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mercoledì 25 luglio 2018
N. 175 SENTENZA 20 giugno - 23 luglio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Imposte e tasse - Riscossione delle imposte sul reddito - Facolta' del concessionario di avvalersi della notificazione "diretta" della cartella di pagamento, senza intermediario, mediante invio della raccomandata, con avviso di ricevimento. - Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), art. 26, comma 1, come modificato dall'art. 12 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), e dall'art. 1, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione). - (GU n.30 del 25-7-2018 )
N. 175 SENTENZA 20 giugno - 23 luglio 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Imposte e tasse - Riscossione delle imposte sul reddito - Facolta'
del concessionario di avvalersi della notificazione "diretta" della
cartella di pagamento, senza intermediario, mediante invio della
raccomandata, con avviso di ricevimento.
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
(Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), art.
26, comma 1, come modificato dall'art. 12 del decreto legislativo
26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della
riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28
settembre 1998, n. 337), e dall'art. 1, comma 1, lettera c), del
decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni
integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999,
n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della
disciplina relativa alla riscossione).
-
(GU n.30 del 25-7-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni
AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma
1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come
modificato dall'art. 12 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n.
46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a
norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) e
dall'art. 1, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 27 aprile
2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti
legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in
materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione),
promosso dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, nel
procedimento vertente tra Maria Roggi e Equitalia Nord spa-agente
della riscossione per la Provincia di Milano e altri, con ordinanza
del 22 novembre 2016, iscritta al n. 59 del registro ordinanze 2017 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima
serie speciale, dell'anno 2017.
Visti l'atto di costituzione di Equitalia servizi di riscossione
spa, quale societa' incorporante di Equitalia Nord spa, nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 giugno 2018 il Giudice
relatore Giovanni Amoroso;
uditi l'avvocato Alfonso Papa Malatesta per l'Agenzia delle
entrate-Riscossione per i contribuenti e gli enti creditori,
subentrata ex lege ad Equitalia servizi di riscossione spa, societa'
incorporante di Equitalia Nord spa, e l'avvocato dello Stato Pio
Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 22 novembre 2016 (reg. ord. n. 59 del
2017), la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 26,
primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul
reddito), come modificato dall'art. 12 del decreto legislativo 26
febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione
mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre
1998, n. 337) e dall'art. 1, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e
correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13
aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa
alla riscossione), in riferimento agli artt. 3, primo comma; 24,
primo e secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della
Costituzione, «nella parte in cui abilita il Concessionario della
Riscossione alla notificazione diretta, senza intermediario, mediante
invio di raccomandata con avviso di ricevimento, della cartella di
pagamento» nonche' «nella parte in cui non prevede che la notifica di
cartella di pagamento tramite il servizio postale avvenga con
l'osservanza dell'art. 7 legge n. 890/82, cosi' come modificato con
la legge n. 31 del 2008 di conversione del decreto-legge n.
248/2007».
La CTR rimettente riferisce di dover decidere sull'appello
promosso da una contribuente avverso la sentenza di primo grado con
cui la Commissione tributaria provinciale di Milano aveva dichiarato
inammissibile il ricorso avente ad oggetto un preavviso di fermo
amministrativo di autovettura e tre cartelle esattoriali, con
relativi provvedimenti impositivi, inerenti a tasse e tributi locali
della cui esistenza la contribuente asseriva di aver appreso solo con
la ricezione dell'impugnato preavviso. Nella specie la notificazione
delle cartelle, cosi' come denunciato dall'appellante, era stata
effettuata direttamente dal concessionario per la riscossione a mezzo
di invio di raccomandata con avviso di ricevimento, senza seguire le
procedure previste dall'art. 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890
(Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta
connesse con la notificazione di atti giudiziari).
Evidenziate le differenze tra la procedura seguita nel caso in
esame e le regole stabilite dall'art. 149 del codice di procedura
civile, la CTR richiama il testo dell'art. 26, primo comma, d.P.R. n.
602 del 1973 e menziona il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimita' secondo cui e' valida la notificazione
"diretta" della cartella ad opera dell'agente della riscossione
mediante il servizio postale, in quanto la seconda parte del primo
comma dell'art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973 prevede una modalita' di
notifica, integralmente affidata al concessionario stesso e
all'ufficiale postale, alternativa rispetto a quella prevista dalla
prima parte della medesima disposizione, di competenza esclusiva dei
soggetti ivi indicati.
Muovendo da questa interpretazione, che ha acquisito i connotati
del "diritto vivente", la CTR rimettente deduce innanzi tutto la
irragionevolezza di una regola che abilita un soggetto privato, nella
specie il concessionario (poi agente) per la riscossione,
all'esercizio di una funzione pubblicistica, qual e' la
notificazione. E infatti, mentre per i soggetti pubblici
l'ordinamento contempla ipotesi di notificazione "diretta" (artt. 12
e 14 legge n. 890 del 1982), per i soggetti privati tale facolta' e'
concessa eccezionalmente e solo per specifici atti, per lo piu' di
natura processuale (come nel caso delle notificazioni effettuate
dagli avvocati). Dunque, non sarebbe «costituzionalmente compatibile
con gli articoli 24 e 111 della Costituzione un potere notificatorio
di tale ampiezza, sganciato da oneri di osservanza di qualsivoglia
efficace formalita', esercitato da parte di un soggetto privato».
La CTR pone poi in rilievo che la mancanza di intermediario puo'
comportare seri pregiudizi anche all'esercizio del diritto di difesa
(art. 24 Cost.) e alla regola di «parita' delle armi» (art. 111
Cost.). Infatti, nonostante la cartella (per la duplice natura di
comunicazione dell'estratto di ruolo e di intimazione ad adempiere)
abbia la stessa importanza del titolo esecutivo e dell'atto di
precetto nel rito ordinario, il concessionario non ha oneri ne' di
relata di notifica, ne' di assolvimento di particolari formalita'
nella predisposizione e consegna al servizio postale - che compie
direttamente - dell'atto o degli atti (ove plurimi) inseriti dal
mittente medesimo nel plico chiuso da inviare al destinatario.
Infine, la CTR lamenta la diminuzione della tutela del
notificatario derivante dal fatto che il recapito del plico, essendo
regolato dalle disposizioni concernenti il servizio postale
ordinario, non richiede l'osservanza dell'art. 7 della legge n. 890
del 1982; manca in particolare la comunicazione di avvenuta notifica
ove il plico sia stato consegnato al portiere, come nel caso di
specie.
In sintesi, le formalita' eccessivamente semplificate non
sarebbero giustificabili ne' compatibili con l'attuale generale
assetto ordinamentale delle notificazioni.
