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martedì 9 dicembre 2014

INPDAP - Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica Circolare n. 50 - Roma, 6 dicembre 2005 OGGETTO: Somme pensionistiche indebite (applicazione articoli da 203 a 206 del DPR 29/12/1973, n. 1092)




INPDAP - Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica Circolare n. 50 - Roma, 6 dicembre 2005 OGGETTO: Somme pensionistiche indebite (applicazione articoli da 203 a 206 del DPR 29/12/1973, n. 1092)
Con circolari n. 34 del 17 dicembre 2003, n. 10 del 10 dicembre 2004 e n. 33 del 27 maggio 2004, la scrivente ha diramato istruzioni operative in merito alla liquidazione e al pagamento della pensione da parte dell’INPDAP, senza più la possibilità di passare per un trattamento provvisorio liquidato dall’ente datore di lavoro.
Nelle stesse circolari è stato, fra l’altro, precisato che l’utilizzo del modello informatico (modello PA04), attraverso l’applicativo messo a disposizione dall’Istituto, esonera l’Ente o l’Amministrazione da qualsiasi responsabilità su errori di calcolo o di diritto della pensione, trasferendosi presso lo scrivente Istituto la responsabilità propria dell’ordinatore primario della spesa.
Resta ferma la responsabilità dell’Ente/Amministrazione datore di lavoro riguardo la certificazione della posizione giuridica ed economica del dipendente.
Ciò vale per tutti gli Enti, il cui personale risulta iscritto alle Casse pensioni gestite dagli ex Istituti di Previdenza, le Amministrazioni statali e gli Enti, con personale iscritto alla Cassa dei Trattamenti Pensionistici dei dipendenti dello Stato (CTPS), delle quali finora sono state acquisite le competenze in materia di liquidazione dei trattamenti pensionistici (a decorrere dal 1° ottobre 2005 è stato completato il passaggio delle prestazioni pensionistiche relative a tutti i dipendenti statali, con esclusione di quelli appartenenti alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia ad ordinamento militare - cfr. circolari n. 67 del 16 dicembre 2004 e n. 13 del 27 aprile 2005).
Si ravvisa, quindi, la necessità di impartire la seguente direttiva, il cui contenuto è stato condiviso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in ordine alla corretta applicazione di quanto stabilito dall’art. 206 delDPR 29 dicembre 1973, n. 1092 [1], con riguardo agli effetti derivanti da una riliquidazione di pensione che comporti un trattamento pensionistico inferiore a quello originariamente concesso o che neghi il diritto al trattamento di quiescenza, in un primo momento riconosciuto (cfr. circolare n. 33 del 27 maggio 2004 - par. 5).
Tale norma, che è applicabile anche agli iscritti alle Casse pensioni gestite dagli ex Istituti di previdenza in virtù della disposizione di cui all’art.8, comma 1, del DPR n. 538/1986 [2], dispone, al comma 1, che: "Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all’accertamento di fatto doloso dell’interessato" (per l’interpretazione autentica della norma si veda anche l’art. 3 commi 1 e 2, della legge 7 agosto 1985, n. 428 [3]).
I presupposti per l’applicazione della richiamata disposizione sono quindi la definitività del provvedimento pensionistico modificato o revocato e l’assenza di dolo da parte del pensionato.
La revoca o la modifica d’ufficio del provvedimento del trattamento pensionistico è possibile solo nei casi espressamente stabiliti dall’art. 204del citato DPR n. 1092/1973 [1] e entro i termini di decadenza previsti dall’art. 205 e, relativamente agli iscritti delle Casse gestite dagli ex II.PP., per i casi previsti dai punti c) e d) dell’art. 204 sopra citato, entro il termine di dieci anni di cui all’art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315[4].
Da quanto precede, ne consegue che nei casi in cui la rideterminazione di una pensione definitiva comporti la diminuzione dell’importo annuo lordo precedentemente liquidato, le sedi provinciali e territoriali INPDAP, nella parte dispositiva della nuova determinazione, dovranno apporre la seguente annotazione: "Le somme eventualmente in più corrisposte devono intendersi irripetibili ex articolo 206 del T.U. n. 1092/1973 [1]".
Le sedi, in tali situazioni, pertanto, provvederanno all’applicazione tempestiva del provvedimento di rideterminazione e riduzione dell’importo della rata di pensione, senza procedere al recupero delle somme indebitamente erogate nei confronti del pensionato.
È appena il caso di sottolineare, come peraltro precedentemente evidenziato, che se il debito trae origine da una errata certificazione dei dati giuridici e/o economici da parte dell’Amministrazione/Ente datore di lavoro dell’iscritto, le sedi INPDAP sono tenute ad esperire azione di rivalsa nei confronti dell’Amministrazione/Ente medesimi per le somme in più erogate.
Si ribadisce che quanto sopra illustrato rileva esclusivamente allorquando la liquidazione del trattamento pensionistico sia stata disposta dalle sedi INPDAP, vale a dire dalle date di acquisizione delle competenze in materia pensionistica da parte dell’Istituto.
* * * * *
Nulla è, viceversa, innovato in ordine al recupero di debiti derivanti dall’applicazione di un provvedimento emesso da altra Amministrazione, in considerazione della natura di ordinatore secondario di questo Istituto, che preclude autonome iniziative nella determinazione degli assegni spettanti; in tali casi, quindi, gli Uffici INPDAP sono tenuti a disporre il recupero nei confronti del pensionato delle somme indebitamente corrisposte, salvo diversa indicazione da parte dell’amministrazione statale che ha emesso i relativi provvedimenti di pensione: si richiama, al riguardo, quanto stabilito dall’art. 203 del DPR n. 1092/1973 [1] ("il provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza può essere revocato o modificato dall’Ufficio che lo ha emesso).
