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venerdì 4 marzo 2011

Consiglio di Stato "...Ai sensi dell'art. 9 d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 (recante sanzioni disciplinari per il personale di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti) "l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, colto da ordine o mandato di cattura o che si trovi, comunque, in stato di carcerazione preventiva, deve essere sospeso dal servizio con provvedimento del capo dell'ufficio dal quale gerarchicamente dipende, che deve, altresì, riferire immediatamente alla direzione centrale del personale presso il dipartimento della pubblica sicurezza...."

IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-01-2011, n. 102
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

E' impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna n. 1167 del 26 luglio 2004, che ha respinto il ricorso del signor ####################, sovrintendente della Polizia di Stato, avverso il provvedimento del 10 luglio 2003 col quale il Capo della Polizia lo ha sospeso cautelarmente dal servizio ai sensi dell'art. 9, comma 2, d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737.

Assume l'appellante la erroneità della gravata sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata la censura di carenza di motivazione dell'atto impugnato, soprattutto sotto il profilo della mancata differenziazione della sua posizione rispetto a quella degli altri soggetti coinvolti nella medesima vicenda penale, afferente il prospettato approfittamento, in sede di richiesta di erogazione di prestiti di somme di denaro, delle condizioni psichiche di particolare debolezza di altro collega. L'appellante rileva di essere stato assolto dalla imputazione penale, evidenziando di essere stato il solo soggetto, tra i beneficiari dei prestiti, ad avere restituito le somme ricevute a mutuo. Insiste pertanto per l'accoglimento dell'appello e del ricorso di primo grado, in riforma della impugnata sentenza.

Si è costituita in giudizio la intimata amministrazione per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All'udienza del 5 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

L'appello è infondato.

Ai sensi dell'art. 9 d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 (recante sanzioni disciplinari per il personale di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti) "l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, colto da ordine o mandato di cattura o che si trovi, comunque, in stato di carcerazione preventiva, deve essere sospeso dal servizio con provvedimento del capo dell'ufficio dal quale gerarchicamente dipende, che deve, altresì, riferire immediatamente alla direzione centrale del personale presso il dipartimento della pubblica sicurezza. Fuori dai casi previsti nel comma precedente, l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza sottoposto a procedimento penale, quando la natura del reato sia particolarmente grave, può essere sospeso dal servizio con provvedimento del Ministro su rapporto motivato del capo dell'ufficio dal quale dipende. In caso di concessione di libertà provvisoria ovvero di revoca dell'ordine o mandato di
cattura o dell'ordine di arresto ovvero di scarcerazione per decorrenza dei termini, ove le circostanze lo consiglino, la sospensione cautelare può essere revocata con effetto dal giorno successivo a quello in cui il dipendente ha riacquistato la libertà e con riserva di riesame del caso quando sul procedimento penale si è formato il giudicato. I relativi provvedimenti sono adottati dal Ministro su proposta motivata degli organi indicati nel precedente art. 4 per i rispettivi dipendenti. Se il procedimento penale è definito con sentenza la quale dichiari che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, la sospensione è revocata a tutti gli effetti."

Come si desume dalla disposizione, fuori dai casi di sospensione obbligatoria, la legge affida all'organo di vertice della Amministrazione della sicurezza un potere discrezionale lato nel disporre sospensione cautelare dal servizio del dipendente sottoposto a procedimento penale, sol sia particolarmente grave il titolo del reato per il quale si procede in confronto dell'appartenente alla Amministrazione.

Nella specie, l'odierno appellante è stato sospeso dal servizio in quanto sottoposto a procedimento penale per circonvenzione di incapace. Lo stesso, secondo l'ipotesi accusatoria a suo tempo prospettata, avrebbe approfittato delle condizioni di debolezza e di sudditanza psicologica di altro collega per farsi dare somme di denaro, poi restituite senza interessi. Inoltre, egli avrebbe avuto un ruolo anche nel facilitare la erogazione, sempre da parte dello stesso collega, di somme di denaro in favore di altri soggetti, costituendosi -sia pure informalmente- come garante per la restituzione delle stesse.

Con il provvedimento impugnato in primo grado l'Amministrazione ha ritenuto che nei fatti oggetto del procedimento penale si potevano ravvisare sufficienti elementi per disporre in via cautelare la sua sospensione dal servizio, dato che la persistenza del rapporto di dipendenza attiva poteva risolversi in una compromissione o nel rischio di compromissione della immagine e del decoro della Amministrazione.

Il Tribunale amministrativo per la Sardegna, superata la questione della competenza ad adottare il provvedimento sospensivo (in considerazione della intervenuta traslazione della stessa competenza dal Ministro al Dirigente -id est, al capo della Polizia - a seguito della riforma di cui al d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29) ha ritenuto immune dai prospettati vizi l'impugnato provvedimento sospensivo, tenuto conto della natura cautelare e del carattere particolarmente riprovevole della condotta ascritta all'odierno appellante in relazione alla ipotesi delittuosa ipotizzata a suo carico.

L'interessato insiste, con l'appello, nel rilevare la erroneità della sentenza e del provvedimento, sottolineando la diversa posizione assunta nello specifico rispetto agli altri soggetti coindagati, i quali, a differenza di lui, avrebbero omesso di restituire il denaro preso a prestito, tant'è che all'esito del procedimento penale egli sarebbe stato mandato assolto dalla imputazione.

Ritiene il Collegio che la censura non meriti condivisione.

Anzitutto, l'esito positivo per l'indagato della vicenda penale, se rappresenta valido presupposto per la revoca del provvedimento cautelare di sospensione dal servizio, non può assurgere a parametro postumo alla cui stregua valutare la legittimità della vicenda cautelare, che va evidentemente individuata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto risultante al momento in cui il provvedimento risulta adottato. In tale corretta prospettiva temporale, la decisione cautelare di sospensione dal servizio non appare né irragionevole, né viziata sul piano della carenza di motivazione posto che, come correttamente rilevato dal primo giudice, a fronte delle accuse di circonvenzione di incapace rivolte all'odierno appellante, sussistevano i presupposti per far luogo, nel tempo occorrente ad accertare le effettive responsabilità degli indagati, alla sospensione del rapporto di servizio con l'odierno appellante, avuto riguardo alla preminente esigenza di salvaguardare l'immagine
della Amministrazione in relazione al decoro morale e professionale dei suoi dipendenti. Peraltro non è senza rilievo, come correttamente osservato dal primo giudice, che l'#################### non si era limitato ad ottenere la erogazione di un prestito in proprio favore, ma si era reso parte attiva, in veste di garante della solvibilità dei beneficiari, perché analoghe posizioni creditorie venissero in concreto aperte anche in confronto di altri soggetti (che peraltro, allo stato degli atti e per quanto qui può rilevare, non risulterebbero avere onorato l'impegno). In tale quadro fattuale ed nella fase della pendenza del procedimento penale finalizzato ad accertare l'effettiva sua responsabilità, non appare sproporzionata o altrimenti irragionevole la sospensione cautelare dal servizio. La circostanza che poi egli sia stato assolto dall'imputazione ascrittagli, in quanto evento successivo al provvedimento amministrativo, non refluisce su detta ragionevolezza..

L'appello va quindi respinto e va integralmente confermata l'impugnata sentenza.

La particolarità della vicenda trattata ed il suo particole epilogo giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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