica   -
  Obbligatorieta'  in  relazione  agli  abbattimenti  "accertati"   -
  Denunciata violazione della competenza statale esclusiva in materia
  di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema -  Non  fondatezza  della
  questione.
- Legge della Regione Marche 7 novembre 2018, n. 44, art. 2, comma 1.
- Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lettera s). 
(GU n.50 del 11-12-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
della legge della Regione Marche 7 novembre 2018,  n.  44  (Modifiche
alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme  per  la  protezione
della fauna selvatica e per la tutela  dell'equilibrio  ambientale  e
disciplina dell'attivita' venatoria"  e  disposizioni  urgenti  sulla
pianificazione faunistico-venatoria),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27  dicembre  2018-7
gennaio 2019, depositato in cancelleria il 28 dicembre 2018, iscritto
al n. 86 del  registro  ricorsi  2018  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  4,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2019.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
    udito nell'udienza  pubblica  del  22  ottobre  2019  il  Giudice
relatore Luca Antonini;
    uditi l'avvocato dello Stato Marina Russo per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano  Grassi  per  la  Regione
Marche.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 27 dicembre  2018
e depositato in cancelleria il 28 dicembre 2018,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato l'art. 2,  comma  1,  della  legge
della Regione Marche 7 novembre 2018, n.  44  (Modifiche  alla  legge
regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione  della  fauna
selvatica e per la tutela  dell'equilibrio  ambientale  e  disciplina
dell'attivita' venatoria" e disposizioni urgenti sulla pianificazione
faunistico-venatoria).
    La disposizione impugnata inserisce  all'art.  29  (Tesserino  di
caccia) della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7  (Norme
per  la  protezione  della  fauna   selvatica   e   per   la   tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria), il
comma 5-bis, il quale dispone che «[i]l cacciatore deve  annotare  in
modo indelebile, negli appositi spazi  del  tesserino  personale,  il
numero  di  capi  di  selvaggina  stanziale  e  migratoria  dopo  gli
abbattimenti accertati».
    2.- Ad avviso del ricorrente, questa norma violerebbe,  in  primo
luogo, l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  della  Costituzione,
invadendo la competenza legislativa esclusiva statale  nella  materia
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», dal  momento  che,  secondo
l'orientamento della  giurisprudenza  costituzionale,  la  disciplina
dettata dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione
della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo   venatorio)
rappresenterebbe quel  nucleo  minimo  di  salvaguardia  della  fauna
selvatica  il  cui  rispetto  deve  essere   assicurato   sull'intero
territorio nazionale, «ponendo regole che possono  essere  modificate
dalle Regioni, nell'esercizio  della  loro  potesta'  legislativa  in
materia di caccia, esclusivamente nella  direzione  dell'innalzamento
del livello di tutela».
    Nel caso di specie, tale nucleo minimo sarebbe ravvisabile  nella
norma posta dall'art. 12, comma 12-bis, della citata legge n. 157 del
1992 - introdotto dall'art. 31 della legge  7  luglio  2016,  n.  122
(Disposizioni   per   l'adempimento    degli    obblighi    derivanti
dall'appartenenza dell'Italia  all'Unione  europea  -  Legge  europea
2015-2016), al  fine  di  risolvere  le  criticita'  sollevate  dalla
Commissione  europea  in  occasione   della   procedura   «EU   pilot
6955/14/ENVI»  -,  il  quale,  prevedendo  che  la  fauna   selvatica
stanziale e migratoria debba essere annotata sul tesserino  venatorio
«subito dopo l'abbattimento», avrebbe lo scopo «di  fornire  un  dato
reale sul prelievo venatorio».
    Secondo l'Avvocatura, la norma impugnata, «intesa nel senso»  che
i capi  di  selvaggina  possano  non  essere  annotati  «subito  dopo
l'abbattimento»,  si  porrebbe  in  contrasto  con  tale  disciplina,
determinando una riduzione del livello  minimo  di  protezione  della
fauna.
