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venerdì 25 gennaio 2013

Polizia di Stato: "sanzione disciplinare della deplorazione in aggiunta alla pena pecuniaria pari ad 1/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo."



T.A.R. Toscana (Lpd) Sez. I, Sent., 14-01-2013, n. 24
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1) Con il ricorso in epigrafe l'agente scelto della Polizia di Stato (Lpd), in servizio presso la Questura di (Lpd), ha impugnato il decreto del Capo della Polizia n. 333-D/13986 del 16.2.2009 con cui le è stata inflitta la sanzione disciplinare della deplorazione in aggiunta alla pena pecuniaria pari ad 1/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo. Contro tale provvedimento ha formulato censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Per resistere al gravame si è costituita in giudizio l'Amministrazione dell'interno, che ha depositato scritti difensivi e documentazione.
Nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 questo Tribunale, con ordinanza n. 466, ha respinto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato.
La ricorrente ha depositato una memoria in vista dell'udienza del 19 dicembre 2012, in cui la causa è passata in decisione.
2) Con atto datato 10/7/2008 e notificato il 15/7/2008 il funzionario istruttore nominato dal Questore di (Lpd) ha contestato quanto segue all'agente scelto della Polizia di Stato (Lpd): "dal 6 al 9 febbraio u.s. la S.V. è stata sorpresa a far parte integrante di un dispositivo di sicurezza privata a tutela delle Autorità degli Emirati Arabi Uniti che hanno soggiornato a Venezia presso Hotel Hilton". L'interessata ha fornito le proprie giustificazioni con nota datata 1/8/2008. Il funzionario istruttore ha depositato il 2/9/2008 la relazione dell'attività svolta concludendo: "Appare provato che i fatti disciplinarmente rilevanti addebitati all'A(Lpd) Sc. (Lpd) siano realmente accaduti e che la stessa li abbia commessi fuori dall'orario di servizio nelle circostanze di tempo e di luogo sopra narrati costituendo pertanto comportamenti gravi non conformi alle funzioni svolte dagli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza". L'1/12/2008 si è riunito il Consiglio provinciale di disciplina per la trattazione orale del procedimento a carico dell'odierna ricorrente, a conclusione del quale il predetto collegio ha deliberato a maggioranza di proporre, ai sensi degli artt. 4 comma 18 e 5 comma 4 del D.P.R. n. 737 del 1981 "l'applicazione della sanzione disciplinare della deplorazione e della pena pecuniaria nel minimo (1/30) ". A tale proposta si è conformato il Capo della Polizia adottando il provvedimento impugnato con il ricorso in esame.
3) La prima censura formulata nel ricorso riguarda la pretesa violazione dell'art. 120 del T.U. n. 3/1957, a norma del quale "Il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto". Secondo la ricorrente tale termine perentorio sarebbe stato superato sia nella fase degli accertamenti preliminari, sia nell'ambito del procedimento disciplinare propriamente detto.
La censura è infondata. Il procedimento disciplinare inizia con la contestazione degli addebiti, dunque la disposizione ex art. 120 citato non trova applicazione prima che la contestazione sia stata formulata, cioè nell'ambito degli accertamenti preliminari alla decisione di avviare o meno il procedimento disciplinare (questa fase rileva, piuttosto, in relazione alla previsione concernente la tempestività della contestazione, di cui all'art. 103 del T.U. n. 3/1957, che costituisce oggetto del secondo motivo di ricorso). Per quanto poi riguarda il procedimento disciplinare svoltosi nei confronti della ricorrente la violazione dell'art. 120 sarebbe riscontrabile tra il deposito della relazione istruttoria (in data 2/9/2008) e la delibera del Consiglio provinciale di disciplina (del 2/12/2008); così però non è, posto che tra i due atti si inserisce (e vale a interrompere il termine perentorio di 90 giorni) la convocazione del Consiglio provinciale di disciplina per il 19/11/2008 (per la presa visione degli atti relativi al procedimento disciplinare, ai sensi dell'art. 20 del D.P.R. n. 737 del 1981); come recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, sez. IV, 26 luglio 2012 n. 4257 il termine in questione "s'interrompe ogniqualvolta, prima della sua scadenza, sia adottato un atto proprio del procedimento, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocamente desumersi la volontà dell'Amministrazione di portare a conclusione il procedimento". A ciò si aggiunga che il Consiglio provinciale di disciplina si è riunito per la trattazione orale in data 1/12/2008, esattamente alla scadenza del novantesimo giorno decorrente dal deposito della relazione istruttoria.
4) Con il secondo motivo di ricorso è stata prospettata la violazione del principio della necessaria tempestività della contestazione di addebiti, enunciato dall'art. 103 del T.U. n. 3/1957; nel caso in esame, infatti, tra la segnalazione alla Questura di (Lpd) da parte della Questura di Venezia dei fatti da cui trae origine il procedimento disciplinare (risalente al 13/2/2008) e la contestazione notificata il 15/7/2008 sono trascorsi oltre cinque mesi, senza che tale ritardo trovi giustificazione.
