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giovedì 7 maggio 2015

Cassazione: Prescrizione quinquennale dei compensi per le festività coincidenti con la domenica




LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 22-07-2009, n. 17114

Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo


Con ricorso del 19 dicembre 2001 L.V., già dipendente della società Poste Italiane sino al 31 luglio 1997, conveniva in giudizio la stessa per sentirla condannare al pagamento delle somme, a suo dire, spettanti a titolo di quota giornaliera della retribuzione di fatto per le festività coincidenti con la domenica specificamente indicate.
Sosteneva il ricorrente che, in seguito all'accordo interconfederale del 31-12-1954, reso efficace "erga omnes" con il D.P.R. n. 1029 del 1960, qualora una delle ricorrenze nazionali oppure una delle altre festività elencate nella L. n. 260 del 1949, art. 2 (successivamente modificata) fosse caduta di domenica, agli impiegati ed ai lavoratori retribuiti in misura fissa doveva essere riconosciuto, in aggiunta al normale trattamento economico, un importo pari ad una quota giornaliera della retribuzione di fatto, quota determinata, per i lavoratori retribuiti in misura fissa, in 1/26 della retribuzione mensile fissa.
Si costituiva la società Poste Italiane, la quale, sulla base di articolate argomentazioni, chiedeva il rigetto della domanda, eccependo, in via subordinata, la prescrizione quinquennale di ogni diritto eventualmente maturato. Con sentenza del 29-10-2002, il Tribunale di Avellino, ritenuta applicabile la prescrizione decennale, accoglieva parzialmente la domanda, condannando la convenuta al pagamento complessivo di Euro 132.78, oltre accessori di legge, escludendo le spettanze maturate prima dell'entrata in vigore del contratto collettivo del novembre 1994.
Con atto di appello del 28-10-2003, la società Poste Italiane censurava l'impugnata sentenza ribadendo l'inapplicabilità del D.P.R. n. 1029 del 1960, atto di recezione dell'accordo interconfederale del 3-12-1954, riaffermando, inoltre, la necessità dello svolgimento di prestazioni lavorative nelle domeniche coincidenti con una giornata festiva al fine di ottenere la richiesta indennità ed eccepiva ancora l'avvenuta maturazione della prescrizione quinquennale di ogni diritto, contestando gli avversi conteggi in quanto erronei nel metodo di computo e nello sviluppo.
Si costituiva l'appellato L., contestando il gravame di cui chiedeva il rigetto.
Con sentenza del 24 febbraio 2005, l'adita Corte di Appello di Napoli dichiarava estinto il dedotto diritto per effetto della intervenuta prescrizione quinquennale, applicabile alla fattispecie concreta, stante la natura retributiva e non risarcitoria del vantato credito.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre L.V. con cinque motivi. Resiste Poste Italiane S.p.A. con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale sulla base di due motivi.

