N. 258 SENTENZA 22 ottobre - 6 dicembre 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Caccia - Norme della Regione Marche - Adozione con legge regionale
del calendario venatorio 2018-2019, comprensivo delle prescrizioni
valevoli per l'esercizio venatorio nei siti della rete Natura 2000
- Contrasto con la riserva di amministrazione posta dal legislatore
statale - Violazione della competenza statale esclusiva in materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - Illegittimita'
costituzionale.
- Legge della Regione Marche 12 dicembre 2018, n. 46, artt. 1, comma
1 (sostitutivo dell'art. 3, comma 2, della legge della Regione
Marche 7 novembre 2018, n. 44), e 2, comma 1.
- Costituzione, artt. 111 e 117, secondo comma, lettera s); direttiva
92/43/CEE del 21 maggio 1992; direttiva 79/409/CEE del 2 aprile
1979.
(GU n.50 del 11-12-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma
1, e 2, comma 1, della legge della Regione Marche 12 dicembre 2018,
n. 46 (Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018, n. 44:
"Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 'Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria' e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria"), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l'11-19
febbraio 2019, depositato in cancelleria il 12 febbraio 2019,
iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale,
dell'anno 2019.
Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
udito nell'udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice
relatore Luca Antonini;
uditi l'avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso spedito per la notificazione l'11 febbraio 2019 e
depositato in cancelleria il 12 febbraio 2019, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 1, comma 1, e 2, comma
1, della legge della Regione Marche 12 dicembre 2018, n. 46
(Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018, n. 44:
"Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 'Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria' e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria"), in riferimento
agli artt. 111 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
1.1.- L'art. 1, comma 1, della legge regionale appena citata
sostituisce il comma 2 dell'art. 3 della legge della Regione Marche 7
novembre 2018, n. 44 (Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995,
n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria" e
disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria),
prevedendo che «[n]ei siti di cui al comma l e' autorizzato
l'esercizio venatorio secondo le modalita' e le condizioni indicate
nel calendario venatorio vigente (Allegato A)». Il successivo art. 2,
comma 1, invece, dispone che «[a]lla l.r. 44/2018 e' aggiunto
l'Allegato A di cui a questa legge».
L'art. 3, comma 1, della suddetta legge reg. Marche n. 44 del
2018 - cui si riferisce la prima delle disposizioni impugnate -
prevede che «[i] piani faunistico-venatori di cui all'articolo 3
della l.r. 7/1995 continuano ad applicarsi fino all'approvazione del
piano faunistico regionale di cui all'articolo 4 della medesima l.r.
7/1995, e comunque non oltre il 31 dicembre 2019, anche nei siti
della Rete Natura 2000 di cui alla legge regionale 12 giugno 2007, n.
6 (Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 14 aprile 2004, n.
7, 5 agosto 1992, n. 34, 28 ottobre 1999, n. 28, 23 febbraio 2005, n.
16 e 17 maggio 1999, n. 10. Disposizioni in materia ambientale e Rete
Natura 2000), qualora sia stata effettuata la valutazione di
incidenza di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione
della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna
selvatiche), sui piani medesimi o sui singoli interventi ovvero siano
state adottate le misure di conservazione di cui al decreto del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17
ottobre 2007 (Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di
conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a
Zone di protezione speciale (ZPS))».
2.- Ad avviso del ricorrente, le disposizioni censurate,
riconducibili alla categoria delle norme provvedimento, violerebbero
anzitutto l'art. 111 Cost., dal momento che mediante la loro
approvazione il legislatore marchigiano avrebbe interferito con
l'esercizio della funzione giurisdizionale.
La difesa dello Stato illustra tale censura ricostruendo gli
eventi processuali di un articolato contenzioso amministrativo in
corso, gia' pendente al momento dell'approvazione delle norme
impugnate. Piu' precisamente, riferisce che dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale per le Marche due associazioni ambientaliste
hanno proposto ricorso per l'annullamento, tra l'altro, della
deliberazione della Giunta della Regione Marche 30 luglio 2018, n.
1068, avente ad oggetto «L.r. n. 7/95, art. 30 - Calendario venatorio
regionale 2018/2019», e che il Consiglio di Stato, in riforma della
decisione di primo grado, con ordinanza 22 ottobre 2018, n. 5165, ha
sospeso in sede cautelare l'efficacia del calendario approvato con la
citata delibera, con riferimento all'esercizio della caccia nei siti
Natura 2000 e al prelievo di determinate specie di volatili in alcuni
giorni del febbraio 2019.
La Regione Marche avrebbe quindi «provveduto a ripristinare
l'esercizio della caccia nelle aree suddette» con l'art. 3 della
legge reg. Marche n. 44 del 2018 e con l'approvazione della
deliberazione della Giunta della Regione Marche 8 novembre 2018, n.
1468, avente ad oggetto «Attuazione art. 3 comma 2 della Legge
regionale n. 44/2018)».
Tuttavia, anche tale deliberazione e' stata gravata dinanzi al
TAR Marche che, con ordinanza 7 dicembre 2018, n. 265, ha accolto la
domanda incidentale di sospensione dell'esecuzione limitatamente
all'esercizio della caccia nei siti Natura 2000 e quanto al prelievo
delle medesime specie interessate dalla precedente ordinanza del
Consiglio di Stato.
Attraverso la successiva approvazione delle norme impugnate,
quindi, la Regione Marche avrebbe nuovamente ripristinato la caccia
in tali aree, sicche', ad avviso del ricorrente, sarebbe evidente la
denunciata interferenza con la funzione giurisdizionale esercitata
«attraverso i pronunciamenti cautelari dianzi citati» e, di
conseguenza, il travalicamento di poteri da parte del legislatore
regionale. Al riguardo, il ricorso richiama la sentenza n. 267 del
2007, con la quale la Corte ha affermato che le leggi-provvedimento
«sono ammissibili entro limiti specifici, qual e' quello del rispetto
della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause
in corso».
