CARTELLINO O TARGA IDENTIFICATIVA PER I DIPENDENTI: MOTIVAZIONI, CONTENUTO E CASI PARTICOLARI
Lostritto Patrizio
D.Lgs. 27-10-2009, n. 150, art. 69
D.Lgs. 27-10-2009, n. 150
L. 07-08-1990, n. 241
FONTE
Azienditalia - Il Personale, 2010, 5, 261
Sommario: Premessa - I pronunciamenti del Garante per la protezione dei dati personali - La nuova norma: art. 55 novies del D.Lgs. n. 165/2001 come introdotto dall'art. 69 del D.Lgs. n. 150/2009 - La circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 3/2010 - L'identificazione rispetto al personale della Polizia municipale - Conclusioni
Premessa
Dalla 15 novembre 2009 data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2010, esiste una norma specifica che impone ai dipendenti pubblici a contatto con il pubblico, di indossare un cartellino identificativo, ovvero esporre una targa presso la propria postazione di lavoro. Una norma ne che prevede anche il contenuto: il nominativo, cioè il nome e il cognome. Quest'ultima sembra una precisazione superflua, ma in realtà non lo è.
Il contenuto del cartellino identificativo (che d'ora in avanti, per brevità, sarà indicato solo come «cartellino»), ovvero della targa, è stato oggetto di «dibattito» in quanto non poche osservazioni sono state avanzate sul contenuto, su cosa poter scrivere e cosa no su di un cartellino per il rispetto della «privacy» del dipendente.
Per capire bene l'importanza di una materia che apparentemente potrebbe sembrare di semplice gestione, si ripercorrono alcuni passaggi nel tempo.
Nel passato per dirimere la questione, in assenza di una specifica norma nazionale, è dovuto intervenire almeno due volte in maniera significativa il Garante per la protezione dei dati personali. L'esame dei pronunciamenti del Garante non è superfluo essendo ora in vigore una norma di legge, in quanto ci aiuta insieme alla circolare n. 3/2010 (1) del Dipartimento della funzione pubblica, a capire le motivazioni che sottendono alla necessità d'identificazione del dipendente pubblico e ad affrontare casi particolari, come ad esempio quello della Polizia municipale che si vedrà al termine dell'articolo.
I pronunciamenti del Garante per la protezione dei dati personali
Il primo intervento rilevante e mirato del Garante risale all'11 dicembre del 2000, il quale in seguito a richieste di pareri e ricorsi, osserva e riconosce:
- che il fenomeno di esporre il cartellino «risponde ad evidenti finalità di miglioramento del rapporto fra operatori pubblici o privati ed utenti dei servizi o clienti degli esercizi commerciali, attraverso una maggiore responsabilizzazione del personale e una più agevole possibilità degli utenti o dei clienti di comprendere la qualificazione dei diversi soggetti con cui entrano in rapporto e di potersi quindi tutelare in modo adeguato» . Il Garante prende altresì atto delle lamentele dei dipendenti sul rischio di diffondere i dati personali in modo eccessivo ed ingiustificato con il rischio da parte degli stessi di essere sottoposti «anche a possibili improprie pressioni da parte di chi venga a conoscenza (n.d.a.: dei dati dei dipendenti), come pure a successivi contati per ragioni estranee al lavoro»: quindi il Garante prende in considerazione e tiene presente il diritto alla riservatezza personale;
- passando all'esame dell'opportunità di esporre il cartellino e i dati pertinenti, rammenta, per il settore pubblico:
- che i soggetti pubblici possono diffondere i dati personali se è previsto da norme di legge o di regolamento (ma a quel momento non sembra che esistesse una specifica norma di legge in proposito),
- che «... al fine di una maggiore trasparenza e responsabilità soprattutto alla luce della legge n. 241/1990, che alcune strutture pubbliche o i concessionari pubblici prevedano l'adozione da parte del loro personale di cartellini identificativi personali. Anche in questo caso, specie in assenza di precise disposizioni di legge o di regolamento che prescrivano puntualmente il contenuto dei cartellini identificativi, appare non giustificabile che amministrazioni pubbliche o concessionari pubblici impongano la diffusione di elementi identificativi personali non pertinenti e inutilmente eccedenti rispetto alle finalità di responsabilizzare maggiormente il personale e fornire agli utenti una conoscenza sufficiente degli operatori con cui entrano in rapporto».
