Agenzia delle Entrate
Risp. 21 aprile 2023, n. 301 (1)
Servizi sostitutivi di mensa aziendale - trattamento ai fini IVA, IRPEF, IRES e IRAP - Risposta n. 430 del 2022 - Ulteriori chiarimenti.
(1) Emanata dall'Agenzia delle entrate, Divisione contribuenti, Direzione centrale piccole e medie imprese (Risposta a istanza di interpello).
Quesito
Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA S.r.l. (in seguito, "Società", "Istante" o "Contribuente"), destinataria della risposta n. 430 del 2022, riferisce che medio tempore sono sopraggiunti elementi di novità che giustificano la presentazione di un nuovo interpello in quanto la fattispecie ora si presenta differente da quella già rappresentata.
L'Istante ribadisce la sua intenzione di offrire ai suoi 4 dipendenti (in breve, anche "Collaboratori") un servizio di mensa diffusa, relativamente al quale rappresenta quanto segue.
La mensa diffusa si basa sul servizio di mensa aziendale, ma con una differenza sostanziale: anziché utilizzare una mensa interna, i dipendenti possono pranzare in ristoranti ed esercizi commerciali convenzionati, pagando il pasto con una card elettronica dotata di badge o tramite un'App.
La risoluzione n. 63 /E del 17 maggio 2005 chiarisce infatti che sono mense aziendali anche gli esercizi pubblici, "limitatamente alle prestazioni di somministrazione di alimenti e bevande realizzate sulla base di specifiche convenzioni con i datori di lavoro".
Allo stesso modo, il D.P.C.M. del 14 gennaio 2021 - emesso durante l'emergenza pandemica - ribadisce la possibilità per gli esercizi pubblici (ristoranti) di svolgere le attività di mensa aziendale, purché dotati delle necessarie autorizzazioni ed in presenza di convenzioni con i datori di lavoro.
La normativa attuale permette, quindi, di attribuire la qualifica di mensa aziendale anche agli esercizi pubblici (ristoranti, bar, ecc.), sia pur subordinata alla condizione di una preventiva convenzione con il datore di lavoro. Proprio per tale motivo, questa tipologia di mensa aziendale può essere definita "diffusa" in quanto il dipendente può rivolgersi ai diversi esercizi pubblici che, avendo sottoscritto una convenzione, sono abilitati a gestire il badge identificativo o l'App per la fruizione del pasto.
La mensa diffusa è un servizio diverso dal buono pasto perché il dipendente può consumare un solo pasto al giorno e, nel caso in cui non dovesse consumarlo, non può recuperarlo nei giorni successivi.
Questo servizio è altresì costituito da una rete di convenzioni con gli esercizi pubblici ed è possibile usufruire della mensa diffusa esclusivamente tramite l'attribuzione ai dipendenti di card elettroniche dotate di badge elettronico oppure di App create ad hoc,e predisposte con i seguenti vincoli specifici:
1. consentire una sola prestazione giornaliera, limitata ai giorni di effettiva presenza in servizio;
2. impossibilità di posticipare nel tempo la fruizione del servizio. Pertanto, in caso di mancata consumazione del pasto, il dipendente non potrà recuperarlo nei giorni successivi.
Le card o app con tali caratteristiche consentono unicamente di identificare il dipendente e verificare il suo diritto a ricevere la somministrazione del pasto, ma non rappresentano titoli di credito.
Inoltre, operando su di un circuito elettronico, le card o l'app consentono di verificare in tempo reale l'utilizzo conseguente alla maturazione del diritto da parte del dipendente della prestazione giornaliera. Questo permette, allo stesso tempo, di scongiurare un eventuale utilizzo improprio e/o fraudolento, come la richiesta di somministrazione del pasto in un giorno in cui il dipendente risulti ammalato o, semplicemente, in una fascia oraria diversa da quella prevista contrattualmente.
Il dipendente può, quindi, pranzare presso i diversi esercizi commerciali che, avendo sottoscritto la convenzione, sono abilitati a gestire questo servizio.
