Cassazione 2024-prescrizione previdenziale
Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 12/03/2024) 14-05-2024, n. 13229
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto - Presidente Est.
Dott. MANCINO Rossana - Consigliere
Dott. MARCHESE Gabriella - Consigliere
Dott. CAVALLARO Luigi - Rel. Consigliere
Dott. BUFFA Francesco - Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 13634-2019 proposto da:
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D'ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO;
- ricorrente principale -
contro
- controricorrente - ricorrente incidentale -nonché contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
- ricorrente principale - controricorrente incidentale -
nonché contro
x
- intimata -
avverso la sentenza n. 149/2018 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 30/10/2018 R.G.N. 87/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. OMISSIS, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale; udito l'Avvocato CARLA D'ALOISIO;
udito l'Avvocato SIRO CENTOFANTI;
Svolgimento del processo
che, con sentenza depositata il 30.10.2018, la Corte d'appello di Perugia, in riforma della pronuncia di primo grado, ha autorizzato OMISSIS a versare all'INPS la somma corrispondente alla riserva matematica utile alla costituzione della rendita vitalizia pari alla prestazione pensionistica cui avrebbe avuto diritto in assenza delle omissioni contributive verificatesi in suo danno nel periodo 1.3.1958-31.10.1963, durante il quale egli aveva prestato attività lavorativa alle dipendenze della Cooperativa operaia per installazioni e riparazioni elettriche Soc. coop. in liquidazione senza che il datore di lavoro versasse integralmente i contributi dovuti, e ha condannato l'INPS, in esito al versamento, a costituire la rendita;
che la Corte territoriale, pur reputando infondata la tesi dell'assicurato secondo cui il diritto alla costituzione della rendita vitalizia non sarebbe soggetto a prescrizione, nemmeno quando - come nella specie - l'azione sia stata proposta dal lavoratore in luogo del datore di lavoro impossibilitato a provvedervi, ha nondimeno ritenuto che, in tal caso, la decorrenza della prescrizione andava fissata con riguardo al momento in cui il lavoratore ha avuto notizia di tale impossibilità, di talché, non avendo l'INPS addotto e provato nulla al riguardo, l'eccezione di prescrizione doveva reputarsi infondata;
che avverso tale pronuncia l'INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria;
che OMISSIS ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, basato su quattro motivi, anch'esso poi illustrato con memoria;
che l'INPS ha resistito con controricorso al ricorso incidentale;
che la Cooperativa ex datrice di lavoro non ha svolto in questa sede attività difensiva;
che il Pubblico ministero ha concluso come in epigrafe;
Motivi della decisione
che, con l'unico motivo del ricorso principale, l'INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 13, L. n. 1338/1962, per avere la Corte di merito ritenuto che, ai fini della decorrenza della prescrizione del diritto del lavoratore di costituire a proprie spese la rendita vitalizia, rilevasse la conoscenza dell'impossibilità della costituzione della medesima a carico del datore di lavoro e non il mero fatto obiettivo del decorso del tempo dall'omissione contributiva, che nella specie doveva portare a ritenere prescritta l'azione proposta;
che, con il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato, il controricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1324, 1362, 1366, 1367, 1370, 1175, 1375 e 2937 OMISSIS, nonché degli artt. 13, L. n. 1338/1962, e 1, L. n. 241/1990, per non avere la Corte territoriale ritenuto che l'INPS avesse rinunciato alla prescrizione, vuoi per avere comunicato ufficialmente anche mediante il sito internet istituzionale che la domanda di costituzione della rendita vitalizia può essere proposta senza limiti temporali, vuoi per avergli specificamente comunicato, con nota del 31.10.2006, di reputare ammissibile il riscatto del periodo 1.3.1958-31.1.1967;
che, con il terzo motivo del ricorso incidentale condizionato, il controricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell'art. 13, L. n. 1338/1962, per avere la Corte territoriale ritenuto che la facoltà del lavoratore assicurato di chiedere all'INPS di costituire a proprie spese la rendita vitalizia non fosse imprescrittibile;
che, con il quarto motivo del ricorso incidentale condizionato, il controricorrente deduce ulteriore violazione dell'art. 13, L. n. 1338/1962, e del D.M. 19.2.1981, per avere la Corte territoriale ritenuto che la richiesta di specificazione degli effetti dell'accoglimento della domanda di costituzione della rendita (id est, la condanna al pagamento della pensione di vecchiaia) costituisse domanda nuova, come tale inammissibile in grado di appello;
