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giovedì 29 giugno 2023

Corte dei Conti 2023- ricorso VS il ricorso, pronunciandosi in sede di rinvio dopo la sentenza n. 295/2020 della II sez. di appello, sull'atto in riassunzione formulato dall'attuale appellante, tendente a contrastare il riconoscimento in favore dell'Inps di un indebito previdenziale di Euro 7.423,76.

 

 

Corte dei Conti 2023- 

 

 

 

Corte dei Conti Sez. I App., Sent., (ud. 13/04/2023) 20-06-2023, n. 279

 

Fatto Diritto P.Q.M.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

CORTE DEI CONTI

 

SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO

 

composta dai magistrati:

 

Agostino CHIAPPINIELLO - Presidente

 

Carmela de GENNARO - Consigliere

 

Fabio Gaetano GALEFFI - Consigliere relatore

 

Aurelio LAINO - Consigliere

 

Beatrice MENICONI - Consigliere

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di appello in materia pensionistica iscritto al n. 60274 del ruolo generale, proposto dall'avv. OMISSIS, nato a Omissis il omissis, c.f. OMISSIS, in proprio, pec x

 

nei confronti di

 

- INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, c.f. (...), con sede in Roma, via Ciro il Grande n. 21, in persona del rappresentante legale pro-tempore, rappresentato e difeso congiuntamente e separatamente dagli avv.ti Lidia Carcavallo c.f. (...), pec avv.lidia.carcavallo@ postacert.inps.gov.it, Antonella Patteri, c.f. (...), pec avv.antonella.patteri@postacert.inps.gov.it, Giuseppina Giannico, c.f. (...), pec avv.giuseppina.giannico@ postacert.inps.gov.it e Sergio Preden, c.f. (...), pec avv.sergio.preden@postacert.inps.gov.it e con gli stessi elettivamente domiciliato a Roma, via Cesare Beccaria 29, negli uffici dell'Avvocatura centrale dell'Istituto, come da delega in atti;

 

- MINISTERO DELLA DIFESA, con sede in Roma, in Viale dell'Esercito n. 186 Via XX Settembre 97, Roma, rappresentato e difeso dal Direttore Generale p.t. e dal suo delegato - Capo del I Reparto p.t. dr.ssa Marzia Lettieri Barbato, c.f. (...), pec previmil@postacert.difesa.it ed elettivamente domiciliato presso la sede di Viale dell'Esercito 178-186, 00143 Roma, nonché domiciliato ex lege presso l'Avvocatura generale dello Stato, a Roma, Via dei Portoghesi, 12, pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it;

 

avverso

 

la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Campania n. 693/2022, depositata il 22 settembre 2022.

 

Visti l'appello, gli atti e i documenti di causa;

 

Uditi, all'udienza del 13 aprile 2023, il consigliere relatore Fabio Gaetano Galeffi, l'avv. Omissis in proprio e l'avv. Lidia Carcavallo per l'Inps; nessuno è comparso per il Ministero della difesa.

Svolgimento del processo

 

Con atto del 3 ottobre 2022, Omissis ha proposto appello per la riforma della sentenza n. 693/2022 della Sezione giurisdizionale regionale per la Campania., che ha rigettato il ricorso, pronunciandosi in sede di rinvio dopo la sentenza n. 295/2020 della II sez. di appello, sull'atto in riassunzione formulato dall'attuale appellante, tendente a contrastare il riconoscimento in favore dell'Inps di un indebito previdenziale di Euro 7.423,76.

 

L'appellante ha svolto i seguenti motivi di impugnazione: 1) violazione dell'art. 5 co. 1 c.g.c. in relazione all'art. 4, co. 1, medesimo codice; 2) totale travisamento del fatto e delle prove in difetto di una non corrispondenza tra l'enunciato (sentenza) e la domanda introdotta; 3) incoerenza motivazionale al punto da eleggersi a illogicità della motivazione; 4) violazione delle disposizioni di rinvio, segnatamente l'art. 199, co. 2 c.g.c.; 5) violazione dell'art. 204 del t.u 1092/1973 in relazione dell'art. 69 medesimo t.u.; 6) violazione art. 203 e art. 204 del t.u.; 7) motivazione apparente ed illogica; ed ha così concluso: accertare e dichiarare la legittima corresponsione delle somme indicate nel decreto nr. 58/E del 2005 in narrativa, nonché - ed in via subordinata ma in prior istantiae - l'irripetibilità della somma di 5.176,00 Euro percette; contestualmente l'appellante ha chiesto la sospensione degli effetti della sentenza impugnata.

