T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 16-01-2013, n. 55
Fatto Diritto P.Q.(Lpd)
Svolgimento del processo
Il ricorrente, premettendo di essere assistente capo della Polizia di Stato dal 23 novembre 1988, espone che, ammalatosi in data 6 settembre 1997 di "duodenite erosiva", con istanza del 5 marzo 1998, presentata al Commissariato di Taormina, chiedeva che fosse riconosciuta la dipendenza dell'infermità da causa di servizio ai fini dell'equo indennizzo, ritenendo la patologia riscontrata riconducibile all'attività lavorativa.
A tal fine, faceva presente di aver prestato servizio in diverse sedi con orari e modalità di svolgimento della prestazione particolarmente disagiati, osservando turni di servizio prolungati - anche durante le ore notturne - dovuti alla cronica carenza di personale, turni che gli impedivano di fruire di pasti in maniera regolare, come del resto confermato dai dirigenti degli uffici nei quali il ricorrente era stato via via destinato.
Con nota prot. nr. 321/99, inviata in data 29.11.04, il centro militare di medicina legale invitava il ricorrente a sottoporsi alla visita medica collegiale, invitandolo altresì ad effettuare un esame preliminare, dal quale veniva riscontrata la patologia " ernia iatale da scivolamento con sindrome da reflusso - duodenite erosiva ".
Con nota del 23.03.04, la Questura di Messina inviava al Ministero dell'Interno il parere della C.(Lpd)O. di Messina la quale aveva accertato l'esistenza della patologia lamentata (duodenite erosiva) ascrivendola a tabella "b" come "turbe algico dispeptiche", mentre l'ernia itale da scivolamento non era ritenuta ascrivibile a tabella.
Quindi, preso atto del parere della c.(Lpd)o., il sig. (Lpd) presentava istanza volta al riconoscimento dell'equo indennizzo.
Trasmessi gli atti al Comitato di Verifica per le Cause di Servizio istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze ai sensi del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, tale organo, nell'adunanza del 13.12.2007, esprimeva parere (verbale di posizione n. 3275/2006) con cui negava la dipendenza da fatti di servizio dell'infermità patita dal ricorrente .
Infine, con decreto del 14.04.09, il ministero resistente comunicava il definitivo diniego del riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio e, conseguentemente, dell'equo indennizzo, alla luce del parere espresso dal Comitato oltre che per intempestività della domanda.
Avverso i suddetti provvedimenti il ricorrente proponeva il ricorso in epigrafe, con il quale deduceva l'illegittimità degli atti impugnati sotto quattro distinti profili.
Con il primo motivo il ricorrente lamentava " Violazione e falsa applicazione dell'art. 36, D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, oggi art.2, D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461", stante l'erroneità del provvedimento di diniego per intempestività della domanda, essendo stata la patologia riscontrata il 6 settembre '97 e la domanda presentata il 5 marzo '98, quindi perfettamente in tempo utile.
Con il secondo motivo il ricorrente lamentava " Violazione e falsa applicazione dell'art. 10 bis, L. 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall'art. 6, L. 11 febbraio 2005, n. 15", sotto il profilo della mancata comunicazione del preavviso di diniego.
Con il terzo motivo il ricorrente lamentava "Violazione e falsa applicazione dell'art. 14, comma 1, D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461", ritenendo il provvedimento di diniego illegittimo in quanto adottato sull'errato presupposto che il parere del Comitato di Verifica sarebbe vincolante per l'Amministrazione.
L'organo di amministrazione attiva, al contrario, avrebbe dovuto chiedere chiarimenti sulle conclusioni cui era giunto il Comitato e in specie sul perché aveva negato la riconducibilità dell'infermità alle ragioni di servizio in presenza di una situazione lavorativa come quella descritta nelle relazioni trasmesse dal ricorrente a corredo della propria istanza.
Con il quarto motivo il ricorrente lamentava "Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti", poiché il Comitato, non tenendo adeguatamente conto della complessiva situazione clinica del ricorrente, avrebbe errato nel ritenere l'infermità diagnosticata non dipendente dagli eventi occorsi a causa del servizio, addebitando la stessa a fattori esterni.
Il ricorrente esponeva con dovizia di particolari ed anche con l'ausilio di una consulenza di parte per quali ragioni l'insorgenza della sua patologia fosse riconducibile esclusivamente ai turni lavorativi particolarmente stressanti.
Con il quinto motivo il ricorrente lamentava "Carenza di motivazione" non avendo i provvedimenti impugnati tenuto conto delle conclusioni medico - scientifiche raggiunte dalla scienza in subiecta materia.
L'Am(Lpd)ne si costituiva in giudizio, difendendo la legittimità degli atti impugnati.
