N. 249 SENTENZA 22 ottobre - 4 dicembre 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Caccia - Norme della Regione Marche - Annotazione sul tesserino
venatorio degli abbattimenti di capi di fauna selvatica -
Obbligatorieta' in relazione agli abbattimenti "accertati" -
Denunciata violazione della competenza statale esclusiva in materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - Non fondatezza della
questione.
- Legge della Regione Marche 7 novembre 2018, n. 44, art. 2, comma 1.
- Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lettera s).
(GU n.50 del 11-12-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
della legge della Regione Marche 7 novembre 2018, n. 44 (Modifiche
alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione
della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e
disciplina dell'attivita' venatoria" e disposizioni urgenti sulla
pianificazione faunistico-venatoria), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27 dicembre 2018-7
gennaio 2019, depositato in cancelleria il 28 dicembre 2018, iscritto
al n. 86 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno
2019.
Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
udito nell'udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice
relatore Luca Antonini;
uditi l'avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 27 dicembre 2018
e depositato in cancelleria il 28 dicembre 2018, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato l'art. 2, comma 1, della legge
della Regione Marche 7 novembre 2018, n. 44 (Modifiche alla legge
regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione della fauna
selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina
dell'attivita' venatoria" e disposizioni urgenti sulla pianificazione
faunistico-venatoria).
La disposizione impugnata inserisce all'art. 29 (Tesserino di
caccia) della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme
per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria), il
comma 5-bis, il quale dispone che «[i]l cacciatore deve annotare in
modo indelebile, negli appositi spazi del tesserino personale, il
numero di capi di selvaggina stanziale e migratoria dopo gli
abbattimenti accertati».
2.- Ad avviso del ricorrente, questa norma violerebbe, in primo
luogo, l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione,
invadendo la competenza legislativa esclusiva statale nella materia
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», dal momento che, secondo
l'orientamento della giurisprudenza costituzionale, la disciplina
dettata dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione
della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)
rappresenterebbe quel nucleo minimo di salvaguardia della fauna
selvatica il cui rispetto deve essere assicurato sull'intero
territorio nazionale, «ponendo regole che possono essere modificate
dalle Regioni, nell'esercizio della loro potesta' legislativa in
materia di caccia, esclusivamente nella direzione dell'innalzamento
del livello di tutela».
Nel caso di specie, tale nucleo minimo sarebbe ravvisabile nella
norma posta dall'art. 12, comma 12-bis, della citata legge n. 157 del
1992 - introdotto dall'art. 31 della legge 7 luglio 2016, n. 122
(Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea
2015-2016), al fine di risolvere le criticita' sollevate dalla
Commissione europea in occasione della procedura «EU pilot
6955/14/ENVI» -, il quale, prevedendo che la fauna selvatica
stanziale e migratoria debba essere annotata sul tesserino venatorio
«subito dopo l'abbattimento», avrebbe lo scopo «di fornire un dato
reale sul prelievo venatorio».
Secondo l'Avvocatura, la norma impugnata, «intesa nel senso» che
i capi di selvaggina possano non essere annotati «subito dopo
l'abbattimento», si porrebbe in contrasto con tale disciplina,
determinando una riduzione del livello minimo di protezione della
fauna.
Per effetto della stessa disposizione «potrebbero, invero, non
venire riportati sul tesserino venatorio i capi di selvaggina feriti,
non rinvenuti, o quelli per cui, anche se abbattuti, particolari
condizioni di tempo, luce e sparo ne impediscano il recupero».
3.- In secondo luogo, ad avviso del Presidente del Consiglio dei
ministri, l'art. 2, comma 1, della legge reg. Marche n. 44 del 2018
recherebbe un vulnus anche all'art. 117, primo comma, Cost., in
relazione al sopra menzionato «caso EU pilot 6955/14/ENVI».