 

L'Inps si è costituito per la fase cautelare con memoria del 14 novembre 2022, eccependo preliminarmente l'irritualità della notifica dell'appello presso la Direzione generale dell'ente, in luogo del domicilio eletto dal difensore dell'ente in primo grado. L'Inps ha inoltre evidenziato che la decisione gravata riguarda un importo di Euro 7.423,23 per recupero di indebito previdenziale conseguente a revoca dell'indennità una tantum, attribuita ai sensi dell'art. 69 del D.P.R. n. 1092 del 1973 sulla base della classificazione dell'infermità sofferta dal pensionato. Tale indennità è stata concessa con decreto del Ministero della Difesa del 21 settembre 2005 ed è stata revocata con decreto del 1 febbraio 2007 (quindi dopo soli 16 mesi), come emerge in sentenza, a pag. 2, ove è richiamato il decreto "n. 112 del 1 febbraio 2007 di revoca dei pregressi decreti e di correlativa modifica della classifica di pensione privilegiata, in sesta categoria dal 10 novembre 1996 e in quinta categoria dal 1 aprile 2004. Dunque, in virtù di quest'ultimo decreto: l'indennità una tantum, esattamente pari all'indebito minor, è venuta meno perché le patologie ad essa riferite sono state riclassificate dalla tabella B alla tabella A, con conseguente loro cumulo con le altre infermità già contemplate ai fini della pensione privilegiata".

 

Con ordinanza n. 23/2022 del 28 novembre 2022, adottata nella camera di Consiglio del 17 novembre 2022, questa Sezione d'appello ha dichiarato inammissibile l'istanza di sospensione degli effetti della sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Campania n. 693/2022.

 

Il Ministero della difesa si è costituito nel presente giudizio con memoria depositata il 23 marzo 2023, deducendo in via preliminare l'inammissibilità dell'appello per violazione degli artt. 342 e 434 del c.p.c., in quanto l'atto di gravame sarebbe caratterizzato da una serie articolata di argomentazioni non agevolmente percorribili, che non consentirebbero all'amministrazione di mettere a fuoco l'oggetto della richiesta e in modo particolare i motivi delle doglianze, impedendo di predisporre un'adeguata difesa. In secondo luogo, l'appello sarebbe inammissibile perché proposto per questioni di fatto; in appello sarebbe consentito un sindacato sul vizio di motivazione su questioni di fatto in ordine alla radicale mancanza di motivazione o all'ipotesi di motivazione apparente. Secondo l'amministrazione, la sentenza impugnata sarebbe comunque adeguatamente motivata, in quanto la revoca del trattamento in contestazione è intervenuta con decreto n. 112/E del 1 febbraio 2007 entro il termine triennale previsto dall'art. 205 del D.P.R. n. 1092 del 1973 a decorrere dalla data di concessione dei benefici del 17 novembre 2004 e del 21 settembre 2005. Mancherebbe dunque il legittimo affidamento in capo all'appellante. L'amministrazione ha concluso per il rigetto del gravame in quanto inammissibile con conferma della sentenza di primo grado, con vittoria di spese.

 

Con memoria depositata il 24 marzo 2023, si è costituito nel presente giudizio l'Inps, che aveva già svolto le proprie difese nella fase cautelare, evidenziando l'esigenza di poter consultare il fascicolo processuale onde poter svolgere le relative difese.

 

L'appellante ha insistito con memoria del 31 marzo 2023, evidenziando che tra il momento dell'emanazione del decreto di concessione n. 58/E del 21 settembre 2005 sino all'effettiva comunicazione di revoca del 13 maggio 2009 è trascorso più di un triennio, con conseguente affidamento dell'appellante stesso.

