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lunedì 11 marzo 2013

Agenzia delle Entrate Circ. 6-3-2013 n. 4/E Artt. 1 e 32 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive modificazioni apportate dall'art. 36 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 - Modifiche al regime fiscale delle cambiali finanziarie e delle obbligazioni emesse dalle piccole e medie imprese e dei Project bond. Emanata dall'Agenzia delle entrate, Direzione centrale normativa.


Agenzia delle Entrate
Circ. 6-3-2013 n. 4/E
Artt. 1 e 32 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive modificazioni apportate dall'art. 36 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 - Modifiche al regime fiscale delle cambiali finanziarie e delle obbligazioni emesse dalle piccole e medie imprese e dei Project bond.
Emanata dall'Agenzia delle entrate, Direzione centrale normativa.

Circ. 6 marzo 2013, n. 4/E (1).

Artt. 1 e 32 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive modificazioni apportate dall'art. 36 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 - Modifiche al regime fiscale delle cambiali finanziarie e delle obbligazioni emesse dalle piccole e medie imprese e dei Project bond.

(1) Emanata dall'Agenzia delle entrate, Direzione centrale normativa.



Premessa

Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (in seguito "decreto crescita") e il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 (in seguito "decreto crescita-bis") recano misure urgenti per la crescita del paese perseguendo, tra gli altri, l'obiettivo di consentire anche alle società non quotate l'accesso alla raccolta del capitale di debito.

In particolare, la finalità dell'intervento legislativo in esame, preso atto della circostanza che la crisi economica ha notevolmente ridotto la capacità di fornire prestiti (lending) da parte delle banche derivata anche dalle nuove regole internazionali in tema di patrimonio di vigilanza (regulatory capital) e di rischio di credito o rischio di insolvenza (risk weighted assets), è quella di ridurre i vincoli normativi, civilistici e fiscali, che finora hanno limitato il ricorso al mercato dei capitali mediante l'emissione di strumenti di debito quale fonte di reperimento delle necessarie risorse finanziarie, ulteriore e complementare rispetto al sistema bancario e alla raccolta presso i soci.

Infatti, nonostante la riforma del diritto societario, attuata con il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, abbia ampliato la gamma degli strumenti cartolari di debito che le imprese possono emettere sul mercato, le limitazioni patrimoniali all'indebitamento e gli adempimenti amministrativi richiesti finora dalla normativa di settore ne hanno consentito di fatto la fruizione esclusivamente per le società le cui azioni sono negoziate nei mercati regolamentati e per le banche.

L'intento del legislatore è, quindi, quello di ridurre sensibilmente la disparità esistente nella previgente disciplina civilistica e fiscale tra società italiane con azioni quotate e società italiane non quotate, rendendo possibile anche per queste ultime l'emissione di strumenti di debito da destinarsi ai mercati domestici ed internazionali.

Tale intento è stato realizzato attraverso la riforma delle disposizioni civilistiche e fiscali relative alle cambiali finanziarie e ai titoli obbligazionari.

Con riferimento alle cambiali finanziarie, l'art. 32, commi 5, 5-bis e 7 del D.L. n. 83 del 2012, come modificato dalle legge di conversione, L. 7 agosto 2012, n. 134, apporta sostanziali modifiche alla legge 13 gennaio 1994, n. 43 che fornisce la definizione delle cambiali finanziarie e ne delinea le caratteristiche.

Il medesimo art. 32, commi 8, 9, 10 e 13, del D.L. n. 83 del 2012, nel testo modificato dall'art. 36 del D.L. n. 179 del 2012 (di seguito, art. 32), al fine di agevolare il finanziamento delle imprese sul mercato dei capitali, ha modificato le previgenti norme di deducibilità degli interessi passivi delle obbligazioni, delle cambiali finanziarie e dei titoli similari nonché il regime impositivo dei medesimi interessi in capo ai sottoscrittori.

Ulteriori novità in tema di obbligazioni sono state poi inserite nei commi da 19 a 25 dell'art. 32 che disciplinano l'emissione, da parte di società non quotate, diverse dalle banche e dalle micro-imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, di obbligazioni e titoli similari che prevedono clausole di partecipazione agli utili d'impresa e di subordinazione.

Infine, l'art. 1 del D.L. n. 83 del 2012 integra la disciplina di favore contenuta nell'art. 157 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, relativa all'emissione di obbligazioni e di titoli di debito da parte delle società di progetto (c.d. project bond).

Di seguito sono forniti i primi chiarimenti di natura fiscale relativi alle disposizioni in oggetto.



1. Ambito oggettivo

1.1 Cambiali finanziarie


Le cambiali finanziarie sono titoli di credito all'ordine emessi in serie, disciplinati dalla legge 13 gennaio 1994, n. 43 e dalla relativa normativa secondaria [1], la cui funzione è quella di offrire alle imprese non abilitate ad emettere obbligazioni l'opportunità di raccogliere capitale di credito alternativo rispetto al ricorso al credito bancario.

