T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 26-04-2011, n. 3560
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
In data 27 settembre 2002 il ricorrente veniva trovato in possesso di una moderata quantità di cannabinoidi e, sottoposto ad esame tossicologico, veniva confermata la sua positività a dette sostanze stupefacenti.
Considerata la rilevanza disciplinare del fatto, espletata l'attività istruttoria prescritta, la commissione di disciplina giudicava il militare "non meritevole di conservare il grado" e gli comminava la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.
Il ricorrente impugna la misura disciplinare assumendone l'illegittimità sotto svariati profili e deducendo, in particolare, la violazione dei principi di gradualità e ragionevolezza, nonché rilevando la manifesta sproporzione della sanzione adottata rispetto alla rilevanza del fatto, considerati altresì i precedenti di carriera tutti commendevoli.
Si è costituita in giudizio l'amministrazione intimata per resistere al gravame.
Rigettata la domanda di tutela cautelare, alla pubblica udienza del giorno 23 febbraio 2011 o se è stata trattenuta per la decisione del merito.Motivi della decisione
La questione di diritto che si pone nel presente giudizio riguarda la legittimità della sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione inflitta a militare del Corpo della Guardia di Finanza in relazione all' uso occasionale di sostanze stupefacenti.
L'uso solo occasionale di sostanze stupefacenti da parte dell'odierno ricorrente infatti non è oggetto di contestazione, risultando peraltro sufficientemente accertata e trovando ulteriore conferma negli atti e nei certificati prodotti in giudizio dallo stesso ricorrente.
La Sezione ha, in occasione della definizione di fattispecie analoghe (da ultimo cfr. Tar Lazio II n. 37899 del 21.12.2010), ritenuto che l'occasionalità accertata dell'uso di cannabinoidi da parte di militare della Guardia di Finanza non costituisce presupposto sufficiente per l'adozione della misura sanzionatoria della perdita del grado per rimozione.
Il Consiglio di Stato con ripetute decisioni della sezione IV (cfr ad esempio decisione n. 8352 del 30 novembre 2010 e n. 2927 del 13 maggio 2010) ha invece espresso una opposta interpretazione in base alle seguenti considerazioni.
La perdita del grado viene inflitta in applicazione dell'art. 40 della legge 03.08.1961 n°833.
Il punto 6) di detta norma prevede che il militare di truppa incorre nella perdita del grado, quando è stato rimosso "per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità del Corpo o alle esigenze di sicurezza dello Stato, previo giudizio di una Commissione di disciplina".
Secondo tale previsione la perdita del grado non segue, come negli altri casi elencati dalla stessa norma, al verificarsi di un fatto da essa direttamente individuato, bensì collegando il fatto con gli obblighi assunti dal militare con il giuramento, ovvero con le finalità del Corpo, richiedendo tale operazione un giudizio di attinenza e congruenza (Cons. Stato, IV Sez., n. 3387/07).
Né potrebbe ritenersi che la gravità del comportamento del militare incolpato possa quindi influire sulla misura della sanzione in essa contemplata.
La perdita del grado sarebbe, infatti, sanzione unica ed indivisibile, non essendo stata stabilita con la previsione di un minimo ed un massimo, entro i quali l'Amministrazione deve esercitare il potere sanzionatorio (cfr. IV Sez. n. 2415/09).
Neppure potrebbe ritenersi illegittima, in quanto affetta da difetto di ragionevolezza e di proporzionalità, la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione inflitta al finanziere che abbia consumato, anche episodicamente, sostanze stupefacenti, essendo stato ricondotto tale comportamento alla violazione del giuramento e alla contrarietà con le finalità del Corpo; si dovrebbe considerare difficile, infatti, sostenere che il consumo anche occasionale di droga non contrasti con le finalità del Corpo a cui il militare appartiene se, come nella fattispecie, tra i compiti a cui questo attende vi è proprio il contrasto al contrabbando e al traffico di stupefacenti (cfr. dec. n. 3887/07 cit.; n. 2879/05; n. 2415/09).
Si deve, infatti, ricordare che al Corpo della Guardia di Finanza l'ordinamento affida un ruolo centrale e di primissima linea nella repressione dello spaccio di stupefacenti e nel contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata ad esso connessi: di talché non può ragionevolmente ipotizzarsi che simili compiti, essenziali per la salvaguardia della pubblica sicurezza, siano in concreto espletati da soggetti i quali a loro volta fanno uso delle sostanze la cui diffusione si tratta invece di impedire.
