LAVORO(RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 18-06-2009, n. 14184 |
Svolgimento del processo
D.B.R.A.M.R.
chiede la cassazione della sentenza con la quale il giudice del lavoro
del Tribunale di Agrigento il giorno 8 novembre 2005 ha risolto, ai
sensi dell'alt. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001, la questione, pregiudiziale relativa alla fruibilità in ore dei permessi di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3.
Il
problema si è posto nella controversia promossa dalla ricorrente,
docente di scuola elementare nel circolo didattico (OMISSIS), contro il
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca scientifica,
il Centro servizi amministrativi di (OMISSIS) e la Direzione didattica
statale (OMISSIS).
La D.B. per assistere il
figlio portatore di handicap, di età superiore ai tre anni, chiedeva di
poter finire dei permessi previsti dall'art. 15, comma 6, del ccnl del
comparto scuola, che disciplina la fruizione dei permessi previsti dalla
L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3, in modo frazionato in
ore, e non a giorni. Il Tribunale ha risolto la questione "nel senso che
la possibilità di fruire di tali permessi con la modalità del
frazionamento in ore non costituisce un diritto del lavoratore con
figlio handicappato di età superiore ai tre anni". La ricorrente fonda
il suo ricorso contro tale decisione su due motivi. Con il primo si
denunzia la violazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3,
e conseguente erronea interpretazione del contratto di comparto. Il
giudice avrebbe sbagliato nell'interpretare la norma legislativa che sta
a monte della previsione contrattuale, laddove ha desunto la soluzione
dal confronto con il comma 2.
Inoltre non ha
tenuto conto del fatto che il terzo comma, contenendo l'inciso "fruibili
anche in maniera continuativa" Indica, a contrario, che i permessi
possono essere fruiti in modo frazionato.
Il
giudice avrebbe errato attenendosi alla lettera della norma
trascurandone l'autentico spirito che è quello di assicurare la massima
tutela del destinatario finale.
Ancora, l'art.
15, comma 6 del ccnl in luogo dell'espressione "giorni" utilizza il
termine "giornate"che rimandando alla scansione temporale oraria della
prestazione lavorativa, fonda il diritto alla divisibilità in ore del
corrispondente permesso mensile".
Infine manca
"una norma d'azione di fonte legale e/o contrattuale, che vieti
espressamente il frazionamento in ore dei permessi mensili".
Con il secondo motivo si denunzia la violazione degli artt. 29, 30, 31 e 32 Cost. e la violazione dell'art. 147 c.c. e della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3.
L'interpretazione
del giudice di Agrigento secondo la ricorrente lede il diritto alla
salute costituzionalmente garantito, al quale deve piegarsi ogni
posizione giuridica. Lede il superiore interesse del minore che è al
centro del diritto di famiglia. Tali interessi devono prevalere su
quello della regolarità del servizio scolastico che peraltro nella
fattispecie in esame a parere della ricorrente non verrebbe intaccato nè
sotto l'aspetto organizzativo, nè sotto il profilo economico
finanziario.
Per tali motivi la ricorrente
chiede la cassazione della sentenza, e la statuizione che "il
frazionamento orario dei permessi previsti dalla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3, costituisce un diritto del lavoratore con figlio handicappato di età superiore ai tre anni".
Gli
intimati hanno depositato un controricorso con il quale chiedono che
l'impugnazione sia dichiarata inammissibile o comunque rigettata.
La ricorrente ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Deve
premettersi che l'eccezione di inammissibilità del ricorso- formulata
dagli intimati sostenendo che la ricorrente avrebbe dovuto proporre
appello, è priva di fondamento, in quanto il terzo comma del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 64
(T.U.) sul pubblico impiego, che disciplina l'accertamento
pregiudiziale sull'interpretazione dei contratti collettivi, prevede
espressamente:
"la sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione".
Peraltro i motivi di ricorso sono a loro volta infondati.
E' opportuno richiamare la normativa legislativa e collettiva.
La L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33
disciplina le "agevolazioni" statuendo che "i soggetti di cui al comma 1
possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in
alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione
facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito sino al
compimento del terzo anno di vita del bambino" (comma 2).
Il
comma 3 aggiunge: "successivamente al compimento del terzo anno di vita
del bambino ... hanno diritto a tre giorni di permesso mensile coperti
da contribuzione figurativa, fruibili anche in maniera continuativa".
Il
contratto collettivo 4 agosto 1995 applicabile al rapporto di lavoro
della ricorrente aggiunge, all'art. 21, comma 6 la seguente previsione:
"I permessi di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 3, sono retribuiti come previsto dal D.L. 27 agosto 1993, n. 324, art. 2, comma 3 ter, convertito dalla L. 27 ottobre 1993, n. 423,
e non sono computati ai fini del raggiungimento del limite fissato dai
precedenti commi nè riducono le ferie; essi devono essere possibilmente
fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti".
Dalla
lettura complessiva delle disposizioni si ricava che la normativa
differenzia le agevolazioni in base all'età del minore. Se il minore ha
meno di tre anni i permessi sono di due ore giornaliere.
Dopo
il compimento del terzo anno il permesso è di tre giorni al mese. Con
la crescita dell'età ed il superamento del terzo anno di vita il
permesso si riduce perchè non è più giornaliero, ma limitato a tre
giorni al mese e non è più di due ore al giorno ma è concentrato in tre
giornate. Non vi è niente nella normativa che consenta di sostenere che i
tre giorni possano essere scomposti in frazioni distribuite in un
numero maggiore di giorni.
L'unica variabile è
costituita dalla sequenza dei tre giorni. La norma di legge consente
che siano fruiti anche in maniera continuativa. Il contratto collettivo
invita a fruirne "possibilmente" in date non ricorrenti. Tale disciplina
attiene ad una questione del tutto diversa dalla possibilità di
frazionamento.
Tanto meno ha rilievo a questo
fine il fatto nel contratto si parli di giornate mentre nella legge si
parli di giorni. I termini sono equivalenti. In ogni caso il permesso
non potrà essere frazionato e fruito in un numero maggiore di giornate
rispetto alle tre consentite.
Quanto al secondo motivo di ricorso, esso è generico e comunque infondato. La L. n. 104 del 1992
ha introdotto un'incisiva deroga alla corrispettività delle prestazioni
nel rapporto di lavoro ed una consistente compressione della libertà di
iniziativa economica del datore di lavoro. Lo ha fatto per tutelare i
diritti dei portatori di handicap in attuazione di fondamentali principi
costituzionali di solidarietà, uguaglianza sostanziale, tutela della
salute e della dignità umana. L'equilibrio fissato dal legislatore non
può essere forzato dall'interprete con letture che vadano al di là di
quanto è stato già riconosciuto. Quella proposta con il ricorso è una
modifica incisiva del contenuto delle norme e comporterebbe uno
spostamento del punto di equilibrio fissato dal legislatore.
Il
ricorso pertanto deve essere respinto. La delicatezza ed il rilievo
degli interessi coinvolti giustificano la compensazione delle spese del
giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2009
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Dall’art.
33 della legge n. 104/1992 si ricava che se il minore ha meno di 3 anni
i permessi sono di 2 ore giornaliere, mentre dopo il compimento del
terzo anno il permesso è di 3 giorni al mese. Quindi con la crescita
dell’età ed il superamento del terzo anno di vita il permesso si riduce.
Inoltre, non vi è niente nella normativa che consenta di sostenere che i
tre giorni possano essere scomposti in frazioni di ore.
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