Il Garante, in conclusione e per capire cosa concretamente inserire nel cartellino, indica alcuni elementi che possono essere utili, «pertinenti» e «non eccedenti» «non appare di alcuna utilità che appaiano sul cartellino ... dati personali quali quelli identificativi delle generalità e di quelli anagrafici a differenza»:
- dell'immagine fotografica;
- della definizione del ruolo professionale;
- eventualmente di un nome (sembra intendersi quello di battesimo);
- numero o sigla identificativa (es.: numero di matricola).
In un successivo intervento a carattere più generale contenuto nelle «Linee guida in materia di trattamento dei dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico» del 14 giugno 2007, il Garante, al punto 6.4, ritorna sulla questione del cartellino identificativo.
Viene affermato che il cartellino può «... rappresentare un valido strumento per garantire trasparenza ed efficacia dell'azione amministrativa, nonché per migliorare il rapporto fra operatori e utenti»: affermazione che appare molto importante. Basterebbe pensare, semplicemente, e al di là di ogni retorica, a quando gli stessi operatori pubblici, vestono i panni dell'utente.
Anche in tale provvedimento il Garante richiama i principi di pertinenza e non eccedenza nel trattamento dei dati in rapporto alle finalità perseguite, «specie in assenza di necessarie disposizioni di legge o regolamento» che prescrivano l'adozione del cartellino.
Il Garante conclude, richiamando specifiche esigenze di personalizzazione e umanizzazione del servizio e/o di collaborazione da parte dell'utente, può risultare giustificato «in casi particolari e con riferimento a determinate categorie di dipendenti, riportare nei cartellini elementi identificativi ulteriori rispetto alla qualifica, al ruolo professionale, alla fotografia o ad un codice identificativo quali, ad esempio, le loro generalità (si pensi alle prestazioni sanitarie in regime di ricovero ospedaliero e al rapporto fiduciario che si instaura tra il paziente e gli operatori sanitari coinvolti)».
È sembrato importante richiamare, in premessa, i sopra riportati pronunciamenti del Garante della «privacy», perché ci aiutano a capire l'importanza e le motivazioni della esposizione del cartellino, spesso vista dai dipendenti pubblici con diffidenza quando non un inutile adempimento. Si tratta di un adempimento, invece che può ben inquadrarsi:
- in un percorso di trasparenza e di visibilità (nei confronti dell'utente che è sempre una persona concreta ed in carne ed ossa come lo è chiunque che peraltro può ritrovarsi nello stesso ruolo dell'utente quando si ha bisogno della p.a.);
- potrebbe essere un passo verso il recupero di fiducia nei confronti dell'esterno, considerando che sovente ci si lamenta di essere una categoria «mal trattata».
La nuova norma: art. 55 novies del D.Lgs. n. 165/2001 come introdotto dall'art. 69 del D.Lgs. n. 150/2009
Ritornando agli aspetti «tecnici», oggi esiste, come detto, una legge il D.Lgs. 165/2001, art. 55-novies, introdotto dal D.Lgs. n. 150/2009, art. 69, che dettaglia il contenuto del cartellino (o della targa): il nominativo e per questo non si può che intendere nome e cognome.
Per precisione, tale norma è l'attuazione della delega contenuta nell'art. 7, c. 2, lett. p) della legge delega 4 marzo 2009, n. 15, che appunto demandava al Governo l'adozione di una norma per l'introduzione del cartellino identificativo ovvero di apposita targa.
Quindi il cartellino deve contenere nome e cognome del dipendente come dato minimo, poi in combinazione con quanto espresso dal Garante come sopra riportato, possono essere inseriti altri dati, quali la fotografia, il profilo professionale e, naturalmente, sarebbe opportuno che fosse inserita l'intestazione dell'ente di appartenenza,
L'obbligo di esposizione del cartellino (ovvero della targa presso la postazione di lavoro) decorre dal novantesimo giorno dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2009 e, quindi, dal 13 febbraio 2010 (art. 73 D.Lgs. n. 150/2009) essendo entrato in vigore il D.Lgs. n. 150/2009 il 15 novembre 2009.
Deve esporre il cartellino: i dipendenti pubblici - di tutte le pubbliche amministrazioni - che svolgono attività a contatto con il pubblico, quindi, almeno per gli enti locali, quasi tutti dipendenti. Può essere escluso il personale appartenente a particolari categorie in relazione ad appositi decreti del Presidente del Consiglio di Ministri per quanto riguarda il personale statale e per il personale delle regioni e delle autonomie locali, in base a intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le province autonome e le autonomie locali.