2.1.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le norme
censurate lederebbero anche l'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., invadendo la competenza legislativa esclusiva statale in
materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».
L'Avvocatura generale osserva preliminarmente che, secondo
l'orientamento di questa Corte, la fauna selvatica rappresenterebbe
«un bene ambientale di notevole rilievo, la cui tutela rientra nella
materia tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», con la conseguenza
che le norme statali che la disciplinano costituirebbero regole
minime uniformi di salvaguardia, non derogabili dal legislatore
regionale nemmeno nell'esercizio della propria competenza residuale
in materia di caccia.
In particolare, la difesa dello Stato richiama il disposto
dell'art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio), laddove prevede, al comma 2, che le Regioni possano
modificare i periodi nei quali e' consentita la caccia indicati nel
precedente comma 1 «attraverso un procedimento che contempla
l'acquisizione del parere dell'Istituto nazionale per la fauna
selvatica» - oggi Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA) - e, al comma 4, che il calendario venatorio sia
approvato con regolamento.
Quindi, sulla scorta delle medesime argomentazioni espresse da
questa Corte nella sentenza n. 20 del 2012, ritiene che dalle
indicate disposizioni statali si evinca il principio secondo cui il
procedimento di adozione del calendario venatorio debba
necessariamente concludersi con un provvedimento amministrativo.
Di qui il dedotto vulnus all'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., dal momento che con le disposizioni censurate il legislatore
regionale avrebbe adottato il calendario venatorio con
legge-provvedimento, cosi' riducendo lo standard minimo di tutela
della fauna selvatica stabilito, oltre che dalla legislazione
nazionale, anche dalle «direttive comunitarie in materia (art. 6,
comma 3, Direttiva 92/43/CEE - c.d. "Direttiva habitat" e Direttiva
n. 79/409/CEE - c.d. "Direttiva Uccelli")».
La lesione della competenza legislativa statale sarebbe,
peraltro, ancor piu' evidente in quanto dalle norme censurate
deriverebbe che il contenuto del calendario venatorio con esse
adottato non sarebbe «limitato allo specifico anno di riferimento,
[...], ma divent[erebbe] replicabile di anno in anno».
3.- Si e' costituita la Regione Marche, chiedendo la declaratoria
d'inammissibilita' o, comunque, di non fondatezza delle questioni
sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
3.1.- Sarebbe, in particolare, inammissibile la questione
promossa in riferimento all'art. 111 Cost.
Il ricorrente non avrebbe difatti specificamente individuato
quale dei principi espressi dall'evocato parametro costituzionale e
funzionali alla realizzazione del giusto processo sarebbe stato leso
e non avrebbe, conseguentemente, fornito una motivazione sufficiente
del dedotto vulnus.
3.2.- Ad avviso della Regione resistente, inoltre, il parametro
costituzionale in questione, per un verso, sarebbe inconferente
«rispetto al caso di specie». Per altro verso, non sarebbe stato
compromesso, dal momento che «non v'e' traccia di alcuna
irragionevolezza nella disciplina legislativa» impugnata. La Regione
Marche osserva, in proposito, che il calendario venatorio e' stato
adottato con la delib. Giunta reg. Marche n. 1068 del 2018 e quindi
«richiamato», dopo la sospensione cautelare disposta dal Consiglio di
Stato, dalla successiva delib. Giunta reg. Marche n. 1468 del 2018,
di cui e' stata del pari sospesa l'efficacia in sede giurisdizionale.
Diversamente da quanto dedotto nel ricorso statale, la legge reg.
Marche n. 44 del 2018 non avrebbe ripristinato il calendario
venatorio: la legge reg. Marche n. 46 del 2018 rappresenterebbe,
pertanto, il «primo atto legislativo» che richiama il suddetto
calendario, il quale era stato solo sospeso in via cautelare e non
annullato; al contrario, nella fattispecie concreta esaminata da
questa Corte nella sentenza n. 267 del 2007, citata dal ricorrente a
fondamento della censura, la potesta' legislativa era stata
esercitata in contrasto con pronunce giurisdizionali divenute
definitive.
Infine, la difesa regionale rileva che, essendo i due
provvedimenti giurisdizionali cautelari «del tutto carenti in punto
di motivazione sul fumus boni iuris», non poteva essere «agilmente
formulata una prognosi di accoglimento dei ricorsi promossi innanzi
ai giudici amministrativi».
3.3.- Secondo la Regione Marche, risulterebbe del pari infondata
la questione promossa in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., essendo stato rispettato, nel caso di specie, il
principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, secondo cui il
calendario venatorio deve necessariamente assumere la forma dell'atto
amministrativo.
Il suddetto calendario, infatti, e' stato approvato con la delib.
Giunta reg. Marche n. 1068 del 2018, assunta all'esito del
procedimento amministrativo previsto dalla legge della Regione Marche
5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna selvatica e
per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita'
venatoria), nel corso del quale e' stato acquisito il parere
dell'ISPRA in conformita' al disposto dell'art. 18, comma 4, della
legge n. 157 del 1992: le norme censurate, pertanto, si sarebbero
limitate a «richiamare il rispetto di tale calendario».
Sarebbe, d'altro canto, priva di fondamento la tesi, sostenuta
dal ricorrente, secondo cui «il contenuto» del calendario venatorio,
in forza delle disposizioni impugnate, non sarebbe «limitato allo
specifico anno di riferimento, [...], ma divent[erebbe] replicabile
di anno in anno».
