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giovedì 3 aprile 2014

Corte Costituzionale: N. 58 ORDINANZA 24 - 27 marzo 2014 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Straniero - Divieto di rilascio del permesso di soggiorno in caso di condanna con provvedimento irrevocabile per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633 e dagli artt. 473 e 474 del codice penale, nonche' in caso di condanna anche non definitiva per delitti non colposi di cui all'art. 381 del codice di procedura penale. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), artt. 4, comma 3, 9, comma 4, e 26, comma 7-bis. - (GU 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n.15 del 2-4-2014)


N. 58 ORDINANZA 24 - 27 marzo 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero - Divieto di rilascio del permesso di soggiorno in caso  di
  condanna con provvedimento irrevocabile per uno dei reati  previsti
  dalle disposizioni del Titolo III,  Capo  III,  Sezione  II,  della
  legge 22 aprile 1941, n. 633 e dagli artt. 473  e  474  del  codice
  penale, nonche' in  caso  di  condanna  anche  non  definitiva  per
  delitti non colposi di cui all'art. 381  del  codice  di  procedura
  penale.
- Decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione  e  norme
  sulla condizione dello straniero), artt. 4, comma 3, 9, comma 4,  e
  26, comma 7-bis.
-  
(GU n.15 del 2-4-2014 )  

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Gaetano SILVESTRI;
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO,
     
    ha pronunciato la seguente

                              ORDINANZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4,  comma
3, 9, comma 4, e 26, comma 7-bis, del decreto legislativo  25  luglio
1998,  n.  286  (Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), promosso dal Tribunale amministrativo  regionale  per  la
Calabria, sezione  staccata  di  Reggio  Calabria,  nel  procedimento
vertente tra S.E. e il Ministero dell'interno, con ordinanza  del  19
novembre 2012, iscritta  al  n.  6  del  registro  ordinanze  2013  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  5,  prima
serie speciale, dell'anno 2013.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2014  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per   la
Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con ordinanza  del  19
novembre  2012,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4,
comma 3 («applicato in correlazione con il successivo art.  5,  comma
5»), 9, comma 4, e 26, comma 7-bis, del decreto legislativo 25 luglio
1998,  n.  286  (Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero),  «nelle  parti  in  cui  le  condanne  con  provvedimenti
irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo
III, Capo III, Sezione II, della legge 22  aprile  1941,  n.  633,  e
successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore,
e dagli articoli 473 e 474 del codice penale,  nonche'  le  condanne,
anche non definitive, per delitti non colposi, di  cui  all'art.  381
del codice di procedura  penale  sono  considerate  "automaticamente"
ostative al rilascio del permesso di soggiorno, ivi  compreso  quello
per  soggiornanti  CE  di  lungo  periodo,  senza   che   l'effettiva
pericolosita' per l'ordine pubblico o la sicurezza  dello  Stato  del
cittadino extracomunitario sia concretamente  valutata  di  volta  in
volta dall'Amministrazione»;
    che, secondo il rimettente, il cittadino extracomunitario S.E. ha
chiesto il rilascio del permesso di  soggiorno  per  soggiornanti  di
lungo periodo, con istanza rigettata dal Questore della Provincia  di
Reggio Calabria, in quanto, con sentenza del Tribunale  ordinario  di
Locri del 12 febbraio  2007,  confermata  con  sentenza  della  Corte
d'appello  di  Reggio  Calabria  del  28   ottobre   2008,   divenuta
irrevocabile il 13 gennaio 2009, e' stato  condannato  alla  pena  di
mesi quattro  di  reclusione  ed  euro  1.200,00  di  multa,  con  il
beneficio della sospensione condizionale della pena, per il reato  di
cui all'art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n.  633  (Protezione
del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) e,
con altra sentenza dello stesso Tribunale del 6 aprile 2007, e' stato
condannato alla pena di anni uno di  reclusione  ed  euro  400,00  di
multa per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, cod.  pen.  e
171-ter di detta legge, condanne ritenute ostative  al  rilascio  del
permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo;
    che S.E. ha impugnato il suindicato provvedimento, formulando tre
motivi di censura ed il TAR, con ordinanza del 24  ottobre  2012,  ha
accolto la domanda cautelare,  disponendo  la  sospensione  di  detto
provvedimento sino  all'esito  della  decisione  della  questione  di
legittimita' costituzionale;
    che ad avviso del giudice a quo l'art. 4, comma 3, del d.lgs.  n.
