LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 22-07-2009, n. 17114
Cass. civ. Sez. lavoro, 22-07-2009, n. 17114
Svolgimento del processo
Con
ricorso del 19 dicembre 2001 L.V., già dipendente della società Poste
Italiane sino al 31 luglio 1997, conveniva in giudizio la stessa per
sentirla condannare al pagamento delle somme, a suo dire, spettanti a
titolo di quota giornaliera della retribuzione di fatto per le festività
coincidenti con la domenica specificamente indicate.
Sosteneva il ricorrente che, in seguito all'accordo interconfederale del 31-12-1954, reso efficace "erga omnes" con il D.P.R. n. 1029 del 1960, qualora una delle ricorrenze nazionali oppure una delle altre festività elencate nella L. n. 260 del 1949, art. 2
(successivamente modificata) fosse caduta di domenica, agli impiegati
ed ai lavoratori retribuiti in misura fissa doveva essere riconosciuto,
in aggiunta al normale trattamento economico, un importo pari ad una
quota giornaliera della retribuzione di fatto, quota determinata, per i
lavoratori retribuiti in misura fissa, in 1/26 della retribuzione
mensile fissa.
Si
costituiva la società Poste Italiane, la quale, sulla base di
articolate argomentazioni, chiedeva il rigetto della domanda, eccependo,
in via subordinata, la prescrizione quinquennale di ogni diritto
eventualmente maturato. Con sentenza del 29-10-2002, il Tribunale di
Avellino, ritenuta applicabile la prescrizione decennale, accoglieva
parzialmente la domanda, condannando la convenuta al pagamento
complessivo di Euro 132.78, oltre accessori di legge, escludendo le
spettanze maturate prima dell'entrata in vigore del contratto collettivo
del novembre 1994.
Con atto di appello del 28-10-2003, la società Poste Italiane censurava l'impugnata sentenza ribadendo l'inapplicabilità del D.P.R. n. 1029 del 1960,
atto di recezione dell'accordo interconfederale del 3-12-1954,
riaffermando, inoltre, la necessità dello svolgimento di prestazioni
lavorative nelle domeniche coincidenti con una giornata festiva al fine
di ottenere la richiesta indennità ed eccepiva ancora l'avvenuta
maturazione della prescrizione quinquennale di ogni diritto, contestando
gli avversi conteggi in quanto erronei nel metodo di computo e nello
sviluppo.
Si costituiva l'appellato L., contestando il gravame di cui chiedeva il rigetto.
Con
sentenza del 24 febbraio 2005, l'adita Corte di Appello di Napoli
dichiarava estinto il dedotto diritto per effetto della intervenuta
prescrizione quinquennale, applicabile alla fattispecie concreta, stante
la natura retributiva e non risarcitoria del vantato credito.
Per
la cassazione di tale pronuncia ricorre L.V. con cinque motivi. Resiste
Poste Italiane S.p.A. con controricorso, proponendo altresì ricorso
incidentale sulla base di due motivi.
Motivi della decisione
Va
preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello
incidentale trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione dell'art. 36 Cost. nonchè dell'art. 2948 c.c., n. 4, artt. 2099 e 2109 c.c., oltre che vizi di motivazione.
In
particolare, si sostiene che la Corte di Appello avrebbe errato a
qualificare come "retributiva" la somma chiesta in pagamento dalla
ricorrente nei gradi di merito, per la sua preminente natura
risarcitoria, in quanto tale sottoposta al regime della prescrizione
decennale e non quinquennale. Secondo il ricorrente nella fattispecie vi
sarebbe stata una palese violazione del diritto ai riposi settimanali
ex art. 36 Cost., pertanto l'indennità in questione avrebbe
chiaramente lo scopo di ristorare il lavoratore da un danno (usura
fisica) correlato ad un inadempimento del datore di lavoro.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione di legge (art. 36 Cost., art. 2948 c.c., n. 4 e art. 2946 c.c.,
nonchè art. 2195 c.c.) e vizi della motivazione, assume che la Corte di
Appello avrebbe violato l'accordo sindacale del 19 dicembre 2000 e che,
pur avendo ritenuto l'applicabilità dell'accordo interconfederale 20
aprile 1956, avrebbe poi erroneamente individuato un regime
prescrizionale quinquennale e non decennale.
Con
il terzo motivo si denuncia ancora violazione di legge e vizio di
motivazione, con riferimento all'accordo interconfederale del 3 dicembre
1954, reso efficace con D.P.R. n. 1029 del 1960.
Secondo
il ricorrente, una volta ammessa l'applicabilità dell'accordo
interconfederale doveva essere conseguentemente accolta la domanda
stante le disposizioni di cui agli artt. 1 e 2 dell'accordo medesimo.
Con
il quarto motivo il L. denuncia violazione di legge e vizi di
motivazione, dovendosi ritenere che l'accordo sindacale 19.12.2000,
avendo valore ricognitivo del diritto della ricorrente, costituirebbe un
valido elemento interruttivo del decorso del termine di prescrizione.
Con il quinto motivo infine si censurano le statuizioni della Corte di Appello sulle spese del giudizio.