Il mancato rispetto dell'obbligo di esporre il cartellino (ovvero la targa) è sanzionabile come espressamente previsto per la dirigenza nel Ccnl del 22 febbraio 2010 Area II, regioni e autonomie locali, art. 7; inoltre d'ora in avanti rientra sicuramente negli obblighi da rispettare - essendo previsto da una legge - per tutti gli altri dipendenti del comparto.
La circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 3/2010
Sull'argomento è intervenuto il Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con la circolare n. 3/2010 (del 17 dicembre 2010). Si propone un commento ordinato sui 5 punti fondamentali trattati.
Finalità della norma
Il Dfp richiamando le finalità della norma sottolinea il nesso con l'obiettivo di perseguire la trasparenza e la conoscibilità dell'organizzazione della pubblica amministrazione dalla quale consegue anche la soddisfazione degli utenti agevolandoli nella possibilità di esercizio e adempimento rispettivamente dei propri diritti e obblighi, nonché quello di una sempre maggiore responsabilizzazione da parte dei dipendenti che sono al servizio della comunità.
Ambito soggettivo
Viene esaminato l'ambito soggettivo e si precisa, come anticipato, che la norma in esame riguarda tutte le amministrazioni pubbliche indicate all'art. 1, c. 2 del D.Lgs. n. 165/2001 (quindi anche le regioni, le province, i comuni, gli enti locali in generale). La norma è di immediata e diretta applicazione per le regioni e gli enti locali. Per quanto riguarda queste amministrazioni possono essere previste deroghe, ma solo - si ribadisce - previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, province autonome e autonomie locali, intesa che al momento non è ancora intervenuta. Quindi, al momento per quanto riguarda gli enti locali, la norma è vincolante per la generalità dei dipendenti che hanno rapporti con il pubblico. La circolare individua nel dettaglio il personale delle amministrazioni escluse dall'applicazione della norma, ma tali esclusioni non riguardano, appunto le Regioni e le Autonomie locali.
Cosa si intende per attività a contatto con il pubblico
Per attività a contatto con il pubblico si intendono tutte le attività svolte nei confronti e a contatto con un'utenza indistinta in luogo pubblico e in luogo aperto al pubblico. La circolare contiene un'elencazione dal valore meramente esemplificativo di attività a contatto con il pubblico (Urp, biblioteche, portierato, attività sanitarie a contatto con l'utenza; facilmente si può aggiungere l'anagrafe, sportelli tributi, urbanistica, lavori pubblici, sportelli unici, ma anche tutti gli uffici di segreteria che ricevono cittadini ecc.; aggiungerei che sarebbe più che dovuta oltre che opportuna l'esposizione del cartellino dei dipendenti che si recano fuori della sede dell'amministrazione e comunque hanno rapporti con l'utenza, si pensi ad esempio a servizi o sopralluoghi presso il domicilio dell'utente).
La circolare aggiunge che le amministrazioni hanno la facoltà, in caso di necessità e se lo ritengono opportuno, di adottare misure per la rapida individuazione del personale (quindi tramite cartellino o targhe identificative presso la postazione di lavoro) anche per i dipendenti che non svolgono attività a contatto con il pubblico la cui individuazione è, evidentemente necessaria, in relazione alle attività che svolgono.
Contenuto dell'identificazione tramite cartellino o targa
L'amministrazione sceglierà la forma migliore e maggiormente idonea fra cartellino e targa presso la postazione di lavoro. Potrebbero essere utilizzate anche entrambe le modalità, l'importante è soddisfare l'esigenza posta a base delle norma.
Per quanto riguarda il cartellino mi sembra di poter ovviamente osservare che è la soluzione più immediata, più completa (anche perché il dipendente nella sua attività a contatto con il pubblico potrebbe aver bisogno di spostarsi dal un ufficio all'altro, da uno sportello all'altro ecc, in questo modo la sua identificazione «lo segue» rendendolo identificabile in ogni situazione). La targa diventa una soluzione idonea quando l'attività a contatto con il pubblico può avvenire solo e sempre presso una postazione fissa. Molti si sono chiesti se tale obbligo può essere assolto con la targa apposta fuori dell'ufficio. Naturalmente tale soluzione potrebbe essere valida solo nel caso che l'ufficio sia occupato da una sola - e sempre la stessa - persona; in ogni caso è ritengo consigliabile che essa sia collocata presso la postazione (scrivania, sportello) del dipendente.
