Translate

lunedì 11 marzo 2013

Ministero dell'economia e delle finanze Ris. 4-3-2013 n. 4/DF Imposta municipale propria (IMU) di cui all'art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Esenzione per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali. Art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. Immobili concessi in comodato. Emanata dal Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale.


Ministero dell'economia e delle finanze
Ris. 4-3-2013 n. 4/DF
Imposta municipale propria (IMU) di cui all'art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Esenzione per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali. Art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. Immobili concessi in comodato.
Emanata dal Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale.

Ris. 4 marzo 2013, n. 4/DF (1).

Imposta municipale propria (IMU) di cui all'art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Esenzione per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali. Art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. Immobili concessi in comodato.

(1) Emanata dal Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale.



Sono stati chiesti chiarimenti in merito all'applicabilità dell'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) indicata in oggetto, nell'ipotesi in cui un immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato a un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività di cui al comma 1, lett. i), dell'art. 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. È stato, altresì, chiesto se l'esenzione in questione possa ritenersi applicabile anche nell'ipotesi più particolare in cui l'immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell'ente concedente, per lo svolgimento di un'attività meritevole ai sensi del citato art. 7.

Al riguardo, bisogna, preliminarmente, ricordare che la disciplina dell'IMU, delineata dall'art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché dagli artt. 8 e 9 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, richiama, per quanto riguarda il regime delle esenzioni, l'art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, fra le quali si riscontra quella di cui alla lett. i), che riguarda la fattispecie in esame. Detta norma, nella sua attuale formulazione - introdotta per effetto dell'art. 91-bis del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 - prevede l'esenzione per «gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222».

Si deve ricordare che le disposizioni dell'art. 91-bis del D.L. n. 1 del 2012, nel momento in cui intervengono sull'art. 7, comma 1, lett. i) del D.Lgs. n. 504 del 1992, precisano l'ambito applicativo della disposizione di esonero, nel senso delineato dalla giurisprudenza di legittimità [1] che ha costantemente limitato la portata dell'esenzione alla presenza di modalità non commerciali attraverso le quali viene svolta nell'immobile, da parte dell'ente non commerciale, la particolare attività oggetto della norma di esenzione. Il D.M. 19 novembre 2012, n. 200, contemplato al comma 3 dello stesso art. 91-bis è diretto a regolare i casi di utilizzazione mista dell'immobile oggetto dell'esenzione per il quale non è possibile procedere all'accatastamento separato.

Per quanto riguarda l'esatta portata dell'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, si deve sottolineare che le tematiche che emergono dai quesiti formulati a tale proposito, sono suscettibili di essere trattate e risolte alla luce delle pronunce della Corte Costituzionale n. 429 del 19 dicembre 2006 e n. 19 del 26 gennaio 2007 che hanno fornito una lettura dell'art. 7, comma 1, lett. i), sistematica e coerente con l'ordinamento tributario nonché con il principio di capacità contributiva.

Bisogna premettere che in dette ordinanze la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell'art. 59, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 il quale prevede che, ai fini ICI, i comuni possano «stabilire che l'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali, si applica soltanto ai fabbricati ed a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall'ente non commerciale utilizzatore». Si deve, comunque, precisare che quest'ultima disposizione non risulta applicabile all'IMU, in quanto della norma non è espressamente richiamata dall'art. 14, comma 6, del D.Lgs. n. 23 del 2011, che conferma, ai fini dello stesso tributo, la sola potestà regolamentare di cui all'art. 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

Tuttavia, tali pronunce sono, comunque, strettamente funzionali alla corretta interpretazione dell'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992 che, si ribadisce, si applica anche all'IMU.

