N. 58 ORDINANZA 24 - 27 marzo 2014
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Straniero - Divieto di rilascio del permesso di soggiorno in caso di
condanna con provvedimento irrevocabile per uno dei reati previsti
dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della
legge 22 aprile 1941, n. 633 e dagli artt. 473 e 474 del codice
penale, nonche' in caso di condanna anche non definitiva per
delitti non colposi di cui all'art. 381 del codice di procedura
penale.
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), artt. 4, comma 3, 9, comma 4, e
26, comma 7-bis.
-
(GU n.15 del 2-4-2014 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Gaetano SILVESTRI;
Giudici :Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo
Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio
MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
AMATO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma
3, 9, comma 4, e 26, comma 7-bis, del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la
Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nel procedimento
vertente tra S.E. e il Ministero dell'interno, con ordinanza del 19
novembre 2012, iscritta al n. 6 del registro ordinanze 2013 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima
serie speciale, dell'anno 2013.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2014 il Giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la
Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con ordinanza del 19
novembre 2012, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4,
comma 3 («applicato in correlazione con il successivo art. 5, comma
5»), 9, comma 4, e 26, comma 7-bis, del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), «nelle parti in cui le condanne con provvedimenti
irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo
III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e
successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore,
e dagli articoli 473 e 474 del codice penale, nonche' le condanne,
anche non definitive, per delitti non colposi, di cui all'art. 381
del codice di procedura penale sono considerate "automaticamente"
ostative al rilascio del permesso di soggiorno, ivi compreso quello
per soggiornanti CE di lungo periodo, senza che l'effettiva
pericolosita' per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato del
cittadino extracomunitario sia concretamente valutata di volta in
volta dall'Amministrazione»;
che, secondo il rimettente, il cittadino extracomunitario S.E. ha
chiesto il rilascio del permesso di soggiorno per soggiornanti di
lungo periodo, con istanza rigettata dal Questore della Provincia di
Reggio Calabria, in quanto, con sentenza del Tribunale ordinario di
Locri del 12 febbraio 2007, confermata con sentenza della Corte
d'appello di Reggio Calabria del 28 ottobre 2008, divenuta
irrevocabile il 13 gennaio 2009, e' stato condannato alla pena di
mesi quattro di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, con il
beneficio della sospensione condizionale della pena, per il reato di
cui all'art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione
del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) e,
con altra sentenza dello stesso Tribunale del 6 aprile 2007, e' stato
condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro 400,00 di
multa per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e
171-ter di detta legge, condanne ritenute ostative al rilascio del
permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo;
che S.E. ha impugnato il suindicato provvedimento, formulando tre
motivi di censura ed il TAR, con ordinanza del 24 ottobre 2012, ha
accolto la domanda cautelare, disponendo la sospensione di detto
provvedimento sino all'esito della decisione della questione di
legittimita' costituzionale;
che ad avviso del giudice a quo l'art. 4, comma 3, del d.lgs. n.
286 del 1998 stabilisce, tra l'altro, che «Impedisce l'ingresso dello
straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile, per
uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III,
sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela
del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale»,
mentre l'art. 5, comma 5, di detto decreto legislativo, a sua volta,
dispone: «il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e,
se il permesso di soggiorno e' stato rilasciato, esso e' revocato,
quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per
l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato» e, in
riferimento al lavoro autonomo, il successivo art. 26, comma 7-bis,
dispone che «la condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno
dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III,
Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive
modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli
articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso
di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo
con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica»;
che dunque, ad avviso del rimettente, le condanne suddette
comporterebbero automaticamente la perdita del permesso di soggiorno
gia' ottenuto, ovvero costituirebbero un impedimento assoluto al
rinnovo dello stesso;
che - prosegue il giudice a quo - l'art. 9 del d.lgs. n. 286 del
1998 disciplina il «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di
lungo periodo» e dispone, al comma 4, che quest'ultimo «non puo'
essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o
la sicurezza dello Stato», fissando i criteri che devono presiedere
alla formulazione di tale giudizio;
che, secondo il TAR, le condanne riportate dal ricorrente
impedirebbero, con mero automatismo, il rilascio del permesso di
soggiorno e, tuttavia, la sentenza n. 172 del 2012 della Corte
costituzionale, la quale ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1-ter, comma 13, lettera c), del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'
proroga di termini), introdotto dalla legge di conversione 3 agosto
2009, n. 102, nella parte in cui fa derivare automaticamente il
rigetto dell'istanza di regolarizzazione del lavoratore
extracomunitario dalla pronuncia di una sentenza di condanna per uno
dei reati previsti dall'art. 381 cod. proc. pen., senza prevedere che
la Pubblica amministrazione accerti se egli rappresenti una minaccia
per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, conforterebbe il
dubbio in ordine all'illegittimita' costituzionale delle norme
censurate;
che, ad avviso del rimettente, non sarebbe condivisibile il
principio enunciato da alcune sentenze del TAR per la Calabria, le
quali hanno ritenuto applicabile la citata sentenza n. 172 del 2012
anche ai cittadini extracomunitari che chiedono il rilascio o il
rinnovo del permesso di soggiorno ordinario, ovvero del permesso di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, anche qualora non
versino nella condizione disciplinata dal richiamato art. 1-ter,
comma 13, lettera c), ma le argomentazioni svolte in quest'ultima
pronuncia potrebbero essere richiamate a conforto delle censure
proposte in riferimento alle norme qui in esame;
che, secondo il TAR, coloro che, gia' muniti di permesso di
soggiorno, ne chiedono il rinnovo, ovvero chiedono (come il
ricorrente) il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti
di lungo periodo, sono a tutti gli effetti «individui gia' da tempo
presenti in Italia e dediti al lavoro» e, «quindi, meritevoli di
tutela, alla pari dei clandestini che hanno presentato domanda di
emersione» dal lavoro irregolare, con la conseguenza che, nel caso di
sentenze di condanna per reati non particolarmente gravi, la Pubblica
amministrazione dovrebbe «valutare, di volta in volta, se il
richiedente rappresenti o meno una minaccia per l'ordine pubblico o
la sicurezza dello Stato, al di fuori di qualsiasi automatismo, non
giustificato dalla tenuita' delle ipotesi delittuose»;
che, ad avviso del giudice a quo, a seguito della sentenza n. 172
del 2012, sarebbe garantito un trattamento di favore esclusivamente
nel caso di emersione dal lavoro irregolare dei cittadini
extracomunitari, benche' questo sia omologo a quelli «di richiesta o
di rinnovo del permesso di soggiorno (ordinario e di lungo periodo)»,
con conseguente violazione del principio di eguaglianza (art. 3
Cost.);
che, in definitiva, la previsione in virtu' della quale le
condanne irrogate con sentenza (o provvedimento) irrevocabile per uno
dei reati sopra indicati sono «automaticamente» ostative al rilascio
e/o al rinnovo del permesso di soggiorno ordinario e per lavoro
autonomo e, quindi, fanno venire meno un requisito per potere
ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo
periodo, nonostante che per tali reati non sia previsto neppure
l'arresto facoltativo in flagranza, ai sensi dell'art. 381 cod. proc.
pen. (ad eccezione dell'ipotesi di cui all'art. 171-ter, comma 2,
della legge n. 633 del 1941) e che le relative condanne non ostino
all'emersione dal lavoro irregolare, sarebbe manifestamente
irragionevole, in quanto l'automatismo del diniego e' correlato alla
commissione di reati non necessariamente sintomatici della
pericolosita' degli autori degli stessi, apparendo imprescindibile a
questo scopo una specifica delibazione da parte della Pubblica
amministrazione;
che, infine, secondo il TAR, la questione sarebbe rilevante,
poiche' la decisione del ricorso e' «indissolubilmente legata
all'esito» della stessa e potrebbe essere favorevole al cittadino
extracomunitario soltanto qualora sia ritenuta fondata;
che nel giudizio davanti a questa Corte e' intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile e, comunque, infondata;
che, a suo avviso, questa Corte, con la sentenza n. 148 del 2008,
ha ritenuto compatibili con la Costituzione norme che vietano la
permanenza nel territorio dello Stato per il solo fatto che il