che, con riguardo all'unico motivo del ricorso principale, va premesso che l'art. 13, L. n. 1338/1962, prevede, al primo comma, che "il datore di lavoro che abbia omesso di versare i contributi per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione (...), può chiedere all'Istituto nazionale della previdenza sociale di costituire (...) una rendita vitalizia riversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell'assicurazione obbligatoria, che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi", previo versamento all'INPS della "corrispondente riserva matematica" di cui al secondo comma, e soggiunge, al quinto comma, che "il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita a norma del presente articolo, può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al risarcimento del danno";
che, nell'interpretare la norma dianzi cit., la meno recente giurisprudenza di questa Corte si era pressoché univocamente attestata nel ritenere che l'art. 13, L. n. 1338/1962, riconosca la facoltà di regolarizzare senza limiti temporali la posizione assicurativa per i periodi per i quali sia intervenuta la prescrizione dei contributi (cfr., fra le numerose, Cass. nn. 1304 del 1971, 1374 del 1974, 1298 del 1978, 5487 del 1983);
che, tuttavia, Cass. n. 6361 del 1984 ritenne per contro di poter affermare come "conforme a diritto" che l'azione di cui all'art. 13, cit., non sarebbe imprescrittibile, ma soggetta al termine prescrizionale di cui all'art. 2946 OMISSIS, il quale, in conformità al disposto dell'art. 2935 dello stesso codice, decorrerebbe dal compimento della prescrizione dei contributi non versati dal datore di lavoro; che, nonostante l'orientamento più risalente fosse stato successivamente ribadito da Cass. n. 170 del 1985 (secondo la quale l'azione volta alla costituzione della rendita vitalizia può essere proposta "senza limitazione temporale" alcuna), Cass. n. 9270 del 1987 e poi Cass. nn. 10945 del 1998, 14680 del 1999 e 3756 del 2003 hanno ritenuto di dare continuità all'orientamento inaugurato da Cass. n. 6361 del 1984, sul presupposto che già dal momento della prescrizione dei contributi il lavoratore potrebbe pretendere che il datore di lavoro emendi subito, con la costituzione della rendita vitalizia, il danno potenziale conseguente all'omissione contributiva;
che tali conclusioni sono state recisamente contestate da Cass. n. 7853 del 2003, la quale - muovendo da una distinzione di carattere generale sulla prescrittibilità delle facoltà giuridiche e dei cosiddetti diritti potestativi a seconda che incidano su situazioni precorse o debbano operare solo pro futuro - ha all'opposto ritenuto che la facoltà di costituire una rendita vitalizia non sarebbe soggetta a prescrizione alcuna, escludendo, sulla scorta del testuale disposto dell'art. 13, L. n. 1338/1962, che possiedano all'uopo rilevanza il momento della prescrizione dei contributi oppure quello in cui sarebbe maturato il diritto alla pensione o ancora quello in cui l'assicurato, in base ai contributi già versati, abbia conseguito la pensione;
che, nonostante Cass. n. 7853 del 2003, cit. avesse ribadito il meno recente orientamento di questa Corte di legittimità, la di poco successiva Cass. n. 13836 del 2003 è tornata ad affermare il diverso principio secondo cui l'azione in questione sarebbe assoggettata a prescrizione, limitandosi peraltro a richiamare a proprio sostegno Cass. nn. 14680 del 1999 e 3756 del 2003, entrambe cit., e senza esplicitamente confrontarsi con le argomentazioni di Cass. n. 7853 del 2003, parimenti cit.;
che l'orientamento favorevole alla prescrittibilità dell'azione ex art. 13, L. n. 1338/1962, è stato successivamente fatto proprio da Cass. n. 12213 del 2004 e, più recentemente, da Cass. n. 983 del 2016, mentre Cass. S.U. n. 840 del 2005, specificamente investita del contrasto di giurisprudenza in ordine alla prescrittibilità dell'azione de qua, ha reputato precluso l'esame della questione, in ragione dell'accoglimento di un'altra censura ad essa preliminare; che, da ultimo, le Sezioni Unite di questa Corte, provvedendo su un ricorso devoluto alla loro cognizione ex art. 374, comma 1, c.p.c., hanno deciso anche il merito della questione e, accogliendo le censure proposte da un datore di lavoro pubblico, hanno richiamato adesivamente i principi di diritto affermati da Cass. nn. 3756 del 2003, 12213 del 2004 e 983 del 2016, affermando che il diritto del lavoratore alla costituzione, a spese del datore di lavoro, della rendita vitalizia di cui all'art. 13, L. n. 1338/1962, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo dei contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di prescrizione, decorrente dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'INPS, senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione contributiva;