Il comma 2 dell'art. 3 della legge reg. Marche n. 44 del 2018,
come introdotto dall'impugnato art. 1 della legge reg. Marche n. 46
del 2018, andrebbe infatti letto alla luce del comma 1 dello stesso
art. 3, a mente del quale i piani faunistico-venatori provinciali
continuano ad applicarsi fino all'approvazione del piano faunistico
regionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2019, anche nei siti
della Rete Natura 2000, qualora sia stata effettuata la valutazione
di incidenza di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997 sui piani
medesimi o sui singoli interventi, ovvero siano state adottate le
misure di conservazione di cui al decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007 (Criteri
minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione
relative a Zone Speciali di Conservazione, ZSC, e Zone di Protezione
Speciale, ZPS).
Di conseguenza, poiche' l'applicazione nei siti della Rete Natura
2000 dei piani faunistico-venatori provinciali e' stata disposta solo
sino al 31 dicembre 2019, anche il calendario venatorio oggetto del
successivo comma 2 non potrebbe produrre effetti oltre questa data.
4.- In prossimita' dell'udienza la Regione Marche ha depositato
una tempestiva memoria, con la quale sono stati ribaditi gli
argomenti gia' illustrati nell'atto di costituzione.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt.
1, comma 1, e 2, comma 1, della legge della Regione Marche 12
dicembre 2018, n. 46 (Modifiche urgenti alla legge regionale 7
novembre 2018, n. 44: "Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995,
n. 7 'Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria' e
disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria"), in
riferimento agli artt. 111 e 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione.
La prima delle due disposizioni impugnate sostituisce il comma 2
dell'art. 3 della legge della Regione Marche 7 novembre 2018, n. 44
(Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria" e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria), prevedendo che
«[n]ei siti di cui al comma l e' autorizzato l'esercizio venatorio
secondo le modalita' e le condizioni indicate nel calendario
venatorio vigente (Allegato A)». I siti ai quali la norma fa
riferimento sono quelli della rete «Natura 2000», costituita in forza
della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa
alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della
flora e della fauna selvatiche, nonche' della direttiva 79/409/CEE
del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli
uccelli selvatici, oggi sostituita dalla direttiva 2009/147/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009.
L'altra disposizione impugnata dispone che «[a]lla l.r. 44/2018
e' aggiunto l'Allegato A di cui a questa legge».
2.- La Regione Marche ha eccepito l'inammissibilita' della
questione promossa in riferimento all'art. 111 Cost., poiche' il
ricorrente non avrebbe specificamente individuato quale dei principi
espressi dall'evocato parametro costituzionale e funzionali alla
realizzazione del giusto processo sarebbe stato leso e non avrebbe,
conseguentemente, fornito una motivazione sufficiente del dedotto
vulnus.
2.1.- L'eccezione e' infondata.
Se e' vero che il ricorso non indica in maniera esplicita, tra
quelli espressi dalla disposizione costituzionale evocata, il
principio asseritamente leso, cio' non giustifica, tuttavia, una
pronuncia in limine di inammissibilita'.
Infatti, l'atto introduttivo motiva la censura con la descrizione
degli eventi processuali del contenzioso pendente davanti al
Tribunale amministrativo regionale per le Marche e sottolinea
altresi' la prossimita' temporale tra i provvedimenti giurisdizionali
cautelari emessi e l'intervento del legislatore regionale che,
interferendo con l'esercizio della funzione giurisdizionale, avrebbe
«provveduto a ripristinare» l'esercizio della caccia nelle aree
oggetto delle deliberazioni regionali impugnate. Pertanto, anche in
considerazione dell'esplicito richiamo alla qualita' di parte
rivestita dalla Regione nel giudizio amministrativo, deve ritenersi
che - implicitamente ma chiaramente - la interferenza denunciata dal
ricorrente riguardi la violazione del principio della parita' delle
armi di cui al secondo comma dell'art. 111 Cost.: «[o]gni processo si
svolge [...] in condizioni di parita'».
In conclusione, malgrado la carenza evidenziata dalla Regione, il
ricorso rende comunque «ben identificabili i termini delle questioni
proposte, individuando le disposizioni impugnate, i parametri evocati
e le ragioni dei dubbi di legittimita' costituzionale» (ex plurimis,
sentenza n. 228 del 2016).
3.- Questa Corte, tuttavia, per economia di giudizio e facendo
ricorso al potere di decidere l'ordine delle questioni da affrontare,
eventualmente dichiarando assorbite le altre, ritiene di esaminare
anzitutto la questione promossa con riferimento alla violazione del
riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione, in quanto
pregiudiziale sotto il profilo logico-giuridico rispetto a quella
riferita a un parametro non compreso nel Titolo V della Parte II
della Costituzione (ex plurimis, sentenza n. 148 del 2018).
4.- La questione e' fondata.
4.1.- Al riguardo, va in primo luogo evidenziata la stretta
interdipendenza che lega le due disposizioni impugnate.
Infatti, l'art. 1, comma 1, della legge reg. Marche n. 46 del
2018, nel sostituire il comma 2 dell'art. 3 della legge reg. Marche
n. 44 del 2018, autorizza l'esercizio venatorio nei siti della rete
Natura 2000 «secondo le modalita' e le condizioni indicate nel
calendario venatorio vigente (Allegato A)», mentre l'art. 2, comma 1,
della legge reg. Marche n. 46 del 2018 dispone che «[a]lla l.r.
44/2018 e' aggiunto l'Allegato A di cui a questa legge». Quest'ultimo
e' intitolato «[c]alendario venatorio regionale 2018-2019» e, da un
lato, indica le date di inizio e di termine della stagione venatoria
(rispettivamente, 1° settembre 2018 e 10 febbraio 2019), nonche' le
specie cacciabili; dall'altro, contiene anche il regolamento di
caccia, comprensivo delle specifiche prescrizioni valevoli nelle zone
di protezione speciale e nei siti d'importanza comunitaria, che,
insieme, costituiscono la rete Natura 2000.