La loro struttura è quella del "pagherò cambiario" in quanto contengono la promessa incondizionata di pagamento da parte dell'emittente. Esse sono infatti assimilate ad ogni effetto di legge alle cambiale ordinarie e costituiscono titolo esecutivo.

Sulla base delle modifiche apportate dai provvedimenti in esame, le cambiali finanziarie hanno scadenza non inferiore ad un mese e non superiore a trentasei mesi dalla data di emissione [2] e possono essere emesse da tutte le società di capitali nonché da società cooperative e mutue assicuratrici (diverse dalle banche e dalle microimprese).

Tuttavia, le società e gli enti non aventi titoli rappresentativi del capitale negoziati in mercati regolamentati o non regolamentati possono emettere cambiali finanziarie subordinatamente alla presenza di determinati requisiti. In particolare, in questa ipotesi l'emissione deve essere assistita, in qualità di sponsor, da una banca, da un'impresa di investimento, da una società di gestione del risparmio (SGR), da una società di gestione armonizzata, da una società di investimento a capitale variabile (SICAV), purché con succursale costituita nel territorio dello Stato.

Lo sponsor è tenuto ad assistere e supportare la società nella procedura di emissione e nella fase di collocamento dei titoli e a mantenere nel proprio portafoglio, sino alla naturale scadenza, una quota dei titoli variabile in funzione dell'ammontare complessivo dell'emissione.

Le società emittenti, che non siano classificabili tra le piccole e medie imprese (come definite dalla citata raccomandazione 2003/361/CE) possono rinunciare alla nomina dello sponsor.

In ogni caso è richiesto che l'ultimo bilancio della società emittente non quotata sia certificato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.

È altresì previsto che le cambiali finanziarie emesse da società non quotate devono essere emesse e girate esclusivamente in favore di investitori professionali che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente.

Le cambiali finanziarie possono essere emesse in forma dematerializzata avvalendosi a tal fine di una società autorizzata alla prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari.


[1] Delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) del 3 marzo 1994, del 19 luglio 2005 e del 22 febbraio 2006 e Istruzioni della Banca d'Italia del 12 dicembre 1994, Titolo IX, capitolo 2.

[2] Originariamente la scadenza delle cambiali finanziarie era compresa tra tre e dodici mesi.


1.2 Obbligazioni e titoli similari


L'art. 2411, primo e secondo comma, del codice civile, sulla base delle modifiche apportate dalla citata riforma del diritto societario, definisce le obbligazioni individuandone le peculiari caratteristiche: a differenza delle azioni, che attribuiscono la qualità di socio e vengono emesse a fronte del conferimento di capitali di rischio, le obbligazioni incorporano un'operazione di finanziamento in forza della quale il sottoscrittore ha diritto alla restituzione della somma mutuata oltre ad una remunerazione pattuita che può consistere in un interesse annuo fisso o anche nel disaggio tra il valore nominale di rimborso e il prezzo di emissione.

Consolidando l'ammissibilità di fattispecie già ampiamente utilizzate nella prassi, tale disposizione prevede che il diritto dell'obbligazionista al rimborso del capitale e agli interessi può essere, in tutto o in parte, postergato alla soddisfazione dei diritti degli altri creditori della società, rimanendo fermo il diritto prioritario al rimborso degli obbligazionisti rispetto ai soci (obbligazioni cosiddette subordinate). Tale previsione conferma la riconducibilità delle obbligazioni subordinate tra le obbligazioni.

Al riguardo, si ricorda che, dal punto di vista fiscale, l'Amministrazione finanziaria nella Circ. 23 dicembre 1996, n. 306/E aveva avuto modo già di pronunciarsi in merito alla riconducibilità di tali titoli nel genus delle obbligazioni in quanto la clausola di subordinazione non travolge il diritto del portatore del titolo ad ottenere il rimborso del capitale mutuato.

Tornando alle disposizioni di natura civilistica, la richiamata norma del codice civile prevede che i tempi e l'entità del pagamento degli interessi possono variare in dipendenza di parametri oggettivi, anche relativi all'andamento economico della società (è il caso delle obbligazioni a rendimento variabile con clausola parametrica o con forme particolari di indicizzazione degli interessi).

In alcuni casi, al pagamento di interessi periodici è abbinato il diritto a partecipare a un sorteggio periodico di premi (obbligazioni a premio) o la previsione alla scadenza di una somma che tenga conto della svalutazione monetaria dell'investimento o dell'andamento di particolari parametri (obbligazioni indicizzate), o anche la previsione di una partecipazione agli utili della società (obbligazioni partecipative).

Il terzo comma dello stesso art. 2411 del codice civile individua, invece, altri strumenti finanziari, comunque denominati, differenti dalle obbligazioni di cui ai primi due commi, cui è applicabile la disciplina civilistica riservata alle obbligazioni, e per i quali, non soltanto i tempi, ma anche il quantum del rimborso del capitale, possono esser condizionati dall'andamento economico delle società.