La mensa diffusa permette di utilizzare ristoranti, pub, tavole calde ed altri esercizi convenzionati esattamente come se fossero una mensa, nei giorni e orari stabiliti dalla singola azienda e con un menù a prezzo fisso o di un valore predefinito.
Ogni giorno, il dipendente ha la possibilità di scegliere dove consumare il suo pasto e quanto "spendere", entro la soglia massima dell'importo quotidiano.
Il pagamento non avviene quando il dipendente utilizza il badge elettronico o l'App personale. La fattura, infatti, verrà poi inviata direttamente all'azienda, che si occuperà del pagamento complessivo di tutti i pasti dei propri dipendenti.
Al fine di perseguire il descritto obiettivo, la Società intende sottoscrivere appositi contratti di appalto con delle strutture in grado di erogare tali servizi, quali ristoranti ed esercizi pubblici di commercio al dettaglio di generi alimentari, come i supermercati, che forniranno pasti o generi alimentari esclusivamente pronti al consumo (esclusi quindi i prodotti non alimentari o quelli alimentari consumabili solo previa manipolazione).
I servizi sostitutivi di mensa aziendale saranno supportati da un punto di vista operativo dall'app "X" (in seguito, "App"), di proprietà di Beta s.r.l.
Tale App, al pari delle card citate nella risoluzione n. 63/E del 2005, operando su di un circuito elettronico, consente di:
a) individuare il Collaboratore e verificare che lo stesso abbia diritto per quel giorno a ricevere la somministrazione del pasto - una sola prestazione giornaliera limitatamente ai giorni di effettiva presenza in servizio;
b) lasciare traccia e quantificare il valore dei pasti effettivamente consumati dalla totalità dei dipendenti/collaboratori della Società presso l'esercizio convenzionato per ciascun giorno.
La Convenzione che l'Istante intende sottoscrivere prevede infatti che:
1) l'Azienda (alias l'Istante) aggiornerà sulla App i nominativi dei Collaboratori che ogni giorno hanno diritto al pasto, in modo da consentire l'espletamento della prestazione solo nei confronti di coloro che ne hanno diritto;
2) è escluso che il singolo Collaboratore possa usufruire nello stesso giorno del pasto in più Ristoranti (alias strutture convenzionate) e in giorni in cui non ne ha diritto;
3) i Collaboratori, per ricevere dal Ristorante il servizio sostitutivo di mensa aziendale, dovranno mostrare la App, in modo da consentire al Ristorante di:
- verificare per ciascun Collaboratore la spettanza del diritto al pasto nel giorno di riferimento,
- registrare mediante l'applicativo le quantità ed i costi dei pasti somministrati.
L'Istante riferisce altresì che il diritto alla somministrazione del pasto spettante al Collaboratore è contraddistinto dai requisiti, individuati con la circolare 23 dicembre 1997, n. 326, propri dei ticket restaurant (non è cedibile, né cumulabile, commerciabile, o convertibile in denaro).
L'utilizzo della App, poi, non consente di posticipare nel tempo la fruizione della prestazione e, pertanto, il dipendente che, pur avendo maturato il diritto alla prestazione, non consuma il pasto, non potrà più recuperarlo nei giorni successivi, né al medesimo verrà riconosciuto altro analogo diritto riconducibile al servizio di mensa aziendale.
L'App, operando in tempo reale, non rappresenta un titolo di credito, ma consente unicamente di individuare il dipendente che quel giorno ha diritto a ricevere la somministrazione del pasto.
A tal fine, la Società precisa che nei confronti del dipendente la carta assume la funzione di rappresentare esclusivamente il diritto al pasto cui il soggetto interessato ha diritto (nei termini concordati tra datore di lavoro e ristorante) e non il corrispondente valore monetario utilizzabile eventualmente per l'acquisto di beni diversi presso l'esercizio convenzionato.