Inoltre, confrontando l'allegato di cui alla legge reg. Marche n.
46 del 2018 con il calendario allegato alla deliberazione della
Giunta della Regione Marche 30 luglio 2018, n. 1068, avente ad
oggetto «L.r. n. 7/95, art. 30 - Calendario venatorio regionale
2018/2019», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche
del 10 agosto 2018, n. 71, e' possibile riscontrarne la pressoche'
integrale coincidenza (con la sola eccezione dell'aggiunta, nel
calendario introdotto per via legislativa, di un ultimo paragrafo
relativo al «Carniere stagionale per le specie beccaccia, beccaccino
e mestolone»).
4.2.- Cio' premesso, autorizzando l'esercizio venatorio nei siti
della rete Natura 2000 «secondo le modalita' e le condizioni indicate
nel calendario venatorio vigente (Allegato A)», l'impugnato art. 1
della legge reg. Marche n. 46 del 2018 richiama senza dubbio il
contenuto tipico di tale atto che, ai sensi dell'art. 30, comma 2,
della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria), deve individuare
le specie cacciabili e i periodi di caccia, le giornate di caccia, il
carniere massimo giornaliero e l'eventuale carniere stagionale, l'ora
legale di inizio e di termine della giornata di caccia e i periodi e
le modalita' per l'addestramento dei cani da caccia. In
considerazione dell'ambito territoriale di applicazione, lo stesso
art. 1 richiama anche le specifiche prescrizioni valevoli per
l'esercizio venatorio nei siti della rete Natura 2000.
Si tratta, come visto, di contenuti tutti presenti nel calendario
venatorio cui si riferisce l'impugnato art. 1 della stessa legge
regionale e che l'art. 2 di questa aggiunge come specifico allegato
alla legge reg. Marche n. 44 del 2018.
E' pertanto palese che le norme impugnate hanno fatto propria la
disciplina dell'attivita' venatoria gia' in precedenza posta dal
calendario approvato con provvedimento amministrativo, cosi'
attraendo quest'ultimo nella sfera legislativa e attribuendogli gli
effetti tipici degli atti normativi.
In tal modo, le disposizioni impugnate si pongono in contrasto
con il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo
cui l'art. 18, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio), «nella parte in cui prevede che sia approvato dalla
Regione "il calendario regionale e il regolamento relativi all'intera
annata venatoria", intende con cio' prescriverne la forma di atto
amministrativo» (sentenza n. 20 del 2012; nello stesso senso,
sentenze n. 193 e n. 90 del 2013). La suddetta norma, infatti,
«esprime una scelta compiuta dal legislatore statale che attiene alle
modalita' di protezione della fauna e si ricollega per tale ragione
alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema» (sentenza n. 193 del 2013).
4.3.- Non coglie nel segno l'argomento, speso dalla Regione
resistente, secondo cui la riserva di amministrazione nel caso di
specie non sarebbe stata violata in quanto il calendario venatorio e'
stato approvato con la citata delib. Giunta reg. Marche n. 1068 del
2018, all'esito del procedimento disciplinato a tal fine dalla legge
reg. Marche n. 7 del 1995 e previa acquisizione del parere
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(ISPRA), sicche' la legge impugnata si sarebbe «limitata
semplicemente a richiamare il rispetto di tale calendario».
Tale circostanza, infatti, non soddisfa tutte le altre specifiche
esigenze (oltre a quella di un procedimento all'interno del quale sia
acquisto il parere dell'ISPRA) che, secondo la giurisprudenza di
questa Corte, rimangono sottese alla implicita riserva di
amministrazione stabilita dall'art. 18, comma 4, della legge n. 157
del 1992.
Questa norma garantisce un'istruttoria approfondita e trasparente
anche ai fini del controllo giurisdizionale e non tollera, quindi,
che il calendario venatorio venga irrigidito nella forma legislativa
a scapito dell'esigenza di raffrontabilita' sottesa al principio di
generalita' e astrattezza della legge: il legislatore statale puo',
infatti, preferire lo strumento del ricorso giurisdizionale innanzi
al giudice comune, anche in considerazione «sia dei tempi con cui il
giudice puo' assicurare una pronta risposta di giustizia, sia della
latitudine dei poteri cautelari di cui esso dispone» (sentenza n. 20
del 2012).
Inoltre, la successiva cristallizzazione del contenuto del
provvedimento nella forma della legge impedisce anche di assicurare
il piu' marcato regime di flessibilita' proprio della natura
amministrativa dell'atto, altresi' «idoneo a prevenire i danni che
potrebbero conseguire a un repentino ed imprevedibile mutamento delle
circostanze di fatto in base alle quali il calendario venatorio e'
stato approvato» (sentenza n. 20 del 2012).
La successiva legificazione del calendario venatorio, seppure in
origine adottato con provvedimento amministrativo, in ogni caso
riduce in peius lo standard minimo di tutela della fauna selvatica
stabilito dall'art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992, con
conseguente violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost.
4.4.- E' assorbito l'ulteriore profilo di censura relativo alla
ritenuta replicabilita' di anno in anno del contenuto del calendario
venatorio adottato con le norme impugnate.
5.- Resta altresi' assorbita l'ulteriore questione di
legittimita' costituzionale riferita all'art. 111 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 1,
e 2, comma 1, della legge della Regione Marche 12 dicembre 2018, n.
46 (Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018, n. 44:
"Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 'Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria' e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria").