In data 31.10.2012 depositava l'atto n.4730/10N del 22.10.2012 di annullamento in autotutela del D.(Lpd) del 14 aprile 2009, prot. n. 1162, limitatamente al giudizio di intempestività dell'istanza, fermo il resto.
Infine, nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2012 il ricorso è passato in decisione.
Motivi della decisione
I. Sul primo motivo di ricorso è venuto meno l'interesse del ricorrente alla decisione in quanto, in sede di riesame, successivamente alla proposizione del ricorso in epigrafe, l'Am(Lpd)ne, ritenuti fondati i rilievi del ricorrente, ha proceduto (con provvedimento n.4730/10N del 22.10.2012) ad annullare in autotutela il D.(Lpd) del 14 aprile 2009, prot. n. 1162, limitatamente al giudizio di intempestività dell'istanza, fermo il resto.
II. Come esposto in premesse, il diniego impugnato si fonda sul parere del Comitato, il quale ha ritenuto che l'infermità "duodenite endoscopicamente accertata" non potesse riconoscersi come dipendente da causa di servizio, "trattandosi di affezione prevalentemente a carattere familiare, favorita da abitudini di vita del soggetto ... sull'insorgenza e decorso della quale gli invocati fattori esogeni (servizio disagiato) non possono avere nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, in quanto non dotati di particolare intensità lesiva e inoltre non prolungati nel tempo".
Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, il Collegio ritiene la censura infondata, alla luce dell'orientamento giurisprudenziale in materia, già in precedenza condiviso dalla Sezione, secondo il quale, poichè nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità del pubblico dipendente, il parere del Comitato di verifica, oltre ad essere obbligatorio, è vincolante per l'Amministrazione procedente, tenuta a concludere il procedimento in maniera conforme alle determinazioni dell'organo consultivo, fatte salve le ipotesi di palese inattendibilità o di manifesta illogicità, l'Amministrazione non è tenuta alla comunicazione del preavviso di rigetto, ai sensi dell'art. 10 bis, L. 7 agosto 1990, n. 241, in quanto l'eventuale partecipazione procedimentale dell'interessato non potrebbe produrre effetti sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato (T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 11 novembre 2010 , n. 2645; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 05 agosto 2010 , n. 30118).
Tanto determina l'infondatezza della seconda censura.
III. Per quanto riguarda il terzo ed il quarto motivo, che vanno esaminati congiuntamente, va ricordato che con D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, è stato approvato il nuovo "Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie".
Gli atti impugnati sono stati emessi a definizione del procedimento avviato dal ricorrente prima dell'entrata in vigore della citata normativa, ma nel vigore del nuovo regolamento, sicchè l'istanza è stata, correttamente, istruita e definita ai sensi della sopravvenuta normativa, in applicazione del principio " tempus regit actum", secondo cui gli atti posti in essere dall' amministrazione devono essere uniformati alla disciplina normativa vigente al momento in cui sono adottati;
Ciò detto, ed in merito alle illegittimità lamentate, va ricordato che, come più volte affermato (anche) da questo Tribunale (tra le più recenti, si veda la decisione di questa Sezione N. 575/2012), nel procedimento preordinato alla verifica dei presupposti per la liquidazione dell'equo indennizzo, spetta al Comitato di verifica per le cause di servizio il compito di esprimere il giudizio finale sull'eziologia, professionale o no, dell'infermità sofferta dal pubblico dipendente. Conseguenza della particolare efficacia del parere - obbligatorio - espresso da tale organo è la sua idoneità, ove non vi siano elementi comprovanti la sua inattendibilità, a fungere da unica motivazione per il provvedimento finale, mentre solo nel caso in cui l'amministrazione ritenga di non potervi aderire sorge un obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa (Consiglio Stato, sez. VI, 12 novembre 2008 , n. 5663).
Infatti, il D.P.R. n. 461 del 2001 impone all'organo di amministrazione attiva di conformarsi al parere in questione e di assumerlo come motivazione dell'adottando provvedimento, sia esso di accoglimento che di rigetto. Sicchè è stato affermato che "nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità del pubblico dipendente, il parere del Comitato di verifica, oltre ad essere obbligatorio è vincolante per l'Amministrazione procedente, nel senso che quest'ultima è tenuta a concludere il procedimento in maniera conforme alle determinazioni dell'organo consultivo, fatte salve le ipotesi di palese inattendibilità o di manifesta illogicità ..." (T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 11 novembre 2010 , n. 2645) ed ai soli fini del "riesame" del caso, come dispone chiaramente l'art. 14, comma 1, del D.P.R. n. 461 del 2001 cit.; cfr. anche T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 8 aprile 2010 n. 1073.