La disposizione censurata difatti, «modificando» l'art. 12, comma
12-bis, della legge n. 157 del 1992 - norma preordinata a superare le
criticita' oggetto della menzionata procedura di pre-infrazione -
«ripropo[rrebbe] le illegittimita' riscontrate dalla Commissione
europea», cosi' ledendo l'evocato parametro costituzionale.
4.- Si e' costituita la Regione Marche, chiedendo la declaratoria
d'inammissibilita' e di infondatezza delle questioni promosse.
4.1.- La Regione resistente prende le mosse dalla questione
prospettata in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost.,
eccependone l'inammissibilita' per omessa individuazione del
parametro interposto.
Il ricorrente non avrebbe, infatti, indicato le norme europee e i
conseguenti vincoli in ipotesi violati; ne' sarebbe sufficiente la
mera evocazione - che peraltro si tradurrebbe in una motivazione per
relationem - delle «illegittimita' riscontrate dalla Commissione
europea», non essendo state in alcun modo precisate le ragioni in
forza delle quali e' stata aperta l'indicata procedura.
4.2.- Sarebbe, invece, infondata, a parere della Regione Marche,
la questione promossa in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost.
Contrariamente a quanto ipotizzato dal ricorrente, infatti, la
norma impugnata non escluderebbe che i capi di selvaggina debbano
essere annotati sul tesserino venatorio subito dopo il loro
abbattimento, limitandosi piuttosto a precisare che tale annotazione
presuppone che l'abbattimento stesso sia «accertato», ovvero
costituisca un dato reale ed effettivo, e non semplicemente
«presunto».
Cosi' rettamente interpretata, la disposizione censurata non
comporterebbe, avuto particolare riguardo al momento in cui deve
essere effettuata l'annotazione, una diminuzione dello standard
minimo di tutela della fauna stabilito dal legislatore nazionale con
l'art. 12, comma 12-bis, della legge n. 157 del 1992. Essa, d'altro
canto, sarebbe del tutto coerente con il disposto della norma statale
appena citata, giacche' anche questa impone ai cacciatori
l'annotazione della fauna «abbattuta» e non «di quella che, per
l'appunto, non risulti tale».
5.- In prossimita' dell'udienza, la Regione Marche ha depositato
tempestiva memoria.
5.1.- Con riferimento alla questione riferita all'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., la resistente segnala che non e'
stata oggetto di impugnazione da parte del Presidente del Consiglio
dei ministri la legge della Regione Toscana 28 luglio 2017, n. 37
(Disposizioni in materia faunistico-venatoria e di manufatti per
esigenze venatorie. Modifiche alle leggi regionali 3/1994, 84/2016 e
65/2014), il cui art. 8 prevede che «[n]el tesserino e' annotata,
subito dopo l'abbattimento accertato, la fauna selvatica stanziale e
migratoria abbattuta». Ad avviso della Regione Marche, tale
disposizione espliciterebbe cio' che nella norma impugnata con
l'odierno ricorso «e' rimasto sotteso [...], ovvero che
l'accertamento dell'abbattimento di un esemplare della fauna
selvatica non impedi[rebbe] affatto» di annotare l'evento subito dopo
l'abbattimento stesso.
Analogamente, la resistente evidenzia che nemmeno vi e' stata
impugnativa statale nei confronti di una «previsione identica» a
quella oggetto del presente giudizio, contenuta nell'art. 8, comma 1,
lettera c), della legge della Regione Lombardia 28 dicembre 2017, n.
37 (Disposizioni per l'attuazione della programmazione
economico-finanziaria regionale, ai sensi dell'articolo 9-ter della
L.R. 31 marzo 1978, n. 34 "Norme sulle procedure della
programmazione, sul bilancio e sulla contabilita' della Regione" -
Collegato 2018), che ha sostituito il comma 7 dell'art. 22 della
legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26 (Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria). Viceversa, la
memoria sottolinea che e' stata invece impugnata la modifica -
apportata dall'art. 15, comma 1, lettera j), della legge della
Regione Lombardia 4 dicembre 2018, n. 17 (Legge di revisione
normativa e di semplificazione 2018) - alla disposizione da ultimo
richiamata, che ora richiede di compiere l'annotazione «dopo gli
abbattimenti e l'avvenuto recupero»: tale locuzione, assente nella
disposizione marchigiana, imporrebbe di recuperare il capo abbattuto
prima di procedere all'annotazione sul tesserino e cio'
giustificherebbe, secondo la resistente, la censura del Presidente
del Consiglio.