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Luca ANTONINI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Caccia - Norme della Regione Marche - Adozione con legge regionale
del calendario venatorio 2018-2019, comprensivo delle prescrizioni
valevoli per l'esercizio venatorio nei siti della rete Natura 2000
- Contrasto con la riserva di amministrazione posta dal legislatore
statale - Violazione della competenza statale esclusiva in materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - Illegittimita'
costituzionale.
- Legge della Regione Marche 12 dicembre 2018, n. 46, artt. 1, comma
1 (sostitutivo dell'art. 3, comma 2, della legge della Regione
Marche 7 novembre 2018, n. 44), e 2, comma 1.
- Costituzione, artt. 111 e 117, secondo comma, lettera s); direttiva
92/43/CEE del 21 maggio 1992; direttiva 79/409/CEE del 2 aprile
1979.
(GU n.50 del 11-12-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma
1, e 2, comma 1, della legge della Regione Marche 12 dicembre 2018,
n. 46 (Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018, n. 44:
"Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 'Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria' e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria"), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l'11-19
febbraio 2019, depositato in cancelleria il 12 febbraio 2019,
iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale,
dell'anno 2019.
Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
udito nell'udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice
relatore Luca Antonini;
uditi l'avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso spedito per la notificazione l'11 febbraio 2019 e
depositato in cancelleria il 12 febbraio 2019, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 1, comma 1, e 2, comma
1, della legge della Regione Marche 12 dicembre 2018, n. 46
(Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018, n. 44:
"Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 'Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria' e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria"), in riferimento
agli artt. 111 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
1.1.- L'art. 1, comma 1, della legge regionale appena citata
sostituisce il comma 2 dell'art. 3 della legge della Regione Marche 7
novembre 2018, n. 44 (Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995,
n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria" e
disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria),
prevedendo che «[n]ei siti di cui al comma l e' autorizzato
l'esercizio venatorio secondo le modalita' e le condizioni indicate
nel calendario venatorio vigente (Allegato A)». Il successivo art. 2,
comma 1, invece, dispone che «[a]lla l.r. 44/2018 e' aggiunto
l'Allegato A di cui a questa legge».
L'art. 3, comma 1, della suddetta legge reg. Marche n. 44 del
2018 - cui si riferisce la prima delle disposizioni impugnate -
prevede che «[i] piani faunistico-venatori di cui all'articolo 3
della l.r. 7/1995 continuano ad applicarsi fino all'approvazione del
piano faunistico regionale di cui all'articolo 4 della medesima l.r.
7/1995, e comunque non oltre il 31 dicembre 2019, anche nei siti
della Rete Natura 2000 di cui alla legge regionale 12 giugno 2007, n.
6 (Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 14 aprile 2004, n.
7, 5 agosto 1992, n. 34, 28 ottobre 1999, n. 28, 23 febbraio 2005, n.
16 e 17 maggio 1999, n. 10. Disposizioni in materia ambientale e Rete
Natura 2000), qualora sia stata effettuata la valutazione di
incidenza di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione
della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna
selvatiche), sui piani medesimi o sui singoli interventi ovvero siano
state adottate le misure di conservazione di cui al decreto del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17
ottobre 2007 (Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di
conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a
Zone di protezione speciale (ZPS))».
2.- Ad avviso del ricorrente, le disposizioni censurate,
riconducibili alla categoria delle norme provvedimento, violerebbero
anzitutto l'art. 111 Cost., dal momento che mediante la loro
approvazione il legislatore marchigiano avrebbe interferito con
l'esercizio della funzione giurisdizionale.
La difesa dello Stato illustra tale censura ricostruendo gli
eventi processuali di un articolato contenzioso amministrativo in
corso, gia' pendente al momento dell'approvazione delle norme
impugnate. Piu' precisamente, riferisce che dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale per le Marche due associazioni ambientaliste
hanno proposto ricorso per l'annullamento, tra l'altro, della
deliberazione della Giunta della Regione Marche 30 luglio 2018, n.
1068, avente ad oggetto «L.r. n. 7/95, art. 30 - Calendario venatorio
regionale 2018/2019», e che il Consiglio di Stato, in riforma della
decisione di primo grado, con ordinanza 22 ottobre 2018, n. 5165, ha
sospeso in sede cautelare l'efficacia del calendario approvato con la
citata delibera, con riferimento all'esercizio della caccia nei siti
Natura 2000 e al prelievo di determinate specie di volatili in alcuni
giorni del febbraio 2019.
La Regione Marche avrebbe quindi «provveduto a ripristinare
l'esercizio della caccia nelle aree suddette» con l'art. 3 della
legge reg. Marche n. 44 del 2018 e con l'approvazione della
deliberazione della Giunta della Regione Marche 8 novembre 2018, n.
1468, avente ad oggetto «Attuazione art. 3 comma 2 della Legge
regionale n. 44/2018)».
Tuttavia, anche tale deliberazione e' stata gravata dinanzi al
TAR Marche che, con ordinanza 7 dicembre 2018, n. 265, ha accolto la
domanda incidentale di sospensione dell'esecuzione limitatamente
all'esercizio della caccia nei siti Natura 2000 e quanto al prelievo
delle medesime specie interessate dalla precedente ordinanza del
Consiglio di Stato.
Attraverso la successiva approvazione delle norme impugnate,
quindi, la Regione Marche avrebbe nuovamente ripristinato la caccia
in tali aree, sicche', ad avviso del ricorrente, sarebbe evidente la
denunciata interferenza con la funzione giurisdizionale esercitata
«attraverso i pronunciamenti cautelari dianzi citati» e, di
conseguenza, il travalicamento di poteri da parte del legislatore
regionale. Al riguardo, il ricorso richiama la sentenza n. 267 del
2007, con la quale la Corte ha affermato che le leggi-provvedimento
«sono ammissibili entro limiti specifici, qual e' quello del rispetto
della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause
in corso».