 

L'Inps ha prodotto ulteriore memoria in data 31 marzo 2023, deducendo la tardività dell'appello, in quanto l'appellante ha notificato il gravame alla parte personalmente (mediante notifica alla Direzione generale dell'ente e non al procuratore costituito in primo grado); tuttavia risulta che l'appello sia stato notificato all'Avvocatura dello Stato il 3 ottobre 2022 e che l'appello sia stato successivamente notificato al procuratore dell'Inps costituito in primo grado il 25 gennaio 2023; quest'ultima notifica si presenterebbe tardiva, poiché dal giorno della notifica all'Avvocatura dello Stato decorrerebbe il termine breve per l'impugnazione della sentenza. Il gravame, secondo l'Inps, sarebbe poi infondato nel merito, in quanto la revoca dell'indennità una tantum è tempestiva, per essere stata disposta dopo 16 mesi, dal 21 settembre 2005 al 1 febbraio 2007, oltre che legittima, essendo conseguente alla riclassificazione delle patologie poste a fondamento della pensione di privilegio; quindi, più che di revoca, si potrebbe trattare di modifica del trattamento; l'Inps ha chiesto quindi il rigetto dell'appello.

 

All'odierna udienza del 13 aprile 2023, le parti presenti hanno insistito per l'accoglimento delle rispettive conclusioni come rassegnate in atti.

 

La causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

 

In via preliminare, va verificata la correttezza dell'instaurazione del contraddittorio. Benché il primo atto di notificazione dell'appello all'Inps sia stato notificato presso la sede dell'Istituto e non presso il procuratore dell'Inps costituito in primo grado, l'Istituto previdenziale si è costituito in giudizio per la fase cautelare e pertanto l'atto ha raggiunto lo scopo e l'eventuale nullità risulta sanata ai sensi dell'art. 44, comma 3, del c.g.c.; come indicato nella parte in fatto, l'appellante ha notificato l'atto di gravame al Ministero della difesa presso l'Avvocatura di Stato domiciliataria ex lege ed ha successivamente notificato l'atto stesso all'Inps presso il procuratore costituito in primo grado; le controparti si sono entrambe costituite in giudizio e ne deriva che eventuali nullità delle notificazioni risultano sanate ai sensi del richiamato art. 44 per il raggiungimento dello scopo. Se ne desume che l'instaurazione del contraddittorio tra le parti è stata garantita.

 

Ciò premesso, in atti risulta che l'appellante è titolare di pensione dal dicembre 1995 e che l'oggetto del contenzioso riguardava inizialmente due recuperi di indebito previdenziale, il primo di Euro 15.411,00 e il secondo di Euro 7.423,76.

 

Occorre precisare che il presente giudizio giunge all'esame di questa Sezione dopo che, sulla vicenda, sono state emesse le seguenti sentenze:

 

- n. 265/2017 del 4 luglio 2017 della Sezione Campania, che ha accolto parzialmente il ricorso del pensionato, dichiarando irripetibile l'indebito di Euro 15.411,00 e dovuto l'indebito di Euro 7.423,76;

 

- n. 295/2020 del 14 dicembre 2020 della II sez. centrale d'appello, con cui - a seguito del gravame promosso dall'interessato - è stata annullata l'impugnata sentenza n. 265/2017 della Sezione territoriale, con contestuale rinvio degli atti al giudice di primo grado in ordine alla seconda voce di indebito per Euro 7.423,76;

 

- n. 693/2022 del 22 settembre 2022 della Sezione Campania - pronunciata in sede di rinvio a seguito di atto di riassunzione dell'attuale appellante - con cui è stata ritenuta dovuta la restituzione dell'indebito di Euro 7.423,76.

 

Pertanto, quanto al primo indebito di Euro 15.411,00, esso è stato dichiarato non dovuto dalla sentenza della Corte campana n. 265/2017 che per prima si è pronunciata in materia. Su appello del pensionato, la seconda voce di indebito di Euro 7.423,76 è stata oggetto di rinvio in primo grado da parte della Sez. II di appello con sentenza n. 295/2020 e pertanto è l'unica rimasta in contenzioso, dopo la sentenza n. 693/2022 della Sezione territoriale che ha confermato la debenza della somma a favore dell'amministrazione.

 

È incontroverso che la voce di indebito per Euro 7.423,76 sia da riferire alla quota del trattamento previdenziale una tantum riconosciuto per effetto del decreto n. 58/E del 21 settembre 2005.