2.- Con atto depositato il 23 maggio 2017, si e' costituita in
giudizio Equitalia servizi di riscossione spa, quale societa'
incorporante di Equitalia Nord spa, domandando che le questioni siano
dichiarate inammissibili o, comunque, nel merito, infondate.
Preliminarmente Equitalia spa rileva che le questioni sono state
formulate in modo ancipite, in quanto il giudice a quo ha domandato
sia l'eliminazione, con pronuncia ablativa, della notificazione
"diretta", sia il mantenimento della stessa con l'aggiunta,
attraverso una pronuncia additiva, delle tutele previste dall'art. 7
della legge n. 890 del 1982.
La parte, poi, osserva che la CTR - nel ravvisare
l'irragionevolezza della disposizione nella parte in cui abilita un
soggetto privato, nella specie il concessionario per la riscossione,
all'esercizio di una funzione pubblicistica, qual e' l'attivita' di
notificazione - ha fondato il proprio ragionamento su un presupposto
errato. Infatti, gia' prima della riforma del sistema nazionale della
riscossione effettuata ad opera dell'art. 3 del decreto-legge 30
settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e
disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248,
era assolutamente pacifica l'attribuzione ai concessionari della
riscossione della qualifica di organi indiretti della Pubblica
Amministrazione, cui veniva delegato l'esercizio di poteri
pubblicistici funzionali alla riscossione delle entrate pubbliche.
La scelta del legislatore sarebbe frutto di un bilanciamento tra
contrapposti interessi pubblici: da un lato l'interesse volto a
garantire la conoscibilita' degli atti da parte dei destinatari;
dall'altro l'interesse ad una riscossione efficiente e rapida. Si
tratterebbe di una valutazione compiuta, peraltro, tenendo conto
dell'elevatissimo numero di atti che Equitalia servizi di riscossione
spa e' tenuta a notificare (circa venti milioni l'anno).
Quanto all'asserito contrasto della disposizione impugnata con
l'art. 111 Cost. sotto il profilo della violazione della regola di
«parita' delle armi», la parte reputa la censura inammissibile, oltre
che infondata nel merito, in quanto la CTR rimettente non solo non ne
ha esplicitato le ragioni, ma non ha nemmeno considerato che l'art.
111 Cost., tutelando il principio del giusto processo, non puo'
essere invocato con riferimento alla notifica, procedura che si
colloca in un momento antecedente al giudizio.
Per cio' che attiene alla lamentata violazione dell'art. 24
Cost., ravvisata nella mancata previsione nell'ambito della
notificazione "diretta" dell'accertamento da parte del pubblico
ufficiale circa la conformita' tra atto consegnato e atto emesso,
Equitalia spa contesta la stessa configurabilita' della discrasia,
evidenziando che il plico notificato contiene l'atto originale, unico
documento emesso dall'esattore.
3.- Con atto depositato il 23 maggio 2017, e' intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni siano dichiarate manifestamente inammissibili o, comunque,
manifestamente infondate.
Preliminarmente, sotto il profilo soggettivo, la difesa
dell'interveniente sostiene che le questioni, oltre che irrilevanti,
siano inammissibili, in quanto fondate sull'errato presupposto che la
disposizione impugnata abiliti un soggetto privato all'esercizio di
una funzione pubblica. In realta', l'attivita' di riscossione e'
demandata all'Agenzia delle entrate ed e' stata svolta dapprima per
il tramite di Equitalia spa e poi, a decorrere dal 1° luglio 2017,
dall'Agenzia delle entrate-Riscossione per i contribuenti e gli enti
creditori, ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza del
Ministero dell'economia e delle finanze.
Sotto il profilo oggettivo, l'Avvocatura generale evidenzia che
la censura relativa alla mancanza di garanzie circa la conformita'
tra atto notificato e originale e' priva di fondamento poiche' l'atto
originale e' contenuto nel plico notificato. Oltre tutto, l'esigenza
dell'attestazione di conformita' insorge solo quando nel procedimento
interviene l'ufficiale giudiziario che riceve dal mittente copia
dell'atto da consegnare e non in caso di notificazione "diretta".
Inoltre, la censura riferita all'omessa previsione di un ordine dei
soggetti consegnatari sarebbe infondata, in quanto l'art. 26 del
d.P.R. n. 602 del 1973, pur discostandosi da quanto stabilito
dall'art. 7 della legge n. 890 del 1982, indica comunque un ordine di
priorita'.
4.- Con memoria depositata il 30 maggio 2018, l'Agenzia delle
entrate-Riscossione per i contribuenti e gli enti creditori,
subentrata ex lege ad Equitalia servizi di riscossione spa, ha
ribadito le difese da questa precedentemente svolte.
5.- Con memoria depositata il 30 maggio 2018, l'Avvocatura
generale ha parimenti confermato le proprie difese, ponendo ancora in
rilievo la natura pubblica del soggetto incaricato della riscossione
e sottolineando che la peculiarita' dell'attivita' svolta da
quest'ultimo giustifica, alla luce di un bilanciamento di interessi,
la scelta operata dal legislatore nel predisporre uno strumento
semplificato per il perfezionamento della notifica.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza del 22 novembre 2016 (reg. ord. n. 59 del
2017), la Commissione tributaria regionale (di seguito: CTR) della
Lombardia ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 26, primo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione
delle imposte sul reddito), come modificato dall'art. 12 del decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della
riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28
settembre 1998, n. 337) e dall'art. 1, lettera c), del decreto
legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e
correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13
aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa
alla riscossione), in riferimento agli artt. 3, primo comma; 24,
primo e secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della
Costituzione, «nella parte in cui abilita il Concessionario della
Riscossione alla notificazione diretta, senza intermediario, mediante
invio di raccomandata con avviso di ricevimento, della cartella di
pagamento» nonche' «nella parte in cui non prevede che la notifica di
cartella di pagamento tramite il servizio postale avvenga con
l'osservanza dell'art. 7 legge n. 890/82, cosi' come modificato con
la legge n. 31 del 2008 di conversione del decreto-legge n.
248/2007».
Il primo comma della disposizione censurata, rubricata
«Notificazione della cartella di pagamento», cosi' dispone (nel testo
vigente alla data dell'ordinanza di rimessione): «La cartella e'
notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti
abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero,
previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi
comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica puo'
essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di
ricevimento; in tal caso, la cartella e' notificata in plico chiuso e
la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell'avviso di
ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo
comma o dal portiere dello stabile dove e' l'abitazione, l'ufficio o
l'azienda».