2.1.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le norme
censurate lederebbero anche l'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., invadendo la competenza legislativa esclusiva statale in
materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».
L'Avvocatura generale osserva preliminarmente che, secondo
l'orientamento di questa Corte, la fauna selvatica rappresenterebbe
«un bene ambientale di notevole rilievo, la cui tutela rientra nella
materia tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», con la conseguenza
che le norme statali che la disciplinano costituirebbero regole
minime uniformi di salvaguardia, non derogabili dal legislatore
regionale nemmeno nell'esercizio della propria competenza residuale
in materia di caccia.
In particolare, la difesa dello Stato richiama il disposto
dell'art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio), laddove prevede, al comma 2, che le Regioni possano
modificare i periodi nei quali e' consentita la caccia indicati nel
precedente comma 1 «attraverso un procedimento che contempla
l'acquisizione del parere dell'Istituto nazionale per la fauna
selvatica» - oggi Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA) - e, al comma 4, che il calendario venatorio sia
approvato con regolamento.
Quindi, sulla scorta delle medesime argomentazioni espresse da
questa Corte nella sentenza n. 20 del 2012, ritiene che dalle
indicate disposizioni statali si evinca il principio secondo cui il
procedimento di adozione del calendario venatorio debba
necessariamente concludersi con un provvedimento amministrativo.
Di qui il dedotto vulnus all'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., dal momento che con le disposizioni censurate il legislatore
regionale avrebbe adottato il calendario venatorio con
legge-provvedimento, cosi' riducendo lo standard minimo di tutela
della fauna selvatica stabilito, oltre che dalla legislazione
nazionale, anche dalle «direttive comunitarie in materia (art. 6,
comma 3, Direttiva 92/43/CEE - c.d. "Direttiva habitat" e Direttiva
n. 79/409/CEE - c.d. "Direttiva Uccelli")».
La lesione della competenza legislativa statale sarebbe,
peraltro, ancor piu' evidente in quanto dalle norme censurate
deriverebbe che il contenuto del calendario venatorio con esse
adottato non sarebbe «limitato allo specifico anno di riferimento,
[...], ma divent[erebbe] replicabile di anno in anno».
3.- Si e' costituita la Regione Marche, chiedendo la declaratoria
d'inammissibilita' o, comunque, di non fondatezza delle questioni
sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
3.1.- Sarebbe, in particolare, inammissibile la questione
promossa in riferimento all'art. 111 Cost.
Il ricorrente non avrebbe difatti specificamente individuato
quale dei principi espressi dall'evocato parametro costituzionale e
funzionali alla realizzazione del giusto processo sarebbe stato leso
e non avrebbe, conseguentemente, fornito una motivazione sufficiente
del dedotto vulnus.
3.2.- Ad avviso della Regione resistente, inoltre, il parametro
costituzionale in questione, per un verso, sarebbe inconferente
«rispetto al caso di specie». Per altro verso, non sarebbe stato
compromesso, dal momento che «non v'e' traccia di alcuna
irragionevolezza nella disciplina legislativa» impugnata. La Regione
Marche osserva, in proposito, che il calendario venatorio e' stato
adottato con la delib. Giunta reg. Marche n. 1068 del 2018 e quindi
«richiamato», dopo la sospensione cautelare disposta dal Consiglio di
Stato, dalla successiva delib. Giunta reg. Marche n. 1468 del 2018,
di cui e' stata del pari sospesa l'efficacia in sede giurisdizionale.
Diversamente da quanto dedotto nel ricorso statale, la legge reg.
Marche n. 44 del 2018 non avrebbe ripristinato il calendario
venatorio: la legge reg. Marche n. 46 del 2018 rappresenterebbe,
pertanto, il «primo atto legislativo» che richiama il suddetto
calendario, il quale era stato solo sospeso in via cautelare e non
annullato; al contrario, nella fattispecie concreta esaminata da
questa Corte nella sentenza n. 267 del 2007, citata dal ricorrente a
fondamento della censura, la potesta' legislativa era stata
esercitata in contrasto con pronunce giurisdizionali divenute
definitive.
Infine, la difesa regionale rileva che, essendo i due
provvedimenti giurisdizionali cautelari «del tutto carenti in punto
di motivazione sul fumus boni iuris», non poteva essere «agilmente
formulata una prognosi di accoglimento dei ricorsi promossi innanzi
ai giudici amministrativi».
3.3.- Secondo la Regione Marche, risulterebbe del pari infondata
la questione promossa in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., essendo stato rispettato, nel caso di specie, il
principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, secondo cui il
calendario venatorio deve necessariamente assumere la forma dell'atto
amministrativo.
Il suddetto calendario, infatti, e' stato approvato con la delib.
Giunta reg. Marche n. 1068 del 2018, assunta all'esito del
procedimento amministrativo previsto dalla legge della Regione Marche
5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna selvatica e
per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita'
venatoria), nel corso del quale e' stato acquisito il parere
dell'ISPRA in conformita' al disposto dell'art. 18, comma 4, della
legge n. 157 del 1992: le norme censurate, pertanto, si sarebbero
limitate a «richiamare il rispetto di tale calendario».
Sarebbe, d'altro canto, priva di fondamento la tesi, sostenuta
dal ricorrente, secondo cui «il contenuto» del calendario venatorio,
in forza delle disposizioni impugnate, non sarebbe «limitato allo
specifico anno di riferimento, [...], ma divent[erebbe] replicabile
di anno in anno».