 

Dalle allegazioni di parte, emerge che tale importo di Euro 7.423,23 erogato in unica soluzione è stato oggetto di revoca, in quanto al pensionato era stato riconosciuto un trattamento pensionistico fisso e continuativo di importo più favorevole, la cui concessione, a seguito di riliquidazione dell'amministrazione, implicava la revoca del trattamento una tantum di entità meno favorevole per il pensionato stesso.

 

Al riguardo, la prima sentenza n. 265/2017 aveva ritenuto ripetibile l'indebito in ragione della natura una tantum dell'erogazione, da contrapporre alla diversa statuizione della stessa sentenza sull'altra voce di indebito di Euro 15.411,00 che al contrario era stata ritenuta non dovuta, in quanto tra la concessione del trattamento (dicembre 1995) e la revoca dello stesso (febbraio 2009) era intercorso un periodo ultra-triennale in violazione dell'art. 205, comma 2, del t.u. n. 1092/1973.

 

La sentenza della sez. II d'appello n. 295/2020 ha poi stabilito che il Giudice di primo grado si era pronunciato basando il suo convincimento sulla "mera natura di indebito", senza alcuna motivazione in ordine a profili normativi più compiuti, ovvero senza dar conto di alcuna indagine circa profili inerenti alla tutela dell'affidamento del percettore di buona fede, profili in via di ipotesi atti a consentire una pronuncia dichiarativa dell'irripetibilità dell'indebito. Ne è derivato il rinvio al Giudice di primo grado per l'esame nel merito.

 

Il Giudice partenopeo, con la sentenza n. 693/2022, gravata in questa sede dal pensionato soccombente, ha quindi stabilito che l'indebito in contestazione di Euro 7.423,73 - su cui ha escluso che possa avere inciso un fatto doloso dell'interessato - non potesse rientrare nell'alveo di applicazione degli artt. 203 e ss. del t.u. n. 1092/1973, in quanto tra i provvedimenti ivi contemplati (provvedimenti definitivi sul trattamento di quiescenza) non è compresa la concessione dell'indennità una tantum (art. 69 dello stesso t.u.): al riguardo il Giudice territoriale ha rilevato che "tale diversità di natura rende inapplicabile il predetto art. 206 ed irrilevante l'asserita buona fede."

 

I motivi di impugnazione formulati dall'appellante possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta correlazione tra loro.

 

Va rilevato che le conclusioni cui è giunto il Giudice territoriale si mostrano corrette, per plurimi autonomi motivi.

 

In primo luogo, non risulta efficacemente contrastata dall'appellante la statuizione del Giudice di primo grado secondo cui la natura dell'indennità una tantum sia da ritenere non sovrapponibile con la natura dei provvedimenti definitivi di quiescenza, i quali implicano, al contrario dell'indennità, un versamento continuativo con cadenza mensile e non un'unica erogazione. Tuttavia, anche a voler ritenere, in via di ipotesi, che l'indennità una tantum possa ricadere nell'ambito applicativo dell'art. 206 del t.u., occorre osservare che - nel caso di specie - la revoca risulta regolarmente operata nell'arco del triennio: infatti l'art. 206 al comma 2 dispone che "il provvedimento è revocato o modificato d'ufficio non oltre il termine di tre anni dalla data di registrazione del provvedimento stesso" e dagli atti depositati in giudizio (da ultimo in allegato a nota prot. 21718 dell'8 marzo 2022 del Ministero della difesa diretta alla Sezione Campania) risulta che il decreto n. 58/E del 21 settembre 2005 di liquidazione dell'indennità una tantum di Euro 7.423,76 è pervenuto per la registrazione alla Corte dei conti il 30 novembre 2006 e che il provvedimento di revoca n. 112/E è stato adottato il 1 febbraio 2007 e registrato alla Corte dei conti il 20 gennaio 2009 e infine comunicato all'interessato il 13 maggio 2009 (come precisato dallo stesso appellante da ultimo nella memoria del 31 marzo 2023), entro il termine triennale decorrente dalla registrazione presso la Corte dei conti avvenuta non prima del 30 novembre 2006.

