TAR aprile 2018:
“per l'annullamento del silenzio-rifiuto e inadempimento formatosi
con riferimento all'istanza di accesso ex artt. 22 e ss. l. 241/90
formulata dal ricorrente il 20 novembre 2017, e l’accertamento del
diritto del medesimo alla cognizione ed estrazione di copia dei
documenti ivi elencati, con emanazione del conseguente ordine di
esibizione nei confronti dell’Amministrazione, ovvero, in
subordine, pe l’accertamento dle diritto a ottenere una
determinazione in ordine ai provvedimenti richiesti.”
Pubblicato il
28/04/2018
N. 04695/2018
REG.PROV.COLL.
N. 01087/2018
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima
Quater)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 1087 del 2018, proposto da:
xxx xxx,
rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Carlo Parente
Zamparelli, Angelo Corsi, con domicilio eletto presso il loro studio
in Roma, via Emilia, n.81;
contro
Ministero della
giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi,
n.12;
per l'annullamento
del silenzio-rifiuto
e inadempimento formatosi con riferimento all'istanza di accesso ex
artt. 22 e ss. l. 241/90 formulata dal ricorrente il 20 novembre
2017, e l’accertamento del diritto del medesimo alla cognizione ed
estrazione di copia dei documenti ivi elencati, con emanazione del
conseguente ordine di esibizione nei confronti dell’Amministrazione,
ovvero, in subordine, pe l’accertamento dle diritto a ottenere una
determinazione in ordine ai provvedimenti richiesti.
Visto il ricorso;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore nella
camera di consiglio del 6 aprile 2018 il cons. Anna Bottiglieri e
uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e
considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’odierna
azione, proposta ai sensi degli artt. 31 e 117 del c.p.a., il
ricorrente espone che con sentenza 23 gennaio 2014, n. 1459, questo
Tribunale ha accolto, riunendoli, due ricorsi da lui proposti nei
confronti del Ministero della giustizia per l’ottenimento del danno
patrimoniale e non patrimoniale cagionato dal tardivo arruolamento
nel Corpo della polizia penitenziaria (12 aprile 2002 anziché 7
dicembre 1997) e per la determinazione della esatta decorrenza
giuridica dell’inquadramento con il grado di agente.
Espone ancora il
ricorrente che nell’anno 2016 il Ministero della giustizia gli ha
erogato le somme dovute in ottemperanza della predetta statuizione,
senza però specificare i calcoli effettuati e le componenti degli
importi corrisposti, con ciò pregiudicandogli la possibilità di
verificare la legittimità dei presupposti conteggi.
Illustra indi il
ricorrente di aver formulato il 20 novembre 2017 istanza
all’Amministrazione per “visionare ed ottenere copia di tutta la
documentazione da cui si evinca il dettaglio analitico degli importi
corrisposti a titolo di risarcimento danni, nonchè la specifica dei
seguenti conteggi: - il calcolo delle somme versate a titolo di
mancata retribuzione (quale differenza tra le retribuzioni che
sarebbero spettate al ricorrente, ove assunto dal 7 dicembre 1997, e
le retribuzioni effettivamente percepite); - il calcolo delle somme
versate a titolo di TFR e di contributi previdenziali ed
assicurativi; - il calcolo delle somme versate a titolo di
rivalutazione secondo gli indici Istat per il periodo decorrente dal
7 dicembre 1997 fino alla data di pubblicazione della sentenza; - il
calcolo delle somme versate a titolo di interessi legali,
progressivamente rivalutate giorno per giorno e computate fino alla
data del saldo; - il calcolo delle ritenute operate ai fini fiscali
nonché dell’aliquota Irpef applicata”, senza ottenere alcuna
risposta.
Avverso tale
inerzia, che ritiene illegittima, il ricorrente formula le censure di
eccesso di potere, violazione e falsa applicazione degli artt.
2-22-23-24-25 della l. 241/90 e s.m.i., violazione dei principi di
pubblicità, imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione
amministrativa, manifesta ingiustizia, carenza di motivazione.
Conclude il
ricorrente per l'annullamento del silenzio-rifiuto e inadempimento
formatosi con riferimento alla predetta istanza di accesso, per
l’accertamento del diritto del medesimo alla cognizione ed
estrazione di copia dei documenti ivi elencati, con emanazione del
conseguente ordine di esibizione nei confronti dell’Amministrazione,
ovvero, in subordine, per l’accertamento del diritto a ottenere una
determinazione in ordine ai provvedimenti richiesti.
Costituitasi in
giudizio, l’intimata Amministrazione non formula specifiche difese.
2. Il ricorso, che
richiama contestualmente e indifferentemente principi afferenti ai
diversi ambiti dell’accesso agli atti amministrativi e al silenzio
della pubblica amministrazione, è inammissibile.
2.1. Quanto
all’accesso, si rammenta che, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del
D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, Regolamento recante disciplina in
materia di accesso ai documenti amministrativi “il diritto di
accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi
materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla
stessa data da una pubblica amministrazione … nei confronti
dell’autorità competente a formare l’atto conclusivo o a
detenerlo stabilmente. La pubblica amministrazione non è tenuta ad
elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di
accesso”.