Tali strumenti finanziari sono qualificati, sotto il profilo causale, dall'assolvere ad una funzione di finanziamento, il cui rimborso non è, però, assicurato e sono caratterizzate dall'assenza di diritti "partecipativi" di natura amministrativa (come il diritto di partecipare alle assemblee, di impugnare le deliberazioni, ecc.).

Trattandosi di titoli caratterizzati da un'alta dose di partecipazione al rischio economico della società (nel senso che tutto o parte del capitale apportato concorre al rischio d'impresa dell'emittente) non sono qualificati come vere e proprie obbligazioni anche se il legislatore civilistico li assoggetta alle stessa disciplina delle obbligazioni per quanto attiene, ad esempio, ai limiti all'emissione e alla struttura organizzativa.

Rimane fermo, dunque, che le obbligazioni vere e proprie sono identificate in funzione del diritto al rimborso del capitale come valore minimo assicurato. Il rimborso può avvenire sotto diverse forme: anticipato, alla data di scadenza o con piani di ammortamento.

A tali fini, quindi, è sempre necessario che vi sia una scadenza del prestito obbligazionario. La durata fissa il periodo del finanziamento individuando essenzialmente tre momenti: quello dell'emissione, delle rate di rimborso e dell'estinzione.

La scadenza del rimborso del prestito è, tra l'altro, uno degli elementi essenziali che deve necessariamente essere indicato nel titolo obbligazionario (vedi art. 2414, comma 1, n. 6), del codice civile "Contenuto delle obbligazioni"). Essa, tuttavia, può anche non essere ancorata ad una scadenza precisa, ma può essere anche legata alla durata della società o alla sua liquidazione qualora la società sia costituita a tempo indeterminato (come espressamente consentito dall'art. 2328, comma 2, n. 13), del codice civile).

Ciò posto, i commi da 19 a 26 dell'art. 32 introducono alcune disposizioni specificamente riferite alle emissioni di obbligazioni partecipative e subordinate da parte di società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione (diverse dalle banche e dalle micro-imprese) che integrano il descritto quadro normativo civilistico delle obbligazioni.

In sostanza, l'intervento normativo individua le caratteristiche civilistiche che i suddetti titoli devono possedere ai fini della loro qualificazione come vere e proprie obbligazioni (rientranti, quindi, nell'ambito dell'art. 2411, primo e secondo comma, del codice civile).

È, in particolare, prevista la possibilità per le società non quotate di emettere titoli obbligazionari che prevedano clausole di partecipazione agli utili di impresa e di subordinazione, purché presentino le seguenti caratteristiche:

1. la durata non può essere inferiore a trentasei mesi;

2. la clausola di postergazione deve prevedere il diritto al rimborso subordinatamente agli altri creditori della società, mantenendo la prelazione al rimborso soltanto rispetto agli azionisti;

3. la remunerazione deve essere necessariamente composta da una parte fissa e da una parte variabile essendo specificato dalla norma che il tasso di interesse riconosciuto al portatore del titolo (parte fissa del corrispettivo) non può essere inferiore al tasso ufficiale di riferimento pro tempore vigente. La parte variabile del corrispettivo deve, invece, essere commisurata al risultato economico dell'impresa emittente. Con riferimento a tale ultimo elemento caratterizzante le obbligazioni subordinate con clausola di partecipazione, si evidenzia che la parte variabile del corrispettivo va calcolata in proporzione agli utili d'esercizio della società emittente, in analogia a quanto già precisato dall'Amministrazione finanziaria allorquando è stata data interpretazione alla locuzione "risultato economico" nell'ambito della riforma dell'imposta sul reddito delle società IRES (cfr. Circ. 16 giugno 2004, n. 26/E). È infine stabilito che la variabilità del corrispettivo riguarda le remunerazione dell'investimento e non si applica al diritto di rimborso in linea capitale dell'emissione.



2. Regime fiscale degli interessi delle cambiali finanziarie e delle obbligazioni per i sottoscrittori

2.1 Regime fiscale previgente

Precedentemente all'entrata in vigore del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 - che ha unificato l'aliquota di tassazione dei redditi di natura finanziaria - l'art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 poneva a carico dei sostituti d'imposta l'obbligo di assoggettare gli interessi e gli altri proventi derivanti dalle obbligazioni e titoli similari da loro emessi ad una ritenuta del 27 per cento, che era tuttavia ridotta al 12,50 per cento per le obbligazioni e titoli similari di durata non inferiore a diciotto mesi e per le cambiali finanziarie, emessi da società ed enti, diversi dalle banche o dalle società con azioni negoziate in mercati regolamentati di Stati membri della UE o aderenti all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) inclusi nella lista degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni, cosiddetta white list.

L'applicazione di tale minore aliquota era consentita a condizione che il tasso di rendimento effettivo non risultasse superiore alle seguenti misure:

a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentari degli Stati di cui sopra o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento dell'emissione;

b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi per le obbligazioni ed i titoli similari diversi dai precedenti.

Era altresì previsto che, qualora il rimborso delle obbligazioni e titoli similari con scadenza non inferiore a diciotto mesi avesse luogo prima di tale scadenza, sugli interessi e altri proventi maturati fino al momento dell'anticipato rimborso l'emittente dovesse corrispondere una somma pari al 20 per cento.

