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lunedì 10 dicembre 2012

Corte dei Conti:.. abilitato a sostenere il concorso per dirigente della Polizia di Stato, ma senza richiedere alcuna conoscenza di contabilità ... più si consideri il suo ruolo di dirigente della Polizia di Stato e conseguentemente le delicate quanto complesse funzioni ...



C. Conti (Lpd) Sez. giurisdiz., Sent., 29-10-2012, n. 303
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione depositato il 30 giugno 2003, la Procura Regionale presso questa Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti ha convenuto in giudizio il sig. (Lpd) al fine di ottenerne la condanna al risarcimento del danno in favore del Ministero dell'Interno per Euro 100.407,60, aumentato degli interessi a decorrere dalla data dell'effettivo decremento fino a quella del soddisfo.
L'Ufficio di Procura ha riferito che con nota n. 11872/Cassa/401.H.22 in data 18 novembre 2002, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza - Ufficio Centrale Ispettivo ha inviato una denunzia di danno in relazione a numerose irregolarità riscontrate nella gestione di cassa del (Lpd) Reparto Mobile della Questura di (Lpd) (Lpd).
In particolare, secondo quanto accertato nel corso di un'attività ispettiva condotta dal dott. (Lpd) (Lpd), dette irregolarità avrebbero determinato rilevanti ammanchi ascrivibili alla condotta di pubblici funzionari e tra questi anche del dott. (Lpd), I Dirigente del suddetto Ufficio, che secondo il Procuratore regionale avrebbe riscosso indebitamente anticipi, pari ad Euro 50.203,80 per missioni fuori sede non supportate da servizi effettivamente svolti e quindi non documentate dai fogli di viaggio e dalla relativa documentazione giustificativa.
L'avvenuta riscossione delle somme ad opera dell'(Lpd) sarebbe provata dalla firma apposta sui relativi "biancosegni", dai quali risulterebbe peraltro "adeguata autenticazione", anche secondo quanto accertato in sede istruttoria dalla I Sezione del TAR del Lazio, che con l'ordinanza n. 68/2003 del 9 gennaio 2003 ha accolto l'istanza di sospensiva dei provvedimenti con cui l'Amministrazione dell'Interno ha avviato l'azione di recupero delle somme indebitamente percepite dal convenuto.
Secondo il Requirente, l'estrema gravità dei fatti emergerebbe dalla trascuratezza con la quale l'(Lpd) ha affrontato la vicenda, riscuotendo le anticipazioni senza minimamente curarsi di produrre la documentazione necessaria per il perfezionamento della partita contabile che l'Amministrazione aveva aperto a seguito della riscossione delle anticipazioni, le cui somme sono state peraltro trattenute dall'(Lpd) nonostante la formale richiesta di restituzione dell'Amministrazione, che si è addirittura vista costretta ad avviare un'azione di recupero sui crediti che a sua volta erano vantati dal convenuto per servizi questa volta legittimamente resi.
La Procura Regionale ha dunque asserito l'esistenza sia del danno erariale che dell'elemento psicologico del dolo nella condotta dell'(Lpd), il quale approfittando della sua qualità di dirigente del Reparto mobile avrebbe agito al solo scopo di procurarsi un illecito profitto.
E dalla sua condotta sarebbe derivato, oltre al danno patrimoniale, anche quello all'immagine, quest'ultimo determinato dalla Procura regionale in misura pari ai fondi illegittimamente percepiti, danno senz'altro riconducibile al grave nocumento arrecato al prestigio dell'Amministrazione di appartenenza e scaturito dalla concatenazione dei fatti descritti e dal particolare clamore assunto dalla notizia che presso il reparto Mobile da lui diretto si fossero verificati casi di "missioni fantasma".