Anche questa censura va superata. La giurisprudenza ha ripetutamente affermato che la disposizione ex art. 103 citato "nel prescrivere che la contestazione degli addebiti debba avvenire "subito", non mira a vincolare l'Amministrazione all'osservanza di un termine rigido, il cui decorso comporti la decadenza del potere disciplinare, ma indica una regola di ragionevole prontezza e tempestività, da valutarsi caso per caso in relazione alla gravità dei fatti ed alla complessità degli accertamenti preliminari, nonché allo svolgimento effettivo dell'iter procedurale...
Ciò che, infatti, la norma vuole salvaguardare è la certezza del rapporto tra l'impiegato e l'Amministrazione, la quale verrebbe inficiata (anche per i profili consequenziali inerenti allo sviluppo di carriera e alle relative valutazioni periodiche), ove il dipendente restasse esposto, sine die, per ingiustificata inerzia dell'Amministrazione stessa, alla qualificazione come infrattivi di determinati comportamenti" (così Consiglio di Stato, sez. VI, 18 settembre 2006 n. 5418, nonché successivamente sez. IV, 30 gennaio 2009 n. 517). La citata sentenza della sez. VI n. 5418/2006, peraltro, fornisce anche una precisa indicazione temporale, in relazione alla circostanza che in quel caso "la contestazione degli addebiti... è stata effettuata entro sei mesi dalla individuazione della consistenza materiale del fatto; termine che, seppure avrebbe potuto essere abbreviato da una maggiore speditezza dell'iter burocratico, non appare tale, però, da integrare gli estremi di una inerzia aventi effetti decadenziali sul potere punitivo (ed invero, la giurisprudenza ha ritenuto ricorrere gli estremi dell'irragionevolezza in comportamenti inerti protrattisi, addirittura per oltre due anni: cfr. Cons. St. IV Sez. n. 4535 del 5 agosto 2003) ". Le medesime considerazioni sono applicabili al caso in esame, con conseguente rigetto del motivo proposto.
5) Il terzo motivo di ricorso investe l'asserita inattendibilità della ricostruzione dei fatti operata dall'Amministrazione; non risulterebbe, in sostanza, provato che la ricorrente avrebbe fatto "parte integrante di un dispositivo di sicurezza privata" a tutela di autorità straniere.
Il Collegio è di diverso avviso. Premesso che è la versione dei fatti fornita dall'interessata e non la ricostruzione proposta dall'Amministrazione ad essere scarsamente credibile (a partire dalla circostanza che tra i presunti "accompagnatori" delle principesse arabe figuravano tre appartenenti alla Polizia di Stato, tutte in servizio presso sedi lontane da Venezia), dall'accurata attività di indagine svolta nell'occasione dal personale del Commissariato di P.S. "San Marco" emerge una pluralità di convergenti elementi probatori a sostegno del quadro delineato dall'Amministrazione, in particolare con riferimento alle dichiarazioni di soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda, acquisite nell'immediatezza dei fatti e riportate nei verbali e nelle relazioni di servizio sottoscritti dal personale di P.S. Tali elementi appaiono sufficienti per confermare quanto sostenuto negli atti impugnati circa la natura e le finalità della partecipazione delle appartenenti alla Polizia di Stato al soggiorno veneziano delle autorità arabe; non è credibile, infatti, che le predette siano state casualmente invitate a soggiornare all'hotel Hilton come in occasione di una imprevista, quanto gradita vacanza, né è credibile che tale fosse la posizione della sola odierna ricorrente (esperta agente in servizio presso la DIGOS di (Lpd)), all'oscuro del ruolo svolto dalle colleghe.
6) Altra cosa è il diverso rilievo assunto nella vicenda dalle tre appartenenti alla P.S. coinvolte. Tale differenza è stata apprezzata dal Consiglio provinciale di disciplina che, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, non ha "derubricato" l'addebito originariamente contestato alla ricorrente, ma, nel rilevare che "i fatti sono stati effettivamente commessi da parte dell'incolpata" e nel sottolineare che la stessa "ha più volte espresso il suo pentimento per quanto contestato e per l'imbarazzo arrecato all'amministrazione della P.S. ", ha tuttavia evidenziato come il ruolo dell'agente scelto (Lpd) sia stato "sicuramente secondario rispetto a quello delle colleghe"; e quindi, tenuto conto della stima di cui gode la predetta e della mancanza di risonanza mediatica e di rilievo penale dei fatti, ha ritenuto di proporre una sanzione meno grave anche in applicazione dei criteri di gradualità e di proporzione.
Così inquadrato il parere del Consiglio provinciale di disciplina, cade anche l'ultima censura dedotta, posto che in realtà il predetto collegio non si è pronunciato in relazione a un addebito mai contestato, ma si è limitato a riconoscere il minore rilievo del ruolo della ricorrente nei fatti accertati, così come addebitati; fatti e comportamenti che oggettivamente non risultano compatibili con le funzioni svolte (con vincolo di esclusività) da un appartenente alla Polizia di Stato.
7) Per le ragioni illustrate il ricorso risulta infondato e va respinto.
La particolarità della vicenda induce a ritenere equa la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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