    Per effetto della stessa disposizione  «potrebbero,  invero,  non
venire riportati sul tesserino venatorio i capi di selvaggina feriti,
non rinvenuti, o quelli per  cui,  anche  se  abbattuti,  particolari
condizioni di tempo, luce e sparo ne impediscano il recupero».
    3.- In secondo luogo, ad avviso del Presidente del Consiglio  dei
ministri, l'art. 2, comma 1, della legge reg. Marche n. 44  del  2018
recherebbe un vulnus anche  all'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione al sopra menzionato «caso EU pilot 6955/14/ENVI».
    La disposizione censurata difatti, «modificando» l'art. 12, comma
12-bis, della legge n. 157 del 1992 - norma preordinata a superare le
criticita' oggetto della menzionata  procedura  di  pre-infrazione  -
«ripropo[rrebbe]  le  illegittimita'  riscontrate  dalla  Commissione
europea», cosi' ledendo l'evocato parametro costituzionale.
    4.- Si e' costituita la Regione Marche, chiedendo la declaratoria
d'inammissibilita' e di infondatezza delle questioni promosse.
    4.1.- La Regione  resistente  prende  le  mosse  dalla  questione
prospettata  in  riferimento  all'art.  117,  primo   comma,   Cost.,
eccependone  l'inammissibilita'   per   omessa   individuazione   del
parametro interposto.
    Il ricorrente non avrebbe, infatti, indicato le norme europee e i
conseguenti vincoli in ipotesi violati; ne'  sarebbe  sufficiente  la
mera evocazione - che peraltro si tradurrebbe in una motivazione  per
relationem -  delle  «illegittimita'  riscontrate  dalla  Commissione
europea», non essendo state in alcun modo  precisate  le  ragioni  in
forza delle quali e' stata aperta l'indicata procedura.
    4.2.- Sarebbe, invece, infondata, a parere della Regione  Marche,
la questione promossa in riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost.
    Contrariamente a quanto ipotizzato dal  ricorrente,  infatti,  la
norma impugnata non escluderebbe che i  capi  di  selvaggina  debbano
essere  annotati  sul  tesserino  venatorio  subito  dopo   il   loro
abbattimento, limitandosi piuttosto a precisare che tale  annotazione
presuppone  che  l'abbattimento  stesso   sia   «accertato»,   ovvero
costituisca  un  dato  reale  ed  effettivo,  e   non   semplicemente
«presunto».
    Cosi' rettamente  interpretata,  la  disposizione  censurata  non
comporterebbe, avuto particolare riguardo  al  momento  in  cui  deve
essere  effettuata  l'annotazione,  una  diminuzione  dello  standard
minimo di tutela della fauna stabilito dal legislatore nazionale  con
l'art. 12, comma 12-bis, della legge n. 157 del 1992.  Essa,  d'altro
canto, sarebbe del tutto coerente con il disposto della norma statale
appena  citata,  giacche'   anche   questa   impone   ai   cacciatori
l'annotazione della fauna «abbattuta»  e  non  «di  quella  che,  per
l'appunto, non risulti tale».
    5.- In prossimita' dell'udienza, la Regione Marche ha  depositato
tempestiva memoria.
    5.1.- Con  riferimento  alla  questione  riferita  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., la resistente segnala  che  non  e'
stata oggetto di impugnazione da parte del Presidente  del  Consiglio
dei ministri la legge della Regione Toscana 28  luglio  2017,  n.  37
(Disposizioni in materia  faunistico-venatoria  e  di  manufatti  per
esigenze venatorie. Modifiche alle leggi regionali 3/1994, 84/2016  e
65/2014), il cui art. 8 prevede che  «[n]el  tesserino  e'  annotata,
subito dopo l'abbattimento accertato, la fauna selvatica stanziale  e
migratoria  abbattuta».  Ad  avviso  della   Regione   Marche,   tale
disposizione  espliciterebbe  cio'  che  nella  norma  impugnata  con
l'odierno   ricorso   «e'   rimasto   sotteso   [...],   ovvero   che
l'accertamento  dell'abbattimento  di  un   esemplare   della   fauna
selvatica non impedi[rebbe] affatto» di annotare l'evento subito dopo
l'abbattimento stesso.