Per effetto dell'unificazione al 20 per cento dell'aliquota delle ritenute e delle imposte sostitutive sui redditi di capitale di cui all'art. 44 del TUIR ad opera del comma 6 dell'art. 2 del citato D.L. n. 138 del 2011, gli interessi e gli altri proventi derivanti da obbligazioni e titoli similari emessi dai sostituti d'imposta di cui all'art. 23 del D.P.R. n. 600 del 1973, diversi dai cosiddetti grandi emittenti privati residenti, non sono più soggetti a ritenuta con aliquote differenziate in dipendenza della loro durata e del loro tasso di rendimento effettivo e, in caso di rimborso anticipato, non sono più soggetti al prelievo del 20 per cento, essendo stata definitivamente abrogata tale forma di prelievo.

Sono, invece, soggetti al regime di imposizione sostitutiva previsto dal D.Lgs. 1 aprile 1996, n. 239 gli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi dai cosiddetti grandi emittenti privati e cioè dalle banche, dalle società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati di Stati comunitari e Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo inclusi nella white list e dagli enti pubblici trasformati in società per azioni. Tale decreto prevede, come è noto, l'applicazione dell'imposta sostitutiva del 20 per cento da parte dell'intermediario depositario soltanto nei confronti dei percettori cosiddetti "nettisti" (persone fisiche; soggetti di cui all'art. 5 TUIR, escluse le società in nome collettivo, in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate; enti non commerciali; soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche) e l'erogazione dei proventi al lordo dell'imposta per i soggetti cosiddetti "lordisti" (soggetti diversi dai nettisti).

L'applicazione del D.Lgs. n. 239 del 1996 comporta altresì l'estensione del regime di esenzione previsto nell'art. 6 del medesimo decreto per i soggetti non residenti purché residenti in un Paese white list, nonché per le seguenti tipologie di soggetti: enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia; investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Paesi white list; Banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.


2.2 Regime attuale


Il comma 9 dell'art. 32 ha esteso il regime fiscale dei titoli obbligazionari disciplinato dal D.Lgs. n. 239 del 1996 anche alle società per azioni con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione nonché alle società non quotate le cui obbligazioni e titoli similari siano negoziate nei mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione.

Inoltre, la medesima disposizione ha esteso il medesimo regime alle cambiali finanziarie che finora erano soggette alla ritenuta prevista dal comma 1 dell'art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 anche se emesse da banche, da società con azioni negoziate o da enti pubblici trasformati in società per azioni in quanto il comma 1 dell'art. 1 del D.Lgs. n. 239 del 1996 disapplicava la ritenuta sugli interessi e altri proventi derivanti da tutte le obbligazioni e titoli similari emessi da tali soggetti, con la espressa esclusione proprio delle cambiali finanziarie.

Rimane invece applicabile la ritenuta di cui all'art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 sugli interessi dei titoli obbligazionari (e titoli similari) e cambiali finanziarie non quotati emessi da società con azioni non negoziate nei mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione.

Pertanto, per effetto di tali modifiche, l'imposta sostitutiva di cui al D.Lgs. n. 239 del 1996 nella misura del 20 per cento si applica, tra gli altri, anche agli interessi ed altri proventi derivanti da:

1. cambiali finanziarie, obbligazioni e titoli similari emessi da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell'Unione Europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'art. 168-bis del TUIR (cd. white list) [3];

2. obbligazioni e titoli similari emessi da enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizioni di legge;

3. cambiali finanziarie, obbligazioni e titoli similari negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell'Unione Europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella white list emesse da società diverse da quelle di cui al punto 1.

Al riguardo, si fa presente che per la prima volta si equiparano ai mercati regolamentati i sistemi multilaterali di negoziazione che costituiscono dei sistemi di negoziazione alternativi ai mercati regolamentati il cui esercizio è riservato ad imprese di investimento, banche e gestori dei mercati regolamentati. I sistemi multilaterali italiani sono autorizzati dalla Consob. L'elenco aggiornato dei sistemi multilaterali di negoziazione comunitari è disponibile sul sito internet dell'Esima al seguente indirizzo: http://mifiddatabase.esma.europa.eu.

L'inclusione dei predetti titoli nell'ambito del D.Lgs. n. 239 del 1996 si applica ai titoli emessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 83 del 2012 (26 giugno 2012).


[3] In attesa dell'emanazione della white list si deve fare riferimento all'elenco dei Paesi e territori contenuto nel D.M. 4 settembre 1996 come successivamente modificato e integrato dal D.M. 25 marzo 1998, dal D.M. 16 dicembre 1998, dal D.M. 17 giugno 1999, dal D.M. 20 dicembre 1999, dal D.M. 5 ottobre 2000, dal D.M. 14 dicembre 2000 e dal D.M. 27 luglio 2010. Si fa presente, infine, che il D.M. 11 gennaio 2013 del Ministro dell'Economia e delle Finanze, modificando il citato D.M. 4 settembre 1996, ha inserito l'Islanda (aderente all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo) nella white list.