In risposta all'invito a dedurre formalmente notificatogli il 7 novembre 2003 in applicazione delle disposizione contenuta nell'art. 5, comma 1, del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito con la legge 14 novembre 1994, n. 19, l'(Lpd) ha affermato di avere eccepito nelle competenti sedi giudiziarie le falsità dei biancosegni, nonché di avere sempre allegato alle richieste di rimborso i documenti giustificativi, nonostante la possibilità che egli aveva, in quanto dirigente, di autocertificare la propria attività. La causa è stata discussa all'udienza del 20 novembre 2003, nel corso della quale il Collegio veniva a conoscenza che il Consiglio di Stato, adito dallo stesso (Lpd) avverso l'ordinanza del TAR Lazio n. 68/2003 del 9 gennaio 2003 a lui contraria nel giudizio per l'annullamento del provvedimento ministeriale di recupero del credito erariale, aveva disposto l'acquisizione, a cura del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno, di una documentata relazione concernente chiarimenti in ordine alle circostanze rappresentate dal convenuto nel suo ricorso in appello nonché sulla sua situazione debitoria. In considerazione di ciò, il Collegio ha ritenuto di emettere l'ordinanza n. 321/2003 per l'acquisizione di detta relazione oltre che della decisione che il Consiglio di Stato avrebbe poi assunto all'udienza del 2 dicembre 2003. L'ordinanza di questa Sezione ha trovato esecuzione a cura della Procura regionale, che ha infatti depositato la relazione dell'1 luglio 2003 della Direzione Centrale - Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno - diretta al Consiglio di Stato, nonché la decisione di quest'ultimo resa con l'ordinanza n. 5341/2003 all'udienza camerale del 2 dicembre 2003. Il convenuto si è costituito in giudizio con una memoria depositata il 9 aprile 2004 a firma degli avv.ti (Lpd) (Lpd), (Lpd) (Lpd), (Lpd). Con detto atto difensivo i legali hanno contestato nel merito le accuse mosse al proprio assistito, facendo rilevare in particolare che la gran parte dei 118 biancosegni non risultano autenticati e quelli che lo sono, o recano l'autentica di soggetti che non sono legittimati, come il cassiere economo che non è un funzionario, oppure presentano evidenti irregolarità tale da suscitare quantomeno fondati sospetti di truffe ai danni dell'(Lpd). Al riguardo i legali fanno particolare riferimento ai biancosegni che recano la stessa data ma per missioni divers(Lpd)
In ogni caso, insistono i difensori, le firme apposte sui biancosegni contestati non sono del convenuto e non si comprende come mai nessuna delle magistrature che fino a questo momento si sono interessate della vicenda hanno sentito l'esigenza di disporre l'unico mezzo istruttorio oggettivamente dirimente, ossia una perizia calligrafica. Da ciò i legali deducono che "evidentemente si intende perseguitare il fedele servitore dello Stato che ha combattuto le organizzazioni criminali locali...." (pag. 20 della memoria di costituzione). Né il dott. (Lpd) potrebbe essere ritenuto responsabile di un danno erariale eventualmente ravvisato per il mancato controllo sull'operato del cassiere (Lpd) (Lpd) e del vice cassiere (Lpd) (Lpd), atteso che il proprio assistito, secondo i legali, è munito di una laurea in giurisprudenza che lo ha abilitato a sostenere il concorso per dirigente della Polizia di Stato, ma senza richiedere alcuna conoscenza di contabilità pubblica o nozioni di ragioneria. Dopo avere contestato la legittimità della pretesa risarcitoria anche con riferimento al danno all'immagine, alla rivalutazione monetaria, "in quanto lo Stato non investe il proprio denaro in beni al riparo dalla svalutazione monetaria di cui lo stesso Stato usufruisce quando emette titoli del debito pubblico", e agli interessi legali, "in quanto mai il Ministero ha riconosciuto gli interessi per tutte le somme legittimamente dovute al dott. (Lpd) ma corrisposte in ritardo", i legali hanno precisato le conclusioni consistenti sia nella richiesta di assoluzione dell'(Lpd) o, in subordine, di condanna in via solidale della dott.ssa (Lpd) (Lpd), direttore aggiunto di ragioneria, dei suddetti (Lpd) (Lpd) e (Lpd) (Lpd), del viceprefetto dott. (Lpd) e degli ispettori del Servizio Ispettivo Centrale del Ministero dell'Interno, quest'ultimo autore di numerose ispezioni sulla gestione del Reparto Mobile della Questura di (Lpd) (Lpd), tutte però conclusesi senza che fosse rilevata la benché minima irregolarità, sia con la richiesta di condanna dello Stato al risarcimento del danno anche all'immagine subita dal convenuto per effetto del presente giudizio, danno da liquidarsi equitativamente in un milione di Euro.
In data 3 novembre 2005, i legali hanno depositato una memoria con la quale hanno formulato ulteriori deduzioni difensive ed in particolare hanno evidenziato che a seguito della denuncia presentata dal loro assistito alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di (Lpd) (Lpd), è stata effettuata una consulenza tecnico grafologica data 24 maggio 2004 a firma del dott. (Lpd) (Lpd), dalla quale è emersa la completa estraneità del dott. (Lpd) alla forma dei 109 biancosegni oggetto del giudizio. All'udienza del 16 dicembre 2005 la Sezione, nel prendere atto che a carico dell'(Lpd) era pendente per gli stessi fatti anche un procedimento penale intentato dinanzi al Tribunale di (Lpd) (Lpd) e considerando, per un verso, che le "ragioni dell'accusa poggiano su un danno che risulterebbe provato dalla sottoscrizione apposta dal dott. (Lpd) in calce a n. 109 biancosegni compilati al momento della liquidazione delle somme corrisposte a titolo di anticipazione per spese di missione", mentre "sull'autenticità delle sottoscrizioni vi è contrasto tra quanto accertato dalla Polizia Scientifica............e una perizia di parte sottoscritta dal dott. (Lpd) (Lpd) il 24 maggio 2004, che perviene all'opposta conclusione di considerare non ascrivibili ad dott. (Lpd) tutte le sottoscrizioni apposte sui biancosegni", stabiliva con l'ordinanza n. 16/2006 la sospensione del presente giudizio per la durata occorrente alla definizione del giudizio pendente dinanzi al Tribunale di (Lpd) (Lpd) "la cui sentenza, unitamente ad eventuali consulenze disposte dal giudice del dibattimento o rese da consulenti degli imputati, sarà acquisita e prodotta dalla Procura regionale".