    Analogamente, la resistente evidenzia che  nemmeno  vi  e'  stata
impugnativa statale nei confronti  di  una  «previsione  identica»  a
quella oggetto del presente giudizio, contenuta nell'art. 8, comma 1,
lettera c), della legge della Regione Lombardia 28 dicembre 2017,  n.
37    (Disposizioni    per    l'attuazione    della    programmazione
economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'articolo  9-ter  della
L.R.  31  marzo  1978,   n.   34   "Norme   sulle   procedure   della
programmazione, sul bilancio e sulla contabilita'  della  Regione"  -
Collegato 2018), che ha sostituito il  comma  7  dell'art.  22  della
legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993, n.  26  (Norme  per  la
protezione della fauna selvatica  e  per  la  tutela  dell'equilibrio
ambientale e  disciplina  dell'attivita'  venatoria).  Viceversa,  la
memoria sottolinea che  e'  stata  invece  impugnata  la  modifica  -
apportata dall'art. 15,  comma  1,  lettera  j),  della  legge  della
Regione  Lombardia  4  dicembre  2018,  n.  17  (Legge  di  revisione
normativa e di semplificazione 2018) - alla  disposizione  da  ultimo
richiamata, che ora richiede  di  compiere  l'annotazione  «dopo  gli
abbattimenti e l'avvenuto recupero»: tale  locuzione,  assente  nella
disposizione marchigiana, imporrebbe di recuperare il capo  abbattuto
prima   di   procedere   all'annotazione   sul   tesserino   e   cio'
giustificherebbe, secondo la resistente, la  censura  del  Presidente
del Consiglio.
    Anche alla luce delle considerazioni  appena  esposte,  la  norma
impugnata non si porrebbe dunque in contrasto con  l'art.  12,  comma
12-bis, della legge n. 157 del 1992.
    5.2.- Quanto, invece, alla censura riferita all'art.  117,  primo
comma, Cost., la memoria ne ribadisce la manifesta inammissibilita' e
in ogni caso la  infondatezza,  precisando  che  la  norma  impugnata
risulterebbe in linea con quanto richiesto dalla Commissione  europea
in ordine alla necessita' di prevedere, per  tutte  le  specie  senza
distinzioni, l'annotazione della fauna dopo l'abbattimento.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  l'art.  2,
comma 1, della legge della Regione Marche  7  novembre  2018,  n.  44
(Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7  "Norme  per  la
protezione della fauna selvatica  e  per  la  tutela  dell'equilibrio
ambientale e  disciplina  dell'attivita'  venatoria"  e  disposizioni
urgenti sulla pianificazione  faunistico-venatoria),  in  riferimento
all'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione.
    La disposizione impugnata inserisce  all'art.  29  (Tesserino  di
caccia) della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7  (Norme
per  la  protezione  della  fauna   selvatica   e   per   la   tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria), il
comma 5-bis, il quale dispone che «[i]l cacciatore deve  annotare  in
modo indelebile, negli appositi spazi  del  tesserino  personale,  il
numero  di  capi  di  selvaggina  stanziale  e  migratoria  dopo  gli
abbattimenti accertati».
    2.- Con una prima censura, il ricorrente ritiene  violato  l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., per invasione della competenza
legislativa esclusiva statale nella materia «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema», in quanto l'art. 12, comma 12-bis, della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio), prevedendo  che  «[l]a  fauna
selvatica stanziale e migratoria abbattuta deve essere  annotata  sul
tesserino venatorio di cui al comma 12 subito  dopo  l'abbattimento»,
integrerebbe  uno  standard  minimo  di  salvaguardia   della   fauna
selvatica,  il  cui  rispetto  deve  essere  assicurato   sull'intero
territorio nazionale.