La CTR rimettente sottolinea la «assoluta anomalia» dell'avere il
legislatore abilitato un soggetto di diritto privato - l'agente della
riscossione (nella specie Equitalia Nord spa) - ad esercitare una
funzione eminentemente pubblicistica, quale e' quella dell'esercizio
delle funzioni di notificazione diretta delle cartelle di pagamento,
tipici atti di natura tributaria. La mancanza di alcun intermediario
nella notificazione comporterebbe - secondo la CTR - «seri
pregiudizi» all'esercizio del diritto di difesa (art. 24, primo e
secondo comma, Cost.) e alla regola di «parita' delle armi»
congiuntamente al canone del giusto processo (art. 111, primo e
secondo comma, Cost.) e ridonderebbe in un «anacronistico» ed
«ingiustificabile privilegio» (art. 3, primo comma, Cost.). In
particolare, le regole di recapito della cartella di pagamento, in
quanto semplificate, determinerebbero una diminuzione di tutela per
il notificatario sotto piu' profili: non e' richiesta la relata di
notifica; non e' rispettato l'ordine preferenziale nella consegna del
plico, prescritto dall'art. 7, secondo e terzo comma, della legge 20
novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di
comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti
giudiziari); non e' previsto l'obbligo dell'invio della raccomandata
informativa dell'avvenuta notifica nel caso, come nella specie, di
avvenuta consegna del plico al portiere.
2.- La parte costituita e l'Avvocatura generale dello Stato hanno
preliminarmente eccepito l'inammissibilita' delle questioni di
costituzionalita' perche' formulate in modo alternativo ed ancipite.
L'eccezione e' infondata.
Il dispositivo dell'ordinanza di rimessione, che indica come
disposizione indubbiata unicamente l'art. 26, primo comma, citato,
presenta pero' un duplice capo perche' la censura e' mossa: a) nella
parte in cui tale disposizione abilita il concessionario della
riscossione alla notificazione diretta, senza intermediario, mediante
invio di raccomandata con avviso di ricevimento, della cartella di
pagamento; b) nella parte in cui non prevede che la notifica della
cartella di pagamento tramite il servizio postale avvenga con
l'osservanza dell'art. 7 legge n. 890 del 1982, cosi' come modificato
dal decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in
materia finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 28
febbraio 2008, n. 31.
Se anche, in generale, l'ordinanza di rimessione delle questioni
di legittimita' costituzionale non necessariamente deve concludersi
con un dispositivo recante altresi' un petitum, essendo sufficiente
che dal tenore complessivo della motivazione emerga con chiarezza il
contenuto ed il verso delle censure, questa Corte ritiene pero'
inammissibili le questioni sollevate con una formulazione
contraddittoria ed ambigua o con una conclusione ancipite (ex
plurimis, sentenze n. 22 del 2016 e n. 248 del 2014; ordinanza n. 221
del 2017). Tale sarebbe, in ipotesi, la prospettazione alternativa di
una censura diretta, al contempo, ad ampliare o a restringere il
campo di applicazione della disposizione indubbiata. L'alternativita'
irrisolta della prospettazione della questione non consentirebbe a
questa Corte di identificare il verso della censura e ridonderebbe
nella sua inammissibilita'.
Ma ben puo', invece, il giudice rimettente prospettare in termini
gradatamente sequenziali, e quindi subordinati, i possibili esiti
dello scrutinio di costituzionalita' pur senza una formale e testuale
qualificazione di ciascuna conclusione rispettivamente come
«principale» e «subordinata» (sentenze n. 127 del 2017 e n. 280 del
2011).
Ed e' cio' che ha fatto la CTR rimettente che ha ipotizzato, in
via principale, la radicale caducazione della notificazione diretta
ad opera del concessionario, poi agente della riscossione, e, in via
subordinata, la sua (asserita) reductio ad legitimitatem con
l'innesto delle prescrizioni previste per l'ordinaria notifica a
mezzo del servizio postale dall'art. 7 legge n. 890 del 1982.
3.- Le questioni sono ammissibili anche sotto il profilo della
loro rilevanza.
La CTR della Lombardia e' chiamata a decidere l'appello proposto
da una contribuente che si era vista dichiarare inammissibile, in
primo grado, il suo ricorso cumulativo con cui aveva impugnato, oltre
al preavviso di fermo amministrativo (atto ritenuto non impugnabile
dalla commissione tributaria provinciale, giudice di primo grado),
anche tre cartelle di pagamento poste a fondamento di tale misura
cautelare.
La nullita' della notifica delle cartelle di pagamento, dedotta
dall'appellante, inciderebbe, in particolare, sulla decorrenza del
termine per l'impugnazione delle cartelle stesse. Nella specie,
dall'ordinanza di rimessione risulta che l'appellante non si e'
limitata a censurare la pronuncia di primo grado nella parte in cui
ha ritenuto valide le notifiche "dirette" delle cartelle di pagamento
(ai sensi dell'art. 26, primo comma, censurato) - cio' che avrebbe
altrimenti fatto dubitare della rilevanza dell'incidente di
costituzionalita' in ragione della possibile inammissibilita' di una
censura in ipotesi non estesa anche al merito della legittimita'
delle cartelle di pagamento - ma, sul presupposto dell'allegata
nullita' di tali notifiche, ha sostenuto la tempestivita'
dell'impugnazione delle cartelle stesse deducendo, tra l'altro, la
decadenza del potere impositivo e comunque la prescrizione del
credito tributario.
Sussiste quindi la rilevanza della questione incidentale di
costituzionalita' perche' la parte appellante sostiene la
illegittimita' della notificazione delle cartelle di pagamento
eseguita secondo la disciplina della corrispondenza ordinaria in
plico raccomandato (nella specie, con consegna dello stesso al
portiere), come la disposizione censurata facoltizza il
concessionario, poi agente della riscossione, a fare; disposizione
che quindi la CTR e' chiamata ad applicare e della cui legittimita'
costituzionale dubita nella parte in cui le modalita' semplificate di
tale forma di notificazione sarebbero in contrasto con gli evocati
parametri.
Non rileva invece, sul piano del sindacato di legittimita'
costituzionale della disposizione, la circostanza di fatto -
menzionata nell'ordinanza di rimessione - della dedotta
illeggibilita' della firma del portiere, apposta sull'avviso di
ricevimento del plico, costituendo questo, invece, un ordinario
profilo di legittimita', o no, della notifica, prospettato dalla
parte appellante come motivo di impugnazione per violazione di legge.
4.- Nel merito le questioni non sono fondate.
5.- La disposizione censurata (art. 26, primo comma, citato)
prevede una disciplina specifica della notifica delle cartelle di
pagamento, che - estesa (dal successivo art. 49) anche alla notifica
di tutti gli atti dell'espropriazione forzata - e' speciale rispetto
a quella dettata dall'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
(Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi), per gli avvisi di accertamento ed altri atti di natura
tributaria indirizzati al contribuente. Sia l'art. 26 del d.P.R. n.