286 del 1998 stabilisce, tra l'altro, che «Impedisce l'ingresso dello
straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile, per
uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III,  capo  III,
sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla  tutela
del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale»,
mentre l'art. 5, comma 5, di detto decreto legislativo, a sua  volta,
dispone: «il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e,
se il permesso di soggiorno e' stato rilasciato,  esso  e'  revocato,
quando  mancano  o  vengono  a  mancare  i  requisiti  richiesti  per
l'ingresso  e  il  soggiorno  nel  territorio  dello  Stato»  e,   in
riferimento al lavoro autonomo, il successivo art. 26,  comma  7-bis,
dispone che «la condanna con provvedimento  irrevocabile  per  alcuno
dei reati previsti dalle  disposizioni  del  Titolo  III,  Capo  III,
Sezione II,  della  legge  22  aprile  1941,  n.  633,  e  successive
modificazioni, relativi alla tutela del diritto di  autore,  e  dagli
articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del  permesso
di soggiorno rilasciato allo straniero e  l'espulsione  del  medesimo
con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica»;
    che dunque,  ad  avviso  del  rimettente,  le  condanne  suddette
comporterebbero automaticamente la perdita del permesso di  soggiorno
gia' ottenuto, ovvero  costituirebbero  un  impedimento  assoluto  al
rinnovo dello stesso;
    che - prosegue il giudice a quo - l'art. 9 del d.lgs. n. 286  del
1998 disciplina il «permesso di  soggiorno  CE  per  soggiornanti  di
lungo periodo» e dispone, al comma  4,  che  quest'ultimo  «non  puo'
essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine  pubblico  o
la sicurezza dello Stato», fissando i criteri che  devono  presiedere
alla formulazione di tale giudizio;
    che,  secondo  il  TAR,  le  condanne  riportate  dal  ricorrente
impedirebbero, con mero automatismo,  il  rilascio  del  permesso  di
soggiorno e, tuttavia, la  sentenza  n.  172  del  2012  della  Corte
costituzionale,   la    quale    ha    dichiarato    l'illegittimita'
costituzionale  dell'art.  1-ter,   comma   13,   lettera   c),   del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche'
proroga di termini), introdotto dalla legge di conversione  3  agosto
2009, n. 102, nella parte  in  cui  fa  derivare  automaticamente  il
rigetto   dell'istanza    di    regolarizzazione    del    lavoratore
extracomunitario dalla pronuncia di una sentenza di condanna per  uno
dei reati previsti dall'art. 381 cod. proc. pen., senza prevedere che
la Pubblica amministrazione accerti se egli rappresenti una  minaccia
per l'ordine pubblico o la sicurezza dello  Stato,  conforterebbe  il
dubbio  in  ordine  all'illegittimita'  costituzionale  delle   norme
censurate;
    che, ad avviso  del  rimettente,  non  sarebbe  condivisibile  il
principio enunciato da alcune sentenze del TAR per  la  Calabria,  le
quali hanno ritenuto applicabile la citata sentenza n. 172  del  2012
anche ai cittadini extracomunitari che  chiedono  il  rilascio  o  il
rinnovo del permesso di soggiorno ordinario, ovvero del  permesso  di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo  periodo,  anche  qualora  non
versino nella condizione  disciplinata  dal  richiamato  art.  1-ter,
comma 13, lettera c), ma le  argomentazioni  svolte  in  quest'ultima
pronuncia potrebbero  essere  richiamate  a  conforto  delle  censure
proposte in riferimento alle norme qui in esame;
    che, secondo il TAR, coloro  che,  gia'  muniti  di  permesso  di
soggiorno,  ne  chiedono  il  rinnovo,  ovvero  chiedono   (come   il
ricorrente) il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti
di lungo periodo, sono a tutti gli effetti «individui gia'  da  tempo
presenti in Italia e dediti al  lavoro»  e,  «quindi,  meritevoli  di
tutela, alla pari dei clandestini che  hanno  presentato  domanda  di
emersione» dal lavoro irregolare, con la conseguenza che, nel caso di
sentenze di condanna per reati non particolarmente gravi, la Pubblica
amministrazione  dovrebbe  «valutare,  di  volta  in  volta,  se   il
richiedente rappresenti o meno una minaccia per l'ordine  pubblico  o
la sicurezza dello Stato, al di fuori di qualsiasi  automatismo,  non
giustificato dalla tenuita' delle ipotesi delittuose»;
    che, ad avviso del giudice a quo, a seguito della sentenza n. 172
del 2012, sarebbe garantito un trattamento di  favore  esclusivamente
nel  caso  di  emersione  dal   lavoro   irregolare   dei   cittadini
extracomunitari, benche' questo sia omologo a quelli «di richiesta  o
di rinnovo del permesso di soggiorno (ordinario e di lungo periodo)»,
con conseguente violazione  del  principio  di  eguaglianza  (art.  3
Cost.);
    che, in definitiva,  la  previsione  in  virtu'  della  quale  le
condanne irrogate con sentenza (o provvedimento) irrevocabile per uno
dei reati sopra indicati sono «automaticamente» ostative al  rilascio
e/o al rinnovo del permesso  di  soggiorno  ordinario  e  per  lavoro
autonomo e,  quindi,  fanno  venire  meno  un  requisito  per  potere
ottenere il permesso  di  soggiorno  CE  per  soggiornanti  di  lungo
periodo, nonostante che per  tali  reati  non  sia  previsto  neppure
l'arresto facoltativo in flagranza, ai sensi dell'art. 381 cod. proc.