Con note di deposito in atti, quest'ultima ha dato esecuzione all'incombente istruttorio, producendo la sentenza n. 856/2010 del 6 ottobre 2010 emessa dal Tribunale di (Lpd) (Lpd) a carico di (Lpd) e copia delle consulenze disposte in esito al procedimento penale n. 980/2006 a carico del convenuto. Con ulteriore memoria difensiva depositata il 20 giugno 2012 i legali di parte hanno ribadito le tesi difensive già formulate con i precedenti atti di comparsa ed hanno insistito per il rigetto della domanda erarial(Lpd)
Da ultimo, con istanza depositata il 4 luglio 2012 i difensori dell'(Lpd) hanno chiesto la cancellazione della causa dal ruolo in attesa che sulla sentenza n. 856/2010 del Tribunale di Locri si pronunci la Corte d'Appello di (Lpd) (Lpd).
Nel corso della discussione orale, i legale del convenuto ha insistito per l'integrale accoglimento di tutte le richieste formulate in rito e nel merito in favore del proprio assistito; il Pubblico Ministero ha invece ribadito il giuridico fondamento della domanda risarcitoria ed ha concluso chiedendone l'integrale accoglimento.
Esaurito il dibattimento, la causa è stata trattenuta per la decision(Lpd)
Motivi della decisione
I. In via pregiudiziale va dichiarata l'inammissibilità della domanda di cancellazione della causa dal ruolo. Al riguardo è sufficiente osservare l'assenza di qualsiasi riscontro normativo nella disciplina del rito comune che consenta di chiedere la cancellazione della causa dal ruolo in attesa che si pronunci altro giudic(Lpd) Infatti, gli artt. 295 e 296 del c.p.c. prevedono rispettivamente gli istituti della sospensione necessaria e della sospensione su istanza di parte, la prima quando lo stesso o un altro giudice deve decidere una controversia dalla cui definizione dipende la causa in discussione, la seconda quando il giudice ravvisi fondati motivi. Basti, dunque, il solo dato positivo per escludere il fondamento della domanda di cancellazione della causa dal ruolo e così per risolvere, in conformità al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato che indubbiamente vale anche per le decisioni di rito, la questione pregiudiziale per come formulata nell'atto di costituzione in giudizio. II. Come evidenziato in narrativa, la vertenza promossa dalla Procura regionale nei confronti del dott. (Lpd) muove dal danno erariale che questi avrebbe cagionato al Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno con una condotta dolosa finalizzata ad appropriarsi di pubblico denaro e realizzata nell'esercizio delle sue funzioni di I dirigente del (Lpd) Reparto Mobile della Questura di (Lpd) (Lpd). In particolare, secondo quanto accertato dal dott. (Lpd) (Lpd) nel corso di un'ispezione disposta dall'Amministrazione Centrale sulla gestione di cassa di detto Reparto, il dott. (Lpd), attraverso la sottoscrizione di 109 biancosegni, ossia dei moduli attraverso i quali era possibile per il dipendente comandato in missione fuori sede ottenere un congruo anticipo di cassa, avrebbe riscosso somme pari ad Euro 50.203,80 senza, però, produrre alcun documento giustificativo e, soprattutto, senza mai restituire detto importo.