602 che l'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 sono fatti espressamente
salvi dall'art. 14 della legge n. 890 del 1982 che, con riferimento
all'utilizzo, nella materia tributaria, del servizio postale (in
generale consentito dall'art. 149 del codice di procedura civile),
detta prescrizioni specifiche per la notificazione degli «atti che
per legge devono essere notificati al contribuente».
Il reticolo normativo delle regole che governano la notificazione
degli atti in materia tributaria risulta complesso e stratificato,
anche diacronicamente. La stessa disposizione censurata, introdotta
dal d.P.R. n. 602 del 1973 per la notifica delle cartelle di
pagamento, e' stata modificata piu' volte ed in particolare, per
quanto qui rileva, in occasione del riordino della disciplina della
riscossione mediante ruolo, dapprima dall'art. 12 del d.lgs. n. 46
del 1999, ed in seguito dall'art. 1, comma 1, lettera c), del d.lgs.
n. 193 del 2001.
Nella sua originaria formulazione, il primo comma dell'art. 26
censurato aveva un duplice contenuto normativo. Stabiliva da una
parte chi era legittimato alla notifica delle cartelle di pagamento
(i messi notificatori dell'esattoria, gli ufficiali esattoriali, gli
ufficiali giudiziari, i messi comunali e i messi di conciliazione).
D'altra parte introduceva una speciale forma di notificazione
"diretta" prevedendo che essa poteva essere eseguita anche mediante
invio, da parte dell'esattore, di lettera raccomandata con avviso di
ricevimento. Questa parte della disposizione si saldava con quello
che era l'originario comma successivo, in tal modo prevedendosi
altresi' che la notificazione si aveva per avvenuta alla data
indicata nell'avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone
legittimate a ricevere l'atto: destinatario o persone di famiglia o
addette alla casa, all'ufficio o all'azienda. Siffatta notificazione
"diretta" era altresi' "semplificata", nel senso che trovavano
applicazione le disposizioni ordinarie del d.P.R. 29 marzo 1973, n.
156, recante «Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni»
(d'ora in avanti: codice postale), e non gia' quelle della citata
legge n. 890 del 1982 sulla notificazione a mezzo del servizio
postale.
Peraltro, nella materia tributaria una forma di notificazione
"diretta", senza l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario, era -
ed e' tuttora - prevista in generale dal citato art. 14 legge n. 890
del 1982, secondo cui la notificazione degli avvisi e degli altri
atti che per legge devono essere notificati al contribuente puo'
eseguirsi anche a mezzo del servizio postale «direttamente dagli
uffici finanziari».
In particolare, quindi, per le cartelle di pagamento si aveva
che, in forza dell'art. 26, primo comma, l'esattore aveva a
disposizione, oltre alle forme ordinarie per il tramite di un
intermediario (quale innanzi tutto l'ufficiale giudiziario), anche
uno strumento agile per la loro notificazione: l'invio di una lettera
raccomandata con avviso di ricevimento e con consegna, da parte
dell'agente postale, vuoi direttamente al destinatario (raggiungendo
cosi' il risultato della conoscenza effettiva dell'atto), vuoi a
soggetti il cui rapporto (familiare, di lavoro, di collaborazione)
con il destinatario fosse tale da fondare una ragionevole presunzione
di consegna dell'atto a quest'ultimo, realizzando in tal modo la
conoscenza legale dell'atto, stante - secondo la giurisprudenza di
legittimita' (Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 29
luglio 2016, n. 15795) - il generale canone di presunzione di
conoscenza di cui all'art. 1335 del codice civile.
Questa modalita' di notificazione "diretta" delle cartelle di
pagamento (e degli atti dell'espropriazione forzata) per lungo tempo
non ha dato luogo, per i giudici che si sono trovati ad applicare la
disposizione che la prevedeva, a dubbi di legittimita'
costituzionale.
6.- L'art. 26, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973, pur
conservando la stessa struttura nel suo contenuto essenziale, muta in
occasione del riordino della riscossione mediante ruolo e viene
riformulata nel testo di cui e' chiamata a fare applicazione la CTR
rimettente. Da una parte, viene aggiornato il catalogo dei soggetti
abilitati a procedere alla notifica delle cartelle di pagamento nelle
forme ordinarie: ufficiali della riscossione o altri soggetti
abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge, messi
comunali, agenti della polizia municipale. Dall'altra parte, e'
ribadita - nel secondo periodo, che e' quello specificamente attinto
dalle censure mosse dalla CTR rimettente - la facolta' della
notificazione "diretta" senza intermediazione dei menzionati soggetti
abilitati alla notifica; si precisa, inoltre, che la notifica della
cartella di pagamento deve avvenire in plico chiuso e, altresi',
viene aggiunto, tra i possibili consegnatari del plico, il portiere
dello stabile dove e' l'abitazione, l'ufficio o l'azienda del
contribuente. Ma soprattutto non viene ripetuto testualmente che la
facolta' della notificazione "diretta" e' attribuita al
concessionario (poi agente) della riscossione, diversamente da quanto
prevedeva l'originario primo comma dell'art. 26 citato, che invece
espressamente riferiva tale facolta' all'esattore. Sicche', la
giurisprudenza, soprattutto, si e' interrogata se tale possibilita'
di notificazione "diretta" permanesse, come in passato, o invece
dovesse ritenersi riservata agli stessi soggetti abilitati alla
notificazione secondo l'indicazione del parimenti novellato primo
periodo dell'art. 26.
La questione ha poi assunto maggiore rilievo ed importanza dopo
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale (sentenza n. 280
del 2005) dell'art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dal
d.lgs n. 193 del 2001, nella parte in cui non prevedeva un termine,
fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario dovesse
notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte;
sicche', dalla legittimita', o no, della notifica "diretta" ad opera
del concessionario (poi agente) della riscossione dipendeva la stessa
facolta' dell'amministrazione finanziaria di agire in executivis.
Per lungo tempo i dubbi interpretativi hanno visto divisa la
giurisprudenza di merito, ma alla fine, in epoca peraltro
relativamente recente (ex plurimis, Corte di Cassazione, sezione
quinta civile, ordinanza 13 luglio 2017, n. 17248), sono stati
risolti da un costante e ripetuto orientamento della giurisprudenza
di legittimita', di cui da' conto l'ordinanza di rimessione. Si e'
riconosciuto, in linea di continuita' con quanto in passato ritenuto
nella vigenza dell'originario primo comma dell'art. 26 citato, che la
notificazione "diretta", anche dopo la riforma della riscossione
coattiva, continua ad essere una facolta' del concessionario, poi
divenuto agente, della riscossione.
