Pubblicato il
20/04/2018
N. 02641/2018
REG.PROV.COLL.
N. 03476/2012
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 3476 del 2012, proposto da
xxx xxx,
rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Piccolo, con domicilio
eletto in Napoli presso la Segreteria del T.A.R., indirizzo pec
studionunziante@legalmail.it;
contro
Ministero
dell'Interno - U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, presso la quale è domiciliato ex lege in
Napoli, alla via Diaz 11, indirizzo pec
napoli@mailcert.avvocaturastato.it;
per l'annullamento
previa sospensione
del decreto n.
xxx/6D/Area 1 bis del 2.2.2012 con il quale si è fatto divieto di
detenere armi, munizioni e materiale esplodente con contestuale
ordine di vendere o cedere il suddetto materiale ad un terzo.
Visti il ricorso e i
relativi allegati;
Visto l’atto di
costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - U.T.G. -
Prefettura di Caserta;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2018 il dott. Pierluigi
Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente ha
impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Prefetto
della provincia di Caserta gli ha vietato di detenere armi, munizioni
e materiali esplodenti, contestandone la legittimità sotto diversi
profili.
In particolare, con
un unico articolato motivo di diritto, l’instante ha dedotto i
seguenti vizi:
violazione e falsa
applicazione degli artt. 11, 39 e 43 del T.u.l.p.s. – carenza di
istruttoria e di motivazione – eccesso di potere – errore sui
presupposti e conseguente travisamento – inesistenza dei
presupposti di fatto e di diritto – illogicità – sviamento –
ingiustizia grave e manifesta.
Sostiene il
ricorrente che il giudizio prognostico di non affidabilità in merito
al buon uso delle armi, posto dalla autorità prefettizia alla base
del provvedimento impugnato, sarebbe privo di fondamento logico o
giuridico e che i provvedimenti gravati sarebbero viziati per carenza
di istruttoria e difetto di motivazione.
Si è costituito in
giudizio il Ministero dell’Interno - Prefettura di Caserta per
resistere alla proposta impugnativa.
In esito alla camera
di consiglio del 6 settembre 2012, con ordinanza n. 1185/12, questa
Sezione ha respinto l’istanza cautelare.
All’udienza
pubblica del 13 marzo 2018, la causa è stata trattenuta in
decisione.
Il ricorso è
infondato.
Va osservato che,
secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, condiviso
dalla Sezione, ai fini dell'applicazione della misura preventiva di
cui all’art. 39, r.d. 18 giugno 1931, n. 773, non vi è necessità
che vi sia stato un oggettivo e accertato abuso delle armi, essendo
sufficiente che il soggetto, in base agli elementi conoscitivi
acquisiti, non dia completo affidamento di non abusarne (cfr., tra le
tante, Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 gennaio 2007 n. 63; Consiglio
di Stato, Sez. III, 18 aprile 2017, n. 1814; T.A.R. Campania, Napoli,
Sez. V, 2 settembre 2016, n. 4154). La motivazione del provvedimento
inibitorio di cui si discute non richiede, peraltro, una particolare
ostensione dell'apparato giustificativo, conformemente al potere
ampiamente discrezionale attribuito all'Autorità prefettizia,
dovendosi, inoltre, limitare, il successivo vaglio giurisdizionale,
all'esame della sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che
le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie (cfr.
Consiglio di Stato, Sez. I, 15.1.2015, n. 50). Invero, il potere
riconosciuto al Prefetto dall’art. 39 del r.d. n. 773/1931 di
vietare la detenzione di armi e munizioni è connotato da elevata
discrezionalità, in considerazione delle finalità per cui lo stesso
è attribuito: il fine è, infatti, la tutela dell'ordine pubblico,
non solo in caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo
di lesione, sicché si tratta di un potere attribuito anche con fini
cautelari di prevenzione della commissione di illeciti (cfr.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 maggio 2006 n. 2576).
Venendo al caso di
specie, il Prefetto della provincia di Caserta ha posto alla base del
giudizio di inaffidabilità circa il corretto possesso delle armi il
fatto che l’instante è stato deferito alla competente A.G. per il
reato di cui all’art. 697 del codice penale poiché, nel corso di
un controllo delle armi legalmente detenute, è stata riscontrata la
detenzione di 22 cartucce in eccedenza rispetto a quelle dichiarate.