Dalla funzione attribuita alla App, di mero strumento identificativo dell'avente diritto, deriva che non è assimilabile ai ticket restaurant, ma piuttosto ad un sistema di mensa aziendale, che può essere definita "diffusa" in quanto il dipendente può rivolgersi ai diversi esercizi pubblici che avendo sottoscritto la convenzione sono abilitati a gestire l'App.
Con riferimento al descritto servizio, l'Istante chiede di conoscere il relativo trattamento fiscale con particolare riferimento a:
1) l'aliquota IVA applicabile;
2) possibilità di emettere fattura differita da parte dei Ristoranti;
3) detraibilità dell'IVA applicata;
4) imponibilità dell'importo del pasto in capo al Collaboratore e deducibilità del costo inerente in capo alla Società (IRPEF/IRES/IRAP).
A tal fine, la Società allega la Convenzione Azienda - Ristorante, l'Accodo di adesione dell'Azienda a Beta e Accordo di adesione del Ristorante a Beta.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In merito all'aliquota IVA, l'Istante ritiene che i Ristoranti debbano addebitargli l'imposta con l'aliquota del 4 per cento, prevista dalla Tabella A, parte II, n. 37, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito, "Decreto IVA").
A supporto cita l'articolo 75, comma 3, della Legge del 30 dicembre 1991, n. 413, ai sensi del quale detta aliquota IVA, prevista per le somministrazioni di alimenti e bevande rese nelle mense aziendali, va applicata anche se le somministrazioni sono rese in dipendenza di contratti, anche di appalto, aventi ad oggetto servizi sostitutivi di mensa aziendale, sempreché siano commesse da datori di lavoro.
Al fine di delineare l'ambito di applicazione di tale norma, la Società cita altresì la risoluzione n. 75/E del 1° dicembre 2020, riguardante il "Trattamento IVA - Servizi sostitutivi di mensa aziendale resi a mezzo di buoni pasto", che rimanda - quanto alla definizione di servizi sostitutivi di mensa aziendale - al decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 7 giugno 2017, n. 122 ("Regolamento recante disposizioni in materia di servizi sostitutivi di mensa, in attuazione dell'articolo 144, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50") (GU n. 186 del 10-8-2017). Tale decreto riporta:
1) all'articolo 2 - Definizioni - al comma 1 lettera b) "per servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo dei buoni pasto, le somministrazioni di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo effettuate dagli esercenti le attività elencate all'articolo 3";
2) all'articolo 3 - Esercizi presso i quali può essere erogato - che il servizio sostitutivo di mensa è erogato dai soggetti legittimati ad esercitare:
- la somministrazione di alimenti e bevande ai sensi della legge 25 agosto 1991 n. 287;
- l'attività di mensa aziendale ed interaziendale;
- la vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
Sebbene il servizio che la Società intende offrire non prevede l'uso dei buoni pasto, allo stesso può comunque essere applicato il seguente ragionamento:
i. le somministrazioni di alimenti e bevande da parte dei ristoranti e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo effettuate dagli esercizi pubblici sono state assimilate ai servizi sostitutivi di mensa dal decreto ministeriale 7 giugno 2017, n. 122;
ii. l'applicazione dell'aliquota IVA al 4 per cento a tali cessioni è confermata dalla risoluzione n. 75/E del 2020;
iii. nel caso di apposita convenzione tra Società e la struttura erogatrice del servizio sostitutivo di mensa aziendale, i relativi servizi e cessioni saranno soggette ad IVA nella misura del 4 per cento.
In subordine, cioè nel caso di diniego all'applicazione di tale aliquota agevolata, l'Istante si ritiene applicabili le aliquote proprie dei diversi beni/servizi ceduti.
In merito all'aspetto amministrativo e di fatturazione, la Società reputa che il Ristorante possa emettere:
a) al momento dell'erogazione del pasto uno scontrino;
b) una fattura riepilogativa differita - entro il giorno 15 mese successivo a quello di erogazione dei pasti - di tutti i pasti erogati in osservanza della disposizione contenuta nell'articolo 21, comma 4, terzo periodo, lettera a), del decreto del Decreto IVA (articolo 3, comma 3, del d.P.R. n. 696 del 1996), nel rispetto di quanto illustrato nella risposta ad interpello n. 7 del 16 gennaio 2019.