cittadino non italiano abbia commesso determinati reati, salvo che
sussistano, in contrario, ragioni umanitarie e solidaristiche, quali
quelle contemplate dal decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3
(Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di
cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo) e dal decreto
legislativo 8 gennaio 2007, n. 5 (Attuazione della direttiva
2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare) e
l'automatismo sarebbe giustificato dal bilanciamento degli interessi
sottesi alla tutela della sicurezza pubblica e alla tutela della vita
familiare, al quale fa riferimento anche l'art. 8 della Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU);
che, secondo l'Avvocatura generale dello Stato, avrebbe inoltre
pregnante rilievo che «in analoga materia», recentemente, e' stata
adottata un'interpretazione adeguatrice da parte del Consiglio di
Stato, il quale e' pervenuto ad «annullare gli atti amministrativi
che non abbiano avuto una motivazione adeguata ai principi contenuti
nella direttiva europea in materia di ricongiungimento familiare per
contrasto con i principi fondamentali contenuti» nella CEDU
(Consiglio di Stato, sezione IV, 13 settembre 2010, n. 6566);
che, in definitiva, ad avviso dell'interveniente, il rimettente
doveva «pervenire ad una interpretazione adeguatrice» alle norme
convenzionali, in particolare a quella contenuta nell'art. 8 della
CEDU.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la
Calabria ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 3,
(«applicato in correlazione con il successivo art. 5, comma 5»), 9,
comma 4, e 26, comma 7-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nelle
parti in cui stabiliscono che «le condanne con provvedimenti
irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo
III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e
successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore,
e dagli articoli 473 e 474 del codice penale, nonche' le condanne,
anche non definitive, per delitti non colposi, di cui all'art. 381
del codice di procedura penale sono considerate "automaticamente"
ostative al rilascio del permesso di soggiorno, ivi compreso quello
per soggiornanti CE di lungo periodo, senza che l'effettiva
pericolosita' per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato del
cittadino extracomunitario sia concretamente valutata di volta in
volta dall'Amministrazione»;
che, dette norme si porrebbero in contrasto l'art. 3 Cost., sotto
un primo profilo, in quanto nel caso di emersione dal lavoro
irregolare, in virtu' della sentenza di questa Corte n. 172 del 2012,
la condanna per i suindicati reati non e' automaticamente ostativa
alla regolarizzazione del cittadino extracomunitario e, quindi, per
quest'ultimo sarebbe stabilito un trattamento di favore, nonostante
che la fattispecie sia omologa alle «ipotesi di richiesta o di
rinnovo del permesso di soggiorno (ordinario e di lungo periodo)»,
con conseguente violazione del principio di eguaglianza;
che detto parametro costituzionale sarebbe leso, sotto un secondo
profilo, a causa dell'intrinseca irragionevolezza del censurato
automatismo, poiche' concerne anche le condanne per reati per i quali
neppure e' previsto l'arresto facoltativo in flagranza, ai sensi
dell'art. 381 cod. proc. pen. (ad eccezione dell'ipotesi di cui
all'art. 171-ter, comma 2, della legge 22 aprile 1941, n. 633,
recante «Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi
al suo esercizio»), i quali non impediscono l'emersione dal lavoro
irregolare, ne' sono necessariamente sintomatici di pericolosita'
sociale;
che, in linea preliminare, va osservato che il TAR rimettente ha
accolto la domanda cautelare sul presupposto della non manifesta
infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale
e sino all'esito della relativa decisione e che, quindi, non ha
esaurito la propria potestas iudicandi, con la conseguenza che, sotto
questo profilo, la questione e' ammissibile (tra le molte, sentenza
n. 83 del 2013);
che, tuttavia, in linea ancora preliminare, va osservato che,
secondo l'univoca e reiterata puntualizzazione svolta nell'ordinanza
di rimessione, il cittadino extracomunitario ha presentato istanza
per «il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di
lungo periodo», chiedendo nel giudizio principale l'annullamento
dell'atto di rigetto della medesima e, conseguentemente, nello stesso
e' in contestazione esclusivamente la legittimita' del diniego di
tale tipo di permesso di soggiorno;
che, quindi, nella specie viene in rilievo soltanto il citato
art. 9, comma 4, perche' tale disposizione - ha di recente affermato
questa Corte - disciplina in modo autonomo ed esaustivo detto tipo di
permesso di soggiorno (sentenza n. 202 del 2013), sicche' la
questione e' rilevante esclusivamente in relazione a siffatta norma
(con la conseguenza che neppure occorre prendere in esame le