3. Regime fiscale degli interessi passivi in capo agli emittenti

3.1 Regime fiscale previgente degli interessi delle cambiali finanziarie e delle obbligazioni

Sulla base delle disposizioni vigenti prima delle modifiche apportate dall'art. 32, gli interessi passivi erano deducibili ai sensi dell'art. 96 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), al netto di quelli indeducibili in modo assoluto per effetto di specifiche disposizioni delle quali resta ferma l'applicabilità in via prioritaria.

In particolare, per gli interessi derivanti da prestiti obbligazionari vigeva la limitazione di cui al comma 115 dell'art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 in base alla quale gli interessi passivi sono deducibili a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore:

a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo inclusi nella white list o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione;

b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, delle obbligazioni e dei titoli similari diversi dai precedenti.

Qualora il tasso di rendimento effettivo all'emissione sia superiore ai limiti di cui sopra, gli interessi passivi eccedenti l'importo derivante dall'applicazione dei predetti tassi sono indeducibili dal reddito di impresa.

Come è noto, tale disposizione, che limita la deducibilità degli interessi passivi sulla base dei parametri di rendimento del prestito obbligazionario non si applica agli interessi passivi relativi alle obbligazioni e titoli similari emessi dai c.d. grandi emittenti (società con azioni quotate, enti pubblici trasformati in società per azioni, banche) i quali sono soggetti esclusivamente alle regole fissate dall'art. 96 del TUIR. Sulla base di quest'ultima disposizione, gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili in ciascun periodo d'imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati.

L'eccedenza è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica (ROL) [4].

Gli interessi indeducibili nell'esercizio ed il ROL eventualmente eccedente possono essere riportati in avanti senza limiti di tempo.

Per le banche, le assicurazioni e i soggetti finanziari gli interessi sono deducibili in misura forfetaria nei limiti del 96 per cento del loro ammontare [5].


[4] Per risultato operativo lordo si intende la differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lett. A) e B) dell'art. 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui al numero 10, lett. a) e b), e dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, così come risultanti dal conto economico dell'esercizio.

[5] Sull'argomento si rinvia alla Circ. 21 aprile 2009, n. 19/E.


3.2 Nuovo regime fiscale degli interessi delle cambiali finanziarie e delle obbligazioni ai fini delle imposte dirette


Il comma 8 dell'art. 32 ora prevede che la disposizione di cui al citato art. 3, comma 115, della legge n. 549 del 1995 non si applica:

1. alle cambiali finanziarie e

2. alle obbligazioni e ai titoli similari

emesse da società con azioni non quotate (diverse dalle banche e dalle micro-imprese) a condizione che le cambiali finanziarie, le obbligazioni ed i titoli similari siano negoziati in mercati regolamentati ovvero in sistemi multilaterali di negoziazione di Paesi dell'Unione Europea o di Paesi aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella white list.

In sostanza, nel presupposto che la quotazione costituisca un elemento di garanzia all'emissione meritevole di tutela, agli interessi passivi relativi ai titoli quotati nei predetti mercati non si applica tout court - ossia senza necessità di effettuare particolari verifiche - la limitazione speciale alla deducibilità dettata dalla legge n. 549 del 1995 e si rendono, invece, applicabili direttamente ed esclusivamente i limiti contenuti nell'art. 96 del TUIR.

Il requisito della quotazione deve essere verificato al momento dell'emissione delle obbligazioni e dei titoli similari e delle cambiali finanziarie analogamente a quanto precisato con riferimento al requisito della quotazione delle azioni delle società per azioni contenuto nella Circ. 23 dicembre 1996, n. 306/E.

Pertanto, qualora in un momento successivo all'emissione di tali titoli, gli stessi perdano il requisito della quotazione (delisting), agli interessi e agli altri proventi da essi derivanti continuerà ad applicarsi il regime di deducibilità di cui all'art. 96 del TUIR e non la limitazione speciale alla deducibilità dettata dalla legge n. 549 del 1995.

L'intervento normativo in esame consente, quindi, di equiparare i soggetti emittenti (quotati e non quotati), in relazione alla possibilità di dedurre gli oneri finanziari generati dall'emissione di finanziamenti cartolarizzati quotati.

Diversamente, nel caso in cui le cambiali finanziarie, le obbligazioni e i titoli similari non siano quotati, la suddetta norma specifica può essere disapplicata soltanto al verificarsi di tutte le seguenti condizioni:

a) i titoli siano detenuti da investitori qualificati, come individuati dall'art. 100 del D.Lgs. n. 58 del 1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF);

b) detti investitori non detengano, direttamente o indirettamente, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, più del 2 per cento del capitale o del patrimonio della società emittente;

c) il beneficiario effettivo dei proventi sia residente in Italia o in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.