pen. (ad eccezione dell'ipotesi di cui  all'art.  171-ter,  comma  2,
della legge n. 633 del 1941) e che le relative  condanne  non  ostino
all'emersione   dal   lavoro   irregolare,   sarebbe   manifestamente
irragionevole, in quanto l'automatismo del diniego e' correlato  alla
commissione  di   reati   non   necessariamente   sintomatici   della
pericolosita' degli autori degli stessi, apparendo imprescindibile  a
questo scopo  una  specifica  delibazione  da  parte  della  Pubblica
amministrazione;
    che, infine, secondo il  TAR,  la  questione  sarebbe  rilevante,
poiche'  la  decisione  del  ricorso  e'  «indissolubilmente   legata
all'esito» della stessa e potrebbe  essere  favorevole  al  cittadino
extracomunitario soltanto qualora sia ritenuta fondata;
    che nel  giudizio  davanti  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile e, comunque, infondata;
    che, a suo avviso, questa Corte, con la sentenza n. 148 del 2008,
ha ritenuto compatibili con la  Costituzione  norme  che  vietano  la
permanenza nel territorio dello  Stato  per  il  solo  fatto  che  il
cittadino non italiano abbia commesso determinati  reati,  salvo  che
sussistano, in contrario, ragioni umanitarie e solidaristiche,  quali
quelle contemplate dal decreto  legislativo  8  gennaio  2007,  n.  3
(Attuazione della  direttiva  2003/109/CE  relativa  allo  status  di
cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo) e dal decreto
legislativo  8  gennaio  2007,  n.  5  (Attuazione  della   direttiva
2003/86/CE relativa  al  diritto  di  ricongiungimento  familiare)  e
l'automatismo sarebbe giustificato dal bilanciamento degli  interessi
sottesi alla tutela della sicurezza pubblica e alla tutela della vita
familiare, al quale fa riferimento anche l'art. 8  della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU);
    che, secondo l'Avvocatura generale dello Stato,  avrebbe  inoltre
pregnante rilievo che «in analoga materia»,  recentemente,  e'  stata
adottata un'interpretazione adeguatrice da  parte  del  Consiglio  di
Stato, il quale e' pervenuto ad «annullare  gli  atti  amministrativi
che non abbiano avuto una motivazione adeguata ai principi  contenuti
nella direttiva europea in materia di ricongiungimento familiare  per
contrasto  con  i  principi  fondamentali   contenuti»   nella   CEDU
(Consiglio di Stato, sezione IV, 13 settembre 2010, n. 6566);
    che, in definitiva, ad avviso dell'interveniente,  il  rimettente
doveva «pervenire ad  una  interpretazione  adeguatrice»  alle  norme
convenzionali, in particolare a quella contenuta  nell'art.  8  della
CEDU.