eventuali ricadute di quest'ultima sentenza, che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale parziale dell'art. 5, comma 5, del
d.lgs. n. 286 del 1998, norma peraltro non specificamente censurata
dal TAR);
che, a prescindere altresi' da ogni considerazione sul difetto di
motivazione circa i profili di rilevanza concernenti la negativa
incidenza delle condanne non definitive e delle condanne per i reati
di cui agli artt. 473 e 474 cod. pen. (tenuto conto degli elementi
della fattispecie indicati nell'ordinanza di rimessione), occorre
osservare che, secondo un orientamento della giurisprudenza
amministrativa, l'art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998, nel testo
sostituito dall'art. 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3
(Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di
cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), esige che
«l'eventuale diniego di rilascio del "permesso per soggiornanti di
lungo periodo" sia sorretto da un giudizio di pericolosita' sociale
dello straniero, con una motivazione articolata non solo con riguardo
alla circostanza dell'intervenuta condanna, ma su piu' elementi, ed
in particolare con riguardo alla durata del soggiorno nel territorio
nazionale e all'inserimento sociale, familiare e lavorativo
dell'interessato, escludendo l'operativita' di ogni automatismo in
conseguenza di condanne penali riportate» (per tutte, Consiglio di
Stato, sezione III, 29 ottobre 2012, n. 5515);
che, soprattutto, assume pregnante rilievo la considerazione che
un orientamento della giurisprudenza ha reputato applicabile il
sistema di tutela rafforzata quando il cittadino extracomunitario,
sul presupposto della permanenza effettiva nel territorio dello Stato
da oltre un quinquennio, abbia avviato il procedimento di rilascio
del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ai
sensi del citato art. 9 (TAR Puglia, sezione di Lecce, 14 marzo 2013,
n. 582; v. anche TAR Campania, sezione VI, 11 luglio 2013, n. 3602;
TAR Lazio, sezione II-quater, 20 novembre 2012, n. 9598), ritenendo
che versino in detta situazione «anche coloro che hanno maturato la
condizione per il rilascio del permesso di soggiorno a siffatto
titolo» (TAR Toscana, sezione II, 7 febbraio 2013, n. 233), con la
conseguenza che l'eventuale diniego di rilascio di tale tipo di
permesso e' subordinato allo svolgimento di un giudizio di
pericolosita' sociale, nel quale non e' possibile tenere conto, con
mero automatismo, della sola condanna penale eventualmente irrogata
al richiedente (TAR Lazio, sezione II-quater, 15 ottobre 2013, n.
8879; TAR Lazio, sezione II-quater, 17 aprile 2013, n. 3896);
che, peraltro, lo stesso Ministero dell'interno - Ufficio affari
legislativi e relazioni parlamentari, nel parere reso in data 13
febbraio 2013 alla Presidenza del Consiglio dei ministri sulla
questione di legittimita' costituzionale in esame (prodotto nel
presente giudizio dall'Avvocatura generale dello Stato), ha
sottolineato che, «Ad avviso di questo Ministero, gli automatismi
rilevati dal giudice remittente non sono riscontrabili nelle norme
censurate», osservando che, «per quanto concerne il permesso di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo di cui all'art. 9, il
rilascio, diniego o revoca del permesso richiede un giudizio sulla
effettiva pericolosita' del richiedente» e, quindi, il «richiamo ai
reati per i quali e' previsto l'arresto obbligatorio ovvero
facoltativo in flagranza [...] vale soltanto ad orientare [...] tale
giudizio di pericolosita'» ed ha, altresi', riferito siffatte
considerazioni anche alla «ipotesi di rinnovo del permesso di
soggiorno al cittadino straniero che sia incorso nei reati in materia
di tutela del diritto d'autore che, ai sensi dell'art. 26, comma
7-bis [...] comportano la revoca del permesso di soggiorno per lavoro
autonomo»;
che la mancata compiuta considerazione di detto orientamento, da
un canto, si risolve nella carente esposizione degli argomenti in
ordine al presupposto interpretativo dal quale muove il rimettente,
che ridonda in difetto di motivazione sulla rilevanza della questione
concernente il citato art. 9, comma 4 (ordinanza n. 86 del 2013),
dall'altro, comporta il mancato, dovuto, approfondimento delle
ragioni impeditive dell'interpretazione adeguatrice, in quanto il TAR
ha, invece, valutato il differente profilo della riferibilita' a
detta norma del principio enunciato da questa Corte con la sentenza
n. 172 del 2012;
che, quindi, la questione deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi avanti alla
Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 3, 9, comma 4, e 26,
comma 7-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), sollevata, in riferimento
all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale
per la Calabria, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
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