    La norma regionale impugnata, invece, «intesa nel  senso»  che  i
capi  non  debbano  essere  necessariamente  annotati   subito   dopo
l'abbattimento, derogherebbe al suddetto standard  statale  riducendo
il livello di tutela della fauna.  Inoltre,  in  forza  della  stessa
disposizione regionale potrebbero «non venire riportati sul tesserino
venatorio i capi di selvaggina feriti, non rinvenuti,  o  quelli  per
cui, anche se abbattuti, particolari  condizioni  di  tempo,  luce  e
sparo ne impediscano il recupero».
    3.-  La  questione  non  e'  fondata,  nei  termini  di   seguito
precisati.
    3.1.- Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare che l'art. 12,
comma 12, della legge n. 157 del 1992, laddove stabilisce che ai fini
dell'esercizio dell'attivita' venatoria e' necessario il possesso  di
un apposito tesserino rilasciato dalla Regione di residenza,  esprime
«una  soglia  uniforme  di  protezione  da  osservare  su  tutto   il
territorio nazionale» (sentenza n. 90 del 2013; nello  stesso  senso,
sentenza n. 278 del  2012).  Tale  documento  riveste,  infatti,  una
generale funzione abilitativa e di controllo, la  quale  si  aggiunge
all'altra, che gli e' parimenti propria, di consentire  una  verifica
sulla selvaggina cacciata (sentenza n. 90 del 2013).
    Va peraltro precisato che il citato art. 12, comma 12,  prescrive
soltanto che il tesserino indichi le  specifiche  norme  inerenti  il
calendario regionale, nonche' le forme in cui  l'esercizio  venatorio
puo' essere praticato (individuate dal comma 5 dello stesso articolo,
e tra le quali il cacciatore sceglie  quella  da  esercitare  in  via
esclusiva) e gli ambiti territoriali  di  caccia  ove  e'  consentita
l'attivita'  venatoria.  Le  modalita'  inerenti  l'annotazione   sul
tesserino  dei  capi  di  fauna   abbattuti   sono   state,   invece,
disciplinate dalle Regioni, in via  legislativa  o  regolamentare,  e
questa Corte, in passato, ha ritenuto che il suddetto art. 12,  comma
12, non dettasse alcuna  prescrizione  specifica  in  ordine  a  tali
modalita' di annotazione, rimesse in linea di massima  alla  potesta'
legislativa  residuale  regionale  inerente   l'attivita'   venatoria
(sentenze n. 227 del 2011 e n. 332 del 2006).
    3.2.- La previsione che sul tesserino debbano essere eseguite  le
annotazioni dei capi di  fauna  abbattuti  e'  stata  introdotta  dal
legislatore statale solo successivamente, con l'art. 31 della legge 7
luglio 2016, n. 122 (Disposizioni per  l'adempimento  degli  obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione  europea  -  Legge
europea 2015-2016), che ha aggiunto all'art. 12 della  legge  n.  157
del 1992 il comma 12-bis.
    Come risulta dalla relazione al  disegno  di  legge  governativo,
tale disposizione e' finalizzata alla chiusura  di  alcune  questioni
inerenti  il  caso  citato  nella  rubrica  dello  stesso   art.   31
(Disposizioni  relative  alla  protezione   della   fauna   selvatica
omeoterma e al  prelievo  venatorio.  Caso  EU  Pilot  6955/14/ENVI),
avviato dalla Commissione europea nell'ottobre 2014 con una richiesta
di informazioni sull'attivita' di monitoraggio del prelievo venatorio
in Italia e sul relativo impatto, in particolare con riferimento alle
specie in cattivo stato di conservazione.
    Nel corso di tale procedura informativa era  stato  rilevato,  in
particolare,  che  le  previsioni  di  numerose  Regioni,  collocando
l'obbligo di annotare i capi di fauna migratoria  abbattuti  solo  al
termine della giornata di caccia (o - ma unicamente per le specie  di
fauna stanziale - subito dopo  il  singolo  abbattimento),  rendevano
piu'  difficili  le  operazioni  di  controllo,  riducendo   altresi'
l'affidabilita' dei dati raccolti.