Il
ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, non merita
accoglimento. Circa la questione del regime di prescrizione dei crediti,
in relazione alla specifica fattispecie in esame, deve ritenersi
condivisibile la motivazione della Corte di Appello, secondo cui, nel
caso in esame, vengono a configurarsi erogazioni pecuniarie aventi
carattere non risarcitorio ma retributivo e come tali sottoposte al
regime quinquennale; ciò in quanto la fattispecie "non può essere
assimilata all'ipotesi in cui il lavoratore subordinato abbia lavorato
la domenica, senza spostamento del riposo settimanale in un giorno
diverso, fattispecie in cui si configura un onere risarcitorio a carico
del datore di lavoro per il danno psicofisico subito con prescrizione
decennale del relativo credito.
Nel
caso di specie è pacifico che il lavoratore non abbia svolto alcuna
attività lavorativa ed abbia usufruito di un giorno di riposo, pertanto
gli spetta unicamente un'indennità supplementare che ha carattere
retributivo.
Tale
motivazione non può essere superata dalle deduzioni di parte
ricorrente, che omette di evidenziare quale sia il vizio di motivazione
in cui incorre il Giudice di appello esaurendo la propria censura in
un'opposizione delle proprie tesi a quelle della Corte di Appello.
La
Corte, in proposito, ha correttamente evidenziato come la natura
risarcitoria o meno dell'indennità in questione dipenda dalla situazione
di fatto che viene disciplinata dalle norme di cui agli artt. 1 e 2
dell'accordo interconfederale del 1954, poichè solo se si prospetta una
violazione del diritto al riposo (cioè nel caso in cui il lavoratore sia
chiamato a prestare l'attività lavorativa nei giorni festivi) può
presumersi che l'indennità in parola abbia lo scopo di ristorare il
lavoratore dell'usura fisica e psichica derivante. Ma se così non è,
viene meno ogni possibilità di qualificare in tal modo l'erogazione
contrattuale, giacchè essa non può retroagire sull'evento
riqualificandolo a sua volta.
A
tal riguardo deve richiamarsi la consolidata giurisprudenza di questa
Corte secondo cui rientrano nel concetto di retribuzione e restano
soggetti al regime della prescrizione dei crediti di lavoro, non solo
gli emolumenti corrisposti in funzione dell'esercizio dell'attività
lavorativa, ma anche tutti gli importi che, pur senza trovare riscontro
in una precisa prestazione lavorativa, costituiscono adempimenti di
obbligazioni pecuniarie imposte al datore di lavoro da leggi o da
convenzioni nel corso del rapporto, ed aventi origine e titolo nel
contratto di lavoro, mentre ne restano escluse le sole erogazioni
originate da cause autonome ovvero da responsabilità del datore di
lavoro (Cass. n. 827/1989; n. 108/1988;
n. 862/1988).
Sulla
scorta della citata giurisprudenza deve pertanto ritenersi che anche le
maggiorazioni in discorso, avendo origine e titolo nel contratto di
lavoro che ne rappresenta anche l'unica causa solutoria ed avendo quindi
natura retributiva e non risarcitoria, sono soggette alla prescrizione
quinquennale di cui all'art. 2948 c.c., n. 4 (in tal senso cfr. Cass. n. 1018/2001).
Nè
varrebbe sostenere, come sostiene la società, che la coincidenza delle
festività nazionali con la domenica sia puramente casuale e non presenti
una ricorrenza ciclica, atteso che il requisito della periodicità,
annuale o inferiore all'anno, che giustifica l'applicabilità della
prescrizione quinquennale, deve essere riferito alla retribuzione nel
suo complesso e non già alle singole voci che di volta in volta la
compongono.
D'altra parte - e l'argomento è decisivo, la L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3
dopo aver precisato che ai salariati retribuiti in misura fissa che
prestano la loro opera nelle specificate festività è dovuta, oltre la
normale retribuzione globale di fatto giornaliera compreso ogni elemento
accessorio, la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente
prestate con la maggiorazione per il lavoro festivo, chiarisce che,
qualora la festività ricorra nel giorno di domenica spetterà ai
lavoratori stessi, oltre la normale retribuzione globale di fatto
giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, anche una ulteriore
"retribuzione" corrispondente all'aliquota giornaliera.
E' lo stesso legislatore, dunque, che qualifica come "retribuzione", la "aliquota giornaliera".
Applicandosi,
dunque, alla fattispecie in esame la prescrizione quinquennale, stante
la natura retributiva del compenso in controversia, correttamente il
Giudice di appello ha dichiarato estinto il credito vantato dal L. nei
confronti della società datrice di lavoro.
Del
tutto nuove e, perciò, inammissibili sono le deduzioni fondate
sull'accordo sindacale del 19 dicembre 2000 mentre conforme a diritto è
la disposta compensazione delle spese dei giudizi di merito.
Il ricorso principale va, pertanto, rigettato.
Inammissibile
è invece il ricorso incidentale, riguardando esso - sotto il profilo di
violazione di legge e vizio di motivazione- questioni, che, pur
trattate dal Giudice del merito, risultano superate dalla statuizione di
intervenuta prescrizione del credito in oggetto.
Le spese del presente giudizio vanno posta a carico del ricorrente la cui pretesa è risultata priva di consistenza.
P.Q.M.
La
Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile l'incidentale. Condanna il ricorrente L. V. alle spese di
questo giudizio, liquidate in Euro 15,00, oltre Euro 1.500,00 per
onorari ed oltre spese generali IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 23
giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2009
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