Il funzionario si sarebbe così reso responsabile di peculato a danno dell'amministrazione di appartenenza, reato per cui è stato inquisito dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di (Lpd) (Lpd), con un'azione sfociata nella sentenza n. 856/2010 del 6 ottobre 2010. Tale decisione è stata acquisita agli atti di questo procedimento con l'ordinanza istruttoria n. 16/2006 del 9 gennaio 2006. Con tale provvedimento, muovendo dal fatto che le sottoscrizioni dei 109 biancosegni erano state disconosciute dall'(Lpd) e preso atto che sulla loro autenticità vi era aperto contrasto tra quanto accertato dalla Polizia Scientifica con una propria relazione tecnica del 18 giugno 2003 e quanto, invece, asserito in una perizia calligrafica di parte firmata dal dott. (Lpd) (Lpd) in data 24 maggio 2004, il Collegio, considerava, da un lato, "l'oggettiva unicità di condotte esistente tra quella illecita ritenuta fonte di danno erarial(Lpd).........e quella oggetto del procedimento penale e, dall'altro, che la prova del danno erariale allegata dalla Procura è appunto costituita dai biancosegni a loro volta fonte di prova nel processo penale riguardo ai reati di peculato e falso ascritti al dott. (Lpd)", e pur "nella consapevolezza dell'autonomia che contraddistingue il giudizio per responsabilità amministrativa rispetto a quello penale", si determinava per la sospensione del giudizio con il chiaro obiettivo di acquisire ulteriori elementi di valutazione all'esito del giudizio penale con particolare riferimento all'autenticità delle sottoscrizioni. Muovendo da tali premesse ed acquisita la decisione con la quale il Tribunale di (Lpd) (Lpd) si è pronunciato sull'imputazione di peculato e su quella di altri reati parimenti contestati all'(Lpd), il Collegio deve coerentemente valutare il quadro degli elementi che connotano la sentenza n. 856/2010, ma prima ritiene opportuno succintamente chiarire come deve essere inteso il rapporto di autonomia che intercorre tra i due procedimenti. La condivisibile giurisprudenza delle Sezioni territoriali e centrali di questa Corte dei conti è ormai consolidata nell'affermare l'assoluta autonomia che contraddistingue il giudizio di responsabilità amministrativa rispetto a quello ordinario (cfr. da ultimo Sez. I Appello - n. 189/2006 del 4 ottobre 2006) e al contempo nel ribadire che quanto dedotto in sede penale possa venire in rilievo nel giudizio contabile; sul punto, detta giurisprudenza ha infatti evidenziato che ai sensi dell'art. 116 del c.p.c. gli elementi acquisiti nel corso del giudizio ordinario possono essere valutati dal giudice della responsabilità amministrativa non quali prove in senso tecnico, ma quali indizi gravi, precisi e concordanti, così da concorrere alla libera e prudente formazione del suo convincimento (Sezione Lombardia, sent. n. 199/2003 del 14 febbraio 2003 e Sezione Terza di Appello, sent. n. 75/2005 del 14 febbraio 2005, Sezione (Lpd) n. 541 del 13 ottobre 2010).
III. Alla luce di quanto sin qui esposto e passando all'esame di quanto acquisito in sede istruttoria, il Collegio deve anzi tutto constatare come l'(Lpd), oltre che per il reato di peculato in relazione all'illecita appropriazione di somme appartenenti all'Amministrazione dell'Interno, condotta che ha poi determinato l'evento dannoso oggetto del presente giudizio (imputazione capo B), sia stato anche processato per i reati di cui agli artt. 61, n. 2, 81, 110, 476 c.p., "per avere, al fine di appropriarsi delle somme nelle stesse indicate, un gran numero di ricevute, c.d. bincosegni, attestanti contrariamente al vero la ricezione di anticipi per servizi fuori sed(Lpd)....." (imputazione capo A); dei reati di cui agli art. 81, 479, 640, commi 1 e 2, c.p. "per avere, con più azioni esecutive dello stesso disegno criminoso ed in tempi diversi, con artifizi e raggiri consistenti nella redazione di dichiarazioni attestanti contrariamente al vero che aveva effettuato prestazioni di lavoro straordinario......." (imputazione capo C); del reato di cui all'art. 314 c.p. "perchè si appropriava della somma di Lire 1.358.000 di pertinenza dello spaccio-bar del Reparto disponendo il pagamento di parte delle fornitura di merce non attinente alla gestione dell'anzidetto spaccio-bar ed acquistata a seguito di suo ordine" (imputazione capo G); del reato di cui agli artt. 110 e 479 c.p. per avere, in concorso con altri, "formato un verbale attestante la presenza di biancosegni per un determinato importo complessivo (Lire 460.000.000), dato non rispondente al vero in quanto non conforme all'effettivo ammontare di tali documenti" (imputazione capo M);
del reato di cui agli artt. 110, 81,479 e 640, commi 1 e 2, c.p. perché, con concorso con altri, "in occasione di un servizio fuori sede a Caltanisetta........con artifizi e raggiri consistenti nel farsi rilasciare ciascuno n. 1 ricevuta fiscale dell'importo di Lire 43.000 attestante contrariamente al vero la consumazione di n. 1 pasto.............e formando con tale documentazione dei fogli di viaggio falsi...........che consegnavano all'Amministrazione di appartenenza inducendola in errore, si procuravano l'ingiusto profitto della liquidazione di indennità e rimborsi non spettanti" (imputazione capo B2); del reato di cui agli artt. 110, 479 e 640, commi 1 e 2, perché "in occasione di un servizio fuori sed(Lpd)......con artifizi e raggiri consistenti nell'apporre sul foglio di viaggio l'attestazione che era partito alle ore 7,50 del giorno 28/5/2000 e rientrato alle ore 01,00 del giorno successivo, mentre in realtà la partenza era avvenuta alle ore 13,20 circa ed il rientro nella stessa giornata, e nel presentare quindi per la liquidazione detto documento all'amministrazione di appartenenza, si procurava l'ingiusto profitto di competenze non dovute" (imputazione capo D2); del reato di cui agli artt. 110, 81,479, 61, n. 2 3 e 640, commi 1 e 2, 61, n. 9 c.p., perché, in concorso con altri, in occasione di un servizio fuori sede "con artifizi e raggiri consistenti nel farsi rilasciare ciascuno n. 2 ricevute fiscali dell'importo complessivo di Lire 86.000 attestanti, contrariamente al vero, la consumazione di un pasto il giorno 2/4/2001 ed un altro pasto il giorno 4/4/2001, formando con tale documentazione dei fogli di viaggio falsi.........che consegnavano all'amministrazione di appartenenza, inducendola così in errore, si procuravano l'ingiusto profitto della liquidazione di indennità e rimborsi....." (imputazione capo V3); del reato di cui agli artt. 110, 81, 479, 61 n. 2 e 640, commi 1 e 2, 61, n. 9, c.p., per avere, in concorso con altri, "con artifizi e raggiri consistenti nel formare certificati di viaggio attestanti contrariamente al vero che il 21 gennaio 2001 erano stati in servizio a Catanzaro, indotto in errore l'Amministrazione di appartenenza, procurandosi l'ingiusto profitto della liquidazione di indennità non spettanti" (imputazione capo Z3); del reato di cui agli artt. 110, 81, 479, 61 n. 2 e 640, commi 1 e 2, 61, n. 9, c.p., per avere, in concorso con altri, in occasione di un servizio fuori sede, "con artifizi e raggiri consistenti nel farsi rilasciare ciascuno n. 4 ricevute attestanti, contrariamente al vero, la consumazione di n. 4 pasti...........