    3.3.- L'introduzione del comma 12-bis nell'art. 12 della legge n.
157 del 1992 persegue dunque  la  chiara  finalita'  di  dettare  una
disciplina uniforme dell'annotazione sul tesserino degli abbattimenti
di capi di fauna selvatica,  sia  essa  stanziale  o  migratoria:  la
prescritta tempestivita' dell'annotazione stessa rispetto al  momento
dell'abbattimento  (e  la  connessa  sanzionabilita'   dell'omissione
mediante l'illecito amministrativo previsto dall'art.  31,  comma  1,
lett. i, della legge n. 157 del 1992) e'  preordinata  ad  assicurare
maggiore  efficacia  ai  controlli  sulla  selvaggina  cacciata  e  a
conseguire dal complesso dei tesserini venatori dati piu'  genuini  e
affidabili in ordine alla  effettiva  consistenza  della  popolazione
faunistica.
    A tale riguardo, mette conto altresi' rilevare che  la  direttiva
2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del  30  novembre
2009, concernente la conservazione degli uccelli  selvatici,  prevede
all'art. 2 che «[g]li Stati membri adottano le misure necessarie  per
mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli  di
cui all'articolo 1 a un livello che corrisponde in  particolare  alle
esigenze ecologiche, scientifiche  e  culturali,  pur  tenendo  conto
delle esigenze economiche e ricreative», mentre all'art. 7, paragrafo
4, impone agli Stati di accertarsi che «l'attivita'  venatoria  [...]
rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una  regolazione
ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e  sia
compatibile, per quanto riguarda la popolazione  delle  medesime,  in
particolare delle specie migratrici, con  le  disposizioni  derivanti
dall'articolo 2. [...] Gli Stati membri trasmettono alla  Commissione
tutte le informazioni  utili  sull'applicazione  pratica  della  loro
legislazione sulla caccia».
    Le prescrizioni dettate dall'art. 12, comma 12-bis,  della  legge
n. 157 del 1992 sono quindi finalizzate -  anche  in  ottemperanza  a
tali  principi  -  a  garantire  l'efficacia  dei   controlli   sugli
abbattimenti e, per tale via, la rilevazione di dati  attendibili  al
riguardo, quale necessaria premessa di una consapevole programmazione
venatoria e dell'adozione di misure di  protezione  della  selvaggina
appropriate in  quanto  basate  sulla  conoscenza  della  consistenza
effettiva della popolazione faunistica: in quest'ottica,  la  portata
precettiva della norma statale concorre a definire il  nucleo  minimo
di salvaguardia della fauna selvatica, stabilendo una soglia uniforme
di protezione da osservare su tutto il territorio nazionale.
    3.4.-  Venendo,  dunque,  alle  specifiche  censure   mosse   dal
ricorrente, sotto  un  primo  profilo  non  si  puo'  concludere  che
l'assenza nella norma impugnata della parola «subito»  valga  di  per
se'  a  ridurre  il  livello  minimo  di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema stabilito dalla disposizione statale  che,  con  tale
avverbio, sottolinea la immediatezza dell'obbligo di annotazione  del
capo abbattuto.
    La  norma  impugnata,   infatti,   collega   l'obbligo   predetto
all'evento dell'abbattimento e non, invece, a eventi successivi e  da
questo distinti (come il «recupero»), dei quali non  vi  e'  menzione
nella disposizione stessa. Puo' ben  dirsi,  dunque,  che  gia'  dopo
l'abbattimento l'annotazione  sul  tesserino  divenga  immediatamente
esigibile per il cacciatore.
    D'altro canto, dai lavori preparatori della legge reg. Marche  n.