Riguardo alla detraibilità dell'IVA, l'Istante ritiene di poter detrarre interamente l'imposta addebitatagli dai Ristoranti nel rispetto del principio di inerenza [cfr. art. 19-bis 1, comma 1, lettera f) del Decreto IVA].
Per quanti riguarda il settore delle imposte sui redditi, la Società fa presente che l'imponibilità dell'importo del pasto in capo al dipendente dipende dalla qualificazione del servizio de quo in una delle fattispecie di somministrazione di vitto, disciplinate dall'articolo 51, comma 2, lettera c) del TUIR.
Per quanto riguarda il costo di detto servizio, l'Istante ritiene di poterlo dedurre, ai fini IRES e IRAP, per l'intero importo, come confermato dal principio di diritto n. 3 dell'8 ottobre 2018. Secondo questo principio, infatti, il costo sostenuto dal datore di lavoro per gestire le menzionate prestazioni rappresenta un onere per l'acquisizione di un servizio complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande e, quindi, non subisce le limitazioni di deducibilità di cui all'articolo 109, comma 5, del TUIR.
Parere dell'agenzia delle entrate
La presente istanza differisce da quella oggetto della risposta n. 430 del 2022, presentata dalla Società, per la presenza di ulteriori quesiti, relativi alla detrazione dell'IVA, alle modalità di fatturazione, al trattamento del servizio ai fini IRES, IRPEF e IRAP, mentre in merito alla "natura" del servizio che intende erogare ai propri Collaboratori da cui dipende l'aliquota IVA, gli elementi di novità riguardano essenzialmente l'aggiunta di apposite clausole nella Convezione tra Azienda e Ristoranti (v. in particolare paragrafo 4), nell'Accordo di adesione del Ristorante a Beta (v. tra l'altro, punto 3 delle Premesse) e nell'Accordo di adesione dell'Istante a Beta [v. punto i) delle Premesse].
Nelle intenzioni della Società, queste clausole assolverebbero alla funzione di chiarire che il servizio dalla stessa offerto è di mensa diffusa e perciò integra i citati contratti con previsioni in gran parte coincidenti con i requisiti che - per la citata risoluzione - caratterizzano detto servizio.
Si ricorda che questa Agenzia ha più volte ribadito che esula dalle competenze dalla stessa esercitabili in sede di interpello, la disamina delle singole clausole contrattuali, siglate dalle parti nell'esercizio della loro libertà contrattuale. In particolare, in sede di interpello, spetta all'Amministrazione finanziaria chiarire i criteri interpretativi che guidano il contribuente nell'individuazione del corretto regime fiscale applicabile al contratto dallo stesso sottoscritto, ma spetta a quest'ultimo la valutazione circa il ricorrere di questi presupposti nel suo caso concreto e personale, da operarsi attraverso la disamina delle specifiche previsioni contrattuali (cfr. tra le altre, Risoluzione 3/E del 2023, risposta n. 206 del 2023 e risposta n. 583 del 2022).
In questa sede pertanto si ribadiscono i seguenti principi interpretativi, a ulteriore chiarimento della risposta n. 430 del 2022.
Sebbene nell'istanza sia per buona parte riprodotto il testo del parere della risoluzione 17 maggio 2005, n. 63/E, occorre precisare che secondo detta risoluzione, l'articolo 51, comma 2, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, "TUIR") "...prende in considerazione distinte ipotesi, e precisamente:
a) gestione diretta di una mensa da parte del datore di lavoro;
b) prestazione di servizi sostitutivi di mense aziendali (Ticket restaurant);
c) corresponsione di una somma a titolo di indennità sostitutiva di mensa.".