Al riguardo, va
disattesa l’argomentazione difensiva che fa leva sull’intervenuta
estinzione del reato per pagamento dell’oblazione, in quanto, come
esattamente rilevato nel provvedimento impugnato, “la circostanza
che il reato sia stato oblato non fa venir meno l’accertamento
storico del grave fatto di reato”. Invero, come chiarito dalla
giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione,
l'amministrazione mantiene il potere di valutare il fatto - reato
nella sua obiettiva dimensione storica, indipendentemente dalla
remissione della querela da parte della persona offesa ovvero dalla
formale estinzione del reato, con la conseguenza che le stesse non
sono circostanze decisive per desumere il venir meno del giudizio di
pericolosità o di inaffidabilità del soggetto (cfr. T.A.R. Napoli,
sez. V, 14 settembre 2015 n. 4464; Consiglio di Stato, sez. III, 1
aprile 2015, n. 1731; sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5595; 15 ottobre
2012, n. 4117).
Reputa poi il
Collegio che il giudizio sotteso al provvedimento è esente dai
prospettati vizi logici. Infatti, dalla predetta circostanza (della
quale non è contestata la veridicità) emerge con chiara evidenza
che il ricorrente è venuto meno ad una specifica prescrizione
riguardante la materia delle armi e munizioni; né l’interessato ha
fornito alcuna giustificazione in merito al possesso personale presso
la propria abitazione di cartucce in misura superiore a quella
massima consentita. Invero, in presenza della rilevata violazione
delle norme sulla disciplina delle armi, non può censurarsi per
manifesta illogicità la determinazione adottata dall’autorità di
p.s. di vietare la detenzione di armi e munizioni (cfr. T.A.R.
Campania, Napoli, Sez. V, 25.6.2015, n. 3370; Consiglio di Stato,
Sez. III, 12.2.2015 n. 767).
Va aggiunto che nel
decreto prefettizio, sulla base di quanto segnalato dal Commissariato
di p.s. di Marcianise, si è osservato anche che: “Inoltre, il
quantitativo delle munizioni illegalmente detenute (tutte impiegabili
con una delle armi lecitamente detenute dall’interessato) è tale
da far ritenere fondato il pericolo dell’eventuale impiego delle
stesse, anche alla luce del contesto locale e familiare. Infatti,
l’intervento degli organi di polizia presso l’abitazione
dell’interessato si rese necessario in quanto era in atto una lite
tra familiari e vicini di casa, nel cui ambito la moglie del medesimo
minacciava terzi di utilizzare la pistola a fini offensivi”.
Anche in tal caso,
l’argomentazione difensiva che fa leva sull’archiviazione del
procedimento penale a carico del ricorrente per minacce aggravate,
non avendo lo stesso pronunciato la frase minacciosa, non esclude la
valutazione complessiva dell’episodio, che denota, comunque, uno
stato di grave conflittualità coi vicini, che potrebbe
ragionevolmente sfociare in altre azioni violente, suscettibili di
effetti ancora più pregiudizievoli in caso di uso di armi da fuoco,
rafforzando così l’impianto motivazionale posto a sostegno della
misura adottata.
In giurisprudenza si
è peraltro condivisibilmente chiarito che il porto d'armi e la
detenzione delle stesse non costituiscono un diritto assoluto ma
rappresentano, invece, un'eccezione al normale divieto di detenere e
portare armi, sancito dall'art. 699 c.p. e dall'art. 4, comma 1, L.
n. 110 del 1975, eccezione che può divenire operante soltanto nei
confronti di persone che non lascino dubbi circa il loro corretto uso
e che non possano mettere in pericolo l'ordine pubblico e la
tranquilla convivenza della collettività (cfr. T.A.R. Lombardia,
Milano, sez. III, 10 gennaio 2013, n. 71).
In definitiva,
reputa il Collegio che il giudizio prognostico di non affidabilità
in merito al buon uso delle armi, posto alla base del provvedimento
impugnato, è immune dalle dedotte censure di difetto dei presupposti
e di illogicità della motivazione.
In conclusione, il
ricorso è infondato e va respinto.
In considerazione
della peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio, ritiene il
Collegio che le spese di giudizio possano essere eccezionalmente
compensate, fermo restando che il contributo unificato resta a carico
della parte soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in
Napoli nella camera di consiglio del 13 marzo 2018 con l'intervento
dei magistrati:
Pierluigi
Russo, Presidente FF, Estensore
Diana
Caminiti, Consigliere
Gabriella
Caprini, Consigliere
IL PRESIDENTE,
ESTENSORE
Pierluigi Russo
IL SEGRETARIO
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