44  del  2018  risulta  che  il  testo  unificato   approvato   dalla
commissione referente, poi divenuto legge, non ha recepito la diversa
proposta che, nel prevedere l'obbligo di  annotazione,  da  un  lato,
ripeteva   l'espressione   della   legge   statale   («subito    dopo
l'abbattimento»)  ma,  dall'altro,  vi  aggiungeva   le   parole   «e
l'avvenuto  recupero»:  criterio,  questo,  che   avrebbe   differito
l'annotazione a un momento,  quello  della  concreta  apprensione  da
parte del  cacciatore,  necessariamente  successivo  all'abbattimento
stesso.
    Pertanto, la norma  regionale,  interpretata  nel  senso  che  il
cacciatore debba annotare il capo di fauna  selvatica  immediatamente
dopo l'abbattimento, non riduce lo standard  di  tutela  della  fauna
selvatica introdotto dalla legge statale.
    3.5.- Ne', sotto  altro  profilo,  puo'  valere  a  procrastinare
l'obbligo di immediata annotazione - e, quindi, a ridurre lo standard
di tutela stabilito dalla norma statale - la specificazione, da parte
della disposizione regionale, dell'abbattimento come «accertato».
    Al riguardo, occorre innanzitutto precisare che  il  concetto  di
abbattimento utilizzato dal comma 12-bis dell'art. 12 della legge  n.
157 del 1992 si riferisce evidentemente solo  all'avvenuta  uccisione
del capo di fauna selvatica, conformemente al  significato  che  tale
termine assume nel piu' generale sistema della medesima legge,  anche
perche' e' l'unico rispondente all'esigenza di conseguire dati  certi
sulla reale entita' della popolazione faunistica.
    Cio' premesso va altresi' chiarito che se l'abbattimento ben puo'
essere percepito contestualmente all'atto  di  caccia,  tuttavia,  in
tutti gli altri casi di mancata evidenza, la  sua  verifica  potrebbe
richiedere un  accertamento  dell'effettiva  uccisione  del  capo  di
fauna, che il cacciatore dovra' comunque effettuare  -  e'  opportuno
precisarlo - immediatamente dopo avere sparato.
    Cosi' interpretata, dunque, la norma impugnata  non  collide  con
quella  statale,  la  quale   e'   si'   incentrata   sulla   massima
tempestivita' dell'annotazione, ma  pur  sempre  in  relazione  a  un
evento  effettivamente  realizzatosi,  coerentemente  con  la   sopra
evidenziata finalita' di consentire un monitoraggio  basato  su  dati
genuini circa la consistenza della popolazione faunistica.
    3.6.- Le considerazioni appena svolte consentono d'altro canto di
escludere la fondatezza anche dell'ulteriore profilo di censura,  che
il ricorrente ravvisa in una serie di situazioni - capi di selvaggina
feriti,  o  non  rinvenuti,  o  abbattuti,  ma  di  cui   particolari
condizioni di tempo, luce e sparo impediscano il recupero -  in  cui,
per effetto della interpretazione prospettata  dal  ricorso  statale,
l'annotazione non sarebbe dovuta.
    Sia nel caso del capo di fauna ferito che in quello del capo  non
rinvenuto, la ratio della norma statale non viene difatti in rilievo:
mancando un abbattimento effettivo,  il  dato  numerico  della  fauna
selvatica non risulta con certezza alterato. Ne', peraltro,  si  puo'
ritenere,  alla  luce  delle  finalita'  di  acquisire   informazioni
affidabili, che la norma statale obblighi ad annotare eventi  incerti
con l'effetto paradossale,  peraltro  contraddittorio  rispetto  alla
finalita' di tutela della  fauna  selvatica,  di  fornire  dati  solo
ipotetici in merito alla sua composizione.
    Quanto, invece, ai capi abbattuti, ma di cui non sia possibile il
recupero, la circostanza che l'avvenuto  abbattimento  sia  postulato
dallo stesso ricorrente nel  formulare  la  suddetta  ipotesi,  rende
evidente che l'obbligo della relativa annotazione debba  considerarsi
gia' sorto,  cosi'  che  non  sono  idonee  a  farlo  venir  meno  le
particolari condizioni di tempo, luce  e  sparo  che  impediscano  il
recupero stesso.