Motivi della decisione


Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione dell'art. 36 Cost. nonchè dell'art. 2948 c.c., n. 4, artt. 2099 e 2109 c.c., oltre che vizi di motivazione.
In particolare, si sostiene che la Corte di Appello avrebbe errato a qualificare come "retributiva" la somma chiesta in pagamento dalla ricorrente nei gradi di merito, per la sua preminente natura risarcitoria, in quanto tale sottoposta al regime della prescrizione decennale e non quinquennale. Secondo il ricorrente nella fattispecie vi sarebbe stata una palese violazione del diritto ai riposi settimanali ex art. 36 Cost., pertanto l'indennità in questione avrebbe chiaramente lo scopo di ristorare il lavoratore da un danno (usura fisica) correlato ad un inadempimento del datore di lavoro.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione di legge (art. 36 Cost., art. 2948 c.c., n. 4 e art. 2946 c.c., nonchè art. 2195 c.c.) e vizi della motivazione, assume che la Corte di Appello avrebbe violato l'accordo sindacale del 19 dicembre 2000 e che, pur avendo ritenuto l'applicabilità dell'accordo interconfederale 20 aprile 1956, avrebbe poi erroneamente individuato un regime prescrizionale quinquennale e non decennale.
Con il terzo motivo si denuncia ancora violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento all'accordo interconfederale del 3 dicembre 1954, reso efficace con D.P.R. n. 1029 del 1960.
Secondo il ricorrente, una volta ammessa l'applicabilità dell'accordo interconfederale doveva essere conseguentemente accolta la domanda stante le disposizioni di cui agli artt. 1 e 2 dell'accordo medesimo.
Con il quarto motivo il L. denuncia violazione di legge e vizi di motivazione, dovendosi ritenere che l'accordo sindacale 19.12.2000, avendo valore ricognitivo del diritto della ricorrente, costituirebbe un valido elemento interruttivo del decorso del termine di prescrizione.
Con il quinto motivo infine si censurano le statuizioni della Corte di Appello sulle spese del giudizio.
Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, non merita accoglimento. Circa la questione del regime di prescrizione dei crediti, in relazione alla specifica fattispecie in esame, deve ritenersi condivisibile la motivazione della Corte di Appello, secondo cui, nel caso in esame, vengono a configurarsi erogazioni pecuniarie aventi carattere non risarcitorio ma retributivo e come tali sottoposte al regime quinquennale; ciò in quanto la fattispecie "non può essere assimilata all'ipotesi in cui il lavoratore subordinato abbia lavorato la domenica, senza spostamento del riposo settimanale in un giorno diverso, fattispecie in cui si configura un onere risarcitorio a carico del datore di lavoro per il danno psicofisico subito con prescrizione decennale del relativo credito.
Nel caso di specie è pacifico che il lavoratore non abbia svolto alcuna attività lavorativa ed abbia usufruito di un giorno di riposo, pertanto gli spetta unicamente un'indennità supplementare che ha carattere retributivo.
Tale motivazione non può essere superata dalle deduzioni di parte ricorrente, che omette di evidenziare quale sia il vizio di motivazione in cui incorre il Giudice di appello esaurendo la propria censura in un'opposizione delle proprie tesi a quelle della Corte di Appello.
La Corte, in proposito, ha correttamente evidenziato come la natura risarcitoria o meno dell'indennità in questione dipenda dalla situazione di fatto che viene disciplinata dalle norme di cui agli artt. 1 e 2 dell'accordo interconfederale del 1954, poichè solo se si prospetta una violazione del diritto al riposo (cioè nel caso in cui il lavoratore sia chiamato a prestare l'attività lavorativa nei giorni festivi) può presumersi che l'indennità in parola abbia lo scopo di ristorare il lavoratore dell'usura fisica e psichica derivante. Ma se così non è, viene meno ogni possibilità di qualificare in tal modo l'erogazione contrattuale, giacchè essa non può retroagire sull'evento riqualificandolo a sua volta.
A tal riguardo deve richiamarsi la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui rientrano nel concetto di retribuzione e restano soggetti al regime della prescrizione dei crediti di lavoro, non solo gli emolumenti corrisposti in funzione dell'esercizio dell'attività lavorativa, ma anche tutti gli importi che, pur senza trovare riscontro in una precisa prestazione lavorativa, costituiscono adempimenti di obbligazioni pecuniarie imposte al datore di lavoro da leggi o da convenzioni nel corso del rapporto, ed aventi origine e titolo nel contratto di lavoro, mentre ne restano escluse le sole erogazioni originate da cause autonome ovvero da responsabilità del datore di lavoro (Cass. n. 827/1989; n. 108/1988;
n. 862/1988).
Sulla scorta della citata giurisprudenza deve pertanto ritenersi che anche le maggiorazioni in discorso, avendo origine e titolo nel contratto di lavoro che ne rappresenta anche l'unica causa solutoria ed avendo quindi natura retributiva e non risarcitoria, sono soggette alla prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948 c.c., n. 4 (in tal senso cfr. Cass. n. 1018/2001).
Nè varrebbe sostenere, come sostiene la società, che la coincidenza delle festività nazionali con la domenica sia puramente casuale e non presenti una ricorrenza ciclica, atteso che il requisito della periodicità, annuale o inferiore all'anno, che giustifica l'applicabilità della prescrizione quinquennale, deve essere riferito alla retribuzione nel suo complesso e non già alle singole voci che di volta in volta la compongono.
D'altra parte - e l'argomento è decisivo, la L. 27 maggio 1949, n. 260, art. 5, comma 3 dopo aver precisato che ai salariati retribuiti in misura fissa che prestano la loro opera nelle specificate festività è dovuta, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera compreso ogni elemento accessorio, la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate con la maggiorazione per il lavoro festivo, chiarisce che, qualora la festività ricorra nel giorno di domenica spetterà ai lavoratori stessi, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, anche una ulteriore "retribuzione" corrispondente all'aliquota giornaliera.
E' lo stesso legislatore, dunque, che qualifica come "retribuzione", la "aliquota giornaliera".
Applicandosi, dunque, alla fattispecie in esame la prescrizione quinquennale, stante la natura retributiva del compenso in controversia, correttamente il Giudice di appello ha dichiarato estinto il credito vantato dal L. nei confronti della società datrice di lavoro.
Del tutto nuove e, perciò, inammissibili sono le deduzioni fondate sull'accordo sindacale del 19 dicembre 2000 mentre conforme a diritto è la disposta compensazione delle spese dei giudizi di merito.
Il ricorso principale va, pertanto, rigettato.
Inammissibile è invece il ricorso incidentale, riguardando esso - sotto il profilo di violazione di legge e vizio di motivazione- questioni, che, pur trattate dal Giudice del merito, risultano superate dalla statuizione di intervenuta prescrizione del credito in oggetto.
Le spese del presente giudizio vanno posta a carico del ricorrente la cui pretesa è risultata priva di consistenza.

P.Q.M.


La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l'incidentale. Condanna il ricorrente L. V. alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 15,00, oltre Euro 1.500,00 per onorari ed oltre spese generali IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 23 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2009 

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