Tralasciando la lettera c) perché estranea al caso concreto e personale qui in discussione, le lettere a) e b) individuano fattispecie tra loro diverse a ciascuna delle quali corrisponde un differente trattamento tributario.
Dopo aver chiarito i requisiti che connotano un servizio di mensa diffusa gestito tramite card elettroniche, la risoluzione n. 63/E del 2005 chiarisce che queste card "...non sono assimilabili ai ticket restaurant, ma piuttosto ad un sistema di mensa aziendale, che può essere definita "diffusa" in quanto il dipendente può rivolgersi ai diversi esercizi pubblici che avendo sottoscritto la convenzione sono abilitati a gestire la card elettronica...".
E il medesimo documento di prassi, nel richiamare le circolari 16 luglio 1998, n. 188 e 23 dicembre 1997, n. 326, afferma che sono "mense aziendali anche gli esercizi pubblici, limitatamente alle prestazioni di somministrazione di alimenti e bevande realizzate sulla base di specifiche convenzioni con i datori di lavoro".
Ciò che emerge con chiarezza è che la mensa diffusa non rientra nell'ambito della citata lettera b), cioè tra le "prestazione di servizi sostitutivi di mense aziendali (Ticket restaurant), bensì tra quelle della lettera a).
I contratti esibiti dall'Istante invece replicano grossomodo i requisiti tipici della mensa diffusa ma l'oggetto degli stessi è "servizio sostitutivo di mensa aziendale".
Nella Convezione tra la Società e il Ristorante, ad esempio, le Premesse e l'articolo 3 contengono l'esplicito riferimento "servizio sostitutivo di mensa aziendale". Analogo riferimento è presente nell'Accordo di adesione del Ristorante a Beta (v. tra gli altri, punti 1 e 4 delle Premesse, nonché articoli 3, 4 e 5) e nell'Accordo di adesione dell'Istante a Beta (v. in particolare, Premesse e paragrafo 3).
Ciò posto spetta ora alla Società decidere il tipo di servizio che intende offrire ai propri dipendenti e modificare conseguentemente i relativi contratti oppure stipularne di nuovi con altri soggetti.
Per quanto riguarda l'aliquota IVA applicabile e le relative modalità di detrazione, si confermano le conclusioni della risoluzione n. 63/E del 2005, in parte già richiamate nella risposta al precedente interpello. Se dunque la Società dovesse offrire ai Collaboratori un servizio qualificabile come mensa diffusa oppure sostitutivo di mensa aziendale (Ticket restaurant):
- sarebbe soggetto all'aliquota IVA nella misura del 4 per cento in sede di fatturazione della prestazione da parte del Ristoratore al datore di lavoro (i.e. Istante);
- l'IVA così addebitata sarebbe detraibile in capo al datore di lavoro ai sensi dell'articolo 19-bis1, comma 1, lettera f) del Decreto IVA.
Con riferimento alle modalità di certificazione dei corrispettivi da parte dei Ristoratori, si ritiene ammissibile il ricorso alla c.d. fattura differita di cui all'articolo 21, comma 4, lettera a), del Decreto IVA, secondo cui "per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l'operazione ed avente le caratteristiche determinate con decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472, nonché per le prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione, effettuate nello stesso mese solare nei confronti del medesimo soggetto, può essere emessa una sola fattura, recante il dettaglio delle operazioni, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle medesime".
A tal fine, come già chiarito dalla circolare 37/E del 21 febbraio 2020 - che contiene "chiarimenti in tema di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri", di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 217, "[...] la memorizzazione elettronica, e la conseguente emissione del documento commerciale, è effettuata al momento del pagamento del corrispettivo, totale o parziale, ovvero al momento della consegna del bene o della ultimazione della prestazione se i detti eventi si verificano anteriormente al pagamento. Resta ferma, in relazione alla tipologia di operazione effettuata, l'esigibilità dell'imposta sul valore aggiunto determinata ai sensi dell'articolo 6 del decreto IVA.