Ciò posto, le sedi INPDAP, qualora le somme indebitamente erogate siano dichiarate irripetibili dalla competente amministrazione o per effetto di pronunce da parte dei Comitati di Vigilanza o della Corte dei Conti, dovranno, comunque, esperire l’azione di rivalsa nei confronti dell’ordinatore primario della spesa.
Peraltro, è appena il caso di accennare che se dall’applicazione di un decreto di riliquidazione derivi un debito nei confronti del titolare della pensione e dall’esame del provvedimento stesso sia possibile desumere un probabile errore procedurale ovvero di calcolo, le sedi INPDAP, nel loro prudente apprezzamento, potranno sospenderne l’esecuzione e chiedere delucidazioni, verifiche e conferma all’Amministrazione emittente, con l’avvertenza di estendere la richiesta all’interessato, per opportuna conoscenza; così operando, si ottiene - tra l’altro - il coinvolgimento e la partecipazione del pensionato al procedimento amministrativo.
Per quanto attiene, invece, al recupero dei debiti che scaturiscono dal conguaglio tra trattamento provvisorio e pensione definitiva, si precisa che la materia è tuttora disciplinata dalle seguenti norme:
1) articolo 8, comma 2, del DPR 8 agosto 1986, n. 538 [2], concernente gli iscritti alle Casse gestite dalla ex Direzione Generale degli Istituti di Previdenza (vedi informative n. 47 del 18/9/2001, n. 13 del 4/2/2002, n. 25 del 5/3/2002).
2) articolo 162 del DPR 29 dicembre 1973, n. 1092 [5], come sostituito dall’art. 7 del DPR 19 aprile 1986, n. 138, che riguarda i dipendenti civili e militari dello Stato.
Al riguardo, con sentenza n. 1/QM/1999 [6], la Corte dei Conti a Sezioni Riunite ha statuito che, in tema di indebito formatosi sulle pensioni provvisorie, è del tutto irrilevante la buona fede del percettore, il quale non è legittimato, proprio perché il relativo trattamento è di per sé soggetto a successivo conguaglio o rettifiche, a formarsi un ragionevole affidamento circa la stabilità e la correttezza della pensione stessa; ciò anche nell’ipotesi in cui l’erogazione dell’indebito pensionistico si sia protratta per un notevole lasso di tempo.
Infatti, per la pubblica amministrazione la ripetizione dell’indebito derivante da erogazione di pensione provvisoria è atto normativamente obbligatorio sia riguardo all’an che al quantum, mentre restano discrezionali solo le modalità della ripetizione stessa, dovendosi tener presenti, in particolare, ai fini di un recupero ragionevole e non eccessivamente gravoso, le condizioni attuali del pensionato (cfr. Corte deiConti a Sezioni Riunite sentenza n. 1/QM/1999 [6]).
In questo senso, si è espressa anche la giurisprudenza delle Sezioni di Appello della Corte dei Conti (ex multis: sentenza n. 31/2005C Sezione III Giurisdizionale Centrale d’Appello; sentenza n. 225/2003 Sezione III Giurisdizionale Centrale d’Appello; sentenza n. 203/2004 III Sezione; n. 52/A/2001 III Sezione e, da ultimo, Corte dei Conti Sezione III giurisdizionale centrale d’appello n. 31/2005).
Per completezza di esposizione e debita conoscenza, si ricorda che il beneficio di cui all’art. 1, commi 260-265, della legge 23 dicembre 1996, n.662 [7], opera, per consolidato orientamento giurisprudenziale, in ogni fattispecie di ripetizione di indebito, anche se costituitosi su un trattamento pensionistico provvisorio, beninteso limitatamente alle somme indebitamente erogate per i periodi anteriori al 1° gennaio 1996.
È altresì da evidenziare che, nei casi di accertamento di debiti che traggono origine da evidenti errori imputabili esclusivamente alle sedi INPDAP, è sempre fatto salvo il potere delle sedi medesime di assumere determinazioni in via di autotutela, al fine di evitare contenziosi inutili e gravosi, che determinano solo ritardi nell’azione amministrativa.
Nella situazione dianzi descritta, qualora gli interessati abbiano proposto ricorso avverso il provvedimento di addebito ai Comitati di Vigilanza della gestione competente ovvero alla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, gli Uffici avranno cura di inoltrare apposita documentata comunicazione a detti Organi, con la quale si chiede la cessazione della materia del contendere.
Si ricorda, da ultimo, che nei casi di recupero di somme indebitamente erogate, le sedi INPDAP hanno l’obbligo di dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale all’interessato, nonché di notificare, nel più breve tempo possibile, il prescritto provvedimento di addebito, contenente la citazione di tutti i presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione della Sede di effettuare il recupero.
A tale riguardo, la motivazione deve essere riferita al singolo caso concreto nel modo più esauriente possibile, con riferimento alle sole circostanze che hanno determinato l’insorgere del debito e non anche a fatti generici facilmente contestabili.
Il provvedimento di addebito deve essere, altresì, completato con la indicazione dell’Autorità (Comitati di Vigilanza dell’Istituto e Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti) cui può essere indirizzato un eventuale ricorso e del termine entro il quale il ricorso stesso va presentato.
IL DIRETTORE GENERALE - Dr. Luigi Marchione


