Cons. Stato Sez.
II, Sent., (ud. 13/06/2023) 21-06-2023, n. 6075
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4280 del 2023,
proposto dal signor-OMISSIS- x
contro
Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei
Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex
lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio, Sezione Prima, n. -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero
della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2023
il Cons. Ugo De Carlo e uditi per leparti gli avvocati Giulio Murano, avv.
dello Stato Giannuzzi;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il signor -OMISSIS- ha impugnato la indicata in epigrafe
che aveva respinto il suo ricorso volto ad ottenere l'annullamento della
sanzione della "perdita del grado per rimozione per motivi
disciplinari" con conseguente cessazione dal servizio permanente e viene
iscritto, d' ufficio, nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano.
2. L'appellante, appuntato scelto dell'Arma dei Carabinieri,
dopo essere stato indagato nel 2003 ed aver subito misura cautelare nell'ambito
di un'indagine nella quale gli erano stati contestati numerosi reati, all'esito
dei processi celebrati era stato condannato con sentenza del Tribunale di Roma
nel 2015, confermata in appello ed in cassazione a seguito di inammissibilità
del ricorso, alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione per i reati di falsità
materiale commessa al pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni
amministrative, contraffazione in atti pubblici di sigilli e strumenti
destinati a pubblica autenticazione o certificazione ed uso di tali sigilli e
strumenti contraffatti, contraffazione delle impronte di una pubblica
autenticazione o certificazione. Durante tutto il corso del processo
all'appellante veniva più volte applicata la sospensione cautelare
dall'impiego.
All'esito della vicenda processuale, al militare veniva
negata la riammissione in servizio e nel luglio 2019 si dava inizio al
procedimento disciplinare con la nomina dell'ufficiale inquirente.
All'appellante venivano contestati i fatti che era stati oggetto
dell'accertamento penale ed all'esito della relazione dell'ufficiale inquirente
la Commissione di disciplina proponeva il militare per la rimozione che veniva
irrogata con il provvedimento impugnato.
3. La sentenza impugnata aveva respinto il ricorso,
preliminarmente valutando che l'aver iniziato il procedimento disciplinare
prima di aver acquisito l'intera motivazione della decisione di inammissibilità
della Corte di Cassazione, non aveva determinato un deficit di conoscenza della
vicenda trattandosi di una sentenza in rito considerando oltretutto che in
sostanza il passaggio in giudicato della sentenza si era verificato dopo il
giudizio di appello.
Sempre in via preliminare aveva ritenuto che una memoria
dell'Amministrazione non fosse tardiva poiché l'erroneo deposito al Consiglio
di Stato era frutto di mero disguido materiale e comunque facendo appello ai
suoi poteri officiosi il giudice aveva acquisito assicurando, in ogni caso, a
parte ricorrente ampio termine per replicare e controdedurre e contestualmente,
piena garanzia del contraddittorio per entrambe le parti del processo.
Nel merito riteneva che le contestazioni disciplinari si
fossero mosse nell'ambito dell'accertamento penale senza alcun riferimento ai
reati attribuiti in fase di indagine e rispetto ai quali il Tribunale aveva
emesso sentenza di assoluzione; venivano dichiarate inammissibili per tardività
le censure attinenti ai provvedimenti di sospensione cautelare che erano stati
assunti nel corso della vicenda.
Qunato infine alla motivazione della sanzione ed alla scelta
della più grave, il primo giudice affermava la tendenziale insindacabilità
della scelta dell'Amministrazione salvo decisioni abnormi e nel caso in esame
si trattava di comportamenti che costituivano reato e la mancanza di un mino ed
un massimo nella sanzione adottata non richiedevano alcuna motivazione sulla
gradazione della sanzione.
4. L'appello si fonda su quattro motivi.
4.1. Il primo contesta la legittimità dell'ordinanza che ha
autorizzato il deposito tardivo della memoria dell'Amministrazione attesa la
perentorietà dei termini fissati dall'art. 73, comma 1, c.p.a. e la mancanza di
una richiesta di remissione in termini.
4.2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 1392
D.Lgs. n. 66 del 2010 per aver dato inizio al procedimento disciplinare sulla
base del mero dispositivo della decisione della Corte di Cassazione. Se avesse
atteso tale deposito avrebbe correttamente ascritto all'appellante i soli reati
per cui si procedeva e non anche per la truffa ai danni di una non meglio
identificata compagnia telefonica. Inoltre se il termine di 270 giorni comincia
a decorrere dal momento in cui l'Amministrazione ha ricevuto il dispositivo
della sentenza del Corte di Cassazione (30 aprile 2019), il termine sarebbe
stato oltrepassato poiché la notifica al militare è avvenuta il 19 febbraio
2020.
4.3. Il terzo motivo contesta il travisamento dei fatti in
sede di istruttoria del procedimento laddove si è fatto riferimento
all'attivazione di utenze intestate a soggetti inesistenti il cui traffico
veniva indirizzato verso "utenze a tariffazione speciale", con
rilevante danno economico per la società di gestione del servizio di telefonia.
L'appellante deve rispondere solo del reato di falsificazione e non della
successiva utilizzazione delle schede.