che consegnavano all'Amministrazione di appartenenza, inducendola così in errore, si procuravano l'ingiusto profitto della liquidazione di indennità e rimborsi non spettanti" (imputazione capo B4); del reato di cui agli artt. 110, 81, 479, 61 n. 2 e 640, commi 1 e 2, 61, n. 9, c.p., per avere, in concorso con altri, in occasione di un servizio fuori sede, "con artifizi e raggiri consistenti nel farsi rilasciare ciascuno n. 2 ricevute attestanti, contrariamente al vero, la consumazione di pasti...........che consegnavano all'Amministrazione di appartenenza, inducendola così in errore, si procuravano l'ingiusto profitto della liquidazione di indennità e rimborsi non spettanti" (imputazione capo H4); del reato di cui agli artt. 110, 81, 479, 61 n. 2 e 640, commi 1 e 2, 61, n. 9, c.p., per avere, in occasione di un servizio fuori sede, "con artifizi e raggiri consistenti nel farsi rilasciare ciascuno n. 2 ricevute fiscali dell'importo complessivo di Lire 120.000 attestanti, contrariamente al vero, la consumazione di n. 2 pasti...........formando così falsi fogli di viaggio, recanti altresì attestazioni non conformi al vero sulle partenze e sugli arrivi, che consegnava all'Amministrazione di appartenenza, inducendola così in errore, si procurava l'ingiusto profitto della liquidazione di indennità e rimborsi non spettanti" (imputazione I4); del reato di cui agli artt. 110, 81, 479, 61 n. 2 e 640, commi 1 e 2, 61, n. 9, c.p., per avere, in concorso con altri e in occasione di un servizio fuori sede, "con artifizi e raggiri consistenti nel farsi rilasciare ciascuno n. 3 ricevute attestanti, contrariamente al vero, la consumazione di n. 3 pasti...........che consegnavano all'Amministrazione di appartenenza, inducendola così in errore, si procuravano l'ingiusto profitto della liquidazione di indennità e rimborsi non spettanti" (imputazione L4).
Dalla sentenza n. 856 del 6 ottobre 2010 emessa dal Tribunale di (Lpd) (Lpd) emerge dunque un quadro di diffusa illegalità nel quale l'(Lpd) ha svolto un ruolo di primo piano, il che è tanto più grave quanto più si consideri il suo ruolo di dirigente della Polizia di Stato e conseguentemente le delicate quanto complesse funzioni che era chiamato a svolgere nell'interesse dell'Amministrazione di appartenenza, un contesto che ha trovato riscontrato in un chiaro e convincente quadro probatorio suggellato dall'esito del giudizio penale, che ha, infatti, visto la Condanna dell'(Lpd) alla pena di anni 4 di reclusione per il reato di peculato (capo B), mentre per tutte le altre imputazioni il processo si è concluso con il non luogo a procedere per intervenuta prescrizion(Lpd) A tale proposito, in disparte, per il momento, quanto occorrerà necessariamente considerare riguardo alla condotta di reato per la quale vi è stata condanna, il Collegio ritiene opportuno in generale evidenziare che la dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione del reato non impedisce al giudice contabile di poter, nell'ambito dei propri poteri cognitivi, comunque procedere alla più ampia valutazione dei mezzi di prova esperiti nel processo penale in relazione ai reati giudicati prescritti, annettendo ovviamente ad essi un autonomo rilievo probatorio per porli a base del proprio convincimento (cfr. Corte dei Conti - Sez. III, 26 giugno 1997 n. 183/A) sul presupposto che la sentenza di non doversi procedere per prescrizione elimina non la illiceità penale del fatto, ma la sua punibilità in concreto, pur rimanendo l'atto illecito comunque tale proprio perché, ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p., la dichiarazione di intervenuta prescrizione a sua volta presuppone l'insussistenza di evidenti ragioni di assoluzione (Sezione Emilia Romagna sent. n. 496 del 23 settembre 2001, Sezione (Lpd) sent. n. 580 del 22 novembre 2011). Alla luce di tali considerazioni e guardando dunque ai reati dichiarati prescritti nel quadro delle valutazioni effettuate dal giudice penale, il Collegio non può che rimanere negativamente colpito dalla gravità delle condotte assunte dall'(Lpd).