Occorre, quindi, muovere da questo presupposto interpretativo,
radicato ormai in una situazione di diritto vivente, come riconosce
la stessa ordinanza di rimessione. Del resto, questo approdo
interpretativo della giurisprudenza di legittimita' appare piu'
coerente con il riordino (d.lgs. n. 46 del 1999) e poi con la riforma
della riscossione coattiva ex art. 3 del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con
modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248, che hanno
accentuato il ruolo pubblicistico dell'agente della riscossione, ben
piu' di quello che in passato aveva l'esattore, avvicinandolo
all'attivita' di amministrazione diretta degli uffici finanziari.
7.- Tutto cio' premesso in ordine al presupposto interpretativo e
al quadro normativo di riferimento, venendo ora alle censure di
incostituzionalita' mosse dalla CTR rimettente alla disposizione
indubbiata, e' innanzi tutto non fondata quella consistente nella
denunciata mancanza di giustificazione (ex art. 3, primo comma,
Cost.) del regime differenziato della notificazione "diretta", quale
asserito privilegio in favore dell'agente della riscossione.
La disciplina speciale recata dalla disposizione censurata, per
cui attualmente l'agente per la riscossione puo' procedere alla
notificazione diretta ex art. 26, primo comma, delle cartelle di
pagamento, come per anni ha fatto l'esattore, trova, ancor piu' che
in passato, giustificazione nella natura sostanzialmente
pubblicistica della posizione e dell'attivita' del primo, il quale,
secondo l'espressa previsione dell'art. 24 del d.P.R. n. 602 del
1973, e' depositario del ruolo formato dall'amministrazione
finanziaria e, per conto di quest'ultima, procede per legge alla
riscossione coattiva. Si tratta, quindi, di un organo indiretto
dell'amministrazione finanziaria, cui e' delegato l'esercizio di
poteri pubblicistici funzionali alla riscossione delle entrate
pubbliche. Cio' e' tanto piu' vero a seguito dell'istituzione del
sistema nazionale della riscossione, secondo la previsione dell'art.
3 del d.l. n. 203 del 2005, con l'attribuzione delle relative
funzioni all'Agenzia delle entrate che le ha esercitate, fino ad
epoca recente, mediante una societa' a capitale interamente pubblico
(Riscossione spa, poi divenuta Equitalia spa). Le societa' facenti
parte del gruppo Equitalia sono, quindi, soggetti pubblici, ancorche'
aventi la struttura privatistica della societa' per azioni, tant'e'
che, coerentemente, risultano inserite nell'elenco delle
amministrazioni centrali del cosiddetto "conto economico
consolidato", predisposto in attuazione dell'art. 1, comma 3, della
legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita' e finanza
pubblica).
Dal 1º luglio 2017 le societa' del gruppo Equitalia sono state
sciolte - in forza del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193
(Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di
esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge
1º dicembre 2016, n. 225 - e l'esercizio delle funzioni relative alla
riscossione e' ora demandato all'Agenzia delle entrate-Riscossione
per i contribuenti e gli enti creditori, nuovo ente pubblico
economico strumentale dell'Agenzia delle Entrate; ente che ha
connotazioni ancora piu' marcatamente pubblicistiche.
Questa Corte ha piu' volte evidenziato come il regime
differenziato della riscossione coattiva delle imposte risponde
all'esigenza, di rilievo costituzionale, di assicurare con
regolarita' le risorse necessarie alla finanza pubblica, affermando
che «la disciplina speciale della riscossione coattiva delle imposte
non pagate risponde all'esigenza della pronta realizzazione del
credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita
finanziaria dello Stato» (sentenze n. 90 del 2018 e n. 281 del 2011).
In questo contesto, l'agente per la riscossione svolge una funzione
pubblicistica finalizzata al raggiungimento di questo scopo. E'
questa particolare funzione svolta dall'agente per la riscossione a
giustificare un regime differenziato, qual e' la censurata previsione
della speciale facolta' del medesimo di avvalersi della notificazione
"diretta" delle cartelle di pagamento.
Deve, quindi, ritenersi non fondata, sotto questo primo profilo,
la sollevata questione di legittimita' costituzionale della
disposizione censurata, in riferimento essenzialmente all'art. 3,
primo comma, Cost., nella parte in cui facoltizza l'agente della
riscossione alla notifica "diretta" delle cartelle esattoriali.
8.- Parimenti non fondate - ma con una puntualizzazione in chiave
di interpretazione adeguatrice di cui si dira' oltre - sono le
censure che riguardano la denunciata diminuzione di garanzie per il
soggetto notificatario quando l'agente per la riscossione procede
alla notifica "diretta" delle cartelle di pagamento, senza
intermediazione dell'ufficiale giudiziario (o di altro soggetto
abilitato) e nel rispetto delle prescrizioni del codice postale,
piuttosto che alla notifica ordinaria a mezzo del servizio postale.
Anche se, come pone in rilievo la CTR rimettente, la
semplificazione insita nella notificazione diretta comporta, in
quanto eseguita nel rispetto del citato codice postale, uno
scostamento rispetto all'ordinario procedimento notificatorio a mezzo
del servizio postale ai sensi della legge n. 890 del 1982, non di
meno - per quanto si viene ora a rilevare - e' comunque garantita al
destinatario un'effettiva possibilita' di conoscenza della cartella
di pagamento notificatagli ai sensi dell'art. 26, primo comma, d.P.R.
n. 602 del 1973.
9.- Un primo tratto della semplificazione che connota la
notificazione "diretta" consiste nella mancanza della relazione di
notificazione di cui agli artt. 148 cod. proc. civ. e 3 legge n. 890
del 1982, relazione deputata ad attestare i dati significativi
dell'avvenuta notificazione. Pero', d'altro canto, nella forma della
notificazione "diretta" ex art. 26, primo comma, d.P.R. n. 602 del
1973 c'e' il completamento dell'avviso di ricevimento da parte
dell'operatore postale che, in forma sintetica, fornisce la prova
dell'avvenuta consegna del plico al destinatario o al consegnatario
legittimato a riceverlo; plico recante, di norma, l'originale della
cartella di pagamento, estratta dal ruolo formato da parte
dell'amministrazione finanziaria e consegnato all'agente della
riscossione per essere notificato al contribuente quale atto di avvio
del procedimento di riscossione coattiva, assimilabile all'atto di
precetto nell'ordinaria esecuzione forzata. La notifica - come
prescrive l'art. 26 nella formulazione del 1999 - e' effettuata in
plico chiuso e rilevano le disposizioni concernenti il servizio
postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati. Prescrive
l'art. 8 del d.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, recante «Approvazione del
regolamento di esecuzione dei libri I e II del codice postale e delle
telecomunicazioni (norme generali e servizi delle corrispondenze e
dei pacchi)» che l'agente postale, il quale consegna il plico con
avviso di ricevimento, fa firmare quest'ultimo dal destinatario; se
il destinatario rifiuta di firmare, e' sufficiente, ai fini della
prova dell'avvenuta consegna, che l'agente postale apponga
sull'avviso stesso la relativa dichiarazione. L'avviso di
ricevimento, cosi' completato, viene rispedito subito
all'interessato. Analogamente dispone l'art. 33 del decreto del
Ministro delle comunicazioni 15 febbraio 2006, n. 134 (Modifiche ed
integrazioni al regolamento recante disposizioni in materia di
autorizzazioni generali nel settore postale, adottato con decreto del
Ministro delle comunicazioni 4 febbraio 2000, n. 75), che prevede la
sottoscrizione dell'avviso di ricevimento da parte del destinatario
del plico.
