T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 16-01-2013, n. 140
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso ritualmente proposto il sig. (Lpd) ha impugnato, chiedendone l'annullamento, il Provv. del 10 novembre 2011, con cui il dirigente del Ministero dell'Interno - direzione centrale per le risorse umane, ha respinto la domanda del ricorrente volta ad ottenere il transito nei ruoli della carriera prefettizia, nonché nella posizione funzionale di dirigente di II fascia, comunicando la possibilità di transito nell'area funzionale terza (funzionario amministrativo o economico-contabile), ed ogni atto presupposto, connesso o consequenziale, nonché per l'accertamento del diritto al richiesto inquadramento "nei ruoli del personale contrattualizzato e precipuamente nei ruoli dei dirigenti di II fascia, ed in ogni caso nei ruoli dirigenziali, nell'ambito dei ruoli civili del Ministero dell'Interno".
A fondamento dell'impugnazione ha premesso in fatto:
- di aver ricoperto la qualifica di dirigente tecnico-fisico della Polizia di Stato;
- che a seguito di malattia, la commissione medica ospedaliera di Cagliari lo ha dichiarato, in data 27.4.2005, permanentemente non idoneo al servizio nei ruoli ordinari, ed idoneo ai ruoli civili e tecnici della medesima o di altra Amministrazione;
- che dopo il transito, in data 19.3.2007, nei ruoli dei direttori tecnici-fisici della Polizia di Stato, è stato promosso alla qualifica di primo dirigente tecnico-fisico con decreto del 12.1.2009, avente decorrenza dall'1.1.2008;
- che a seguito di successive diagnosi ("distiroidismo in corso di accertamento" in data 25.9.2010; disturbi cardiaci in data 24.10.2010), la commissione medica ospedaliera lo ha dichiarato permanentemente non idoneo al servizio nei ruoli tecnici della Polizia di Stato, ed idoneo ai ruoli civili del Ministero dell'Interno o di altre Amministrazione statali;
- di aver presentato l'istanza del 15.9.2011, volta ad ottenere il transito nei ruoli dirigenziali (II fascia) del Ministero (ovvero in altri ruoli, sempre dirigenziali, specificamente indicati e ritenuti pertinenti al titolo di studio posseduto);
- di aver parzialmente rettificato le proprie preferenze con nota del 23.9.2011, nella quale ha chiesto di transitare "nei ruoli dirigenziali dell'Amministrazione civile dell'Interno e segnatamente nei ruoli dei funzionari di Prefettura o nei ruoli dei dirigenti Area 1";
- che il Ministero, dopo averlo collocato in aspettativa ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. n. 339 del 1982, ha respinto, con l'impugnato provvedimento, la proposta istanza di transito, di contro proponendo, come esclusiva opzione, l'inquadramento nell'area funzionale terza (funzionario amministrativo o economico-contabile) .
Nel ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:
1) illegittimità per violazione dell'art. 1 e seguenti del D.P.R. n. 339 del 1982;
2) illegittimità per violazione dell'art. 12 del D.P.R. n. 339 del 1982; incompetenza;
3) illegittimità per violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990.
La domanda cautelare è stata radicata, oltre che sulla fondatezza in diritto del ricorso, sul pregiudizio costituito da un "vero e proprio danno alla carriera del ricorrente, costretto ad accettare un demansionamento al fine di potere continuare ad espletare un'attività lavorativa produttiva del reddito indispensabile per il mantenimento proprio e della sua famiglia" (cfr. pag. 13).
L'udienza in camera di consiglio, fissata al 21.3.2012, è stata rinviata, su domanda del ricorrente, al 9.5.2012, ed in tale udienza lo stesso ha chiesto che l'istanza cautelare fosse trattata congiuntamente alla discussione del ricorso nel merito, quest'ultima fissata al 19.12.2012.
Con ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 6.7.2012, è stato inoltre impugnato il decreto del 20.3.2012, con cui il direttore centrale per le risorse umane del Ministero dell'Interno ha disposto, "stante l'impossibilità del transito secondo le previsioni dell'art. 9 del D.P.R. n. 339 del 1982, seconda parte", la dispensa del ricorrente dal servizio a decorrere dal 2.3.2012, impugnando altresì ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, e deducendo i seguenti motivi:
1 motivo aggiunto) illegittimità per violazione dell'art. 9 del D.P.R. n. 339 del 1982; illegittimità derivata con riferimento al primo motivo del ricorso principale;
2 motivo aggiunto) illegittimità derivata con riferimento al secondo motivo del ricorso principale; violazione dell'art. 8 del D.P.R. n. 339 del 1982;
3 motivo aggiunto) illegittimità derivata con riferimento al terzo motivo del ricorso principale.
Si è costituito, con memoria formale, il Ministero dell'Interno, chiedendo la reiezione del ricorso.
