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venerdì 25 gennaio 2013

Consiglio di Stato: (dipendente di un'azienda ospedaliera transitato nel ruolo della Polizia di Stato con la qualifica di medico)


Cons. Stato Sez. V, Sent., 11-01-2013, n. 112
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. Il dott. (Lpd), dipendente della Regione (Lpd) presso l'Assessorato Scuola, Formazione e problematica del lavoro, inquadramento nella settima qualifica funzionale di istruttore direttivo, con decorrenza giuridica dal 6 agosto 1993 ed economica dal 15 novembre 1993, con atto notificato il 19 settembre 1995 diffidava l'amministrazione regionale ad adottare gli atti e provvedimenti necessari per il riconoscimento del miglior trattamento economico derivante dall'applicazione degli artt. 202 del D.P.R. n. 3 del 1957, 12 del D.P.R. n. 1079 del 1070, 3, comma 57 della L. n. 537 del 1993, con decorrenza dal 15 novembre 1993: ciò in quanto, precedentemente alla assunzione presso l'ente regionale era stato dipendente di ruolo del Ministero di grazia e giustizia, inquadrato nella ottava qualifica funzionale in qualità di direttore di istituto penitenziario dal 13 maggio 1991 al 14 novembre 1993, quale vincitore di apposito concorso pubblico, percependo al momento del passaggio (14 maggio 1993) all'amministrazione regionale una retribuzione pensionabile superiore a quella derivante dal nuovo inquadramento.
Rimasta senza esito tale diffida, l'interessato con ricorso giurisdizionale notificato il 14 novembre 1995 chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per il (Lpd) l'annullamento del silenzio - rifiuto formatosi su detta diffida e la declaratoria del diritto all'attribuzione del miglior trattamento economico, con condanna dell'intimata amministrazione regionale al pagamento delle relative somme, maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria.
2. L'adito tribunale, sez. I ter, con la sentenza n. 1092 del 26 maggio 1999, nella resistenza dell'amministrazione regionale, respingeva il ricorso, osservando che le disposizioni dell'art. 202 del D.P.R. n. 3 del 1957 trovavano applicazione sono all'interno del rapporto di impiego presso le amministrazioni statali e che detto principio non era stato modificato neppure dall'art. 3, comma 57, della L. 24 dicembre 1993, n. 537.
3. L'interessato con rituale e tempestivo atto di appello ha chiesto la riforma di tale sentenza, alla stregua di un unico motivo di gravame, rubricato "Vio(Lpd)ne e falsa applicazione dell'art. 202 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; dell'art. 12, 3 comma, del D.P.R. 20 dicembre 1970, n. 1079; del principio generale del divieto della reformatio in peius del trattamento economico dei dipendenti pubblici versato nell'art. 3, 57 comma, della L. 24 dicembre 1993 n. 537", con cui ha sostanzialmente riproposto la domanda formulata col ricorso di primo grado, a suo avviso erroneamente ed ingiustamente respinta.
Il ricorso, previa revoca del decreto di perenzione n. 1033 del 26 aprile 2012, è stato reiscritto nel ruolo del merito con decreto n. 2389 del 19 settembre 2012.
Ha resistito al gravame la Regione (Lpd) che ne ha chiesto il rigetto.
4. All'udienza pubblica del 18 dicembre 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
5. L'appello è infondato.
5.1. L'art. 202 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato (D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3), disciplinante l'assegno personale, dispone testualmente: "Nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale, utile a pensione, pari alla differenza tra lo stipendio già goduto ed il nuovo, salvo riassorbimento nei successivi aumenti di stipendio per la progressione di carriera anche se semplicemente economica".
La norma è stata in parte modificata dall'art. 3, comma 57, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, che ha precisato che l'assegno anzidetto, sempre utile ai fini pensionistici, non è riassorbile e non è rivalutabile.
5.2. Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa e ordinaria (C.d.S., Ad. Plen. 16 marzo 1992, n. 8; Sez. IV, 7 aprile 2008, n. 1481; 5 aprile 2005, n. 1490; 10 marzo 2011, n. 1558; sez. V, 4 marzo 2011, n. 1387; Sez. VI, 4 gennaio 2000, n. 49; 19 maggio 2003, n. 2682; 26 gennaio 2007, n. 289; C.d.S., 7 dicembre 2007, n. 6295; 17 febbraio 2010, n. 894; 9 giugno 2010, n. 3647; Sez. VI, 18 agosto 2010, n. 5964; Cass. civ., sez. lav., 29 marzo 2010, n. 7520), da cui non vi è ragione di discostarsi, la norma in questione non costituisce espressione di un principio generale, applicabile a tutti i dipendenti pubblici e ad ogni caso di trasferimento, dovendo piuttosto essere interpretata nel senso che la disciplina relativa all'assegno personale, utile a pensione, attribuibile agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova posizione lavorativa, concerne esclusivamente i casi di passaggio di carriera presso la stessa amministrazione statale o anche diversa amministrazione, purché statale, e non (anche) i passaggi nell'ambito di un'amministrazione non statale, ovvero tra diverse amministrazioni non statali, o da una di esse allo Stato e viceversa.
La precipua finalità di tale norme è di evitare che il mutamento di carriera nell'ambito dell'organizzazione burocratica dello Stato - inteso come Stato-apparato o Stato-amministrazione - comporti, per gli interessati, un regresso nel trattamento economico raggiunto, potendo del resto parlarsi di trattamento in peius soltanto confrontando posizioni omogenee nel contesto di un sistema burocratico unitario, entro il quale il dipendente statale si sposti con le modalità previste per il "passaggio" ad altra amministrazione statale o ad altra carriera; in virtù di tali limiti soggettivi e oggettivi all'applicabilità della predetta norma deve escludersi che alla stessa possa essere attribuita una portata estensiva e che il legislatore abbia inteso con essa porre un principio di ordine generale, da valere per ogni tipo di passaggio ed indipendentemente dalla natura statale o meno delle organizzazioni nel cui ambito si verifica la mobilità.
Il principio è stato ribadito dalla Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato con la sentenza 17 febbraio 2010, n. 894, concernente un caso del tutto analogo, ma contrario, a quello in esame (dipendente di un'azienda ospedaliera transitato nel ruolo della Polizia di Stato con la qualifica di medico), evidenziandosi che, anche alla luce delle disposizioni regolamentari applicative dell'art. 45 D.Lgs. n. 29 del 1993 che hanno determinato i "comparti di contrattazione collettiva", distinguendo quello "del personale dipendente dai ministeri" da quello "del personale degli enti pubblici non economici", è stato ulteriormente precisato e delimitato il novero delle amministrazioni dello Stato "in senso stretto", cui si applica l'invocato principio del divieto di "reformatio in peius", sancito dall'invocato art. 202 t.u. (così anche C.d.S., sez. IV, 4 luglio 2011, n. 3961).
6. Sulla scorta del delineato substrato normativo - giurisprudenziale la domanda dell'interessato, impiegato statale passato alle dipendenze dell'amministrazione regionale del (Lpd), non può trovare favorevole considerazione, come correttamente rilevato dai primi giudici, non essendo invocabile neppure l'art. 12 del D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, che richiama il più volte citato art. 202 t.u., ripetendone finalità e limiti, solo aggiungendo il riferimento a "disposizioni analoghe", ma pur sempre concernenti l'impiego statale, esclusivo destinatario della normativa (C.d.S., sez. IV, 10 marzo 2011, n. 1558).
La peculiarità e la risalenza della controversia giustificano la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello proposto dal sig. (Lpd) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il (Lpd), sez. I ter, n.1092 del 26 maggio 1999, lo respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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