che, sebbene possa ormai considerarsi assurto a diritto vivente il principio secondo cui esigenze di certezza del diritto imporrebbero di ritenere che il lavoratore possa esercitare il diritto potestativo a vedersi costituire la rendita di cui all'art. 13, L. n. 1338/1962, entro il termine ordinario decennale di prescrizione decorrente dalla maturazione della prescrizione del diritto al recupero dei contributi da parte dell'INPS (così, espressamente, Cass. S.U. n. 21302 del 2017, cit., in motivazione, e, più recentemente, Cass. n. 18661 del 2020), reputa il Collegio che tale conclusione, che di per sé importerebbe l'accoglimento del ricorso principale e la cassazione della sentenza impugnata, possa essere suscettibile di rimeditazione in considerazione delle ragioni addotte dall'odierno controricorrente nel terzo motivo del ricorso incidentale, il cui esame, involgendo proprio la questione della prescrittibilità o meno dell'azione, è logicamente prioritario rispetto agli altri; che, indipendentemente dalle argomentazioni dogmatiche spese da Cass. n. 7853 del 2003, cit., circa la latitudine del principio secondo cui in facultativis non datur praescriptio, soccorrono al riguardo ragioni letterali strettamente connesse alla ratio dell'art. 13, L. n. 1338/1962, più volte cit.; che, sul punto, Cass. n. 31337 del 2022 ha recentemente rimarcato, sulla scorta dei lavori preparatori, che lo scopo della norma consiste nell'attuare un congegno di regolarizzazione contributiva che consente di valorizzare, ai fini del trattamento pensionistico, quei periodi contributivi per i quali si siano verificate omissioni contributive non sanabili per effetto di prescrizione e che, proprio per ciò, deve considerarsi strettamente collegata alla previsione di cui all'art. 2116, comma 2, OMISSIS, a norma del quale "nei casi in cui (...) le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l'imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro", costituendo una forma di reintegrazione in forma specifica del danno derivante dall'omessa contribuzione (cfr., nello stesso senso, già Cass. nn. 6088 del 1981, 6517 del 1986, 5825 del 1995, 14680 del 1999, 22751 del 2004, 2630 del 2014); che, proprio per ciò, è stato escluso che l'azione proposta dal lavoratore ai sensi dell'art. 13, comma 5, L. n. 1338/1962, sia assoggettabile alla decadenza triennale di cui all'art. 47, D.P.R. n. 639/1970 (così Cass. n. 32500 del 2021), o necessiti della previa proposizione di una domanda amministrativa (Cass. n. 31337 del 2022, cit.), trattandosi di azione che non ha ad oggetto una prestazione previdenziale, ma si propone piuttosto di rimediare alla decurtazione pensionistica conseguente all'omesso versamento dei contributi dovuti;
che, sotto questo profilo, si è evidenziato in dottrina che l'art. 13, L. n. 1338/1962, rappresenta peraltro una norma di favore per il datore di lavoro, dal momento che il versamento del solo importo necessario per la costituzione della riserva matematica gli permette di risarcire in forma specifica il danno cagionato al lavoratore dall'omissione contributiva, che altrimenti sarebbe pari all'importo di tutti i ratei pensionistici perduti in conseguenza dell'omissione medesima e, inevitabilmente, darebbe luogo a dissidi di non facile soluzione circa le modalità della sua liquidazione; che, sotto diverso ma concorrente profilo, altra dottrina ha messo in chiaro che, una volta che la riserva matematica sia stata versata dal datore di lavoro o dal lavoratore, la costituzione della rendita vitalizia non comporta alcun onere economico per l'INPS, essendo congegnate le tariffe di cui al D.M. 19.2.1981 (emanato in attuazione dell'ult. co. dell'art. 13, cit.) in modo tale che la riserva matematica copra interamente l'onere assunto dall'assicurazione generale obbligatoria dal momento in cui è riferito il calcolo in poi (cfr. in specie l'All. 12 al D.M. 19.2.1981, cit.);