4.4. Il quarto motivo lamenta la ritenuta inammissibilità
della censura che riguardava l'illegittimo sospensione cautelare adottata, dopo
il compimento del quinquennio e nonostante una sentenza che non aveva
comportato la sanzione accessoria della sospensione dai pubblici uffici.
La disposizione speciale dell'art. 919, comma 3, del codice
dell'ordinamento militare consente, in casi di "eccezionale gravità",
la protrazione della sospensione precauzionale del militare anche oltre il
quinquennio massimo di durata previsto per i dipendenti pubblici dall'art. 9,
comma 2, L. n. 19 del 1990, a condizione che l'Amministrazione: - attivi il
procedimento disciplinare con la contestazione degli addebiti; - confezioni una
specifica motivazione, che valuti specificamente ogni aspetto oggettivo e
soggettivo della condotta del militare
5. Il Ministero della Difesa ed il Comando Generale
dell'Arma dei Carabinieri si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto
dell'appello.
6. L'appello è infondato.
6.1. La memoria che era stata depositata tardivamente
dall'Amministrazione in realtà era un elenco contenente una serie di atti che
il giudice di primo grado ha ritenuto comunque di acquisire in ossequio al
principio acquisitivo in tema di prova.
Si tratta di una decisione insindacabile del giudice che
valuta come essenziali gli atti in questione ai fini di una conoscenza completa
della res iudicanda e che non richiede nessuna richiesta di remissione in
termini.
6.2. La valutazione di procedere a dare inizio al
procedimento disciplinare dopo l'acquisizione del solo dispositivo della
sentenza della Corte di Cassazione non ha comportato nessun vulnus per le
esigenze difensive dell'appellante poiché non ha fatto venir meno alcun
elemento di conoscenza della vicenda che non fosse già in atti.
La sentenza si limita a dichiara inammissibile la sentenza
poiché volta a rimettere in discussione elementi di prova oggetto di una
concorde acquisizione agli atti nei giudizi di merito. Inoltre la sentenza
illustrava le ragioni per cui non era possibile accogliere la revoca della
rinuncia alla prescrizione.
Si tratta di argomentazioni che, ai fini delle valutazioni
che dovevano essere compiute in sede disciplinare, erano assolutamente
irrilevanti e la loro mancata conoscenza non ha pregiudicato un completo esame
della vicenda.
Non vi è alcun mancato rispetto del termine dei 270 giorni
poiché esso decorre ai sensi dell'art. 1392, comma 3, D.Lgs. n. 66 del 2010 dal
giorno in cui l'amministrazione ha acquisito la copia della sentenza definitiva
che è stata depositata in data 2 maggio 2019 e sicuramente acquisita alcuni
giorni dopo e cessa di decorrere nel momento in cui è emesso il provvedimento
conclusivo non rilevando la successiva notifica all'interessato. Il fatto che
l'Amministrazione abbia dato inizio al procedimento dopo l'acquisizione del
solo dispositivo, non rileva rispetto a quale sia l'atto la cui conoscenza
determina il decorso di un termine perentorio.
In conclusione, essendo stata emessa la sentenza il 2 maggio
2019 e ragionevole ritenere secondo la prassi che sia decorso un termine non
inferiore a quindici giorni per l'acquisizione della stessa; il provvedimento
impugnato è stato emesso il 1 febbraio 2020 cioè 274 giorni dopo la
pubblicazione della sentenza. Ritenere che l'acquisizione della stessa da parte
dell'Amministrazione sia avvenuta entro tre giorni dalla sua emissione
costituisce un dato smentito dalla prassi e comunque non è stato provato
dall'interessato.
6.3. Il terzo motivo è frutto di un equivoco. La Commissione
di disciplina ha ben chiaro quali siano i reati per cui è stato condannato il
militare, ma nel descrivere la gravità della condotta ha fatto riferimento
anche all'uso che delle schede falsificate dall'appuntato è stato commesso da altri
anche senza la sua complicità. E' evidente che una sentenza penale di merito
faccia stato nel procedimento disciplinare cosicché l'Amministrazione non può
contestare fatti diversi da quelli accertati in quella sede, ma la valutazione
della gravità rispetto alla conservazione dello status di militare è propria
dell'Amministrazione e l'illustrazione dell'uso che era stato fatto del corpo
di reato creato dal militare ben può essere sottolineata. Se, ad esempio, il
militare avesse realizzato delle schede telefoniche false che nessuno aveva
utilizzato la condotta sarebbe stata meno grave.
Pertanto non vi è alcun travisamento del fatto, ma una sua
corretta valutazione nell'ambito della vicenda complessiva.
6.4. Rispetto al quarto motivo non può che confermarsi
l'inammissibilità già affermata dal primo giudice. La vicenda che si è dipanata
per quasi un ventennio è stata caratterizzata anche da provvedimenti di
sospensione dal servizio in qualche caso obbligatoria in altri facoltativa che
avrebbero dovuto essere impugnati allora. Non si può a distanza di molti anni
censurare provvedimenti ormai da tempo inoppugnabili.
7. In considerazione delle pesanti conseguenze sullo status
giuridico dell'appellante, il Collegio ritiene equa la compensazione delle
spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo
52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del
Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile
2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla
Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi
altro dato idoneo ad identificare l'appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13
giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Francesco Frigida, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere
Ugo De Carlo, Consigliere, Estensore
Stefano Filippini, Consigliere
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