Il comma 2 dell'art. 3 della legge reg. Marche n. 44 del 2018,
come introdotto dall'impugnato art. 1 della legge reg. Marche n. 46
del 2018, andrebbe infatti letto alla luce del comma 1 dello stesso
art. 3, a mente del quale i piani faunistico-venatori provinciali
continuano ad applicarsi fino all'approvazione del piano faunistico
regionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2019, anche nei siti
della Rete Natura 2000, qualora sia stata effettuata la valutazione
di incidenza di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997 sui piani
medesimi o sui singoli interventi, ovvero siano state adottate le
misure di conservazione di cui al decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007 (Criteri
minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione
relative a Zone Speciali di Conservazione, ZSC, e Zone di Protezione
Speciale, ZPS).
Di conseguenza, poiche' l'applicazione nei siti della Rete Natura
2000 dei piani faunistico-venatori provinciali e' stata disposta solo
sino al 31 dicembre 2019, anche il calendario venatorio oggetto del
successivo comma 2 non potrebbe produrre effetti oltre questa data.
4.- In prossimita' dell'udienza la Regione Marche ha depositato
una tempestiva memoria, con la quale sono stati ribaditi gli
argomenti gia' illustrati nell'atto di costituzione.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt.
1, comma 1, e 2, comma 1, della legge della Regione Marche 12
dicembre 2018, n. 46 (Modifiche urgenti alla legge regionale 7
novembre 2018, n. 44: "Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995,
n. 7 'Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria' e
disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria"), in
riferimento agli artt. 111 e 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione.
La prima delle due disposizioni impugnate sostituisce il comma 2
dell'art. 3 della legge della Regione Marche 7 novembre 2018, n. 44
(Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria" e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria), prevedendo che
«[n]ei siti di cui al comma l e' autorizzato l'esercizio venatorio
secondo le modalita' e le condizioni indicate nel calendario
venatorio vigente (Allegato A)». I siti ai quali la norma fa
riferimento sono quelli della rete «Natura 2000», costituita in forza
della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa
alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della
flora e della fauna selvatiche, nonche' della direttiva 79/409/CEE
del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli
uccelli selvatici, oggi sostituita dalla direttiva 2009/147/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009.
L'altra disposizione impugnata dispone che «[a]lla l.r. 44/2018
e' aggiunto l'Allegato A di cui a questa legge».
2.- La Regione Marche ha eccepito l'inammissibilita' della
questione promossa in riferimento all'art. 111 Cost., poiche' il
ricorrente non avrebbe specificamente individuato quale dei principi
espressi dall'evocato parametro costituzionale e funzionali alla
realizzazione del giusto processo sarebbe stato leso e non avrebbe,
conseguentemente, fornito una motivazione sufficiente del dedotto
vulnus.
2.1.- L'eccezione e' infondata.
Se e' vero che il ricorso non indica in maniera esplicita, tra
quelli espressi dalla disposizione costituzionale evocata, il
principio asseritamente leso, cio' non giustifica, tuttavia, una
pronuncia in limine di inammissibilita'.
Infatti, l'atto introduttivo motiva la censura con la descrizione
degli eventi processuali del contenzioso pendente davanti al
Tribunale amministrativo regionale per le Marche e sottolinea
altresi' la prossimita' temporale tra i provvedimenti giurisdizionali
cautelari emessi e l'intervento del legislatore regionale che,
interferendo con l'esercizio della funzione giurisdizionale, avrebbe
«provveduto a ripristinare» l'esercizio della caccia nelle aree
oggetto delle deliberazioni regionali impugnate. Pertanto, anche in
considerazione dell'esplicito richiamo alla qualita' di parte
rivestita dalla Regione nel giudizio amministrativo, deve ritenersi
che - implicitamente ma chiaramente - la interferenza denunciata dal
ricorrente riguardi la violazione del principio della parita' delle
armi di cui al secondo comma dell'art. 111 Cost.: «[o]gni processo si
svolge [...] in condizioni di parita'».
In conclusione, malgrado la carenza evidenziata dalla Regione, il
ricorso rende comunque «ben identificabili i termini delle questioni
proposte, individuando le disposizioni impugnate, i parametri evocati
e le ragioni dei dubbi di legittimita' costituzionale» (ex plurimis,
sentenza n. 228 del 2016).
3.- Questa Corte, tuttavia, per economia di giudizio e facendo
ricorso al potere di decidere l'ordine delle questioni da affrontare,
eventualmente dichiarando assorbite le altre, ritiene di esaminare
anzitutto la questione promossa con riferimento alla violazione del
riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione, in quanto
pregiudiziale sotto il profilo logico-giuridico rispetto a quella
riferita a un parametro non compreso nel Titolo V della Parte II
della Costituzione (ex plurimis, sentenza n. 148 del 2018).
4.- La questione e' fondata.
4.1.- Al riguardo, va in primo luogo evidenziata la stretta
interdipendenza che lega le due disposizioni impugnate.
Infatti, l'art. 1, comma 1, della legge reg. Marche n. 46 del
2018, nel sostituire il comma 2 dell'art. 3 della legge reg. Marche
n. 44 del 2018, autorizza l'esercizio venatorio nei siti della rete
Natura 2000 «secondo le modalita' e le condizioni indicate nel
calendario venatorio vigente (Allegato A)», mentre l'art. 2, comma 1,
della legge reg. Marche n. 46 del 2018 dispone che «[a]lla l.r.
44/2018 e' aggiunto l'Allegato A di cui a questa legge». Quest'ultimo
e' intitolato «[c]alendario venatorio regionale 2018-2019» e, da un
lato, indica le date di inizio e di termine della stagione venatoria
(rispettivamente, 1° settembre 2018 e 10 febbraio 2019), nonche' le
specie cacciabili; dall'altro, contiene anche il regolamento di
caccia, comprensivo delle specifiche prescrizioni valevoli nelle zone
di protezione speciale e nei siti d'importanza comunitaria, che,
insieme, costituiscono la rete Natura 2000.