Come ha chiarito la giurisprudenza di legittimita', alle
indicazioni contenute nell'avviso di ricevimento non puo' essere
riconosciuta fede privilegiata, nella parte non riconducibile
all'agente postale, posto che l'art. 6 d.P.R. n. 655 del 1982
prescrive che gli avvisi di ricevimento, di cui all'art. 37 codice
postale, sono predisposti dagli interessati. Tuttavia l'avviso di
ricevimento e' avviato all'indirizzo del destinatario insieme
all'oggetto cui si riferisce (art. 7 d.P.R. n. 655 del 1982) e
l'agente postale, che consegna il plico, fa firmare l'avviso di
ricevimento al destinatario o al consegnatario (art. 8, primo comma,
del suddetto d.P.R.), provvedendo a spedire subito all'interessato la
ricevuta cosi' completata (art. 8, secondo comma, dello stesso
d.P.R.). Tale formalita' comporta che le indicazioni dell'avviso,
ritualmente prodotto agli atti del giudizio tributario, debbano
essere valutate sul piano presuntivo, al fine dell'assolvimento
dell'onere della prova della ricezione del plico e della presunzione
di conoscenza ex art. 1335 cod. civ.
A seguito della piu' recente modifica introdotta dall'art.
19-octies, comma 2, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148
(Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze
indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre
2017, n. 172 - l'art. 26, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973 ora
stabilisce, nel suo primo periodo, che quando ai fini del
perfezionamento della notifica sono necessarie piu' formalita', le
stesse possono essere compiute, in un periodo di tempo non superiore
a trenta giorni, e va distintamente certificata l'attivita' svolta
mediante relazione datata e sottoscritta. Tale modifica ha in
sostanza un valore confermativo, perche' viene espressamente prevista
la relazione di notifica solo nel primo periodo, con riferimento ai
soggetti legittimati ad eseguire la notificazione in via ordinaria, e
non gia' nel secondo periodo, che riguarda la notificazione diretta
ad iniziativa dell'agente della riscossione, rimasta invariata.
Vi e' poi che per la consegna del plico l'operatore postale segue
l'ordine previsto dal decreto del Ministero delle comunicazioni 9
aprile 2001 (Approvazione delle condizioni generali del servizio
postale), il cui art. 39 prevede che sono abilitati a ricevere gli
invii di posta presso il domicilio del destinatario anche i
componenti del nucleo familiare, i conviventi ed i collaboratori
familiari dello stesso e, se vi e' servizio di portierato, il
portiere. Tale ordine, anche se non e' pienamente sovrapponibile a
quello dell'art. 7 della legge n. 890 del 1982, ha una fonte legale
(la citata normativa subprimaria) ed assicura che il plico sara'
consegnato dall'operatore postale allo stesso destinatario o a
persona legittimata a riceverlo in ragione del rapporto (familiare,
di lavoro o di collaborazione) che lo lega al destinatario.
10.- Ma il tratto differenziale piu' significativo attiene alla
mancata previsione della comunicazione di avvenuta notifica
(cosiddetta CAN).
L'operatore postale, dopo aver consegnato il plico e completato
l'avviso di ricevimento facendolo sottoscrivere al destinatario o
consegnatario dell'atto, provvede ad inviarlo all'agente della
riscossione notificante, ma - come ritiene la CTR rimettente secondo
un'interpretazione testuale, nonche' conforme alla giurisprudenza di
legittimita' (Corte di Cassazione, sezione quinta civile, sentenza 11
maggio 2017, n. 11619) - non spedisce al notificatario alcuna
comunicazione dell'avvenuta notificazione, a differenza di quanto in
generale prescritto (alla data dell'ordinanza di rimessione)
dall'art. 7 legge n. 890 del 1982 per le notifiche a mezzo del
servizio postale.
L'obbligo della comunicazione informativa e' stato introdotto nel
citato art. 7 (dopo il quinto comma) dal comma 2-quater dell'art. 36
d.l. n. 248 del 2007; disposizione questa che, in un'ottica di
rafforzamento delle garanzie del notificatario, ha previsto che se il
piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto,
l'agente postale da' notizia a quest'ultimo della sua avvenuta
notificazione a mezzo di lettera raccomandata.
In precedenza era l'art. 139 cod. proc. civ. a prevedere - come
prevede tuttora - un'ipotesi di comunicazione di avvenuta notifica,
operando pero' una distinzione: l'ufficiale giudiziario da' notizia
al destinatario dell'avvenuta notificazione, a mezzo di lettera
raccomandata, solo se l'atto sia stato consegnato al portiere o ad un
vicino di casa che accetti di riceverlo, non anche se consegnato a
una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o
all'azienda, sul presupposto che l'effettiva possibilita' di
conoscenza dell'atto sia maggiore in questi ultimi casi - e quindi
non bisognevole della comunicazione di avvenuta notifica - e minore
nei primi, che invece richiedono l'approntamento di una garanzia
ulteriore.
In termini piu' ampi, ma in una fattispecie ben piu' limitata,
l'art. 660, ultimo comma, cod. proc. civ. prevede che se
l'intimazione di licenza o di sfratto non e' stata notificata in mani
proprie, l'ufficiale giudiziario deve spedire avviso all'intimato
dell'effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata, e
allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione.
Nella materia tributaria, la comunicazione di avvenuta notifica
continua ad essere prevista dall'art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, come
modificato dall'art. 37, comma 27, lettera a), del decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e
sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa
pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto
all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, nella legge 4
agosto 2006, n. 248, che, in materia di notificazioni degli avvisi e
degli altri atti che per legge devono essere notificati al
contribuente, prescrive in generale che «se il consegnatario non e'
il destinatario dell'atto o dell'avviso» l'agente notificatore, oltre
a svolgere una serie di formalita' che condizionano l'integrazione
della conoscenza legale e quindi il perfezionamento della notifica,
da' notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto o dell'avviso a
mezzo di lettera raccomandata, rafforzando cosi' la tutela del
destinatario dell'atto.