    3.7.-  In  conclusione,  il  percorso   argomentativo   fin   qui
illustrato conduce a  una  interpretazione  adeguatrice  della  norma
impugnata in senso compatibile con  lo  standard  minimo  e  uniforme
stabilito  da  quella  statale  e,  pertanto,  nei  sensi  precisati,
all'esito di non fondatezza della questione.
    4.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,  l'art.  2,
comma 1, della legge reg. Marche  n.  44  del  2018  si  porrebbe  in
contrasto  anche  con  l'art.  117,  primo  comma,   Cost.,   poiche'
«modificando» l'art. 12, comma 12-bis, della legge n. 157  del  1992,
norma preordinata a superare le  criticita'  oggetto  del  menzionato
caso  EU  Pilot  6955/14/ENVI,  «ripropo[rrebbe]  le   illegittimita'
riscontrate dalla Commissione europea».
    4.1- La Regione Marche  ha  eccepito  la  inammissibilita'  della
questione, per manifesta genericita' della censura.
    L'eccezione e' fondata.
    Come questa Corte ha piu'  volte  chiarito,  il  ricorso  in  via
principale deve  identificare  «esattamente  la  questione  nei  suoi
termini   normativi,   indicando   le   norme   costituzionali    (ed
eventualmente  interposte)  e  ordinarie,  la  definizione  del   cui
rapporto di compatibilita' o incompatibilita'  costituisce  l'oggetto
della questione e, inoltre,  deve  contenere  una  argomentazione  di
merito a sostegno  della  richiesta  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale» (ex plurimis, sentenza n. 63 del 2016;  nello  stesso
senso, ordinanza n. 201 del 2017).
    La  censura  statale,  invece,  non  indica  alcuna  disposizione
sovranazionale contrastante con quella impugnata, in contrasto con il
costante orientamento della giurisprudenza costituzionale che esclude
l'ammissibilita' delle questioni sollevate  in  riferimento  all'art.
117,  primo  comma,  Cost.  senza  la  specificazione   delle   norme
interposte violate (ex plurimis, sentenza n. 156 del 2016;  ordinanza
n. 201 del 2017).
    Ne'  l'onere  di  identificare  esattamente  la  questione   puo'
ritenersi assolto dal riferimento al caso EU Pilot sopra  menzionato,
mancando nel ricorso qualsiasi argomentazione in merito al  contenuto
delle violazioni asseritamente riscontrate dalla Commissione europea.
A  cio'  si  aggiunga  che  il  meccanismo  da  questa  attivato  non
necessariamente rappresenta un indice  univoco  della  violazione  di
norme europee, essendo esso finalizzato principalmente,  come  emerge
dalla  comunicazione  della  Commissione  del   5   settembre   2007,
"Un'Europa dei risultati -  applicazione  del  diritto  comunitario",
allo scambio di informazioni e alla risoluzione di problemi  in  tema
di  applicazione  del  diritto   dell'Unione   europea   nella   fase
antecedente all'apertura formale della  procedura  di  infrazione  ai
sensi  dell'art.  258  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato  di  Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130.
    Deve quindi essere dichiarata l'inammissibilita' della  questione
riferita all'art. 117, primo comma, Cost.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge della Regione Marche
7 novembre 2018, n. 44 (Modifiche  alla  legge  regionale  5  gennaio
1995, n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica  e  per  la
tutela  dell'equilibrio  ambientale   e   disciplina   dell'attivita'
venatoria"    e    disposizioni    urgenti    sulla    pianificazione
faunistico-venatoria), promossa, in riferimento all'art.  117,  primo
comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri,
con il ricorso indicato in epigrafe;
    2) dichiara non fondata, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,  della
legge reg. Marche n. 44 del 2018, promossa, in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                      Luca ANTONINI, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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