All'udienza del 19 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.
Possono essere esaminati congiuntamente il primo e terzo motivo del ricorso principale, incentrati sull'analisi della disciplina legislativa in tema di pubblico impiego, e, specificamente, sui requisiti per ottenere l'inquadramento nei ruoli della carriera prefettizia e dirigenziale (prima e seconda fascia) dei Ministeri.
Nel primo motivo si è dedotto che "volendo individuare la posizione gerarchica del dott. (Lpd), non par dubbio che questi sia da collocare nel ruolo dirigenziale in posizione apicale", considerato che "il D.Lg(Lpd) n. 165 del 2001 ha abrogato la disciplina delle qualifiche funzionali (artt. 69 e 72) ed ha assoggettato alla contrattazione collettiva la materia della classificazione del personale" (cfr. pag. 8), e che, pertanto, "va da sé che essendo il Dott. (Lpd) appartenente ad un ruolo dirigenziale in posizione apicale, la qualifica corrispondente al medesimo nei ruoli civili non può essere quella indicata nel provvedimento impugnato" (cfr. pag. 9), cioè quella dell'area funzionale terza (funzionario amministrativo o economico-contabile).
Nel terzo motivo, è stato, invece, contestato che "il vizio di motivazione emerge in tutta chiarezza con riferimento al diniego di transito del ricorrente nella qualifica di dirigente di II fascia", imputandosi all'Amministrazione di non aver chiarito "perché la qualifica già rivestita (quella di dirigente tecnico-fisico della Polizia di Stato) debba considerarsi corrispondente a quella indicata (quella, cioè, relativa all'area funzionale terza)" (cfr. pag. 11).
Trattasi, ad avviso del Collegio, di censure infondate.
L'art. 1 del D.P.R. n. 339 del 1982, regolamento concernente il "passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia, ad altri ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato" prevede che "il personale dei ruoli della Polizia di Stato, che espleta funzioni di polizia, giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche dipendenti da causa di servizio, all'assolvimento dei compiti d'istituto può, a domanda, essere trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato, sempreché l'infermità accertata ne consenta l'ulteriore impiego".
L'art. 40, comma 3 del D.Lg(Lpd) 19 maggio 2000, n. 139, recante "disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia" ha tuttavia previsto che a partire dalla data di entrata in vigore di tale decreto alcune disposizioni di cui al citato D.P.R. n. 339 del 1982, tra cui, appunto, l'art. 1, non si applicano "ai fini del passaggio nei ruoli della carriera prefettizia e della relativa progressione in carriera".
Si tratta, come si vede, di una limitazione all'applicazione della vista disposizione regolamentare, prevista dalla legge, che preclude l'inquadramento nei ruoli della carriera prefettizia, peraltro puntualmente richiamata nel provvedimento impugnato, ove si è dato, altresì, atto che "tale indicazione era già stata fornita al dott. (Lpd) con nota del 25 luglio 2005, di cui si allega copia, in occasione di un precedente procedimento di transito ai densi del D.P.R. n. 339 del 1982 nei ruoli dell'Amministrazione civile dell'Interno".
Oltre a tale, dirimente, profilo, va, inoltre, tenuto conto che l'art. 28, comma 2 del D.Lg(Lpd) n. 165 del 2001 prevede, in tema di accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia che "al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio o, se in possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, almeno tre anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea. Sono altresì ammessi i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea ".
Non diversamente, all'accesso alla dirigenza di prima fascia - oggetto della rettificata richiesta del 23.9.2011 - sono ammessi, ai sensi dell'art. 28 bis, comma 3 del D.Lg(Lpd) n. 165 del 2001 "i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, che abbiano maturato almeno cinque anni di servizio nei ruoli dirigenziali e gli altri soggetti in possesso di titoli di studio e professionali individuati nei bandi di concorso, con riferimento alle specifiche esigenze dell'Amministrazione e sulla base di criteri generali di equivalenza stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere della Scuola superiore della pubblica amministrazione, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca".
Come si vede, il sistema di reclutamento dei dirigenti, sia di prima che di seconda fascia, è fondato sul principio concorsuale e presuppone, ai fini dell'accesso alla detta qualifica, il possesso del requisito di anzianità minima di cinque anni sia per i "dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea", sia per "coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche", sia, infine, per "i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni".
Nel caso di specie, il ricorrente ha conseguito la qualifica dirigenziale con decreto del 12.1.2009, avente decorrenza 1.1.2008, sicché, al momento della presentazione dell'istanza di transito nei ruoli civili del Ministero (15.9.2011) e della successiva rettifica (23.9.2011), non risultava comunque in possesso del requisito di anzianità minima di cinque anni per ottenere l'inquadramento nelle corrispondenti qualifiche dirigenziali.
