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giovedì 6 settembre 2018

TAR 2018: FATTO e DIRITTO La parte ricorrente chiede l’ottemperanza della sentenza di questo Tribunale n.8852/2017. In particolare l’originario ricorrente, poi deceduto, aveva chiesto l’annullamento del Decreto n. 118/N del Ministero della Difesa- Direzione Generale per il personale civile Divisione 16°, del 15 aprile 2002 con il quale la p.a. aveva negato il riconoscimento dell’equo indennizzo per la patologia accusata dal ricorrente. La indicata sentenza, peraltro passata in giudicato il 21 febbraio 2018 e di cui oggi gli eredi chiedono l’ottemperanza, aveva annullato il provvedimento impugnato proprio in conformità alla decisione della Corte dei Conti, che aveva riconosciuto al defunto la dipendenza da causa di servizio della patologia riconosciuta. Pubblicato il 30/08/2018 N. 09100/2018 REG.PROV.COLL. N. 03626/2018 REG.RIC.





Pubblicato il 30/08/2018

N. 09100/2018 REG.PROV.COLL.

N. 03626/2018 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3626 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Giancarlo Viglione, Noemi Tsuno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Viglione in Roma, Lungotevere dei Mellini 17;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'ottemperanza

della sentenza T.A.R. Lazio, sez. I-bis, n. 8852 pubblicata in data 21.07.2017


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2018 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La parte ricorrente chiede l’ottemperanza della sentenza di questo Tribunale n.8852/2017.

In particolare l’originario ricorrente, poi deceduto, aveva chiesto l’annullamento del Decreto n. 118/N del Ministero della Difesa- Direzione Generale per il personale civile Divisione 16°, del 15 aprile 2002 con il quale la p.a. aveva negato il riconoscimento dell’equo indennizzo per la patologia accusata dal ricorrente.

La indicata sentenza, peraltro passata in giudicato il 21 febbraio 2018 e di cui oggi gli eredi chiedono l’ottemperanza, aveva annullato il provvedimento impugnato proprio in conformità alla decisione della Corte dei Conti, che aveva riconosciuto al defunto la dipendenza da causa di servizio della patologia riconosciuta.

Osserva il Collegio.

L’impugnativa di un provvedimento negativo afferente ad un diritto prentensivo, introduce una specifica azione avente ad oggetto la rimozione dal mondo giuridico dell’atto censurato.

Trattasi di un’azione tipica del processo amministrativo.

“Caratteristica di detta azione è che essa lascia comunque impregiudicato il successivo agere della P.A. , con il riconoscimento di un potere-dovere per l’Amministrazione di emanare una “nuova” determinazione , sia pure in conformità ai principi, alle regole a e alle disposizioni contenute nel dictum giurisdizionale prima intervenuto” ( Cons.St., sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5513).

Ne consegue che non si configura, né può configurarsi un effetto autoesecutivo del decisum di annullamento, perché tale evenienza è estranea al giudizio di rimozione dell’atto del genere di quello qui in rilievo.

Pertanto, l’intervenuto annullamento, comporta la riedizione del potere da parte dell’Amministrazione affinchè si ridetermini, sia pure nei termini cogenti definiti dall’originaria decisione (Cons. St., sez. IV, 6 ottobre 2014, n.4987 ).

Risulta dagli atti che la p.a., peraltro costituita solo formalmente, è rimasta inerte e non ha provveduto, in alcun modo, in conseguenza della sentenza di cui si chiede l’ottemperanza.

Tale comportamento omissivo è illegittimo, costituendo un obbligo della p.a. quello di eseguire le decisioni giudiziarie in tempi ragionevoli.

Nel caso di specie la sentenza non eseguita risulta pubblicata in data 3 maggio 2017.

Alla luce delle suindicate considerazioni il ricorso può essere accolto ed ordinato alla p.a. di provvedere ad assumere un nuovo provvedimento in merito alla istanza avanzata dall’originario ricorrente ed afferente alla richiesta di equo indennizzo entro e non oltre sessanta giorni dalla comunicazione/notifica della presente sentenza.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione.

Condanna la parte resistente al pagamento delle spese di lite che, a mente del D.M. n. 55/2014, complessivamente quantifica in euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre IVA, CPA e spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente

Antonella Mangia, Consigliere

Roberto Vitanza, Primo Referendario, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberto Vitanza Concetta Anastasi
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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