Con riferimento ai requisiti richiesti, occorre innanzitutto precisare che i titoli devono essere sottoscritti e circolare esclusivamente presso gli investitori qualificati individuati dal legislatore. In proposito la norma fa specifico riferimento agli investitori qualificati ai sensi dell'art. 100 del TUF, vale a dire agli investitori individuati dalla Consob con Del.Consob 29 ottobre 2007, n. 16190. Si tratta, in particolare, di investitori che possiedono l'esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assumono.

Inoltre, con l'evidente finalità di evitare che attraverso l'emissione di prestiti obbligazionari non destinati alla diffusione tra il pubblico dei risparmiatori possano essere messe in atto operazioni che consentano, da un lato, l'attribuzione di interessi attivi a soci che detengono partecipazioni rilevanti nella società emittente, in luogo di dividendi, dall'altro l'erosione dell'imponibile societario, la norma impone che detti investitori professionali non detengano più del 2 per cento del capitale o del patrimonio della società emittente.

Con riferimento alla qualificazione del socio rileva, oltre al possesso delle azioni ordinarie, anche quello di azioni speciali purché conservino gli elementi minimi causali affinché le si possa definire come partecipazioni sociali e non come titoli rappresentativi di rapporti di altra natura. Vi rientrano, pertanto, sia le partecipazioni derivanti dal possesso di azioni dotate di privilegi nella distribuzione degli utili (es.: azioni privilegiate) o nell'incidenza delle perdite (es.: azioni postergate) o di priorità o di preferenza sulla ripartizione dell'attivo di liquidazione (es.: azioni di godimento), sia le partecipazioni derivanti dal possesso di azioni prive del diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni e con diritto di voto limitato ad una misura massima o per scaglioni (cfr. art. 2351 del codice civile).

Non si deve tener conto, invece, delle partecipazioni agli utili derivanti da titoli e strumenti finanziari assimilati alle azioni ai sensi dell'art. 44, comma 2, lettera a), del TUIR per i quali il sottoscrittore può vantare esclusivamente diritti patrimoniali o anche diritti amministrativi (escluso il diritto di voto nell'assemblea generale degli azionisti), ma che non gli attribuiscono lo status di socio in quanto emessi a fronte di apporti non imputabili a capitale sociale.

Al fine del calcolo della suddetta percentuale di partecipazione si deve tener conto anche delle partecipazioni detenute dai familiari indicati dall'art. 5, comma 5, del TUIR, delle partecipazioni indirette e di quelle possedute per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona.

In caso di partecipazione indiretta ai fini del calcolo della percentuale di partecipazione si deve tener conto del cosiddetto "effetto demoltiplicativo". Al fine di chiarire tale concetto si riporta il seguente esempio:

- Investitore qualificato "A" sottoscrive obbligazioni della "società emittente";

- Investitore "A" detiene partecipazioni pari al 50 per cento del capitale sociale della Società Alfa;

- Società Alfa detiene partecipazioni pari al 3 per cento del capitale sociale della "società emittente".

In tale ipotesi, la quota di partecipazione indiretta nella "società emittente" posseduta dall'investitore qualificato "A" è pari al 50 per cento del 3 per cento, vale a dire 1,5 per cento.

Pertanto - fermo restando che l'investitore sia qualificato e che il beneficiario effettivo sia residente in Italia o in uno Stato o territorio che consente un adeguato scambio di informazioni - agli interessi passivi derivanti dai titoli obbligazionari della "società emittente" posseduti dall'investitore "A" non si applica il limite di deducibilità di cui all'art. 3, comma 115, della legge n. 549 del 1995.

La norma, inoltre, impone che il beneficiario effettivo degli interessi delle cambiali finanziarie e dei prestiti obbligazionari sia residente in Italia o, se non residente, che sia residente in Stati o territori collaborativi con lo scopo di assicurare comunque la possibilità di un controllo da parte dell'Amministrazione finanziaria italiana da attuare tramite lo strumento dello scambio di informazioni. In tal caso non è richiesto che il beneficiario effettivo sia residente necessariamente in un Paese o territorio incluso nella white list essendo sufficiente che con il Paese di residenza sia previsto un adeguato scambio di informazioni tramite una convenzione per evitare la doppia imposizione sul reddito, uno specifico accordo internazionale (ad esempio, un tax information exchange agreement - TIEA) o trovino applicazione disposizioni comunitarie in materia di assistenza amministrativa.

Si ricorda, infine, che per essere considerato beneficiario effettivo il percettore degli interessi deve ricevere i pagamenti in qualità di beneficiario finale e non come intermediario, agente, delegato o fiduciario di altri soggetti.

In sostanza, come chiarito nella Circ. 2 novembre 2005, n. 47/E, affinché possa considerarsi beneficiario effettivo, occorre che il soggetto che percepisce gli interessi tragga un proprio beneficio economico dall'operazione di finanziamento posta in essere e che, quindi, non possa considerarsi come mero "veicolo" attraverso cui i flussi di reddito conseguiti si limitano a "transitare" in favore di altri soggetti.