Ed invero, dopo aver con piana ed esaustiva argomentazione (pagg. 197-221 della sentenza 856/2010) illustrato gli elementi di prova che avrebbero corroborato la propria decisione in ordine ai reati di falso e truffa, ed aver così chiarito la natura e la conseguente valenza che avrebbero assunto i fogli di viaggio, i fogli di presenza, le ricevute fiscali, le certificazioni rilasciate dall'Ufficio della Motorizzazione Civile, gli ordini di servizio e le ordinanze interne, nonché, soprattutto, le testimonianze rese in udienza dai sigg.ri .... (tutti dipendenti della Polizia di Stato con diverso grado e funzioni) e dagli albergatori e ristoratori, ma in particolare dal dott. (Lpd) (Lpd), autore di un accurato rapporto redatto il 6 luglio 2001 al termine di accertamenti ispettivi condotti presso il (Lpd) Reparto della Questura di (Lpd) (Lpd), il Tribunale ha condivisibilmente osservato in merito al capo di imputazione C) riguardante le false prestazioni di lavoro straordinario rese nell'anno 2000 dall'(Lpd), che pur non potendole escludere, tuttavia gli accertamenti "documentali inducono a ritenere che tali prestazioni non possono avere avuto la dichiarata, e quindi falsa e mendace, cadenza. La meccanicistica ripetitività di tali prestazioni assolve, more solito, ad una logica spartitoria basata sul criterio piramidale che vede al vertice il predetto imputato.
Non vanno poi sottaciut(Lpd)......le ore di straordinario attinenti ai servizi fuori sede che non hanno trovato riscontro nell'incrocio con gli altri dati documentali relativi ai medesimi servizi, oggetto di ulteriori imputazioni ascritte al predetto giudicabile"; riguardo al capo di imputazione G) relativo all'illecita appropriazione della somma di Lire 1.538.000 di pertinenza dello spaccio-bar della Questura (Lpd), il giudice penale, pur escludendo il reato di peculato, ha però ritenuto l'(Lpd) responsabile del reato di abuso di ufficio (art. 323 c.p.) per aver dato disposizioni in merito all'utilizzo di detta somma e alla conseguente sua distrazione dalla destinazione per la quale era invece ammesso l'utilizzo; con riferimento al capo di imputazione M) riguardante la falsa verbalizzazione attestante la presenza di biancosegni per un importo pari a Lire 460.000.000, sulla scorta degli accertamenti ispettivi effettuati dal dott. (Lpd) e dalla sua deposizione in dibattimento, il giudice penale è pervenuto alla conclusione che non vi fosse alcuna corrispondenza tra le scritture e l'importo verbalizzato; riguardo ai capi di imputazione B2), D2), V3), Z3), B4), H4), I4), L4), tutti riguardanti il reato di falso e truffa in relazione a missioni fuori sede e all'esibizione dei documenti contabili attestanti spese per vitto e alloggio mai realmente sostenute, il Tribunale, dopo analitica ricostruzione dei fatti, ha riscontrato tutte le condotte di reato imputate all'(Lpd) pur dichiarando, come si è detto, l'intervenuta prescrizion(Lpd)
Il quadro che emerge in relazione ai reati sin qui esaminati è dunque di estrema gravità per la posizione del convenuto ed altrettanto grave è la condotta che lo stesso ha tenuto in relazione ai capi di imputazione A) e B) che più da vicino interessano il presente giudizio in quanto confluenti nel reato di peculato. Più in particolare per il capo A), l'(Lpd) ha riportato la dichiarazione di improcedibilità per prescrizione giacchè relativo al reato di falso in ordine alla formazione, in concorso con il cassiere e il vice cassiere del Reparto, di un rilevante numero di biancosegni falsamente attestanti la ricezione di anticipi per missioni all'esclusivo fine di appropriarsi delle somme ivi indicate, mentre il capo di imputazione in rassegna fa invece riferimento all'effettiva ed illecita appropriazione dell'importo di Lire 97.208.110 con conseguente danno patrimoniale nei confronti dell'amministrazione di appartenenza. Ben si intende, quindi, come ai fini del presente giudizio le risultanze del processo penale che ha visto coinvolto il dott. (Lpd) siano destinate ad assumere grande rilevanza proprio con riferimento a questi due ultimi reati, per i quali il Tribunale ha non a caso proceduto ad un esame congiunto sul presupposto che la condotta riconducibile al primo capo di imputazione fosse chiaramente funzionale alla indebita percezione di somme per missioni che in realtà il convenuto non doveva effettuar(Lpd) E il giudice penale, con piana argomentazione, è pervenuto alla conclusione che in entrambi i casi l'(Lpd) si è reso autore delle condotte contestat(Lpd) Partendo dalla considerazione delle risultanze ispettive certificate dal dott. (Lpd), il quale ha "acclarato" che gli importi percepiti attraverso la sottoscrizione dei biancosegni non risultavano "supportati da effettivi servizi fuori sede", la sentenza penale, pur dando atto