Ciò detto, osserva in primo luogo il Collegio che non appare affatto condivisibile la tesi secondo la quale la violazione degli obblighi assunti con il giuramento prestato, quale che sia la sua gravità, giustifichi la comminatoria della sanzione espulsiva perché indice di carenza da parte del militare di qualità morali e di carattere e comunque lesiva del prestigio del Corpo.
Infatti la proporzione fra addebito e sanzione è principio espressivo di civiltà giuridica (cfr. Cons. Stato IV. Sez., n. 2189 del 10 maggio 2007), comportando la sproporzione della sanzione la violazione del principio di ragionevolezza e di gradualità della sanzione stessa.
Al riguardo è opportuno rammentare che per analoga infrazione commessa da appartenenti alla polizia di Stato (primo episodio di uso non terapeutico di sostanze stupefacenti) l'articolo 6 terzo comma n. 8 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737 prevede espressamente, quale sanzione, la sospensione dal servizio riservando la destituzione ai casi di reiterazione della condotta illecita.
Peraltro secondo una diversa e più condivisibile linea di pensiero dello stesso Consiglio di Stato - che il Collegio ritiene di potere invece fare propria e che prende le mosse proprio da un adeguato apprezzamento del principio di proporzionalità - il consumo di sostanze stupefacenti costituisce per il militare del Corpo della Guardia di Finanza violazione degli obblighi assunti con il giuramento e può persino giustificare la comminatoria della sanzione espulsiva perché indice di carenza di qualità morali e di carattere e comunque lesivo del prestigio del Corpo, ma sempre nel rispetto della proporzione fra addebito e sanzione che è espressivo di civiltà giuridica, non potendosi ragionevolmente porre sullo stesso piano l'addebito, pur riprovevole, di consumo occasionale o di singolo episodio di assunzione di sostanze stupefacenti rispetto all'addebito, per esempio, di spaccio e
consumo, magari in forma organizzata e sistematica. Invero, che simili violazioni costituiscano tutte un vulnus al giuramento prestato è incontrovertibile, ma che debbano tutte essere punite con la massima sanzione (id est, quella espulsiva), come se il vulnus fosse di identico livello in ogni caso, è assunto che si rivela palesemente in contrasto con i precitati principi di ragionevolezza e proporzionalità, essendo ontologicamente differente, nelle diverse ipotesi, l'incidenza della violazione sui doveri di fedeltà e lealtà assunti dal militare con la prestazione del giuramento e risultando altresì differente il livello di carenza di qualità morali e di carattere, ancorché pur sempre in negativo (cfr. in senso conforme Consiglio Stato, sez. IV, 18 febbraio 2010, n. 939).
In siffatta prospettiva appare quindi irragionevole e sproporzionata l'inflizione all'odierno ricorrente della massima sanzione considerati l' uso del tutto occasionale contestatogli, il fatto che egli abbia ammesso spontaneamente la circostanza, i precedenti di carriera tutti pienamente commendevoli.
L'apprezzamento della circostanza contestata al dipendente in maniera isolata rispetto a tutte le altre circostanze ora segnalate, nell'esclusiva ottica della sua incidenza sugli obblighi assunti con il giuramento e al di fuori di ogni prospettiva di proporzionalità, rende l'impugnata sanzione illegittima in quanto non adeguatamente motivata, non basata su una completa e razionale considerazione del disvalore effettivamente evidenziato dall'illecito disciplinare contestato e conseguentemente sganciata da ogni giudizio di graduazione.
L'opzione interpretativa scelta dal Collegio ha trovato conferma proprio di recente in altra diversa pronuncia della stessa Quarta Sezione del Consiglio di Stato (cfr. decisione n. 353 del 18 gennaio 2011), cosicchè la Sezione ritiene, in presenza di perduranti contrasti in seno alla giurisprudenza dell'organo di secondo grado, di potere ribadire il proprio convincimento.
Ne consegue una pronuncia di accoglimento del ricorso, con pronuncia di annullamento dell'atto impugnato, previo assorbimento degli ulteriori motivi di gravame.
Considerati i contrasti di giurisprudenza sul punto, si ritiene poi che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di causa.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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lunedì 23 maggio 2011
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