[1] DPR 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato). Art. 203. Competenza.
Il provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza può essere revocato o modificato dall’ufficio che lo ha emesso, secondo le norme contenute negli articoli seguenti.

Art. 204. Motivi.
La revoca o la modifica di cui all’articolo precedente può aver luogo quando:
a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dagli atti;
b) vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo del riscatto, nel calcolo della pensione, assegno o indennità o nell’applicazione delle tabelle che stabiliscono le aliquote o l’ammontare della pensione, assegno o indennità;
c) siano stati rinvenuti documenti nuovi dopo l’emissione del provvedimento;
d) il provvedimento sia stato emesso in base a documenti riconosciuti o dichiarati falsi.

Art. 205. Iniziativa e termini.
La revoca e la modifica sono effettuate d’ufficio o a domanda dell’interessato.
Nei casi previsti nelle lett. a) e b) dell’art. 204 il provvedimento è revocato o modificato d’ufficio non oltre il termine di tre anni dalla data di registrazione del provvedimento stesso; nei casi di cui alle lett. c) e d) di detto articolo il termine è di sessanta giorni dal rinvenimento dei documenti nuovi dalla notizia della riconosciuta o dichiarata falsità dei documenti.
La domanda dell’interessato deve essere presentata, a pena di decadenza, entro i termini stabiliti dal comma precedente; nei casi previsti nelle lettere a) e b) dell’art. 204 il termine decorre dalla data in cui il provvedimento è stato comunicato all’interessato.

Art. 206. Effetti (nel testo integrato dall’art. 3 della legge 7 agosto 1985, n. 428, ndr).
Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all’accertamento di fatto doloso dell’interessato.
Ndr. L'art. 3, comma 1, della legge 7 agosto 1985, n. 428, dispone che "La norma contenuta nell'art. 206 del testo unico approvato con DPR 29 dicembre 1973, n. 1092, deve intendersi applicabile nel caso in cui, verificandosi le condizioni stabilite negli articoli 204 e 205 dello stesso testo unico, il provvedimento definitivo di concessione e riliquidazione della pensione, assegno o indennità venga modificato o revocato con altro provvedimento formale soggetto a registrazione".
Il mancato recupero derivante dall’applicazione della norma del presente articolo può essere addebitato all’impiegato soltanto in caso di dolo o colpa grave.
Ndr. Il Comma 2 è stato aggiunto dall'art. 3, comma 2, della legge 7 agosto 1985, n. 428.