che il dott. (Lpd) ha contestato i reati ascrittigli asserendo in buona sostanza che le firme apposte sui predetti biancosegni erano apocrife, si è invece attestata sull'opposto convincimento che si trattava di sottoscrizioni tutte riconducibili all'imputato, da qui il riconoscimento della responsabilità penale e la sua condanna a quattro anni di reclusion(Lpd) Come in precedenza evidenziato, la Sezione, muovendo dal presupposto che la condotta di danno contestata dalla Procura regionale fosse appunto consistita nell'appropriazione delle somme ricevute a titolo di anticipazione per missioni mai effettuate e considerando che anche ai fini erariali il danno ingiusto si sarebbe potuto ritenere tale solo se si fosse fatta chiarezza in ordine alla paternità delle sottoscrizioni apposte sui biancosegni, ha deciso di attendere la conclusione del giudizio penale proprio con l'obiettivo di acquisire ulteriori elementi di valutazione che fossero in grado di far luce su tale profilo, mani(Lpd)ndo così una plausibile esigenza istruttoria che può ritenersi senz'altro soddisfatta all'esito di quel processo. Considera, infatti, a questo riguardo il giudice penale riguardo alla perizia calligrafica di parte del dott. (Lpd) che la stessa risulta "smentita dagli esiti di segno opposto che si mutuano dal dettagliato accertamento tecnico eseguito dai tecnici del Servizio di Polizia Scientifica di Roma, su richiesta del Gabinetto Regionale per la (Lpd) dell'11 giugno 2003" (pag. 272 sentenza penale).
Questo Collegio, nel condividere tali notazioni, non può che puntualizzare due rilevanti aspetti che portano a ritenere la perizia effettuata dalla Polizia Scientifica del tutto attendibile rispetto a quella del perito di part(Lpd) Il primo attiene al fatto che il dott. (Lpd) ha esaminato semplici fotocopie di ricevute, mentre il gabinetto scientifico ha periziato biancosegni sottoscritti in originale; il secondo riguarda la metodologia seguita, in relazione alla quale va evidenziato come la consulenza della Polizia si sia basata sul rigoroso quanto accreditato metodo universalmente riconosciuto del prof. Salvatore Ottolenghi, mentre quella del perito calligrafo risulta icutu oculi tutt'altro che corroborata da tesi di segni contrario scientificamente attendibili, mentre si contraddistingue, all'opposto, per considerazioni e deduzioni quanto mai generich(Lpd) Tutto ciò fa ovviamente passare in secondo piano, privandolo di qualsiasi pregio esimente nei confronti dell'(Lpd), il fatto che il (Lpd) abbia esaminato tutti e 109 i biancosegni mentre la Polizia Scientifica ne ha periziati solo 46, di cui, però, ben 40 firmati per esteso dal convenuto e 5 solamente siglati ma con caratteri anche in questo caso grafologicamente compatibili con la mano del convenuto.
A tutto ciò occorre aggiungere la considerazione che l'(Lpd), come giustamente osservato dal Tribunale, rappresentava il vertice del (Lpd) Reparto Mobile per cui appare del tutto ragionevole domandarsi chi avrebbe potuto avere interesse a falsificare la sua firma in calce ad una moltitudine di biancosegni per missioni fuori sede mai avvenute; del resto, in caso di firma apocrifa, altro o altri si sarebbero dovuti presentare dinanzi ai sigg.ri (Lpd) e (Lpd), parimenti imputati per gli stessi reati nella rispettiva qualità di cassiere di vice cassiere, per riscuotere gli anticipi, ma se ciò fosse avvenuto sarebbe stato agevole dimostrare l'assoluta estraneità dell'(Lpd) rispetto ad una condotta che è stata invece consumata a danno dell'Amministrazione per un importo che il (Lpd) ha correttamente quantificato in Lire 117.858.110 e che risulta indirettamente confermato dalle deposizioni degli stessi cassieri, se è vero che sia il (Lpd) che il (Lpd) hanno riconosciuto le proprie responsabilità in merito ad un ammanco (si veda pag. 274 della sentenza penale) che ai fini del presente giudizio integra il danno oggetto della citazion(Lpd) Quanto illecitamente incassato dall'(Lpd) non risulta da questi mai restituito, né sul punto potrebbe trovare fondamento la tesi secondo la quale sarebbe ammissibile una sorta di compensazione tra crediti vantati dal convenuto nei confronti dell'Amministrazione e il debito che lo stesso avrebbe avuto all'esito del presente giudizio. A questo riguardo è sufficiente richiamare la sentenza 349/2011 dell'11 giugno 2011, con la quale la Sezione ha stabilito che un credito da lavoro dipendente eventualmente vantato verso la propria amministrazione giammai potrebbe consentire al lavoratore di soddisfarlo con una condotta palesemente illecita, tutt'altri essendo i rimedi che l'ordinamento gli consente per far legalmente valere le proprie ragioni. La domanda attrice risulta dunque fondata ed a carico dell'(Lpd) va pronunciata condanna al risarcimento di Euro 50.203,80.