che, così ricostruito l'impianto normativo, sembra evidente, a parere di questo Collegio, che un problema di prescrizione dell'azione volta alla costituzione della rendita vitalizia si pone nei rapporti tra lavoratore e datore di lavoro, precisamente allorché il lavoratore chieda in giudizio (in contraddittorio necessario con l'INPS: cfr. Cass. S.U. n. 3678 del 2009) che il datore di lavoro venga condannato a versare la riserva matematica utile alla costituzione della rendita; che a venire in rilievo, in tal caso, è infatti la responsabilità che l'art. 2116 comma 2 OMISSIS prevede in capo al datore di lavoro allorché, "per mancata o irregolare contribuzione", le istituzioni di previdenza e assistenza non siano tenute "a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute" al lavoratore assicurato, la quale è sottoposta a prescrizione ordinaria decennale (cfr. per tutte Cass. n. 13997 del 2007); che, per contro, seri dubbi si pongono, quanto meno in ordine alla decorrenza della prescrizione, nei rapporti tra l'ente previdenziale e il datore di lavoro che intenda avvalersi del congegno di cui all'art. 13, L. n. 1338/1962, per rimediare in forma specifica al danno cagionato al lavoratore, e tra l'ente previdenziale e il lavoratore che intenda sostituirsi al datore di lavoro nel versamento della riserva matematica, essendo l'ente mero destinatario di un pagamento che, come s'è anzidetto, è destinato a coprire interamente l'onere assunto dall'assicurazione generale obbligatoria dal momento in cui è riferito il calcolo in poi;
che in tal senso depongono anzitutto le modalità di calcolo della riserva matematica, che - per come disciplinate dal D.M. 19.2.1981 e dal successivo D.M. 31.8.2007 - hanno riguardo non solo al rendimento che la contribuzione regolarmente versata avrebbe avuto, ma anche alla speranza di vita del beneficiario della rendita e dei superstiti aventi diritto alla sua reversibilità, all'evidente scopo di scongiurare il pericolo di una socializzazione dei costi dell'inadempimento dell'obbligo contributivo;
che non dissimilmente deve dirsi con riguardo ai periodi per i quali la relativa quota di pensione andrebbe calcolata con il sistema contributivo, atteso che il corrispondente onere è determinato, per espressa previsione dell'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 184/1997, in modo analogo alla determinazione dell'onere per il riscatto dei periodi di studio, ai sensi del comma 5 del precedente art. 2;
che, invero, la ratio che ispirò l'introduzione dell'art. 13, L. n. 1338/1962 risiede nell'intento di scongiurare il rischio di rendere potenzialmente definitivo il danno inferto al lavoratore dall'omissione contributiva, laddove - come evidenziato dalla Corte costituzionale - la norma in questione è chiamata ad assicurare "un trattamento di favore ai lavoratori i quali, per effetto del mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro e della impossibilità del loro tardivo pagamento per intervenuta prescrizione, siano stati privati della pensione" (così Corte cost. n. 568 del 1989, in motivazione), manifestando la sua precipua utilità proprio "nei casi in cui le omissioni contributive vengono fatte risalire a periodi assai lontani nel tempo, che (...) possono attingere, ed anche oltrepassare, mezzo secolo, e vengono denunciate a distanza di molti anni nei confronti di datori di lavoro deceduti o di ditte scomparse" (così, sempre in motivazione, Corte cost. n. 26 del 1984); che, escludendo la tesi della imprescrittibilità nei confronti dell'ente previdenziale dell'azione volta alla costituzione della rendita vitalizia, le ragioni testuali, logiche e finalistiche che sopra si sono evidenziate nell'interpretazione dell'art. 13, L. n. 1338/1962, militerebbero quanto meno per ancorare la decorrenza della prescrizione in danno del lavoratore non già alla data di prescrizione dei contributi (rectius, alla data di prescrizione della facoltà del datore di lavoro di versare la riserva matematica, a sua volta decorrente da quella di prescrizione dei contributi), ma alla stessa data in cui matura il danno di cui all'art. 2116 comma 2 OMISSIS, ossia al momento in cui, verificatosi l'evento protetto, l'ente previdenziale non è tenuto al pagamento della prestazione pensionistica in conseguenza dell'omissione contributiva; che, sebbene le affermazioni su riportate di Cass. S.U. n. 21302 del 2017, cit., siano state rese in una fattispecie in cui l'eccezione di prescrizione dell'azione ex art. 13, L. n. 1338/1962, era stata sollevata dal datore di lavoro (e non, come nella specie, dall'INPS) e dunque non appaiano stricto sensu vincolanti ai fini di cui all'art. 374 comma 3 c.p.c., reputa il Collegio che la natura intrinsecamente di massima di particolare importanza della questione dianzi esposta e il contrasto più volte occorso nella giurisprudenza di questa Corte circa l'interpretazione dell'art. 13, cit., impongano di rimettere la causa alla Prima Presidente di questa Corte per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite;
P.Q.M.
La Corte rimette la causa alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio svoltasi nelle date del 17 Gennaio 2024 e del 12 Marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2024.
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