 

Nemmeno risulta meritevole di accoglimento l'odierno gravame sotto il profilo dell'eccepita buona fede del pensionato in ordine alla percezione dell'indennità una tantum di Euro 7.423,76 in contestazione, buona fede che varrebbe, nella prospettazione difensiva, a giustificarne l'irrepetibilità.

 

In effetti, in disparte il pur assorbente rilievo del mancato decorso dei tre anni, va, comunque, rilevata l'irrilevanza della buona fede da parte del percettore, la cui sussistenza può ritenersi verificata non solo avendo riguardo ad elementi oggettivi quali, fra tutti, il decorso del tempo, ma anche ad elementi soggettivi, quali, "la rilevabilità in concreto, secondo l'ordinaria diligenza, dell'errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione o le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell'amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo, sì che possa escludersi che l'amministrazione fosse già in possesso, ab origine, degli elementi necessari alla determinazione del trattamento pensionistico" (cfr. Corte dei conti, I Sez. App. sent. n. 130/2015, che richiama Corte dei conti, SS.RR. sent. n. 2/2012/QM).

 

D'altra parte, la questione affrontata e risolta dalle SS.RR. in ordine alla buona fede è da riferire a fattispecie - quella delle differenze del trattamento pensionistico definitivo rispetto a quello provvisoriamente attribuito - diversa da quella qui in trattazione, che si riferisce invece ad una differente misura del trattamento, che si trasforma da unica erogazione a rendita periodica per effetto di una diversa considerazione del cumulo delle infermità sofferte dal pensionato.

 

Ad ogni buon conto, questo Collegio ritiene che la buona fede sia irrilevante nel caso di specie da parte del pensionato il quale, non solo avrebbe potuto accorgersi che l'indennità una tantum - per effetto della intervenuta modifica in melius del trattamento pensionistico - non aveva titolo ad essere trattenuta, ma anche che il contestuale provvedimento di modifica emanato dall'amministrazione era giustificato dalle mutate condizioni di salute del pensionato stesso: la modifica del trattamento pensionistico era quindi l'effetto della rivalutazione, in senso complessivo più favorevole, delle domande di accertamento delle condizioni sanitarie - dettagliatamente indicate nel contesto del decreto n. 112/E del 1 febbraio 2007 e di cui il pensionato stesso era evidentemente conscio - inoltrate dal medesimo pensionato.

 

Non senza dimenticare che veniva riconosciuto successivamente un trattamento complessivo più favorevole (rendita in luogo di una tantum) rispetto a quello inizialmente concesso ed erogato e, sotto questo profilo, il punto di impugnazione si appalesa anche, a norma dell'art. 100 c.p.c., carente di interesse ad agire.

 

L'obbligo per l'amministrazione di modificare la misura del trattamento pensionistico è sorto quindi in conseguenza di rivalutazione delle condizioni del pensionato, il quale, avendo ricevuto un trattamento complessivamente più favorevole, non ha titolo a trattenere l'indennità una tantum attribuita in un ristretto arco di tempo precedente alla modifica, come sopra indicato.

 

Pertanto l'appello, oltre che sotto il profilo del rispetto dei termini, si mostra infondato anche sotto il profilo dell'invocata buona fede.

 

Da ultimo, la doglianza del pensionato riguardante il recupero al netto dell'indebito previdenziale, anziché al lordo delle ritenute, deve essere dichiarata inammissibile ai sensi dell'art. 193 del c.g.c., poiché proposta per la prima volta nel giudizio di appello e non contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio (Corte conti, Sez. app. Sicilia, sent. n. 186/2022).

 

Per i motivi sopra enunciati, le doglianze svolte dall'appellante sono infondate e la sentenza impugnata merita di essere confermata.

 

Restando assorbite tutte le altre questioni, argomentazioni ed eccezioni, le quali vengono ritenute non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonee a sostenere conclusioni di tipo diverso, l'appello va dunque respinto.

 

Stante l'assoluta novità della questione trattata, le spese di lite possono essere compensate.

 

Non vi è luogo a pronunciarsi sulle spese di giudizio, trattandosi di materia previdenziale.

P.Q.M.

 

La Corte dei conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d'Appello, definitivamente pronunciando, respinge l'appello, conferma la sentenza impugnata e compensa le spese di lite. Nulla per le spese di giudizio.

 

Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 aprile 2023.

 

Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2023.


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