In particolare, la Corte Costituzionale ha ritenuto che la corretta interpretazione dell'art. 59 del D.Lgs. n. 446 del 1997, non è in linea con le argomentazioni sostenute dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza 30 maggio 2005, n. 11427 con cui quest'ultima ha rimesso alla Corte Costituzionale il giudizio di legittimità relativo al predetto art. 59, laddove la stessa Corte di Cassazione ha sostenuto che rimpianto normativo dell'esenzione in questione «nel prevedere un regime di generale imponibilità e nell'individuare, in deroga, una serie di casi eccettuati, consentiva per questi ultimi, di individuarne la ratio nel fatto che l'immobile venisse utilizzato da una categoria di soggetti, aventi specifico titolo sul bene, per lo svolgimento di particolari attività di notevole rilevanza sociale, e, come tali, ritenute meritevoli di trattamento incentivante. Ne derivava che il diritto a godere dell'esenzione era riconosciuto solo ai soggetti indicati dall'art. 87, comma 1, lett. c), del TUIR, quindi con espressa esclusione delle società, e sempre che gli stessi utilizzassero direttamente l'immobile per lo svolgimento delle attività indicate nell'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992. La sopravvenuta disposizione dell'art. 59, infatti, impone una irragionevole rilettura dell'art. 7, comma 1, lett. i), che impinge nei principi di eguaglianza e di capacità contributiva desumibili dagli artt. 3 e 53 della Costituzione, in quanto esonera taluni soggetti dal concorso alla spesa pubblica, prescindendo dalla manifestazione di ricchezza e di capacità economica espressa dal bene posseduto ed avendo riguardo a requisiti soggettivi ed oggettivi posseduti da terzi, ed in quanto vulnera la riserva di legge, desumibile dall'art. 23, assegnando agli enti locali il potere di stabilire con norme regolamentari presupposti impositivi e casi di esenzione».

Si deve evidenziare che, nella stessa ordinanza n. 11427 del 2005, la Corte di Cassazione ha fondato le sue argomentazioni sulla considerazione che si trattava di un immobile dato in locazione e per il quale, quindi, era ritraibile un reddito, situazione di fatto sintomatica di capacità contributiva che non è stata ritenuta idonea a giustificare l'attribuzione del beneficio. Nella stessa ordinanza si legge, infatti, che «l'esonero dal generale regime impositivo si rivela manifestamente irragionevole, in quanto viene accordato senza che la situazione di fatto oggetto di tassazione realizzi la diversità di capacità contributiva idonea a giustificare l'attribuzione del beneficio, essendo evidente che la percezione del canone da parte del proprietario, ancora quando alla relativa corresponsione provveda uno dei soggetti indicati nell'art. 87 citato, che nell'immobile condotto in locazione eserciti una delle attività contemplate dall'art. 7, costituisce una inequivoca manifestazione di ricchezza e di capacità economica che giustifica, in base ai richiamati principi costituzionali, un concreto apporto contributivo alla spesa pubblica».

La Corte Costituzionale, avallando l'assunto di partenza, secondo il quale l'immobile per godere dell'esenzione deve essere utilizzato direttamente dal proprietario, ha chiarito che «la questione risulta proposta sulla base del duplice erroneo presupposto che l'art. 59, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 446 del 1997 introdurrebbe una norma di interpretazione autentica ed imporrebbe, per il passato, una interpretazione dell'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992 diversa da quella affermata dalle pronunce della Corte di cassazione richiamate dai rimettente ... che tuttavia, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, detta disposizione - che non si autoqualifica come norma di interpretazione autentica - non è finalizzata né a risolvere un obiettivo dubbio ermeneutico né ad introdurre retroattivamente una nuova disciplina dell'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992; che il citato art. 59, comma 1, lett. c), ha il solo scopo di attribuire ai Comuni, in deroga a quanto previsto all'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, la facoltà di escludere gli enti non commerciali che possiedono terreni agricoli e aree fabbricabili dal novero dei soggetti esenti - e, perciò, di applicare l’ICI anche nei loro confronti -, ferma restando l'esenzione per i fabbricati posseduti dai medesimi enti non commerciali e da essi direttamente utilizzati per lo svolgimento delle attività di cui all'art. 7».

Sia la Corte Costituzionale sia la Corte di Cassazione sono, dunque, concordi nell’affermare che l'esenzione in questione si applica solo se l'immobile è posseduto e utilizzato direttamente dallo stesso soggetto individuato dalla legge.

Pertanto, se un ente non commerciale di cui all'art. 73, comma 1, lett. c), del TUIR concede un immobile in comodato a un altro ente non commerciale che lo utilizza direttamente per i fini di cui alla lett. i), comma 1, dell'art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, si deve, innanzitutto, affermare che è evidente che questo ultimo ente è escluso dal campo di applicazione dell'imposta, in quanto non è soggetto passivo ai fini IMU, non vantando sull'immobile alcun diritto reale ai sensi dell'art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 23 del 2011.

Al fine di esprimersi riguardo alla spettanza dell'esenzione dal tributo in capo al soggetto passivo IMU, vale a dire l'ente non commerciale concedente, occorre dare rilevanza alle argomentazioni sopra riportate della Corte di Cassazione nella richiamata ordinanza n. 11427 del 2005, nella parte in cui esclude la possibilità di fruire del beneficio in caso di locazione.