In queste fattispecie, l'obbligo dell'invio della comunicazione
di avvenuta notifica, con un contenuto piu' o meno esteso, vale a
integrare le formalita' del procedimento notificatorio e, se violato,
comporta la nullita' della notifica, secondo la piu' recente
giurisprudenza di legittimita' (Corte di Cassazione, sezioni unite
civili, ordinanza interlocutoria 31 luglio 2017, n. 18992), mentre un
precedente orientamento affermava esservi solo una mera irregolarita'
del procedimento notificatorio.
Tale obbligo vale indubbiamente a rafforzare il diritto di azione
e di difesa (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) del destinatario
dell'atto. Ma non costituisce, nella disciplina della notificazione,
una condizione indefettibile della tutela costituzionalmente
necessaria di tale, pur fondamentale, diritto.
Prima della ricordata novella del 2008, il citato art. 7 legge n.
890 del 1982 non contemplava affatto la comunicazione di avvenuta
notifica e questa Corte, pronunciandosi in riferimento a tale
disposizione nella sua formulazione originaria, ha dichiarato
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
della stessa, nella parte in cui non prevedeva che, avvenuta la
consegna del piego al portiere dello stabile, fosse data notizia al
destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera
raccomandata. Ha affermato questa Corte che «non e' irragionevole non
prevedere l'invio di una lettera raccomandata da parte dell'ufficiale
postale che ha proceduto alla consegna dell'atto al portiere in
quanto tale raccomandata avrebbe le medesime caratteristiche
"postali" dell'atto del quale dovrebbe dare notizia al destinatario»
(ordinanza n. 131 del 2007).
Con riferimento alle cartelle di pagamento e' poi stata
introdotta al secondo comma dell'art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973 la
possibilita' di notificazione mediante posta elettronica certificata
ad opera dell'art. 38, comma 4, lettera b), del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitivita' economica), convertito, con
modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, che parimenti -
come la disposizione attualmente censurata - non contiene l'obbligo
della comunicazione informativa.
Recentemente, il citato art. 7 legge n. 890 del 1982 e' stato
nuovamente riformulato dall'art. 1, comma 461, della legge 27
dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), e
non contiene piu' la comunicazione dell'avvenuta notificazione,
evidentemente ritenuta non essenziale dal legislatore in un'ottica di
semplificazione ed anche di allineamento alla notificazione mediante
posta elettronica certificata, che parimenti non prevede siffatta
formalita' ulteriore.
Neppure la disposizione censurata (art. 26, primo comma), pur
modellando la fattispecie della notificazione diretta ad iniziativa
dell'agente della riscossione in termini non dissimili da quelli
dell'art. 7, prevede la comunicazione dell'avvenuta notificazione al
destinatario nel caso in cui il plico non sia consegnato direttamente
a quest'ultimo dall'operatore postale e neppure nel caso piu'
specifico di consegna del plico al portiere.
Anche in cio' sta la semplificazione che il legislatore ha voluto
per la notificazione "diretta", ad opera dell'agente della
riscossione, delle cartelle di pagamento al fine di accelerare e
snellire le operazioni della riscossione coattiva.
11.- Considerati nel loro complesso, i rilevati scostamenti della
disposizione censurata rispetto al regime ordinario della
notificazione a mezzo del servizio postale, che costituiscono il
proprium della semplificazione insita nella notificazione "diretta"
ex art. 26, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973 segnano si' un
arretramento del diritto di difesa del destinatario dell'atto, ma non
superano il limite di compatibilita' con i parametri evocati dalla
CTR rimettente.
Va infatti considerato che - venendo in rilievo l'ordinaria
disciplina del servizio postale quanto alle ipotesi di effettiva
reperibilita' del destinatario dell'atto o di altro soggetto
legittimato a riceverlo - la notificazione "diretta" delle cartelle
di pagamento ad opera dell'agente della riscossione, della cui
legittimita' costituzionale la rimettente CTR dubita, costituisce una
forma semplificata di notificazione, di cui e' predicato il normale
buon esito con la consegna del plico al destinatario o al
consegnatario. A questa ipotesi si riferisce l'ordinanza di
rimessione della CTR che e' chiamata a pronunciarsi in ordine alla
validita', o no, di una notifica "diretta" ex art. 26, primo comma,
effettuata con consegna del plico al portiere, con le modalita'
semplificate del servizio postale ordinario ed in particolare senza
comunicazione dell'avvenuta notifica.
Con riferimento, quindi, alla forma di notificazione "diretta",
con consegna del plico al destinatario o a chi sia legittimato a
riceverlo, puo' dirsi che le modalita' pur semplificate del
procedimento notificatorio soddisfano il requisito - richiesto dalla
giurisprudenza di questa Corte - della «effettiva possibilita' di
conoscenza» dell'atto (sentenze n. 346 del 1998 e n. 360 del 2003).
La disposizione censurata non viola i parametri evocati dalla CTR
rimettente, sotto il profilo della ipotizzata violazione del diritto
di azione e di difesa del notificatario (art. 24, primo e secondo
comma, Cost.) e del principio della "parita' delle armi" integrato
dal canone del giusto processo (art. 111, primo e secondo comma,
Cost.) perche' non e' superato quel «limite inderogabile» che la
giurisprudenza di questa Corte pone alla discrezionalita' che ha il
legislatore nel regolare il procedimento notificatorio, in
particolare prevedendo ipotesi di conoscenza legale dell'atto da
notificare. Questa Corte ha infatti affermato in proposito che
rientra nella discrezionalita' del legislatore la conformazione degli
istituti processuali e, quindi, la disciplina delle notificazioni,
con il «limite inderogabile» derivante dal diritto di difesa del
notificatario, al quale deve essere assicurata una «effettiva
possibilita' di conoscenza» dell'avvenuto deposito dell'atto. E ha,
altresi', precisato che la discrezionalita' del legislatore deve
comunque assicurare il «fondamentale diritto del destinatario della
notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con
l'ordinaria diligenza e senza necessita' di effettuare ricerche di
particolare complessita', il contenuto dell'atto e l'oggetto della
procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il
diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di
conoscibilita' puramente teorica dell'atto notificatogli» (sentenza
n. 346 del 1998).