3.2.1 Documentazione e adempimenti richiesti ai fini della deducibilità degli interessi passivi


Per poter dedurre gli interessi passivi sulle cambiali finanziarie, obbligazioni e titoli similari non quotati secondo le disposizioni dell'art. 96 del TUIR, la società emittente deve verificare che i suddetti titoli siano detenuti da investitori professionali che non detengono più del 2 per cento del capitale o del patrimonio della stessa società e che il beneficiario effettivo dei proventi sia residente in Italia o in uno Stato o in un territorio collaborativo in materia di scambi di informazioni in via amministrativa.

A tal fine sarebbe opportuno che nella delibera di emissione venga espressamente previsto che:

- tali titoli possono essere sottoscritti e circolare esclusivamente tra investitori qualificati ai sensi dell'art. 100 del TUF e

- non possono essere sottoscritti da soci che detengono più del 2 per cento del capitale o del patrimonio della società emittente.

Tale precisazione dovrebbe essere altresì contenuta nel prospetto di offerta dei titoli emessi o in altro documento equivalente.

Inoltre, in ogni caso, la società emittente deve acquisire apposita certificazione, scritta e in forma libera, da parte del sottoscrittore o del successivo acquirente - al momento della sottoscrizione o del successivo trasferimento - nella quale lo stesso attesti di essere un investitore qualificato, di non possedere più del 2 per cento del capitale sociale o del patrimonio della società emittente e che il beneficiario effettivo dei proventi dei titoli sia residente in Italia o in uno Stato o territorio che consente un adeguato scambio di informazioni.

Tale dichiarazione è valida fino ad eventuali cambiamenti che dovessero verificarsi.

Pertanto, nel caso in cui siano soddisfatte le predette condizioni, le società non quotate potranno dedurre gli interessi passivi corrisposti sulle cambiali finanziarie, sulle obbligazioni e titoli similari non quotati, applicando esclusivamente le disposizioni contenute nell'art. 96 del TUIR.

Naturalmente, rimane ferma la restrizione alla deducibilità degli interessi passivi di cui al comma 115 della legge n. 549 del 1995 relativi ai titoli sottoscritti e detenuti dai soggetti diversi da quelli di cui sopra e per quelli emessi dalle micro-imprese.

Come chiarito nella relazione all'art. 36 del D.L. n. 179 del 2012, l'eventuale indeducibilità si applica soltanto pro quota, in relazione agli interessi dei titoli detenuti dai investitori non qualificati o da soci che partecipano al capitale o al patrimonio in misura superiore al 2 per cento e/o agli interessi il cui beneficiario effettivo non sia residente in Italia o in uno Stato o territorio che consente un adeguato scambio di informazioni, maturati durante il periodo di possesso, e non a tutti i titoli emessi.

Dette disposizioni si applicano alle cambiali finanziarie, alle obbligazioni e ai titoli similari emessi a partire dalla data di entrata in vigore del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (20 ottobre 2012).

Infine, il comma 13 dell'art. 32 prevede che le spese di emissione delle suddette cambiali finanziarie, obbligazioni e titoli similari sono deducibili nell'esercizio in cui sono erogate indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio (principio di cassa).


3.3 Nuovo regime fiscale delle cambiali finanziarie ai fini dell'imposta di bollo


Come anticipato nel paragrafo 1.1 le cambiali finanziarie possono ora essere emesse anche in forma dematerializzata.

Ai sensi del comma 5 dell'art. 1-bis della legge n. 43 del 1994 (introdotto dal comma 7 dell'art. 32 del decreto), le cambiali finanziarie dematerializzate sono esenti dall'imposta di bollo di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, ferma restando l'esecutività del titolo.

Al contrario, le cambiali finanziarie non dematerializzate restano assoggettate all'imposta di bollo nella misura ordinaria dello 0,01 per cento (art. 6, parte I della tariffa di cui all'allegato A del citato D.P.R. n. 642 del 1972).

Naturalmente, è in ogni caso dovuta l'imposta di bollo sulle comunicazioni alla clientela di cui all'art. 13 della Tariffa, parte I, allegata al medesimo decreto.


3.4 Regime fiscale degli interessi delle obbligazioni partecipative subordinate


Come accennato nel paragrafo 1.2, i commi da 19 a 26 dell'art. 32, definiscono le caratteristiche civilistiche che devono possedere le obbligazioni partecipative subordinate emesse da società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale sociale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle microimprese, ai fini della loro qualificazione come obbligazioni emesse ai sensi dei primi due commi dell'art. 2412 del codice civile.

Relativamente agli aspetti fiscali, il comma 24 dell'art. 32 dispone che nell'ipotesi in cui l'emissione di obbligazioni partecipative preveda anche una clausola di subordinazione e il vincolo a non distribuire capitale sociale se non nei limiti dei dividendi sull'utile di esercizio, la componente variabile del corrispettivo costituisce oggetto di specifico accantonamento per onere nel conto dei profitti e delle perdite della società emittente.

Tale previsione normativa è finalizzata al rafforzamento patrimoniale dell'emittente attraverso la clausola di subordinazione - che definisce i termini di postergazione del portatore del titolo ai diritti degli altri creditori della società (ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale) - e la limitazione alla distribuzione del capitale sociale.

Ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi, la componente variabile è computata in diminuzione del reddito di esercizio di competenza, a condizione che il corrispettivo non sia costituito esclusivamente dalla stessa.

In sostanza, quindi, la norma consente all'emittente di dedurre, in sede di determinazione del reddito d'impresa, anche la remunerazione di tali titoli collegata ai risultati economici della medesima società.

In tal senso la norma va intesa come una deroga all'art. 109, comma 9, lett. a), del TUIR secondo il quale "non è deducibile ogni tipo di remunerazione dovuta" sui titoli e strumenti finanziari comunque denominati di cui all'art. 44 dello stesso TUIR, per la quota che direttamente o indirettamente comporta la partecipazione ai risultati economici dell'emittente, di una società del suo gruppo o di un affare.

La medesima disposizione deroga altresì all'art. 107, comma 4, del TUIR che vieta deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati dalle disposizioni del TUIR e al criterio di competenza generale di deduzione dei costi sancito dall'art. 109, comma 1, del TUIR riconoscendo la rilevanza della parte variabile della remunerazione quale costo nel periodo d'imposta in cui è prodotto l'utile senza dover attendere l'esercizio in cui si viene a manifestare la corresponsione della remunerazione stessa.

La disposizione di cui al comma 24 si applica a condizione che le obbligazioni partecipative che prevedano anche una clausola di subordinazione siano state sottoscritte da investitori qualificati di cui all'art. 100 del TUF, che non detengano, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, più del 2 per cento del capitale o del patrimonio della società emittente e sempreché il beneficiario effettivo dei proventi sia residente in Italia o in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.



4. Regime fiscale dei project bond

L'art. 1 del D.L. n. 83 del 2012 ha modificato il regime fiscale delle obbligazioni di progetto emesse dalle società di cui all'art. 157 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, vale a dire dalle società di progetto appositamente costituite in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile, per iniziativa dei soggetti aggiudicatari di concessioni per la realizzazione e/o gestione di infrastrutture o di nuovi servizi di pubblica utilità, nonché dalle società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato ai sensi dell'art. 3, comma 15-ter, del medesimo decreto legislativo.

Il citato art. 157 consente a tali società di emettere obbligazioni e titoli di debito, anche in deroga ai limiti previsti dalla disciplina civilistica, a condizione che tali titoli siano sottoscritti da investitori qualificati come definiti dal regolamento di attuazione del TUF e che la successiva circolazione avvenga tra i medesimi soggetti (cd. project bond).

Ai fini fiscali è previsto che gli interessi dei project bond sono soggetti allo stesso regime fiscale previsto per i titoli del debito pubblico. Ne consegue che a tali interessi si rende applicabile la disciplina di cui al più volte citato D.Lgs. n. 239 del 1996. Pertanto essi sono assoggettati ad imposta sostitutiva nella misura del 12,50 per cento se percepiti dai soggetti "nettisti", mentre sono esclusi dal prelievo se percepiti da soggetti "lordisti" residenti ed i percettori residenti in Paesi white list usufruiscono del previsto regime di esenzione.

Tuttavia, occorre tener presente che, posto il tenore letterale della norma in commento, l'equiparazione ai titoli del debito pubblico è esclusivamente riferibile al trattamento fiscale degli interessi maturati sui project bond e non si estende anche a quello degli altri redditi di capitale (ad esempio, ai proventi dei pronti contro termine) né a quello dei redditi diversi di natura finanziaria derivanti dalla cessione o dal rimborso dei titoli in questione.

La norma in commento prevede inoltre che agli interessi derivanti dalle medesime obbligazioni non si applica il limite di deducibilità di cui all'art. 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Pertanto detti interessi sono deducibili indipendentemente dal tasso di rendimento assicurato.

Tra l'altro le società di progetto sono anche escluse dall'ambito di applicazione dei limiti di deducibilità previsti dall'art. 96 del TUIR ai sensi del comma 5 della medesima disposizione (cfr. Circ. 21 aprile 2009, n. 19/E).

Il legislatore ha previsto, infine, un trattamento più favorevole anche ai fini delle imposte indirette. In particolare il comma 3 dell'art. 1 del decreto prevede che le garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate, in relazione alle emissioni dei project bond, nonché le relative eventuali surroghe, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali emissioni, sono soggette alle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa di cui rispettivamente al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347.

Il descritto regime fiscale si rende applicabile ai project bond emessi nei tre anni successivi all'entrata in vigore del decreto (vale a dire dal 26 agosto 2012).

Tuttavia, il comma 5 dell'art. 1 del decreto prevede la possibilità di emettere project bond anche ai fini del rifinanziamento del debito precedentemente contratto per la realizzazione dell'infrastruttura o delle opere connesse al servizio di pubblica utilità.

In ogni caso, il regime fiscale agevolato si rende applicabile per tutta la durata del prestito obbligazionario.


Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.


Il Direttore dell'agenzia

Attilio Befera



D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 1
D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 32
L. 13 gennaio 1994, n. 43
D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 157
D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 36

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