III. Oltre al danno patrimoniale, la Procura regionale ha chiesto sia riconosciuto anche quello all'immagine in un importo pari ad Euro 50.203,80.
Come è noto, l'art. 17,comma 30 ter del decreto legge n. 78/2009 ha previsto che "le procure della Corte dei conti esercitano l'azione per il risarcimento del danno all'immagine nei soli casi e nei modi previsti dall'articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97. A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è sospeso fino alla conclusione del procedimento penal(Lpd) Qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione delle disposizioni di cui al presente comma, salvo che sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere in ogni momento, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, che decide nel termine perentorio di trenta giorni dal deposito della richiesta". La norma ha, pertanto, limitato la risarcibilità del danno all'immagine della Pubblica Amministrazione ai soli casi e modi previsti dall'art. 7 della legge n. 97 del 2001, che, a sua volta, ai fini della delimitazione dell'ambito applicativo dell'azione risarcitoria promossa presso il Giudice contabile, si riferisce alle sentenze irrevocabili di condanna pronunciate nei confronti dei dipendenti di amministrazioni o di enti pubblici, ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, per i soli delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale (artt. 314/ 335 bis).
Il surrichiamato art. 17, comma 30 ter, del D.L. n. 78/2009 è stato oggetto di scrutinio da parte della Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 335 depositata il 15 dicembre 2011 ha respinto le varie questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici remittenti, giudicandole in parte inammissibili e ritenendole, per il resto, non fondat(Lpd)
Pertanto, constatato che nella fattispecie all'esame è intervenuta la sentenza di condanna n. 856/2010 per il reato di peculato di cui all'art. 314 del c.p., ma che tale pronuncia non è ancora divenuta definitiva essendo stata impugnata dinanzi alla Corte di Appello di (Lpd) (Lpd) (cfr. certificato di cancelleria in data 13 giugno 2012 allegato alla memoria difensiva del 20 giugno 2012) e considerato, peraltro, che ancorchè successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione dell'art. 17, comma 30, ter del decreto legge n. 78/2009, la domanda attorea, siccome formulata in un atto di citazione anteriore alla predetta legge, per il principio del tempus regit actum (art. 5 del c.p.c.) cui chiaramente risulta improntato l'inciso contenuto nella norma in esame secondo il quale "... qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione della disposizione di cui al presente comma, salvo che non sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva, è nullo ....." è perfettamente valida, giacchè vanno ritenuti in vita "atti processuali ed azioni giudiziarie correttamente compiuti ed esercitate in base alla legge vigente dell'epoca in cui sono stati posti in essere", risultando tale soluzione peraltro coerente "con il principio di conservazione degli atti processuali che permea l'intero regime delle nullità degli atti nel nostro sistema processuale (art. 156 e segg. del c.p.c.)" (Sez. Prima d'Appello sent. n 181 del 3 aprile 2012). Ne consegue che la domanda di risarcimento per danno all'immagine formulata a carico del dott. (Lpd) non può subire alcuna conseguenza di inammissibilità ma solo di improcedibilità per mancanza di una pronuncia penale definitiva, per cui questo Collegio non può che disporre la sospensione del processo limitatamente a tale profilo fino a quando sia passata in giudicato la decisione penale in ordine alla condotta di reato di cui all'art. 314 del c.p.
P.Q.M.
La Sezione, ogni contraria domanda ed eccezione respinte:
accoglie l'atto di citazione relativamente alla domanda riguardante il danno patrimoniale e per l'effetto condanna il sig. (Lpd) al pagamento in favore del Ministero dell'Interno della somma di Euro 50.203,80.
Detto importo dovrà essere incrementato della maggior somma tra la rivalutazione monetaria su base annua e secondo gli indici ISTAT e gli interessi legali dalle date dei pagamenti causa del danno e fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre agli interessi legali da quest'ultima data e fino al soddisfo del credito esecutivamente vantato.
SOSPENDE il presente giudizio, relativamente alla domanda riguardante il danno all'immagine della Pubblica Amministrazione, sino alla definitività della pronuncia di condanna emessa a carico dell'(Lpd) con la sentenza n. 856/2010 del Tribunale di (Lpd) (Lpd) e sin d'ora dispone che a cura della Procura regionale della Corte dei conti se ne acquisisca prova per la conseguente prosecuzione del giudizio su istanza dello stesso requirente contabil(Lpd)
Spese al definitivo.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.

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