Ma le ipotesi di insufficienti garanzie per il notificatario,
ritenute tali da questa Corte, sono relative a prescrizioni formali
del procedimento notificatorio, integranti la conoscenza legale
dell'atto, senza che l'atto sia stato consegnato a chi, per ragioni
varie (riferibili a rapporti familiari, di convivenza, di servizio,
di lavoro), sia chiamato a notiziarne il destinatario cosi'
realizzando una ragionevole presunzione di «effettiva conoscenza»
dell'atto. Tra tali ipotesi - che hanno richiesto la correzione del
procedimento notificatorio mediante pronunce di illegittimita'
costituzionale - puo' ricordarsi quella della cosiddetta
irreperibilita' relativa (id est evenienze riconducibili a quelle
previste dall'art. 140 cod. proc. civ.) sia nell'ordinario
procedimento notificatorio a mezzo posta (sentenza n. 346 del 1998),
sia nel regime del codice di rito ex art. 140 cod. proc. civ.
(sentenza n. 3 del 2010); nonche' quella della temporanea irrilevanza
delle variazioni anagrafiche del contribuente (sentenza n. 360 del
2003) e quella della notificazione al contribuente residente
all'estero (sentenza n. 366 del 2007).
Anche con piu' specifico riferimento alla notifica di cartelle di
pagamento relative a debiti previdenziali secondo l'ordinario
procedimento di notifica a mezzo del servizio postale ex lege n. 890
del 1982, questa Corte - nel dichiarare l'illegittimita'
costituzionale del terzo comma (corrispondente all'attualmente
vigente quarto comma) dell'art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 - ha
affermato che non e' «riconducibile ad alcuna ragionevole ratio, con
violazione dell'art. 3 della Costituzione» che la notificazione di
una cartella di pagamento nei casi di irreperibilita' relativa,
previsti dall'art. 140 cod. proc. civ., possa avvenire (ex art. 60
del d.P.R. n. 600 del 1973) con la semplice affissione nell'albo del
Comune, secondo «modalita' improntate ad un criterio legale tipico di
conoscenza della cartella», anziche' secondo il «criterio
dell'effettiva conoscibilita' dell'atto» (sentenza n. 258 del 2012).
Rispetto a tali ipotesi si ha invece che, nella fattispecie della
notificazione "diretta" ex art. 26, primo comma, qui in esame, vi e'
un piu' elevato livello di conoscibilita' - ossia di possibilita' che
si raggiunga, per il notificatario, l'effettiva conoscenza dell'atto
- stante l'avvenuta consegna del plico (oltre che allo stesso
destinatario, anche alternativamente) a chi sia legittimato a
riceverlo, sicche' il «limite inderogabile» della discrezionalita'
del legislatore non e' superato e non e' compromesso il diritto di
difesa del destinatario della notifica, non diversamente - mutatis
mutandis - da quanto accade nell'ipotesi di una notificazione, che
anch'essa puo' dirsi semplificata, eseguita per posta elettronica
certificata, ritenuta da questa Corte compatibile con il diritto di
difesa del notificatario (sentenza n. 146 del 2016).
12.- A questa conclusione - che predica il mancato superamento,
nella fattispecie in esame, del «limite inderogabile» della
«effettiva possibilita' di conoscenza» dell'atto notificato - puo'
pervenirsi anche perche' dall'art. 6 della legge 27 luglio 2000, n.
212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente)
- che prevede espressamente che, ferme le disposizioni in materia di
notifica degli atti tributari, l'amministrazione finanziaria deve
assicurare la «effettiva conoscenza» da parte del contribuente degli
atti a lui destinati - e' possibile ricavare un canone interpretativo
che vale a compensare, su un piano diverso - quello della rimessione
in termini - lo scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva.
Anche la citata sentenza n. 146 del 2016 di questa Corte ha
evidenziato in via interpretativa un "correttivo" della modalita'
semplificata della notificazione mediante PEC del ricorso per la
dichiarazione di fallimento riconoscendo al notificatario piu' ampie
facolta' di contestazione in sede di reclamo avverso la successiva
sentenza dichiarativa di fallimento.
Analogamente, nella fattispecie della notifica "diretta" delle
cartelle di pagamento, lo scarto tra conoscenza legale e conoscenza
effettiva e' suscettibile di essere riequilibrato per soddisfare
l'esigenza di assicurare l'effettiva conoscenza degli atti. Si ha,
infatti, che il richiamato canone generale, recato dall'art. 6
citato, influenza, in termini di interpretazione costituzionalmente
orientata, la portata della rimessione in termini, nel senso che la
mancanza, in concreto, di «effettiva conoscenza» dell'atto, per causa
non imputabile, puo' legittimare il destinatario a richiedere la
rimessione in termini ai sensi dell'art. 153, secondo comma, cod.
proc. civ. - disposizione la cui applicabilita' al giudizio
tributario e' riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimita',
anche con riferimento alle decadenze ad esse esterne, come
l'impugnazione degli atti impositivi (Corte di Cassazione, sezione
sesta civile, sottosezione-T, ordinanza 20 gennaio 2017, n. 1486) -
per poter ricorrere avverso la cartella di pagamento, fermi restando
gli effetti derivanti dal perfezionamento della notifica per il
notificante - agente della riscossione per conto dell'amministrazione
finanziaria - in ragione dell'osservanza delle formalita' della
notificazione "diretta" ex art. 26, primo comma, d.P.R. n. 602 del
1973, con conseguente rispetto del termine di decadenza per la
notifica della cartella di pagamento al contribuente dopo
l'iscrizione a ruolo.
Altrimenti detto, come la disposizione censurata agevola, con la
(finora esaminata) notificazione "diretta" in forma semplificata,
l'agente della riscossione nella notifica della cartella di pagamento
perche' sia rispettato, per l'amministrazione finanziaria, il termine
di decadenza di cui all'art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973, e l'attivita'
di riscossione coattiva non subisca ritardi, cosi' l'art. 6 dello
statuto dei diritti del contribuente legittima un'applicazione
estensiva dell'istituto della rimessione in termini, si' da tutelare
il contribuente che non abbia avuto «effettiva conoscenza» dell'atto
restituendolo nel termine di decadenza, di cui all'art. 19 del
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), per impugnare
l'atto.
E' rimesso al prudente apprezzamento del giudice della
controversia valutare ogni comprovato elemento presuntivo (art. 2729
cod. civ.), offerto dal destinatario della notifica "diretta" della
cartella di pagamento - il quale, pur essendo integrata un'ipotesi di
conoscenza legale in ragione del rispetto delle formalita' (tanto
piu' che semplificate) dell'art. 26, primo comma, secondo periodo,
assuma di non aver avuto conoscenza effettiva dell'atto per causa a
lui non imputabile - al fine di accogliere, o no, la richiesta di
rimessione in termini.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 26, primo comma,
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
(Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito),
sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma; 24, primo e
secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione,
dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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