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Calabria ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale  degli  artt.  4,  comma  3,
(«applicato in correlazione con il successivo art. 5, comma  5»),  9,
comma 4, e 26, comma 7-bis, del decreto legislativo 25  luglio  1998,
n. 286 (Testo unico  delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione  dello  straniero),  nelle
parti  in  cui  stabiliscono  che  «le  condanne  con   provvedimenti
irrevocabili per uno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo
III, Capo III, Sezione II, della legge 22  aprile  1941,  n.  633,  e
successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore,
e dagli articoli 473 e 474 del codice penale,  nonche'  le  condanne,
anche non definitive, per delitti non colposi, di  cui  all'art.  381
del codice di procedura  penale  sono  considerate  "automaticamente"
ostative al rilascio del permesso di soggiorno, ivi  compreso  quello
per  soggiornanti  CE  di  lungo  periodo,  senza   che   l'effettiva
pericolosita' per l'ordine pubblico o la sicurezza  dello  Stato  del
cittadino extracomunitario sia concretamente  valutata  di  volta  in
volta dall'Amministrazione»;
    che, dette norme si porrebbero in contrasto l'art. 3 Cost., sotto
un primo  profilo,  in  quanto  nel  caso  di  emersione  dal  lavoro
irregolare, in virtu' della sentenza di questa Corte n. 172 del 2012,
la condanna per i suindicati reati non  e'  automaticamente  ostativa
alla regolarizzazione del cittadino extracomunitario e,  quindi,  per
quest'ultimo sarebbe stabilito un trattamento di  favore,  nonostante
che la fattispecie sia  omologa  alle  «ipotesi  di  richiesta  o  di
rinnovo del permesso di soggiorno (ordinario e  di  lungo  periodo)»,
con conseguente violazione del principio di eguaglianza;
    che detto parametro costituzionale sarebbe leso, sotto un secondo
profilo,  a  causa  dell'intrinseca  irragionevolezza  del  censurato
automatismo, poiche' concerne anche le condanne per reati per i quali
neppure e' previsto l'arresto  facoltativo  in  flagranza,  ai  sensi
dell'art. 381 cod. proc.  pen.  (ad  eccezione  dell'ipotesi  di  cui
all'art. 171-ter, comma 2,  della  legge  22  aprile  1941,  n.  633,
recante «Protezione del diritto d'autore e di altri diritti  connessi
al suo esercizio»), i quali non impediscono  l'emersione  dal  lavoro
irregolare, ne' sono  necessariamente  sintomatici  di  pericolosita'
sociale;
    che, in linea preliminare, va osservato che il TAR rimettente  ha
accolto la domanda cautelare  sul  presupposto  della  non  manifesta
infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale
e sino all'esito della relativa  decisione  e  che,  quindi,  non  ha
esaurito la propria potestas iudicandi, con la conseguenza che, sotto
questo profilo, la questione e' ammissibile (tra le  molte,  sentenza
n. 83 del 2013);
    che, tuttavia, in linea ancora  preliminare,  va  osservato  che,
secondo l'univoca e reiterata puntualizzazione svolta  nell'ordinanza
di rimessione, il cittadino extracomunitario  ha  presentato  istanza
per «il rilascio del permesso di soggiorno  CE  per  soggiornanti  di
lungo periodo»,  chiedendo  nel  giudizio  principale  l'annullamento
dell'atto di rigetto della medesima e, conseguentemente, nello stesso
e' in contestazione esclusivamente la  legittimita'  del  diniego  di
tale tipo di permesso di soggiorno;
    che, quindi, nella specie viene in  rilievo  soltanto  il  citato
art. 9, comma 4, perche' tale disposizione - ha di recente  affermato
questa Corte - disciplina in modo autonomo ed esaustivo detto tipo di
permesso  di  soggiorno  (sentenza  n.  202  del  2013),  sicche'  la
questione e' rilevante esclusivamente in relazione a  siffatta  norma
(con  la  conseguenza  che  neppure  occorre  prendere  in  esame  le
eventuali  ricadute  di  quest'ultima  sentenza,  che  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale parziale dell'art. 5,  comma  5,  del
d.lgs. n. 286 del 1998, norma peraltro non  specificamente  censurata
dal TAR);
    che, a prescindere altresi' da ogni considerazione sul difetto di
motivazione circa i profili  di  rilevanza  concernenti  la  negativa
incidenza delle condanne non definitive e delle condanne per i  reati
di cui agli artt. 473 e 474 cod. pen. (tenuto  conto  degli  elementi
della fattispecie indicati  nell'ordinanza  di  rimessione),  occorre
osservare  che,  secondo   un   orientamento   della   giurisprudenza
amministrativa, l'art. 9 del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  nel  testo
sostituito dall'art. 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007,  n.  3
(Attuazione della  direttiva  2003/109/CE  relativa  allo  status  di
cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo  periodo),  esige  che
«l'eventuale diniego di rilascio del "permesso  per  soggiornanti  di
lungo periodo" sia sorretto da un giudizio di  pericolosita'  sociale
dello straniero, con una motivazione articolata non solo con riguardo
alla circostanza dell'intervenuta condanna, ma su piu'  elementi,  ed
in particolare con riguardo alla durata del soggiorno nel  territorio
nazionale  e  all'inserimento   sociale,   familiare   e   lavorativo
dell'interessato, escludendo l'operativita' di  ogni  automatismo  in
conseguenza di condanne penali riportate» (per  tutte,  Consiglio  di
Stato, sezione III, 29 ottobre 2012, n. 5515);
    che, soprattutto, assume pregnante rilievo la considerazione  che
un orientamento  della  giurisprudenza  ha  reputato  applicabile  il
sistema di tutela rafforzata quando  il  cittadino  extracomunitario,
sul presupposto della permanenza effettiva nel territorio dello Stato
da oltre un quinquennio, abbia avviato il  procedimento  di  rilascio
del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di  lungo  periodo,  ai
sensi del citato art. 9 (TAR Puglia, sezione di Lecce, 14 marzo 2013,
n. 582; v. anche TAR Campania, sezione VI, 11 luglio 2013,  n.  3602;
TAR Lazio, sezione II-quater, 20 novembre 2012, n.  9598),  ritenendo
che versino in detta situazione «anche coloro che hanno  maturato  la
condizione per il rilascio  del  permesso  di  soggiorno  a  siffatto
titolo» (TAR Toscana, sezione II, 7 febbraio 2013, n.  233),  con  la
conseguenza che l'eventuale diniego  di  rilascio  di  tale  tipo  di
permesso  e'  subordinato  allo  svolgimento  di   un   giudizio   di
pericolosita' sociale, nel quale non e' possibile tenere  conto,  con
mero automatismo, della sola condanna penale  eventualmente  irrogata
al richiedente (TAR Lazio, sezione II-quater,  15  ottobre  2013,  n.
8879; TAR Lazio, sezione II-quater, 17 aprile 2013, n. 3896);
    che, peraltro, lo stesso Ministero dell'interno - Ufficio  affari
legislativi e relazioni parlamentari, nel  parere  reso  in  data  13
febbraio 2013  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  sulla
questione di  legittimita'  costituzionale  in  esame  (prodotto  nel
presente  giudizio  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato),   ha
sottolineato che, «Ad avviso di  questo  Ministero,  gli  automatismi
rilevati dal giudice remittente non sono  riscontrabili  nelle  norme
censurate», osservando che,  «per  quanto  concerne  il  permesso  di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo di cui all'art. 9,  il
rilascio, diniego o revoca del permesso richiede  un  giudizio  sulla
effettiva pericolosita' del richiedente» e, quindi, il  «richiamo  ai
reati  per  i  quali  e'  previsto  l'arresto   obbligatorio   ovvero
facoltativo in flagranza [...] vale soltanto ad orientare [...]  tale
giudizio  di  pericolosita'»  ed  ha,  altresi',  riferito   siffatte
considerazioni  anche  alla  «ipotesi  di  rinnovo  del  permesso  di
soggiorno al cittadino straniero che sia incorso nei reati in materia
di tutela del diritto d'autore che,  ai  sensi  dell'art.  26,  comma
7-bis [...] comportano la revoca del permesso di soggiorno per lavoro
autonomo»;
    che la mancata compiuta considerazione di detto orientamento,  da
un canto, si risolve nella carente  esposizione  degli  argomenti  in
ordine al presupposto interpretativo dal quale muove  il  rimettente,
che ridonda in difetto di motivazione sulla rilevanza della questione
concernente il citato art. 9, comma 4 (ordinanza  n.  86  del  2013),
dall'altro,  comporta  il  mancato,  dovuto,  approfondimento   delle
ragioni impeditive dell'interpretazione adeguatrice, in quanto il TAR
ha, invece, valutato il  differente  profilo  della  riferibilita'  a
detta norma del principio enunciato da questa Corte con  la  sentenza
n. 172 del 2012;
    che, quindi, la questione deve essere  dichiarata  manifestamente
inammissibile.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 3, 9, comma 4, e 26,
comma 7-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998,  n.  286  (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), sollevata, in  riferimento
all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale
per la Calabria, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2014.

                                F.to:
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente
                     Giuseppe TESAURO, Redattore
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2014.

                   Il Direttore della Cancelleria
                       F.to: Gabriella MELATTI































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