Ritornando alla circolare del Dfp, il contenuto minimo del cartellino (come richiesto dalla norma) è il nominativo, nome e cognome. A questo possono essere aggiunti altri dati quali la posizione di lavoro, la qualifica per i dirigenti, l'ufficio di appartenenza. Sono in sostanza questi i dati i necessari. Lo stesso Dfp raccomanda un utilizzo dei dati personali in maniera pertinente e non eccedente.
Attuazione della norma
Le amministrazioni si devono attivare affinché l'adempimento relativo all'identificazione dei propri dipendenti possa regolarmente attuarsi, fornendo, pertanto le indicazioni e istruzioni necessarie e provvedendo per la fornitura del materiale necessario (cartellini, targhe).
L'inosservanza della norma per tutti i dipendenti (sia dirigenti che dipendenti del comparto), «sono soggette ai criteri ordinari della responsabilità disciplinare» con l'irrogazione delle relative sanzioni, in caso di accertamento della violazione.
L'identificazione rispetto al personale della Polizia municipale
Infine sembra utile affrontare un aspetto sul quale diversi enti locali, soprattutto comuni, si chiedono quale sia il comportamento da seguire. Si tratta dell'identificazione del personale della Polizia municipale.
Si parte in ogni caso da quanto detto nella circolare del Dfp: «La prescrizione riguarda tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni soggetti a contrattazione collettiva, mentre non riguarda direttamente il personale di cui all'art. 3 del D.Lgs. n. 165/2001. Quindi la norma non si applica ai magistrati, al personale appartenente alle forze armate e alle forze di polizia ...».
Quali sono le forze di polizia? L'ordinamento italiano prevede cinque forze di polizia dello Stato: la Polizia di Stato, l'Arma dei Carabinieri, la Guardia di finanza, la Polizia penitenziaria, il Corpo forestale dello Stato (inoltre a livello nazionale altri corpi svolgono funzioni particolari di polizia, come ad esempio le capitanerie di Porto della Marina Militare).
Queste sono le «forze di polizia dello Stato» che generalmente si intendono nelle citazioni e richiami normativi, se non viene altro specificato.
Alle suddette forze di polizia si affianca la Polizia locale (normalmente, le più conosciute polizia municipale e polizia provinciale). Quando il legislatore intende comprendere, in particolari norme, fra le forze di polizia anche la polizia locale, di solito lo esplicita.
Quindi una prima conclusione potrebbe essere: il legislatore non ha specificato che la polizia locale è esclusa dall'applicazione della normativa in oggetto, anzi il Dfp con sopra richiamata circolare ci rammenta che «La prescrizione riguarda tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni soggetti a contrattazione collettiva», quindi fra questi ci sono anche i dipendenti appartenenti alla Polizia locale, per cui devono esporre il cartellino identificativo previsto dall'art. 55 novies del D.Lgs. n. 165/2001 introdotto dall'art. 69 del D.Lgs. n. 150/2009.
Si esamina, però più dettagliatamente le funzioni attribuite dalla legge al personale della polizia municipale.
Il testo fondamentale è ancora la legge quadro sull'ordinamento della Polizia municipale 7 marzo 1986, n. 65. Si verifica cosa stabiliscono in particolare gli artt. 3 e 5 della legge citata:
Art. 3 - Compiti degli addetti al servizio di polizia municipale
«Gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano nel territorio di competenza le funzioni istituzionali previste dalla presente legge e collaborano, nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità.»
Art. 5 - Funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale, di pubblica sicurezza
«1. Il personale che svolge servizio di polizia municipale, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, esercita anche:
a) funzioni di polizia giudiziaria, rivestendo a tal fine la qualità di agente di polizia giudiziaria, riferita agli operatori, o di ufficiale di polizia giudiziaria, riferita ai responsabili del servizio o del Corpo e agli addetti al coordinamento e al controllo, ai sensi dell'articolo 221, terzo comma, del codice di procedura penale;
b) servizio di polizia stradale, ai sensi dell'articolo 137 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, numero 3931;
c) funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza ai sensi dell'articolo 3 della presente legge.
2. A tal fine il prefetto conferisce al suddetto personale, previa comunicazione del sindaco, la qualità di agente di pubblica sicurezza, dopo aver accertato il possesso dei seguenti requisiti: ...
3. Il prefetto, sentito il sindaco, dichiara la perdita della qualità di agente di pubblica sicurezza qualora accerti il venir meno di alcuno dei suddetti requisiti.