Di conseguenza, l'individuazione dell'area funzionale terza come proposta di ricollocazione del ricorrente - ferma restando la conservazione del "trattamento economico posseduto all'atto del trasferimento" - non poteva che rappresentare, nei fatti, l'unica opzione possibile.
Ad avviso del Collegio è stato, dunque, applicato dall'Amministrazione il principio generale in forza del quale il personale inidoneo al servizio per ragioni di salute, "prima di essere dispensato, deve essere posto nelle condizioni di continuare a prestare servizio nell'assolvimento di compiti e funzioni compatibili con le sue condizioni di idoneità fisica" (cfr. Corte Costituzionale, 10 febbraio 2006, n. 56).
Nel caso di specie risulta, infatti, comprovato il positivo esperimento della ricerca di una collocazione alternativa, che però, una volta individuata, è stata ritenuta illegittima e quindi impugnata dal dott. (Lpd).
Con il secondo motivo del ricorso principale è stata invece dedotta l'incompetenza del dirigente del Dipartimento per gli Affari interni e territoriali ad adottare l'impugnato provvedimento, e ciò sulla base del doppio assunto secondo cui l'art. 12 del D.P.R. n. 339 del 1982 prescriverebbe esclusivamente la forma del "decreto motivato del Ministro dell'Interno o del Ministro interessato" e, in seconda battuta, in quanto il dipartimento competente all'adozione dei relativi provvedimenti sarebbe quello "per le politiche del personale dell'Amministrazione civile per le risorse strumentali e finanziarie".
Al riguardo, va però rilevato che l'art. 3, comma 1, lett. c) del D.P.R. n. 398 del 2001, "regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno" prevede che "il Dipartimento per gli affari interni e territoriali svolge le funzioni e i compiti spettanti al Ministero di seguito indicati (...) c) gestione delle risorse umane dell'amministrazione civile, nonché di quelle finanziarie e strumentali anche per le esigenze generali del Ministero".
Pertanto, sussistendo una piena competenza a provvedere del visto dipartimento, il motivo è infondato.
Passando all'esame dei motivi aggiunti, con la prima censura il ricorrente ha dedotto che "il provvedimento di dispensa è stato adottato in quanto è stata ritenuta non perfezionata la procedura di transito" (cfr. pag. 5), contestando che "non si versava nella situazione di "impossibilità" di trasferire il ricorrente" (cfr. pag. 6).
Nemmeno tale motivo può trovare, però, accoglimento, richiamandosi, in proposito, quanto in precedenza rilevato circa l'effettivo assolvimento, da parte del Ministero, dell'onere di reperire una diversa collocazione lavorativa, tradottasi nella proposta di inquadramento del ricorrente nell'area funzionale terza (funzionario amministrativo o economico-contabile), che questi ha con ogni evidenza rifiutato, come prova l'impugnazione proposta con ricorso depositato in data 6.3.2012, prima, cioè, dell'emissione del decreto del 20.3.2012, con cui il direttore centrale per le risorse umane del Ministero dell'Interno ha disposto - attesa l'impossibilità di altrimenti provvedere - la dispensa dal servizio a decorrere dal 2.3.2012.
Tale provvedimento, impugnato con motivi aggiunti, è stato quindi adottato in rigorosa applicazione dell'art. 9 del D.P.R. n. 339 del 1982, in cui si prevede che "qualora il personale di cui all'art. 1 sia ritenuto non idoneo all'assolvimento dei compiti propri degli altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato, ovvero per esigenze di servizio non sia possibile trasferirlo in altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato, è dispensato dal servizio ai sensi degli articoli 129 e 130 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3".
Quanto al secondo e terzo motivo aggiunto, osserva il Collegio che si tratta di una riproposizione, sostanzialmente identica, delle censure dedotte nel secondo e terzo motivo del ricorso principale, al cui compiuto esame si fa, pertanto, integrale rinvio.
L'unico aspetto di novità, proposto nella seconda censura, riguarda la presunta formazione, ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. n. 339 del 1982, del silenzio-assenso per decorso del termine di 150 giorni decorrente dalla presentazione dell'istanza di transito (nota di rettifica del 23.9.2011), inerzia che ad avviso del ricorrente ne comporterebbe ipso iure l'accoglimento.
Occorre, tuttavia, considerare che il ricorrente ha prospettato la verificazione del dedotto effetto legale "ritenendo l'incompetenza dell'Amministrazione che lo ha adottato" (cfr. pag. 11), cioè del Dipartimento per gli Affari interni e territoriali: censura, questa, che il Collegio ha, in precedenza, motivatamente ritenuto infondata.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Quanto alle spese processuali, pure a fronte della palese infondatezza del ricorso, si dispone l'integrale compensazione tra le parti, essendosi limitata, l'Avvocatura dello Stato, a costituirsi con memoria formale.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
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