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sabato 12 maggio 2018

TAR aprile 2018: "per l'annullamento previa sospensione del decreto n. xxx/6D/Area 1 bis del 2.2.2012 con il quale si è fatto divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente con contestuale ordine di vendere o cedere il suddetto materiale ad un terzo."




Pubblicato il 20/04/2018
N. 02641/2018 REG.PROV.COLL.

N. 03476/2012 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3476 del 2012, proposto da
xxx xxx, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Piccolo, con domicilio eletto in Napoli presso la Segreteria del T.A.R., indirizzo pec studionunziante@legalmail.it;
contro

Ministero dell'Interno - U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale è domiciliato ex lege in Napoli, alla via Diaz 11, indirizzo pec napoli@mailcert.avvocaturastato.it;
per l'annullamento

previa sospensione

del decreto n. xxx/6D/Area 1 bis del 2.2.2012 con il quale si è fatto divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente con contestuale ordine di vendere o cedere il suddetto materiale ad un terzo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - U.T.G. - Prefettura di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2018 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Prefetto della provincia di Caserta gli ha vietato di detenere armi, munizioni e materiali esplodenti, contestandone la legittimità sotto diversi profili.

In particolare, con un unico articolato motivo di diritto, l’instante ha dedotto i seguenti vizi:

violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 39 e 43 del T.u.l.p.s. – carenza di istruttoria e di motivazione – eccesso di potere – errore sui presupposti e conseguente travisamento – inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto – illogicità – sviamento – ingiustizia grave e manifesta.

Sostiene il ricorrente che il giudizio prognostico di non affidabilità in merito al buon uso delle armi, posto dalla autorità prefettizia alla base del provvedimento impugnato, sarebbe privo di fondamento logico o giuridico e che i provvedimenti gravati sarebbero viziati per carenza di istruttoria e difetto di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno - Prefettura di Caserta per resistere alla proposta impugnativa.

In esito alla camera di consiglio del 6 settembre 2012, con ordinanza n. 1185/12, questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare.

All’udienza pubblica del 13 marzo 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è infondato.

Va osservato che, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, condiviso dalla Sezione, ai fini dell'applicazione della misura preventiva di cui all’art. 39, r.d. 18 giugno 1931, n. 773, non vi è necessità che vi sia stato un oggettivo e accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto, in base agli elementi conoscitivi acquisiti, non dia completo affidamento di non abusarne (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 gennaio 2007 n. 63; Consiglio di Stato, Sez. III, 18 aprile 2017, n. 1814; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 2 settembre 2016, n. 4154). La motivazione del provvedimento inibitorio di cui si discute non richiede, peraltro, una particolare ostensione dell'apparato giustificativo, conformemente al potere ampiamente discrezionale attribuito all'Autorità prefettizia, dovendosi, inoltre, limitare, il successivo vaglio giurisdizionale, all'esame della sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie (cfr. Consiglio di Stato, Sez. I, 15.1.2015, n. 50). Invero, il potere riconosciuto al Prefetto dall’art. 39 del r.d. n. 773/1931 di vietare la detenzione di armi e munizioni è connotato da elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità per cui lo stesso è attribuito: il fine è, infatti, la tutela dell'ordine pubblico, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione, sicché si tratta di un potere attribuito anche con fini cautelari di prevenzione della commissione di illeciti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 maggio 2006 n. 2576).

Venendo al caso di specie, il Prefetto della provincia di Caserta ha posto alla base del giudizio di inaffidabilità circa il corretto possesso delle armi il fatto che l’instante è stato deferito alla competente A.G. per il reato di cui all’art. 697 del codice penale poiché, nel corso di un controllo delle armi legalmente detenute, è stata riscontrata la detenzione di 22 cartucce in eccedenza rispetto a quelle dichiarate.