Il parere verte sull'esistenza (o meno) di un nesso di dipendenza causale o anche solo concausale, ma pur sempre efficiente e determinante, fra l'infermità e i fatti ricollegabili alla prestazione lavorativa svolta dal pubblico dipendente e/o all'ambiente lavorativo nel quale quest'ultimo era tenuto a prestare la propria opera. Ed al riguardo, va ricordato, e condiviso, il principio espresso dal Consiglio di Stato, secondo cui nel riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte da pubblici dipendenti, specie quando si tratta di patologie dalla eziologia incerta, il sindacato che il giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, ai quali la normativa vigente attribuisce una competenza esclusiva nella materia de qua, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità ictu oculi rilevabili ( Cons. Stato sez. IV 10.07.2007 n. 3911).
Ciò che occorre allora verificare, ai fini del decidere, è se, nel caso in esame, il Comitato di verifica per le cause di servizio abbia puntualmente e congruamente svolto il proprio obbligo motivazionale chiarendo le ragioni per le quali non può riconoscersi una eziologia professionale alla patologia che ha colpito il dipendente, ovvero sia incorso in quella inattendibilità e macroscopica illogicità che giustifica l'intervento giurisdizionale, nel rispetto dei limiti che perimetrano l'ambito entro il quale il giudice amministrativo può svolgere il proprio compito nella materia de qua.
Il Comitato di Verifica per le cause di Servizio, nel parere impugnato, ha escluso ogni riconducibilità alla causa di servizio delle infermità patita dal ricorrente, precisando che la patologia "duodenite endoscopicamente accertata" è "affezione prevalentemente a carattere familiare, favorita da abitudini di vita del soggetto ... sull'insorgenza e decorso della quale gli invocati fattori esogeni (servizio disagiato) non possono avere nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, in quanto non dotati di particolare intensità lesiva e inoltre non prolungati nel tempo".
In sostanza, il Comitato ha ritenuto la natura endogeno costituzionale dell'affezione in questione, e per altro verso non ha ravvisato, nello stato di servizio dell'interessato, situazioni tali da poter favorire lo sviluppo dell'infermità, escludendo anche il ricorrere di concause efficienti e determinanti.
Nessuno dei citati argomenti appaiono al Collegio frutto di un macroscopico travisamento dei fatti, né le considerazioni di carattere medico legali appaiono inattendibili o illogiche.
Il parere medico legale, presupposto del rigetto dell'istanza del ricorrente, risulta approfondito e convincente, avendo la Commissione ritenuto che l'infermità sia derivata da fattori endogeno-costituzionali sulla cui insorgenza nessuna efficacia lesiva ha potuto costituire una prestazione di servizio quale quella dell'interessato.
Va, peraltro, osservato, sotto altro profilo, che eventuali episodi di particolare difficoltà che si sono verificati nel corso dell'attività professionale del ricorrente devono essere ritenuti connaturati con le caratteristiche proprie dell'attività lavorativa dallo stesso svolta.
Non risulta, in proposito, sufficiente elencare le situazioni di particolare impegno e rischio che, ovviamente, sono proprie dell'attività di servizio scelta dal ricorrente al momento dell'arruolamento.
Sotto tale profilo, nel caso in questione, il giudizio espresso dal Comitato appare sottrarsi ad ogni censura, giacché, quand'anche si fossero verificati situazioni di fatica e/o disagio nel corso dell'attività svolta dal ricorrente, deve considerarsi che simili condizioni risultano in definitiva connaturate con le caratteristiche proprie del servizio svolto dal ricorrente.
In altri termini, la peculiare natura della infermità e la sua eziologia appaiono ictu oculi essere del tutto indipendenti dalle particolari condizioni di lavoro, che debbono farsi ragionevolmente rientrare nelle caratteristiche proprie dell'attività prestata dalla generalità dei soggetti che espletano il medesimo servizio, con esclusione, quindi, di effetti anche solo concausali dell'attività in parola sull'insorgenza della forma morbosa.
Come già affermato da questa Sezione in casi analoghi, non è ipotizzabile un nesso di dipendenza anche solo concausale, ma pur sempre efficiente e determinante, fra l'infermità e il servizio, quando l'attività svolta dal pubblico dipendente rientri nelle normali mansioni proprie della relativa attività lavorativa (dovendosi, al riguardo, tener conto delle peculiarità ordinariamente connesse all'impiego nelle Forze Armate), in mancanza di comprovate situazioni di particolarità ed eccezionalità tali da far presumere che sull'insorgenza o aggravamento dell'infermità si siano innestati qualificati e rilevanti elementi riconducibili al servizio.
Sulla scorta di quanto si è esposto, il ricorso deve essere respinto.
Tuttavia, tenuto conto della complessità della vicenda in esame, dell'attinenza della stessa alla tutela di diritti fondamentali quali quelli al lavoro ed alla salute, dell'impegno profuso dalla difesa del ricorrente e della parziale cessazione della materia del contendere, il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.(Lpd)
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Nessun commento:
Posta un commento