Anche alla luce delle considerazioni appena esposte, la norma
impugnata non si porrebbe dunque in contrasto con l'art. 12, comma
12-bis, della legge n. 157 del 1992.
5.2.- Quanto, invece, alla censura riferita all'art. 117, primo
comma, Cost., la memoria ne ribadisce la manifesta inammissibilita' e
in ogni caso la infondatezza, precisando che la norma impugnata
risulterebbe in linea con quanto richiesto dalla Commissione europea
in ordine alla necessita' di prevedere, per tutte le specie senza
distinzioni, l'annotazione della fauna dopo l'abbattimento.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art. 2,
comma 1, della legge della Regione Marche 7 novembre 2018, n. 44
(Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria" e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria), in riferimento
all'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione.
La disposizione impugnata inserisce all'art. 29 (Tesserino di
caccia) della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme
per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria), il
comma 5-bis, il quale dispone che «[i]l cacciatore deve annotare in
modo indelebile, negli appositi spazi del tesserino personale, il
numero di capi di selvaggina stanziale e migratoria dopo gli
abbattimenti accertati».
2.- Con una prima censura, il ricorrente ritiene violato l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., per invasione della competenza
legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema», in quanto l'art. 12, comma 12-bis, della legge 11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio), prevedendo che «[l]a fauna
selvatica stanziale e migratoria abbattuta deve essere annotata sul
tesserino venatorio di cui al comma 12 subito dopo l'abbattimento»,
integrerebbe uno standard minimo di salvaguardia della fauna
selvatica, il cui rispetto deve essere assicurato sull'intero
territorio nazionale.
La norma regionale impugnata, invece, «intesa nel senso» che i
capi non debbano essere necessariamente annotati subito dopo
l'abbattimento, derogherebbe al suddetto standard statale riducendo
il livello di tutela della fauna. Inoltre, in forza della stessa
disposizione regionale potrebbero «non venire riportati sul tesserino
venatorio i capi di selvaggina feriti, non rinvenuti, o quelli per
cui, anche se abbattuti, particolari condizioni di tempo, luce e
sparo ne impediscano il recupero».
3.- La questione non e' fondata, nei termini di seguito
precisati.
3.1.- Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare che l'art. 12,
comma 12, della legge n. 157 del 1992, laddove stabilisce che ai fini
dell'esercizio dell'attivita' venatoria e' necessario il possesso di
un apposito tesserino rilasciato dalla Regione di residenza, esprime
«una soglia uniforme di protezione da osservare su tutto il
territorio nazionale» (sentenza n. 90 del 2013; nello stesso senso,
sentenza n. 278 del 2012). Tale documento riveste, infatti, una
generale funzione abilitativa e di controllo, la quale si aggiunge
all'altra, che gli e' parimenti propria, di consentire una verifica
sulla selvaggina cacciata (sentenza n. 90 del 2013).
Va peraltro precisato che il citato art. 12, comma 12, prescrive
soltanto che il tesserino indichi le specifiche norme inerenti il
calendario regionale, nonche' le forme in cui l'esercizio venatorio
puo' essere praticato (individuate dal comma 5 dello stesso articolo,
e tra le quali il cacciatore sceglie quella da esercitare in via
esclusiva) e gli ambiti territoriali di caccia ove e' consentita
l'attivita' venatoria. Le modalita' inerenti l'annotazione sul
tesserino dei capi di fauna abbattuti sono state, invece,
disciplinate dalle Regioni, in via legislativa o regolamentare, e
questa Corte, in passato, ha ritenuto che il suddetto art. 12, comma
12, non dettasse alcuna prescrizione specifica in ordine a tali
modalita' di annotazione, rimesse in linea di massima alla potesta'
legislativa residuale regionale inerente l'attivita' venatoria
(sentenze n. 227 del 2011 e n. 332 del 2006).