Inoltre, confrontando l'allegato di cui alla legge reg. Marche n.
46 del 2018 con il calendario allegato alla deliberazione della
Giunta della Regione Marche 30 luglio 2018, n. 1068, avente ad
oggetto «L.r. n. 7/95, art. 30 - Calendario venatorio regionale
2018/2019», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche
del 10 agosto 2018, n. 71, e' possibile riscontrarne la pressoche'
integrale coincidenza (con la sola eccezione dell'aggiunta, nel
calendario introdotto per via legislativa, di un ultimo paragrafo
relativo al «Carniere stagionale per le specie beccaccia, beccaccino
e mestolone»).
4.2.- Cio' premesso, autorizzando l'esercizio venatorio nei siti
della rete Natura 2000 «secondo le modalita' e le condizioni indicate
nel calendario venatorio vigente (Allegato A)», l'impugnato art. 1
della legge reg. Marche n. 46 del 2018 richiama senza dubbio il
contenuto tipico di tale atto che, ai sensi dell'art. 30, comma 2,
della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria), deve individuare
le specie cacciabili e i periodi di caccia, le giornate di caccia, il
carniere massimo giornaliero e l'eventuale carniere stagionale, l'ora
legale di inizio e di termine della giornata di caccia e i periodi e
le modalita' per l'addestramento dei cani da caccia. In
considerazione dell'ambito territoriale di applicazione, lo stesso
art. 1 richiama anche le specifiche prescrizioni valevoli per
l'esercizio venatorio nei siti della rete Natura 2000.
Si tratta, come visto, di contenuti tutti presenti nel calendario
venatorio cui si riferisce l'impugnato art. 1 della stessa legge
regionale e che l'art. 2 di questa aggiunge come specifico allegato
alla legge reg. Marche n. 44 del 2018.
E' pertanto palese che le norme impugnate hanno fatto propria la
disciplina dell'attivita' venatoria gia' in precedenza posta dal
calendario approvato con provvedimento amministrativo, cosi'
attraendo quest'ultimo nella sfera legislativa e attribuendogli gli
effetti tipici degli atti normativi.
In tal modo, le disposizioni impugnate si pongono in contrasto
con il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo
cui l'art. 18, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio), «nella parte in cui prevede che sia approvato dalla
Regione "il calendario regionale e il regolamento relativi all'intera
annata venatoria", intende con cio' prescriverne la forma di atto
amministrativo» (sentenza n. 20 del 2012; nello stesso senso,
sentenze n. 193 e n. 90 del 2013). La suddetta norma, infatti,
«esprime una scelta compiuta dal legislatore statale che attiene alle
modalita' di protezione della fauna e si ricollega per tale ragione
alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema» (sentenza n. 193 del 2013).
4.3.- Non coglie nel segno l'argomento, speso dalla Regione
resistente, secondo cui la riserva di amministrazione nel caso di
specie non sarebbe stata violata in quanto il calendario venatorio e'
stato approvato con la citata delib. Giunta reg. Marche n. 1068 del
2018, all'esito del procedimento disciplinato a tal fine dalla legge
reg. Marche n. 7 del 1995 e previa acquisizione del parere
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(ISPRA), sicche' la legge impugnata si sarebbe «limitata
semplicemente a richiamare il rispetto di tale calendario».
Tale circostanza, infatti, non soddisfa tutte le altre specifiche
esigenze (oltre a quella di un procedimento all'interno del quale sia
acquisto il parere dell'ISPRA) che, secondo la giurisprudenza di
questa Corte, rimangono sottese alla implicita riserva di
amministrazione stabilita dall'art. 18, comma 4, della legge n. 157
del 1992.
Questa norma garantisce un'istruttoria approfondita e trasparente
anche ai fini del controllo giurisdizionale e non tollera, quindi,
che il calendario venatorio venga irrigidito nella forma legislativa
a scapito dell'esigenza di raffrontabilita' sottesa al principio di
generalita' e astrattezza della legge: il legislatore statale puo',
infatti, preferire lo strumento del ricorso giurisdizionale innanzi
al giudice comune, anche in considerazione «sia dei tempi con cui il
giudice puo' assicurare una pronta risposta di giustizia, sia della
latitudine dei poteri cautelari di cui esso dispone» (sentenza n. 20
del 2012).
Inoltre, la successiva cristallizzazione del contenuto del
provvedimento nella forma della legge impedisce anche di assicurare
il piu' marcato regime di flessibilita' proprio della natura
amministrativa dell'atto, altresi' «idoneo a prevenire i danni che
potrebbero conseguire a un repentino ed imprevedibile mutamento delle
circostanze di fatto in base alle quali il calendario venatorio e'
stato approvato» (sentenza n. 20 del 2012).
La successiva legificazione del calendario venatorio, seppure in
origine adottato con provvedimento amministrativo, in ogni caso
riduce in peius lo standard minimo di tutela della fauna selvatica
stabilito dall'art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992, con
conseguente violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost.
4.4.- E' assorbito l'ulteriore profilo di censura relativo alla
ritenuta replicabilita' di anno in anno del contenuto del calendario
venatorio adottato con le norme impugnate.
5.- Resta altresi' assorbita l'ulteriore questione di
legittimita' costituzionale riferita all'art. 111 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 1,
e 2, comma 1, della legge della Regione Marche 12 dicembre 2018, n.
46 (Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018, n. 44:
"Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 'Norme per la
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria' e disposizioni
urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria").
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Luca ANTONINI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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