4. Nell'esercizio delle funzioni di agente e di ufficiale di polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza, il personale di cui sopra, messo a disposizione dal sindaco, dipende operativamente dalla competente autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza nel rispetto di eventuali intese fra le dette autorità e il sindaco.
...».
Il principale problema posto da diversi Comandi della polizia municipale alle rispettive amministrazioni in sostanza è questo: siccome gli agenti e gli ufficiali della polizia municipale svolgono compiti delicati e rischiosi, e talvolta subiscono minacce da parte di una particolare «utenza» che sempre più spesso è la stessa «utenza» delle forze di polizia della Stato, è opportuno rendere immediatamente conoscibile il nominativo dell'operatore della polizia municipale? ne potrebbe andare a discapito della sua sicurezza personale (e, talvolta, familiare).
Tale aspetto, seppur in generale, fu già preso in considerazione dal Garante per la protezione dei dati personali nelle premesse del provvedimento del 11 dicembre 2000 (vedere commento sopra riportato) e arrivò alla conclusione di una comunicazione del solo nome, numero identificativo, ruolo professionale, fotografia. Lo stesso Dfp con la sopra richiamata circolare richiama più di una volta i principi della pertinenza e non eccedenza dei dati in questione.
Tenuto conto dei suddetti elementi si prosegue con le seguenti osservazioni:
a) la legge (n. 65/1986, art. 3) prevede e riconosce per il personale della polizia locale la collaborazione con le forze di polizia dello Stato;
b) la legge (n. 65/1986, art. 5) prevede e riconosce per il personale della polizia municipale funzioni tipiche delle forze di polizia dello Stato (polizia giudiziaria, polizia stradale, pubblica sicurezza);
c) nello svolgimento della suddette funzioni e attività si può dire che la polizia municipale sia assimilabile alle altre forze di polizia dello Stato;
d) la circolare del Dfp, indicando le amministrazioni e categorie di dipendenti non soggette all'applicazione della norma introdotta dall'art. 69 D.Lgs. n. 150/2009, fra le quali le forze di polizia dello Stato, fa in ogni caso salva la possibilità da parte delle amministrazioni di individuare «misure per consentire una rapida identificazione del personale a contatto con il pubblico mediante cartellini, targhe, nel rispetto dei principi di non eccedenza e pertinenza relativi al trattamento dei dati personali (art. 11, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196)».
Pertanto la conclusione potrebbe essere che il personale della polizia municipale che svolge le suddette funzioni (polizia giudiziaria, stradale, pubblica sicurezza) potrebbe esporre semplicemente un dato identificativo quale il numero di matricola che pur permettendo l'individuazione ai fini della trasparenza e della soddisfazione dell'utente, consente altresì di proteggere la privacy e la sicurezza dell'operatore della polizia municipale. I dipendenti della polizia municipale che non prestano prevalentemente tali attività e/o lavorano negli uffici svolgendo mansioni solitamente di carattere amministrativo e che sono a contatto con il pubblico, potrebbero seguire la disciplina e le modalità adottate per gli altri dipendenti comunali (e cioè cartellino o targa identificativa).
Conclusioni
In relazione a quanto in particolare detto per il «caso» della polizia municipale, ma anche e soprattutto per disciplinare la materia al proprio interno, sarebbe opportuno che le amministrazioni locali adottassero un proprio atto:
- basato sul presupposto chiaramente e opportunamente spiegato nella circolare del Dfp più volte richiamata: «Attraverso l'attuazione della trasparenza, la disposizione persegue l'obiettivo di agevolare l'esercizio dei diritti e l'adempimento degli obblighi da parte degli utenti, nonché quello di responsabilizzare i destinatari della prescrizione, i pubblici dipendenti che svolgono attività a contatto con il pubblico, poiché il processo di responsabilizzazione passa anche attraverso al pronta individuabilità del soggetto interlocutore.», rimarcando quindi che non si è di fronte ad un processo volto solo alla mera individuazione del dipendente pubblico;
- con il quale si individuano le categorie di personale che hanno contatto con il pubblico (e i relativi servizi e unità/uffici) tenute ad esporre il cartellino, ovvero la targa., magari indicando in quali casi, l'uno o l'altra;
- modalità di identificazione con specificate le eventuali situazioni particolari come appunto quella sopra trattata della polizia municipale;
- indicazioni sulle caratteristiche dei cartellini e targhe al fine di una comunicazione uniforme all'interno dell'ente.
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(1) Cfr. in questa Rivista a pag. 279.
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