3.2.- La previsione che sul tesserino debbano essere eseguite le
annotazioni dei capi di fauna abbattuti e' stata introdotta dal
legislatore statale solo successivamente, con l'art. 31 della legge 7
luglio 2016, n. 122 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge
europea 2015-2016), che ha aggiunto all'art. 12 della legge n. 157
del 1992 il comma 12-bis.
Come risulta dalla relazione al disegno di legge governativo,
tale disposizione e' finalizzata alla chiusura di alcune questioni
inerenti il caso citato nella rubrica dello stesso art. 31
(Disposizioni relative alla protezione della fauna selvatica
omeoterma e al prelievo venatorio. Caso EU Pilot 6955/14/ENVI),
avviato dalla Commissione europea nell'ottobre 2014 con una richiesta
di informazioni sull'attivita' di monitoraggio del prelievo venatorio
in Italia e sul relativo impatto, in particolare con riferimento alle
specie in cattivo stato di conservazione.
Nel corso di tale procedura informativa era stato rilevato, in
particolare, che le previsioni di numerose Regioni, collocando
l'obbligo di annotare i capi di fauna migratoria abbattuti solo al
termine della giornata di caccia (o - ma unicamente per le specie di
fauna stanziale - subito dopo il singolo abbattimento), rendevano
piu' difficili le operazioni di controllo, riducendo altresi'
l'affidabilita' dei dati raccolti.
3.3.- L'introduzione del comma 12-bis nell'art. 12 della legge n.
157 del 1992 persegue dunque la chiara finalita' di dettare una
disciplina uniforme dell'annotazione sul tesserino degli abbattimenti
di capi di fauna selvatica, sia essa stanziale o migratoria: la
prescritta tempestivita' dell'annotazione stessa rispetto al momento
dell'abbattimento (e la connessa sanzionabilita' dell'omissione
mediante l'illecito amministrativo previsto dall'art. 31, comma 1,
lett. i, della legge n. 157 del 1992) e' preordinata ad assicurare
maggiore efficacia ai controlli sulla selvaggina cacciata e a
conseguire dal complesso dei tesserini venatori dati piu' genuini e
affidabili in ordine alla effettiva consistenza della popolazione
faunistica.
A tale riguardo, mette conto altresi' rilevare che la direttiva
2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre
2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, prevede
all'art. 2 che «[g]li Stati membri adottano le misure necessarie per
mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di
cui all'articolo 1 a un livello che corrisponde in particolare alle
esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto
delle esigenze economiche e ricreative», mentre all'art. 7, paragrafo
4, impone agli Stati di accertarsi che «l'attivita' venatoria [...]
rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione
ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia
compatibile, per quanto riguarda la popolazione delle medesime, in
particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti
dall'articolo 2. [...] Gli Stati membri trasmettono alla Commissione
tutte le informazioni utili sull'applicazione pratica della loro
legislazione sulla caccia».
Le prescrizioni dettate dall'art. 12, comma 12-bis, della legge
n. 157 del 1992 sono quindi finalizzate - anche in ottemperanza a
tali principi - a garantire l'efficacia dei controlli sugli
abbattimenti e, per tale via, la rilevazione di dati attendibili al
riguardo, quale necessaria premessa di una consapevole programmazione
venatoria e dell'adozione di misure di protezione della selvaggina
appropriate in quanto basate sulla conoscenza della consistenza
effettiva della popolazione faunistica: in quest'ottica, la portata
precettiva della norma statale concorre a definire il nucleo minimo
di salvaguardia della fauna selvatica, stabilendo una soglia uniforme
di protezione da osservare su tutto il territorio nazionale.