A titolo d'esempio, nel caso di cessione di beni senza che sia stato effettuato il pagamento, occorrerà memorizzare l'operazione ed emettere un documento commerciale con l'evidenza del corrispettivo non riscosso; al momento del pagamento a saldo non sarà necessario generare un nuovo documento commerciale - essendosi già perfezionato il momento impositivo ai fini IVA - e l'esercente potrà dare evidenza dell'avvenuto pagamento con una semplice quietanza di pagamento oppure direttamente sul documento commerciale già emesso.
Nel caso in cui una prestazione di servizi venga ultimata senza pagamento del corrispettivo, occorrerà memorizzare l'operazione ed emettere un documento commerciale con l'evidenza del corrispettivo non riscosso; al momento del pagamento sarà necessario generare un nuovo documento commerciale -perfezionandosi solo con il pagamento il momento impositivo ai fini IVA - richiamando gli elementi indentificativi di quello precedente.
Ciò sempre che il cedente/prestatore non emetta una fattura (ordinaria o semplificata) "immediata", ossia entro il dodicesimo giorno successivo all'effettuazione dell'operazione ai fini IVA.
Sarà comunque possibile emettere un documento commerciale, recante il "non riscosso", atto ad una successiva fattura c.d. "differita" ex articolo 21, comma 4, lettera a), dello stesso decreto IVA".
Resta inteso che, l'ammontare dei corrispettivi per le prestazioni di servizio rese memorizzato e documentato con il cd "documento commerciale" con la dicitura "non riscosso", vanno tenuti distinti dall'ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri, poiché i medesimi concorrono alle liquidazioni periodiche attraverso le corrispondenti fatture differite.
Ai fini dell'IRES, in merito alla deducibilità dei costi sostenuti dall'Istante in relazione al servizio in questione e sul presupposto che il descritto servizio, reso mediante l'applicazione App, sia assimilabile ai servizi sostitutivi di mensa aziendale (cfr. anche il richiamo nell'istanza al principio di diritto n. 8 del 2018), si ritiene che i relativi costi sostenuti dall'Istante (i.e., il datore di lavoro dei dipendenti che vi beneficeranno) rappresentino un onere per l'acquisizione di un servizio complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande e che, di conseguenza, non subiscano le limitazioni di deducibilità di cui all'articolo 109, comma 5, del TUIR. Pertanto, al ricorrere dei predetti presupposti, i relativi costi concorreranno integralmente alla formazione del reddito imponibile, fermo restando il rispetto dei principi generali di inerenza e di previa imputazione dei componenti negativi, ai sensi dell'articolo 109 del TUIR. Anche ai fini dell'IRAP, sempre al ricorrere dei medesi presupposti, i costi sostenuti per il servizio in parola relativi ai lavoratori dipendenti saranno interamente deducibili.
Analogamente, saranno interamente deducibili ai fini IRES e IRAP i costi relativi alla gestione (anche in appalto) di una mensa aziendale a favore dei dipendenti (anche nell'ipotesi in cui sia stipulata una convenzione con un esercizio pubblico - cfr. la circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, par. 2.2.3).
Da ultimo si evidenzia che spetterà all'Istante individuare l'esatta natura del servizio (di mensa) erogato a favore dei dipendenti e l'ammontare di costi deducibili, non presentando tali aspetti profili interpretativi oggetto dell'istanza di interpello in esame.
Per quanto riguarda, infine, il trattamento ai fini IRPEF in capo al dipendente, tralasciando la fattispecie dei "buoni pasto" perché oggetto di numerosi chiarimenti da parte della scrivente, si osserva che se la Società intende offrire ai propri dipendenti un servizio di mensa diffusa, modificando in tal senso i relativi contratti con l'eliminazione del riferimento al "servizio sostitutivo di mensa aziendale" o stipulando nuovi contratti con altri soggetti, ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera c) del TUIR, l'importo del pasto non concorrerà a formare il reddito in capo al lavoratore dipendente.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell'istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
Firma su delega della Direttrice centrale
Il Capo settore
Nessun commento:
Posta un commento