[2] DPR 8 agosto 1986 n. 538 (Modalità di liquidazione dei trattamenti di quiescenza a favore degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza. Semplificazione di procedure in materia di pagamento degli stipendi ai dipendenti dello Stato).
Art. 8. Revoca o modifica del provvedimento. Ricupero di somme indebitamente corrisposte.
1. Il provvedimento definitivo relativo al trattamento di quiescenza può essere revocato o modificato dall'ufficio che lo ha emesso. Si applicano le disposizioni contenute negli articoli 204, 205, 206, 207 e 208 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 e nell'art. 3 della legge 7 agosto 1985, n. 428. Per i casi previsti dai punti c) e d) dell'art. 204 sopra citato, resta fermo il termine di dieci anni di cui all'articolo 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315.
2. Qualora, per errore contenuto nella comunicazione dell'ente di appartenenza del dipendente, venga indebitamente liquidato un trattamento pensionistico definitivo o provvisorio, diretto, indiretto o di riversibilità, ovvero un trattamento in misura superiore a quella dovuta e l'errore non sia da attribuire a fatto doloso dell'interessato, l'ente responsabile della comunicazione è tenuto a rifondere le somme indebitamente corrisposte, salvo rivalsa verso l'interessato medesimo.





[3] Legge 7 agosto 1985 n. 428(Semplificazione e snellimento delle procedure in materia di stipendi, pensioni ed altri assegni; riorganizzazione delle direzioni provinciali del tesoro e istituzione della Direzione generale dei servizi periferici del tesoro; adeguamento degli organici del personale dell'amministrazione centrale e del Ministero del tesoro e del personale amministrativo della Corte dei conti).

Art. 3. Interpretazione autentica e integrazione dell'art. 206 del testo unico approvato con DPR 29 dicembre 1973, n. 1092.
La norma contenuta nell'art. 206 del testo unico approvato con DPR 29 dicembre 1973, n. 1092, deve intendersi applicabile nel caso in cui, verificandosi le condizioni stabilite negli articoli 204 e 205 dello stesso testo unico, il provvedimento definitivo di concessione e riliquidazione della pensione, assegno o indennità venga modificato o revocato con altro provvedimento formale soggetto a registrazione.
All’articolo 206 del DPR 29 dicembre 1973, n. 1092, è aggiunto il seguente comma "Il mancato recupero derivante dall'applicazione della norma del presente articolo può essere addebitato all'impiegato soltanto in caso di dolo o colpa grave".
Ai fini dell'accertamento della colpa grave l'amministrazione dovrà fornire alla Corte dei conti dettagliata relazione nella quale dovranno essere evidenziate le circostanze di fatto in cui l'impiegato ha operato e che hanno influito sul suo comportamento.
La relazione di cui al comma precedente dovrà essere sottoposta al consiglio di amministrazione.





[4] Legge 3 maggio 1967 n. 315 (Miglioramenti al trattamento di quiescenza della Cassa per le pensioni ai sanitari e modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro).
Art. 26.
I provvedimenti concernenti le domande di riscatto di servizi o periodi ai fini del trattamento di quiescenza e quelle di liquidazione del trattamento stesso, adottati dai competenti organi deliberanti degli Istituti di previdenza e resi esecutivi con decreto del direttore generale degli Istituti medesimi, possono, d'ufficio o a domanda degli interessati, essere revocati o modificati dagli organi deliberanti predetti entro il termine di novanta giorni decorrente dalla data di comunicazione del decreto agli interessati. La revoca o modifica è ammessa, entro il termine di tre anni dalla data predetta, quando:
a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dalla documentazione acquisita;
b) vi sia stato errore materiale nel computo del servizio ovvero nella determinazione del contributo di riscatto o dell'importo del trattamento di quiescenza: oppure, entro il termine di dieci anni dalla data stessa, quando:
c) siano acquisiti, ad iniziativa delle parti o d'ufficio, documenti che non abbiano formato oggetto di esame in sede di adozione del provvedimento ed abbiano rilevanza sulla determinazione del riscatto o del trattamento di quiescenza;
d) il provvedimento sia stato adottato sopra documenti falsi.
Rimangono salve le disposizioni in vigore concernenti i termini per la presentazione delle domande di pensioni di privilegio e per la richiesta degli accertamenti sanitari nei casi di cessazione dal servizio per inabilità.