3.4.- Venendo, dunque, alle specifiche censure mosse dal
ricorrente, sotto un primo profilo non si puo' concludere che
l'assenza nella norma impugnata della parola «subito» valga di per
se' a ridurre il livello minimo di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema stabilito dalla disposizione statale che, con tale
avverbio, sottolinea la immediatezza dell'obbligo di annotazione del
capo abbattuto.
La norma impugnata, infatti, collega l'obbligo predetto
all'evento dell'abbattimento e non, invece, a eventi successivi e da
questo distinti (come il «recupero»), dei quali non vi e' menzione
nella disposizione stessa. Puo' ben dirsi, dunque, che gia' dopo
l'abbattimento l'annotazione sul tesserino divenga immediatamente
esigibile per il cacciatore.
D'altro canto, dai lavori preparatori della legge reg. Marche n.
44 del 2018 risulta che il testo unificato approvato dalla
commissione referente, poi divenuto legge, non ha recepito la diversa
proposta che, nel prevedere l'obbligo di annotazione, da un lato,
ripeteva l'espressione della legge statale («subito dopo
l'abbattimento») ma, dall'altro, vi aggiungeva le parole «e
l'avvenuto recupero»: criterio, questo, che avrebbe differito
l'annotazione a un momento, quello della concreta apprensione da
parte del cacciatore, necessariamente successivo all'abbattimento
stesso.
Pertanto, la norma regionale, interpretata nel senso che il
cacciatore debba annotare il capo di fauna selvatica immediatamente
dopo l'abbattimento, non riduce lo standard di tutela della fauna
selvatica introdotto dalla legge statale.
3.5.- Ne', sotto altro profilo, puo' valere a procrastinare
l'obbligo di immediata annotazione - e, quindi, a ridurre lo standard
di tutela stabilito dalla norma statale - la specificazione, da parte
della disposizione regionale, dell'abbattimento come «accertato».
Al riguardo, occorre innanzitutto precisare che il concetto di
abbattimento utilizzato dal comma 12-bis dell'art. 12 della legge n.
157 del 1992 si riferisce evidentemente solo all'avvenuta uccisione
del capo di fauna selvatica, conformemente al significato che tale
termine assume nel piu' generale sistema della medesima legge, anche
perche' e' l'unico rispondente all'esigenza di conseguire dati certi
sulla reale entita' della popolazione faunistica.
Cio' premesso va altresi' chiarito che se l'abbattimento ben puo'
essere percepito contestualmente all'atto di caccia, tuttavia, in
tutti gli altri casi di mancata evidenza, la sua verifica potrebbe
richiedere un accertamento dell'effettiva uccisione del capo di
fauna, che il cacciatore dovra' comunque effettuare - e' opportuno
precisarlo - immediatamente dopo avere sparato.
Cosi' interpretata, dunque, la norma impugnata non collide con
quella statale, la quale e' si' incentrata sulla massima
tempestivita' dell'annotazione, ma pur sempre in relazione a un
evento effettivamente realizzatosi, coerentemente con la sopra
evidenziata finalita' di consentire un monitoraggio basato su dati
genuini circa la consistenza della popolazione faunistica.
3.6.- Le considerazioni appena svolte consentono d'altro canto di
escludere la fondatezza anche dell'ulteriore profilo di censura, che
il ricorrente ravvisa in una serie di situazioni - capi di selvaggina
feriti, o non rinvenuti, o abbattuti, ma di cui particolari
condizioni di tempo, luce e sparo impediscano il recupero - in cui,
per effetto della interpretazione prospettata dal ricorso statale,
l'annotazione non sarebbe dovuta.