Al riguardo, va disattesa l’argomentazione difensiva che fa leva sull’intervenuta estinzione del reato per pagamento dell’oblazione, in quanto, come esattamente rilevato nel provvedimento impugnato, “la circostanza che il reato sia stato oblato non fa venir meno l’accertamento storico del grave fatto di reato”. Invero, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione, l'amministrazione mantiene il potere di valutare il fatto - reato nella sua obiettiva dimensione storica, indipendentemente dalla remissione della querela da parte della persona offesa ovvero dalla formale estinzione del reato, con la conseguenza che le stesse non sono circostanze decisive per desumere il venir meno del giudizio di pericolosità o di inaffidabilità del soggetto (cfr. T.A.R. Napoli, sez. V, 14 settembre 2015 n. 4464; Consiglio di Stato, sez. III, 1 aprile 2015, n. 1731; sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5595; 15 ottobre 2012, n. 4117).

Reputa poi il Collegio che il giudizio sotteso al provvedimento è esente dai prospettati vizi logici. Infatti, dalla predetta circostanza (della quale non è contestata la veridicità) emerge con chiara evidenza che il ricorrente è venuto meno ad una specifica prescrizione riguardante la materia delle armi e munizioni; né l’interessato ha fornito alcuna giustificazione in merito al possesso personale presso la propria abitazione di cartucce in misura superiore a quella massima consentita. Invero, in presenza della rilevata violazione delle norme sulla disciplina delle armi, non può censurarsi per manifesta illogicità la determinazione adottata dall’autorità di p.s. di vietare la detenzione di armi e munizioni (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 25.6.2015, n. 3370; Consiglio di Stato, Sez. III, 12.2.2015 n. 767).

Va aggiunto che nel decreto prefettizio, sulla base di quanto segnalato dal Commissariato di p.s. di Marcianise, si è osservato anche che: “Inoltre, il quantitativo delle munizioni illegalmente detenute (tutte impiegabili con una delle armi lecitamente detenute dall’interessato) è tale da far ritenere fondato il pericolo dell’eventuale impiego delle stesse, anche alla luce del contesto locale e familiare. Infatti, l’intervento degli organi di polizia presso l’abitazione dell’interessato si rese necessario in quanto era in atto una lite tra familiari e vicini di casa, nel cui ambito la moglie del medesimo minacciava terzi di utilizzare la pistola a fini offensivi”.

Anche in tal caso, l’argomentazione difensiva che fa leva sull’archiviazione del procedimento penale a carico del ricorrente per minacce aggravate, non avendo lo stesso pronunciato la frase minacciosa, non esclude la valutazione complessiva dell’episodio, che denota, comunque, uno stato di grave conflittualità coi vicini, che potrebbe ragionevolmente sfociare in altre azioni violente, suscettibili di effetti ancora più pregiudizievoli in caso di uso di armi da fuoco, rafforzando così l’impianto motivazionale posto a sostegno della misura adottata.

In giurisprudenza si è peraltro condivisibilmente chiarito che il porto d'armi e la detenzione delle stesse non costituiscono un diritto assoluto ma rappresentano, invece, un'eccezione al normale divieto di detenere e portare armi, sancito dall'art. 699 c.p. e dall'art. 4, comma 1, L. n. 110 del 1975, eccezione che può divenire operante soltanto nei confronti di persone che non lascino dubbi circa il loro corretto uso e che non possano mettere in pericolo l'ordine pubblico e la tranquilla convivenza della collettività (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 10 gennaio 2013, n. 71).

In definitiva, reputa il Collegio che il giudizio prognostico di non affidabilità in merito al buon uso delle armi, posto alla base del provvedimento impugnato, è immune dalle dedotte censure di difetto dei presupposti e di illogicità della motivazione.

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

In considerazione della peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio, ritiene il Collegio che le spese di giudizio possano essere eccezionalmente compensate, fermo restando che il contributo unificato resta a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 13 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:

Pierluigi Russo, Presidente FF, Estensore

Diana Caminiti, Consigliere

Gabriella Caprini, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Pierluigi Russo
IL SEGRETARIO

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