Costituisce dunque
principio fondamentale dell’istituto quello per cui l'ostensione
degli atti non può ridondare in una attività di elaborazione di
dati, della cui ricerca debba farsi carico la stessa Amministrazione,
seppur sulla base di criteri indicati dal richiedente, che
contrasterebbe con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso
l’esercizio del relativo diritto, il buon andamento dell’attività
amministrativa, riversando sulla stessa l’onere di reperire
documentazione inerente un determinato segmento di attività (tra
altre, Tar Lazio, Roma, II, 10 settembre 2015, n. 11180; I-quater, 24
novembre 2016, n. 11777).
In altre parole, è
inammissibile l’accesso che, essendo estraneo al mero reperimento
di un documento già formato e in possesso dell’Amministrazione,
richiede un’elaborazione che è attività che non può essere
richiesta all’Amministrazione (C. Stato, V, 30 maggio 2016, n.
2271; Tar Lazio, Roma, II-bis, 27 luglio 2017, n. 9023).
Ed è proprio una
siffatta attività che il ricorrente intende addossare
all’Amministrazione con l’odierna azione.
E ciò sull’erroneo
presupposto della sussistenza in capo all’Amministrazione di un
obbligo di dargli puntuale contezza dell’esattezza dell’avvenuto
soddisfacimento dell’obbligazione, che non è dato ravvisare, sia
tenuto conto del fatto che l’onere di verificare l’esattezza del
soddisfacimento dell’obbligazione grava sul creditore, sia
considerato che nella specie, a fronte dei vari parametri indicati
dalla sentenza di cui sopra per la determinazione del quantum del
risarcimento, non viene neanche ipotizzata una qualche ragione a
sostegno dell’eventuale erroneità dei conteggi effettuati
dall’Amministrazione, di talchè, anche sotto tale ultimo profilo,
l’odierna azione si rivela inammissibile, stante la natura
meramente esplorativa dell’interesse azionato con l’accesso, e
ulteriormente valutato che, anche ove si versasse nella predetta
ipotesi, la via giudiziale da adire sarebbe quella dell’ottemperanza.
2.2. Quanto invece
al silenzio, il cui rito è stato espressamente evocato in ricorso,
la giurisprudenza afferma, in linea generale e con riguardo
all’obbligo di provvedere dell’Amministrazione sull’istanza del
privato, che esso sussiste, oltre che nei casi previsti dalla legge,
anche nelle ipotesi che discendono da principi generali, ovvero dalla
peculiarità della fattispecie, e, ai sensi dell'art. 2 della l n.
241 del 1990, allorché ragioni di giustizia ovvero rapporti
esistenti tra amministrazione e amministrati impongano l'adozione di
un provvedimento, soprattutto al fine di consentire a quest’ultimo
di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni (C.
Stato, III, 14 novembre 2014, n. 5601; V, 9 marzo 2015, n. 1182), in
tal modo riconoscendo che, indipendentemente dall’esistenza di
specifiche norme che impongano all’amministrazione di pronunciarsi
su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, in regime di
trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste
ogniqualvolta “esigenze di giustizia sostanziale impongano
l’adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di
correttezza e buona amministrazione (art. 97 Cost.), in rapporto al
quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa a una
esplicita pronuncia” (C. Stato, IV, 14 dicembre 2004, n. 7975; VI,
11 maggio 2007, n. 2318; IV, 4 dicembre 2012, n. 6183).
I predetti principi
attengono peraltro all’attività provvedimentale
dell’Amministrazione vera e propria, ovvero all’ambito nel quale
gli uffici pubblici provvedono sulle fattispecie di loro competenza,
dettando la regola del caso specifico in armonia alle previsioni di
legge che si rendono alle stesse applicabili.
In altre parole,
deve trattarsi di potestas agendi direttamente correlata alla
funzione strumentale del potere rispetto alla cura dell'interesse
pubblico, la cui rilevanza sul piano dell'ordinamento generale rende
doverosa l'azione amministrativa (Tar Campania, Napoli, VI, 10
gennaio 2018, n. 177), non di attività di natura conoscitiva,
relazionale et similia.
Ora, nel caso in
esame, nel quale l’Amministrazione, come riferito nello stesso
ricorso, ha soddisfatto il credito nascente in capo al ricorrente per
effetto della sopra menzionata sentenza, non è dato ravvisare quale
sia l’attività provvedimentale che l’Amministrazione possa o
debba ancora porre in essere nei confronti del medesimo.
3. Il ricorso deve,
pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Le spese di lite
possono essere compensate tra le parti, tenuto conto della mancata
formulazione di difese da parte dell’Amministrazione resistente.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater),
definitivamente
pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo dichiara
inammissibile.
Compensa tra le
parti le spese di lite.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del 6 aprile 2018 con l'intervento dei
magistrati:
Salvatore
Mezzacapo, Presidente
Anna
Bottiglieri, Consigliere, Estensore
Fabio
Mattei, Consigliere
L'ESTENSORE IL
PRESIDENTE
Anna
Bottiglieri Salvatore Mezzacapo
IL SEGRETARIO
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