Sia nel caso del capo di fauna ferito che in quello del capo non
rinvenuto, la ratio della norma statale non viene difatti in rilievo:
mancando un abbattimento effettivo, il dato numerico della fauna
selvatica non risulta con certezza alterato. Ne', peraltro, si puo'
ritenere, alla luce delle finalita' di acquisire informazioni
affidabili, che la norma statale obblighi ad annotare eventi incerti
con l'effetto paradossale, peraltro contraddittorio rispetto alla
finalita' di tutela della fauna selvatica, di fornire dati solo
ipotetici in merito alla sua composizione.
Quanto, invece, ai capi abbattuti, ma di cui non sia possibile il
recupero, la circostanza che l'avvenuto abbattimento sia postulato
dallo stesso ricorrente nel formulare la suddetta ipotesi, rende
evidente che l'obbligo della relativa annotazione debba considerarsi
gia' sorto, cosi' che non sono idonee a farlo venir meno le
particolari condizioni di tempo, luce e sparo che impediscano il
recupero stesso.
3.7.- In conclusione, il percorso argomentativo fin qui
illustrato conduce a una interpretazione adeguatrice della norma
impugnata in senso compatibile con lo standard minimo e uniforme
stabilito da quella statale e, pertanto, nei sensi precisati,
all'esito di non fondatezza della questione.
4.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l'art. 2,
comma 1, della legge reg. Marche n. 44 del 2018 si porrebbe in
contrasto anche con l'art. 117, primo comma, Cost., poiche'
«modificando» l'art. 12, comma 12-bis, della legge n. 157 del 1992,
norma preordinata a superare le criticita' oggetto del menzionato
caso EU Pilot 6955/14/ENVI, «ripropo[rrebbe] le illegittimita'
riscontrate dalla Commissione europea».
4.1- La Regione Marche ha eccepito la inammissibilita' della
questione, per manifesta genericita' della censura.
L'eccezione e' fondata.
Come questa Corte ha piu' volte chiarito, il ricorso in via
principale deve identificare «esattamente la questione nei suoi
termini normativi, indicando le norme costituzionali (ed
eventualmente interposte) e ordinarie, la definizione del cui
rapporto di compatibilita' o incompatibilita' costituisce l'oggetto
della questione e, inoltre, deve contenere una argomentazione di
merito a sostegno della richiesta declaratoria di illegittimita'
costituzionale» (ex plurimis, sentenza n. 63 del 2016; nello stesso
senso, ordinanza n. 201 del 2017).
La censura statale, invece, non indica alcuna disposizione
sovranazionale contrastante con quella impugnata, in contrasto con il
costante orientamento della giurisprudenza costituzionale che esclude
l'ammissibilita' delle questioni sollevate in riferimento all'art.
117, primo comma, Cost. senza la specificazione delle norme
interposte violate (ex plurimis, sentenza n. 156 del 2016; ordinanza
n. 201 del 2017).
Ne' l'onere di identificare esattamente la questione puo'
ritenersi assolto dal riferimento al caso EU Pilot sopra menzionato,
mancando nel ricorso qualsiasi argomentazione in merito al contenuto
delle violazioni asseritamente riscontrate dalla Commissione europea.
A cio' si aggiunga che il meccanismo da questa attivato non
necessariamente rappresenta un indice univoco della violazione di
norme europee, essendo esso finalizzato principalmente, come emerge
dalla comunicazione della Commissione del 5 settembre 2007,
"Un'Europa dei risultati - applicazione del diritto comunitario",
allo scambio di informazioni e alla risoluzione di problemi in tema
di applicazione del diritto dell'Unione europea nella fase
antecedente all'apertura formale della procedura di infrazione ai
sensi dell'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130.
Deve quindi essere dichiarata l'inammissibilita' della questione
riferita all'art. 117, primo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge della Regione Marche
7 novembre 2018, n. 44 (Modifiche alla legge regionale 5 gennaio
1995, n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la
tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita'
venatoria" e disposizioni urgenti sulla pianificazione
faunistico-venatoria), promossa, in riferimento all'art. 117, primo
comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri,
con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, della
legge reg. Marche n. 44 del 2018, promossa, in riferimento all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio
dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Luca ANTONINI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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