[5] DPR 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato).
Art. 155. Cessazione dal servizio per limiti di età (nel testo sostituito dal DPR 19 aprile 1986, n. 138)
La cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età e la liquidazione del trattamento di quiescenza sono disposte, ove non ostino particolari motivi, con unico decreto.
Nello stesso decreto di liquidazione sono indicate, ai fini della riversibilità della pensione, le generalità del coniuge e dei figli minorenni.
Il provvedimento è trasmesso ai competenti organi di controllo almeno sei mesi prima del raggiungimento del limite di età.
Entro trenta giorni dal ricevimento, la competente ragioneria invia copia del decreto di cui ai precedenti commi alla direzione provinciale del tesoro (ora Sede provinciale dell’INPDAP, ndr) per il puntuale inizio dei pagamenti, indicandovi il numero di iscrizione da attribuire alla partita di pensione.
La medesima ragioneria trasmette altresì alla Corte dei conti, per il controllo di competenza, il provvedimento di cui al precedente terzo comma unitamente alla relativa documentazione.
La direzione provinciale del tesoro (ora Sede provinciale dell’INPDAP, ndr), ricevuta copia del decreto di concessione della pensione, procede all’apertura della relativa partita di spesa fissa sulla quale dispone il pagamento del trattamento economico sulla base di quanto previsto nel provvedimento stesso. Nel caso in cui i pagamenti disposti in base a tali atti risultino errati, si fa luogo al conguaglio a credito o a debito.
All’atto della cessazione dal servizio, copia del decreto di liquidazione è consegnata dal capo dell’ufficio al titolare, che ne rilascia ricevuta.
Qualora non sia possibile per eccezionali motivati impedimenti predisporre il provvedimento nei termini stabiliti dal terzo comma del presente articolo, è autorizzata la corresponsione del trattamento provvisorio con le procedure di cui al successivo art. 162.

Art. 162. Liquidazione provvisoria (nel testo sostituito dall’art. 7 del DPR 19 aprile 1986, n. 138)
Dalla data di cessazione dal servizio e sino all’inizio del pagamento della pensione diretta, la competente direzione provinciale del tesoro corrisponde al pensionato un trattamento provvisorio, determinato in relazione ai servizi risultanti dalla documentazione prodotta ovvero in possesso dell’amministrazione, purché sussistano i presupposti per il loro riconoscimento a norma di legge, da recuperare in sede di liquidazione della pensione definitiva.
Il trattamento di cui al precedente comma spetta anche al coniuge ed agli orfani minorenni del dipendente deceduto in attività di servizio o del pensionato deceduto durante il periodo di corresponsione del trattamento provvisorio.
La concessione del trattamento provvisorio di cui al primo comma è disposta mediante apposita comunicazione, a cura dell’amministrazione centrale o periferica competente a liquidare il trattamento definitivo a norma delle disposizioni vigenti, contenente anche l’indicazione del numero di iscrizione da assegnare alla relativa partita. Lo stesso numero sarà attribuito alla pensione definitiva che verrà successivamente liquidata.
Detta comunicazione, unitamente a un documento sottoscritto dall’interessato contenente le indicazioni ritenute necessarie e le dichiarazioni previste dalle norme vigenti, è trasmessa, almeno tre mesi prima della data della cessazione dal servizio, alla direzione provinciale del tesoro territorialmente competente, la quale procede all’apertura della relativa partita di spesa fissa. Nei casi di cessazione dal servizio per causa diversa dal compimento del limite di età o per morte del dante causa, la comunicazione riguardante l’attribuzione della pensione provvisoria deve essere trasmessa con il documento suddetto alla direzione provinciale del tesoro entro trenta giorni dalla cessazione dal servizio o dalla morte. La direzione provinciale del tesoro dispone, con precedenza assoluta sugli affari correnti, l’immediato pagamento della pensione spettante.
La comunicazione di cui al terzo comma è estesa alla Corte dei conti per il riscontro successivo sui pagamenti. A tal fine gli occorrenti dati sono resi disponibili per la Corte medesima attraverso il sistema informativo della Direzione generale dei servizi periferici del tesoro.
In caso di decesso del pensionato, la direzione provinciale del tesoro che ha in carico la relativa partita, qualora non trovi applicazione l’art. 160, primo, secondo e quarto comma, procede, in attesa della registrazione del provvedimento, alla corresponsione in via provvisoria al coniuge ed agli orfani minori della pensione che ad essi compete ai sensi del presente testo unico.
Qualora l’importo della pensione definitiva diretta o di riversibilità risultante dal decreto di concessione registrato alla Corte dei conti non sia uguale a quello attribuito in via provvisoria, la direzione provinciale del tesoro provvede alle necessarie variazioni, facendo luogo al conguaglio a credito o a debito.
I dirigenti e il personale degli uffici competenti per le liquidazioni di cui al presente articolo nonché quelli preposti all’ordinazione dei relativi pagamenti sono responsabili dei ritardi nell’applicazione delle disposizioni contenute nel presente articolo e passibili delle sanzioni disciplinari previste dall’art. 78 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con DPR 10 gennaio 1957, n. 3.
Le disposizioni di cui al precedente comma si applicano anche ai dirigenti degli uffici tenuti all’espletamento di adempimenti comunque connessi con la liquidazione e il pagamento del trattamento di pensione.