Tali argomentazioni rappresentano il punto di partenza per arrivare al corretto inquadramento del caso prospettato nei quesiti, dal momento che l'ente che ha concesso gratuitamente l'immobile, non ritrae comunque alcun reddito da tale concessione gratuita e, nel caso in cui avesse utilizzato direttamente l'immobile per lo svolgimento di una delle attività meritevoli, avrebbe beneficiato dell'esenzione. Questa considerazione appare coerente con i principi ricavabili dalle citate pronunce sia della Corte Costituzionale sia della Corte di Cassazione proprio perché la concessione in comodato, che è un contratto essenzialmente gratuito, non costituisce, chiaramente, una manifestazione di ricchezza e di capacità economica che avrebbe, al contrario, giustificato un concreto apporto contributivo alla spesa pubblica e, quindi, l'imposizione ai fini IMU.

Alla luce delle suesposte valutazioni, si può concludere che, nella particolare ipotesi in cui l'immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato a un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di cui al comma 1, lett. i), dell'art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, possa trovare applicazione l'esenzione in oggetto.

Ovviamente rientra in tale ipotesi anche quella più particolare in cui l'immobile è concesso in comodato ad un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell'ente concedente, per lo svolgimento di un'attività meritevole ai sensi del citato art. 7, comma 1, lett. i) del D.Lgs. n. 504 del 1992.

Si deve, infine, precisare che l'utilizzatore deve fornire all'ente non commerciale che gli ha concesso l'immobile in comodato tutti gli elementi necessari per consentirgli l'esatto adempimento degli obblighi tributari sia di carattere formale sia sostanziale.


_________________

[1] Ex multis: sentenze della Corte di Cassazione n. 10092 del 13 maggio 2005, n. 10646 del 20 maggio 2005, n. 20776 del 26 ottobre 2005, n. 23703 del 15 novembre 2007, n. 5485 del 29 febbraio 2008 e n. 19731 del 17 settembre 2010.


Il Direttore generale delle Finanze

Fabrizia Lapecorella



D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13
D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis
D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59
D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 8
D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9
D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 14
D.M. 19 novembre 2012, n. 200
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 73
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87

Ministero dell'economia e delle finanze
Ris. 4-3-2013 n. 3/DF
Imposta municipale propria (IMU) di cui all'art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Esenzione per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali. Art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. Art. 7 del D.M. 19 novembre 2012, n. 200. Adeguamento dello statuto e dell'atto costitutivo.
Emanata dal Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale, Ufficio XII.

Ris. 4 marzo 2013, n. 3/DF (1).

Imposta municipale propria (IMU) di cui all'art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Esenzione per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali. Art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. Art. 7 del D.M. 19 novembre 2012, n. 200. Adeguamento dello statuto e dell'atto costitutivo.

(1) Emanata dal Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale, Ufficio XII.



Sono pervenuti numerosi quesiti con i quali si chiedono chiarimenti in merito al contenuto delle disposizioni finali recate dall'art. 7 del D.M. 19 novembre 2012, n. 200.

In particolare, si vuole conoscere:

- se il termine previsto dall'art. 7 del D.M. n. 200 del 2012, comma 1, il quale dispone che, entro il 31 dicembre 2012, gli enti non commerciali predispongono o adeguano il proprio statuto, a quanto previsto dall'art. 3, comma 1, dello stesso D.M., abbia natura perentoria od ordinatoria;

- l'esatta portata delle disposizioni recate dalle lett. a) e c) del comma 1 dell'art. 3 del D.M. n. 200 del 2012.

In merito al primo quesito, si deve considerare che la norma che richiede l'adeguamento dell'atto costitutivo e dello statuto è sistematicamente inserita nel contesto delle disposizioni finali di cui all'art. 7 in commento, dirette a individuare gli adempimenti posti a carico degli enti non commerciali.

Tali adempimenti possono essere complessivamente considerati come strumentali alla verifica di tutti i requisiti, sia di carattere generale sia di settore, nonché di tutti gli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione dei rapporti percentuali che derivano dall'applicazione del D.M. n. 200 del 2012. Non si deve, infatti, tralasciare di sottolineare che proprio al comma 2 dell'art. 7 in questione, è espressamente richiesto che gli enti non commerciali tengano «a disposizione dei Comuni la documentazione utile al fine dello svolgimento dell'attività di accertamento e controllo».

