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giovedì 7 maggio 2015

Cassazione: Per la polizia non è in casa, ma il detenuto dice che il citofono era rotto: scatta la condanna per evasione La responsabilità per il reato di cui all'articolo 385 Cp poteva essere evitata solo se il detenuto, in presenza dell'asserito mal funzionamento dell'apparecchio, avesse avvertito preventivamente di ciò la competente autorità di controllo



(Sezione sesta, sentenza n. 39676/09; depositata il 12 ottobre)

Cass. pen. Sez. VI, (ud. 17-09-2009) 12-10-2009, n. 39676
Fatto - Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

OSSERVA
Sull'appello proposto da P.M. avverso la sentenza del Tribunale di Lecce in data 18-5-2006 che lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 385 c.p., condannandolo, con le concesse attenuanti generiche, alla pena di mesi quattro di reclusione, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza in data 1.12.2008, confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo la comprovata responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli.
Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo a motivi del gravame,la violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all'art. 192 c.p.p., per mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in punto di comprovata sussistenza del reato contestato. Al riguardo, si è segnalata la mancanza di una verifica presso il domicilio del ricorrente e degli altri condomini dello stabile in ordine alle ragioni dell'asserito mancato funzionamento del citofono per un problema tecnico, tanto più che alcuna ulteriore verifica di questo era stata effettuata dalla p.g., in un momento anche successivo all'originario prima controllo in ordine alla presenza in casa dell'imputato. Sul punto si è dedotta la mancanza di motivazione e la sua illogicità in riferimento all'asserita inattendibilità della tesi difensiva.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti, peraltro, segnatamente riferiti a censure in punto di mero fatto.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Ed invero, come motivatamente e correttamente risulta dal testo della sentenza impugnata, giudici della Corte territoriale leccese si sono fatti carico di verificare, anche in punto di logica, la fondatezza dell'accusa, esplicando, con adeguata e sostanzialmente corretta risposta motivazionale, le ragioni dell'assoluta inconcludenza e gratuità della tesi difensiva, peraltro sprovvista di ragionevole riscontro probatorio e smentita dalle puntuali osservazioni controdeduttive del teste D., operante in loco, in sede di indagini di p.g..
Del resto lo stesso imputato, in costanza dell'asserito mal funzionamento del citofono, ben avrebbe potuto e dovuto allertare cautelativamente la competente autorità di controllo, specie se la verifica dell'impianto potè va comportare del tempo per la necessaria riparazione del guasto (?) tecnico neppure accennato, nè risolvente essendo, anche in punto di logica, il fatto che anche altri condomini non avessero risposto, giustificabile essendo la loro assenza in pieno orario di lavoro, come puntualmente segnalato in motivazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2009

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