[6] Corte dei Conti - Sezioni Riunite - Sentenza 14 gennaio 1999, n. 1.
Attese le norme di diritto comune (art. 2033 c.c.) e di diritto amministrativo (art. 162 TU n. 1092 del 1973 nel testo sostituito dal DPR n. 138 del 1986) che regolano la materia e la natura non suscettibile di interpretazione analogica dell'art. 206 TU n. 1092 del 1973, - cui non va riconosciuto il carattere di principio generale di irripetibilità delle somme indebitamente corrisposte - al di fuori delle ipotesi previste dalla legge relative a provvedimenti di revoca o modifica di pensioni definitive - non sussiste la possibilità per il giudice di attribuire rilievo alla buona fede del percettore per somme erroneamente corrisposte dall'amministrazione su trattamenti provvisori ex art. 162 t.u. n. 1092 del 1973, pur se sia decorso un notevole lasso di tempo.





[7] Legge 23 dicembre 1996 n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica).
Art. 1. Misure in materia di sanità, pubblico impiego, istruzione, finanza regionale e locale, previdenza e assistenza.
260. Nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente prestazioni pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti di famiglia nonché rendite, anche se liquidate in capitale, a carico degli enti pubblici di previdenza obbligatoria, per periodi anteriori al 1° gennaio 1996, non si fa luogo al recupero dell'indebito qualora i soggetti medesimi siano percettori di un reddito personale imponibile IRPEF per l'anno 1995 di importo pari o inferiore a lire 16 milioni.
261. Qualora i soggetti che hanno indebitamente percepito i trattamenti di cui al comma 260 siano percettori di un reddito personale imponibile IRPEF per l'anno 1995 di importo superiore a lire 16 milioni non si fa luogo al recupero dell'indebito nei limiti di un quarto dell'importo riscosso.
262. Il recupero è effettuato mediante trattenuta diretta sulla pensione in misura non superiore ad un quinto. L'importo residuo è recuperato ratealmente senza interessi entro il limite di ventiquattro mesi. Tale limite può essere superato al fine di garantire che la trattenuta di cui al presente comma non sia superiore al quinto della pensione.
263. (nel testo così sostituito dall'articolo 38 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ndr). Il recupero non si estende agli eredi del pensionato, salvo che si accerti il dolo del pensionato medesimo.
264. (nel testo così modificato dall'articolo 38 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ndr). Le disposizioni di cui ai commi 260, 261 e 263 si applicano anche nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente somme a titolo di pensioni di guerra, ovvero a titolo di assegni accessori delle medesime, per periodi anteriori al 1° novembre 1996. Sono fatti salvi i provvedimenti di revoca emanati, alla data di entrata in vigore della presente legge, in base alla precedente disciplina ed i provvedimenti di recupero in corso. In tali casi, i benefici economici di cui ai commi 260 e 261 sono riferiti e calcolati soltanto sul residuo debito al 1° gennaio 1997 e non sull'intero indebito riscosso dal pensionato. È altresì escluso che le più favorevoli disposizioni della presente legge possano applicarsi nei casi in cui vi sia dolo da parte dell'interessato. La rateazione del recupero è definita ai sensi dell'articolo 3, secondo comma, del DPR 30 giugno 1955, n. 1544, entro il periodo massimo di cinque anni.
265. Qualora sia riconosciuto il dolo del soggetto che abbia indebitamente percepito i trattamenti INPS, INAIL e pensionistici di guerra, il recupero di cui ai commi 260, 261 e 264 si esegue sull'intera somma.

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