A tale proposito, si deve ricordare che queste ultime attività sono svolte in un arco di tempo assai ampio, poiché in virtù del rinvio operato dall'art. 13, comma 13, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si applica all'imposta municipale propria la disposizione dell'art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la quale dispone che i comuni «procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472».

Si deve, inoltre, aggiungere che un'altra motivazione che sottende alla richiesta di adeguamento dell'atto costitutivo e dello statuto deve essere ricercata nella necessità di dare evidenza formale a determinate caratteristiche che, seppure insite nella natura stessa degli enti non commerciali e ontologicamente connesse alle attività svolte dagli enti stessi, potrebbero, in alcuni casi, non risultare esplicitate in atti formali.

Alla luce di quanto esposto, si può, quindi, concludere che la data del 31 dicembre 2012 di cui all'art. 7 del D.M. in oggetto non deve considerarsi perentoria.

Ciò soprattutto in considerazione della circostanza che in alcuni casi il processo di adeguamento richiede tempi lunghi, dal momento che non solo può articolarsi in più fasi ma a volte l'iter di approvazione degli atti in questione può richiedere la partecipazione di più soggetti, come nell'ipotesi in cui l'approvazione dello statuto dipenda da un organo esterno all'ente non commerciale.

A ulteriore fondamento della non perentorietà del termine del 31 dicembre 2012, militano anche la circostanza che non sono previste sanzioni nel caso di inosservanza dell'adempimento in questione nei tempi previsti e la constatazione che il D.M. n. 200 del 2012 è stato pubblicato nella Gazz. Uff. 23 novembre 2012, n. 274, quindi, a ridosso della scadenza del 31 dicembre 2012.

Tutte le considerazioni sin qui svolte in merito al termine del 31 dicembre 2012 per l'adeguamento dell'atto costitutivo e dello statuto valgono, ovviamente, anche per gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti in virtù di quanto precisato nella Ris. 3 dicembre 2012, n. 1/DF nella quale è stato chiarito che detti enti, ai quali non possono essere richiesti né la predisposizione né l'adeguamento dello statuto, devono, comunque, conformarsi alle disposizioni di cui all'art. 3 del D.M. n. 200 del 2012 con scrittura privata registrata. Pertanto, il termine del 31 dicembre 2012 deve essere riferito esclusivamente a quest'ultimo atto.

Per quanto concerne, invece, il secondo quesito, occorre, preliminarmente, ricordare che il comma 1 dell'art. 3 del D.M. n. 200 del 2012 concernente i requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali, sancisce che «le attività istituzionali sono svolte con modalità non commerciali quando l'atto costitutivo o lo statuto dell'ente non commerciale prevedono:

a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;

b) l'obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale;

c) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un 'analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge».

Si deve sottolineare che detti requisiti generali integrano i requisiti di carattere soggettivo già previsti dalla lett. i), comma 1, dell'art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, la cui mancanza determina, quindi, la perdita del requisito di carattere soggettivo e di conseguenza quella del beneficio fiscale.

In merito alla portata della lett. a), si deve precisare che la norma stessa, nell'ambito del divieto di distribuire utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitali durante la vita dell'ente, ammette solo alcune eccezioni, individuate nel caso in cui la distribuzione sia prevista dalla legge e nell'ipotesi in cui tale distribuzione avviene a favore di un ente appartenente alla medesima e unitaria struttura ovvero che svolge o la stessa attività meritevole oppure altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente.

A quest'ultimo proposito, si precisa che per «altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente» devono intendersi quelle espressamente previste dalla lett. i), comma 1, dell'art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992.

Per quanto concerne, invece, la lett. c) dell'art. 3 del D.M. n. 200 del 2012 che prevede la devoluzione del patrimonio dell'ente non commerciale in caso di scioglimento dello stesso ad un altro ente non commerciale che «svolga un'analoga attività istituzionale», si precisa che - attesa la diversa terminologia utilizzata dalla precedente lett. a) - detta locuzione non può che riferirsi a un'attività affine omogenea o di sostegno all'attività istituzionale svolta dall'ente in scioglimento, come ad esempio, l'attività di promozione della cultura che è inquadrabile per le sue caratteristiche nello stesso ambito dell'attività didattica, espressamente prevista dall'art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992.


Il Direttore generale delle Finanze

Fabrizia Lapecorella



D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13
D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7
D.M. 19 novembre 2012, n. 200, art. 3
D.M. 19 novembre 2012, n. 200, art. 7
L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, c. 161

Nessun commento: