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mercoledì 30 maggio 2018

N. 107 SENTENZA 10 aprile - 25 maggio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Asili nido - Ammissione al servizio - Attribuzione di un titolo di precedenza ai figli di genitori che risiedono in Veneto o che vi svolgono un'attivita' lavorativa ininterrottamente da almeno quindici anni. - Legge della Regione Veneto 21 febbraio 2017, n. 6 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23 aprile 1990, n. 32, «Disciplina degli interventi regionali per i servizi educativi alla prima infanzia: asili nido e servizi innovativi»), art. 1, comma 1, nella parte in cui modifica l'art. 8, comma 4, della legge della Regione Veneto 23 aprile 1990, n. 32, introducendovi la lettera b). - (GU n.22 del 30-5-2018 )

N. 107 SENTENZA 10 aprile - 25 maggio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Asili nido - Ammissione al servizio - Attribuzione di  un  titolo  di
  precedenza ai figli di genitori che risiedono in Veneto  o  che  vi
  svolgono  un'attivita'  lavorativa  ininterrottamente   da   almeno
  quindici anni.
- Legge della Regione Veneto 21 febbraio 2017,  n.  6  (Modifiche  ed
  integrazioni  alla  legge  regionale  23  aprile   1990,   n.   32,
  «Disciplina degli interventi regionali per i servizi educativi alla
  prima infanzia: asili nido e servizi innovativi»), art. 1, comma 1,
  nella parte in cui modifica l'art. 8, comma 4,  della  legge  della
  Regione Veneto 23 aprile 1990, n. 32, introducendovi la lettera b).

(GU n.22 del 30-5-2018 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione Veneto 21 febbraio 2017, n. 6 (Modifiche ed
integrazioni alla legge regionale 23 aprile 1990, n. 32,  «Disciplina
degli  interventi  regionali  per  i  servizi  educativi  alla  prima
infanzia: asili nido e servizi innovativi»), promosso con ricorso del
Presidente del Consiglio dei ministri, spedito per  la  notificazione
il 26 aprile 2017,  depositato  in  cancelleria  il  2  maggio  2017,
iscritto al n. 37  del  registro  ricorsi  2017  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  22,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2017.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
    udito  nell'udienza  pubblica  del  10  aprile  2018  il  Giudice
relatore Daria de Pretis;
    uditi l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e Luigi Manzi per la
Regione Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
1, comma 1, della legge della Regione Veneto 21 febbraio 2017,  n.  6
(Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23  aprile  1990,  n.
32, «Disciplina degli interventi regionali per  i  servizi  educativi
alla prima infanzia: asili nido e servizi innovativi»),  nella  parte
in cui modifica l'art. 8, comma 4, della legge reg. Veneto 23  aprile
1990, n. 32 (Disciplina degli  interventi  regionali  per  i  servizi
educativi alla prima infanzia:  asili  nido  e  servizi  innovativi),
introducendovi la lettera b). La difesa erariale riferisce che, prima
della modifica, l'art. 8 della legge  reg.  Veneto  n.  32  del  1990
ammetteva all'asilo nido i bambini di eta' non inferiore a tre mesi e
non superiore a tre anni  e,  al  comma  4,  riconosceva  «titolo  di
precedenza  all'ammissione»  ai  «bambini  menomati,  disabili  o  in
situazioni di rischio e di  svantaggio  sociale».  Dopo  la  modifica
introdotta dalla disposizione impugnata, l'art.  8,  comma  4,  della
legge reg. Veneto n. 32 del 1990  dispone  quanto  segue:  «4.  Hanno
titolo di precedenza per l'ammissione  all'asilo  nido  nel  seguente
ordine di priorita': a) i bambini  portatori  di  disabilita';  b)  i
figli di genitori residenti in Veneto anche in modo non  continuativo
da almeno quindici anni o che prestino attivita' lavorativa in Veneto
ininterrottamente da almeno quindici anni, compresi eventuali periodi
intermedi di cassa integrazione, o di mobilita' o di disoccupazione».
    Il Governo contesta specificamente il criterio di  precedenza  di
cui alla lettera  b),  denunciando  diversi  vizi  di  illegittimita'
costituzionale.
    1.1.- In primo luogo, tale norma violerebbe  l'art.  3,  primo  e
secondo comma, della Costituzione. L'Avvocatura generale dello Stato,
basandosi sui lavori preparatori, ritiene che la norma abbia lo scopo
di "privilegiare" le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano  in
Veneto da almeno quindici anni o ivi  risiedano  da  almeno  quindici
anni rispetto alle  famiglie  con  reddito  piu'  basso,  in  cui  un
genitore non lavora, che non  siano  radicate  in  Veneto  da  almeno
quindici anni. Il Governo ritiene violato l'art. 3 Cost. perche'  non
si potrebbe differenziare, da un lato, la  situazione  dei  figli  di
genitori residenti o occupati in Veneto da almeno  quindici  anni  e,
dall'altro, le seguenti situazioni: quella dei «figli di genitori  di
cui uno solo sia residente in Veneto, e magari sia  il  genitore  con
cui il figlio convive, o dei figli di genitori di cui  uno  solo  sia
occupato  in  Veneto»;  quella  «dei  figli  su   cui   eserciti   la
responsabilita' genitoriale un solo genitore residente o occupato  in
Veneto (essendo l'altro genitore ignoto o deceduto o  decaduto  dalla
responsabilita'  genitoriale)»;  quella  «dei   figli   di   genitori
residenti o occupati in Veneto da meno di quindici anni, ma  comunque
da un periodo significativo (o dei figli di genitori che non  possono
accumulare periodi  cosi'  lunghi  di  lavoro  nella  stessa  regione
perche' occupati in attivita' che comportano frequenti  mutamenti  di
sede)». Il Governo sostiene poi che non si potrebbe differenziare  la
situazione dei figli di genitori residenti o occupati  in  Veneto  da
almeno quindici anni, «quale che sia la loro capacita' economica»,  e
quella  «dei  figli  di  genitori  di  capacita'  economica  ridotta,
attestata  dall'ISEE  o  da  altri   indici,   come   lo   stato   di
disoccupazione», oppure quella  «del  bambino  privo  di  entrambi  i
genitori».
    Il fatto che lo stato di residenza o di occupazione in Veneto  si
sia protratto, per entrambi i genitori, per un dato periodo di  tempo
(quindici anni) non sarebbe idoneo, per l'Avvocatura,  «a  dimostrare
che i figli di tali genitori esprimano una necessita' di  fruire  del
servizio degli asili nido pubblici maggiore» rispetto  ai  figli  dei
genitori che si trovino in una delle situazioni sopra  descritte.  Il
criterio utilizzato dalla norma, dunque, sarebbe illegittimo  perche'
non presenterebbe «alcun percepibile collegamento logico ne'  con  le
esigenze formative del bambino, ne'  con  le  esigenze  educative  ed
economiche   dei   genitori».    La    norma    determinerebbe    una
differenziazione arbitraria, in contrasto con l'art. 3 Cost.
    In secondo luogo, la norma impugnata violerebbe l'art. 3, primo e
secondo comma, Cost. anche «inteso come canone  di  ragionevolezza  e
proporzionalita'  della  legislazione,  in  rapporto  agli  obiettivi
sociali  che  la  legge  persegue».  Poiche',  secondo  l'Avvocatura,
beneficiario principale del servizio e' il bambino, mentre i genitori
sono beneficiari "di riflesso", sarebbe «manifestamente irragionevole
subordinare la precedenza nelle graduatorie ad una  condizione,  come
la durata per almeno quindici anni della residenza o dell'occupazione
nella regione,  che  puo'  riguardare  soltanto  i  genitori  ed  e',
ovviamente,  del  tutto  estranea  alla  condizione   specifica   del
bambino». Comunque, anche  a  voler  considerare  il  solo  interesse
"riflesso"  dei  genitori,  sarebbe   «manifestamente   irragionevole
svincolare del tutto la selezione da  criteri  di  natura  economica,
riferiti al reddito o al patrimonio della famiglia». I criteri  della
protratta residenza e  della  protratta  occupazione  nel  territorio
regionale  possono  portare,  secondo  il  Governo,  «a  privilegiare
situazioni  familiari  economicamente  migliori  e   a   discriminare
situazioni  familiari  economicamente  piu'  precarie»,  il  che  non
sarebbe «razionalmente giustificabile, anche  in  considerazione  del
fatto [...] che con gli asili nido pubblici concorre l'offerta  delle
strutture private, senz'altro accessibili alle famiglie  con  redditi
piu' elevati».
    L'Avvocatura aggiunge poi  che,  «anche  a  voler  ammettere,  in
subordine, che la  durata  della  residenza  o  dell'occupazione  nel
territorio regionale possa costituire (il che  non  e')  un  criterio
selettivo logicamente congruo rispetto all'obiettivo di graduare  gli
aspiranti al servizio degli asili nido pubblici, appare  palese  come
una durata pari addirittura a quindici anni sia eccessiva e  comunque
fonte di applicazioni irrazionali». Il requisito  della  residenza  o
dell'occupazione  per  quindici  anni  sarebbe  irragionevole   anche
perche' non sarebbe neppure idoneo a dare una preferenza ai  soggetti
"radicati" in Veneto. Infatti, nel  caso  in  cui  il  periodo  debba
calcolarsi   con   riferimento   a   ciascun   genitore   considerato
separatamente, «la norma favorirebbe indebitamente i nati in  Veneto,
che e' plausibile che vi abbiano risieduto per i primi quindici  anni
di vita, attribuendo loro "de  futuro"  un  "diritto  di  prelazione"
esercitabile  anche  molti  anni  dopo,  semplicemente   tornando   a
risiedere  in  Veneto  per  un  breve  periodo,  una  volta  divenuti
genitori, magari dopo una lunga assenza che non e'  certo  indice  di
radicamento territoriale». Nel caso in cui, invece, il periodo  debba
calcolarsi con riferimento ad entrambi i genitori («nel senso che non
i singoli componenti bensi' la "coppia" in  quanto  tale  deve  avere
risieduto o essere stata  occupata  in  Veneto  per  almeno  quindici
anni»), la norma «si rivelerebbe completamente inutile  per  tutti  i
genitori che, come e' statisticamente normale,  siano  divenuti  tali
prima che siano decorsi  quindici  anni  di  residenza  comune  o  di
occupazione continuativa». In entrambe le ipotesi (calcolo "separato"
o  "congiunto"  del  periodo  di  quindici  anni),  il  requisito  in
questione verrebbe poi  «a  costituire  un  disincentivo  a  divenire
genitori prima di  avere  accumulato  una  anzianita'  lavorativa  di
almeno quindici anni»,  cosi'  contraddicendo  «una  delle  finalita'
proprie del sistema degli asili nido,  che  e'  quella  di  favorire,
contemporaneamente, il lavoro e la natalita'»: di  qui  un  ulteriore
profilo di irragionevolezza della norma impugnata.
    L'Avvocatura precisa poi che  la  violazione  dell'art.  3  Cost.
sussisterebbe  anche  qualora  si   interpretasse   la   disposizione
impugnata nel senso che il titolo di precedenza spetta non solo a chi
ha entrambi i genitori residenti  o  occupati  in  Veneto  da  almeno
quindici anni, ma anche a chi ha un solo genitore rispondente a  tali
requisiti. In tal caso, sarebbero comunque  discriminati  «i  bambini
privi di entrambi i genitori» e  quelli  che  non  hanno  neppure  un
genitore residente o occupato in Veneto da almeno 15  anni.  Inoltre,
sarebbe  pur  sempre  manifestamente  irrazionale  un   criterio   di
preferenza «basato sulla durata della  residenza  o  dell'occupazione
nella regione del genitore, anziche' sulla condizione del bambino,  e
sulla completa  esclusione  di  qualsiasi  rilievo  della  situazione
economica del genitore», e sarebbe pur sempre «eccessiva»  la  durata
del periodo di residenza o di occupazione  richiesto.  Anzi,  qualora
fosse sufficiente la residenza o l'occupazione protratta in Veneto in
capo a un solo genitore,  si  «amplierebbe  l'area  delle  situazioni
indebitamente privilegiate».
    1.2.- Il Governo lamenta poi la violazione dell'art. 31,  secondo
comma, Cost., in quanto il criterio di precedenza  individuato  dalla
norma impugnata frustrerebbe «i valori costituzionali ivi  codificati
della  tutela  dell'infanzia  e  della   promozione   dei   necessari
istituti»: «[u]na disciplina che porta a formare  le  graduatorie  di
ammissione agli asili nido basandosi sulle condizioni di residenza  e
di  lavoro  dei  genitori  [...],  mentre  trascura  del   tutto   di
considerare la condizione dei bambini», confliggerebbe con  i  valori
suddetti.
    1.3.- Ancora, la norma impugnata violerebbe  gli  articoli  16  e
120, primo comma, Cost., in quanto ostacolerebbe «il trasferimento in
Veneto di famiglie che nella propria regione di residenza o di lavoro
godano di provvidenze simili,  in  quanto  con  il  trasferimento  in
Veneto le perderebbero (non potendole riacquistare prima di  quindici
anni)», e, reciprocamente, costituirebbe «un incentivo indebito [...]
a non lasciare il Veneto per  coloro  che  gia'  vi  risiedano  o  vi
lavorino».
    1.4.-  Infine,  la  norma  in  questione  violerebbe  il  diritto
dell'Unione europea (art. 117, primo  comma,  Cost.),  sotto  diversi
profili.
    In primo luogo, essa contrasterebbe «con la normativa europea  in
materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione e  dei  loro
familiari»  (art.  21,  par.  1,  del  Trattato   sul   funzionamento
dell'Unione europea, come modificato  dall'art.  2  del  Trattato  di
Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato dalla legge 2  agosto  2008,
n. 137). Il requisito preferenziale, «richiedendo  un  periodo  cosi'
prolungato, eccede quanto necessario al raggiungimento del  legittimo
obiettivo  di  accertare  l'esistenza  di  un  nesso  reale  tra   il
richiedente una prestazione e lo Stato membro competente,  ovvero  di
preservare l'equilibrio finanziario del sistema locale di  assistenza
sociale».
    Inoltre, la norma impugnata si porrebbe in contrasto  con  l'art.
19 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30  (Attuazione  della
direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione  e
dei loro familiari di circolare  e  di  soggiornare  liberamente  nel
territorio degli Stati membri),  dal  momento  che  l'art.  24  della
citata direttiva «garantisce parita' di trattamento ai  cittadini  di
Stati membri che risiedano da piu' di tre mesi in  un  diverso  Stato
membro, [...] rispetto ai  cittadini  dello  Stato  ospitante,  senza
esigere alcun periodo pregresso di residenza a tal fine». Dunque,  la
norma in questione discriminerebbe «tutti i cittadini dell'Unione che
soggiornino in Veneto da piu' di tre  mesi  o  comunque  che  abbiano
ottenuto  il  diritto  di  soggiorno  permanente,  non  avendo  pero'
maturato 15 anni di residenza anche  non  continuativa  o  di  lavoro
continuativo in Veneto».
    Ancora, la norma de qua  discriminerebbe  i  cittadini  di  Paesi
terzi  soggiornanti  di  lungo  periodo,  «i  quali,  secondo  quanto
previsto dall'art. 11, paragrafo 1, lettere d) e f), della  direttiva
2003/109/CE, recepita con decreto legislativo 8 gennaio 2007,  n.  3,
trascorsi cinque anni di soggiorno  regolare  sull'intero  territorio
nazionale (non necessariamente tutti in un'unica regione), dovrebbero
godere dello stesso  trattamento  dei  cittadini  nazionali  sia  per
quanto riguarda "le prestazioni sociali, l'assistenza  sociale  e  la
protezione sociale ai sensi della legislazione  nazionale",  sia  per
quanto riguarda "l'accesso  a  beni  e  servizi  a  disposizione  del
pubblico e all'erogazione degli stessi"».
    L'Avvocatura ricorda che la Corte costituzionale, nella  sentenza
n. 168 del 2014, ha ritenuto contrastante con le citate norme europee
una legge valdostana che subordinava ad una residenza minima di  otto
anni nella regione l'accesso all'edilizia residenziale pubblica.
    2.- La Regione Veneto si e' costituita in  giudizio  con  memoria
depositata il 5 giugno 2017.
    Con  riferimento  alla  asserita  violazione  del  principio   di
uguaglianza, la Regione rileva che la norma impugnata «non prevede un
criterio  selettivo  di  accesso  al  servizio  di  asilo  nido,   ma
unicamente introduce un canone preferenziale basato  sul  radicamento
familiare e lavorativo nel territorio regionale»;  essa,  cioe',  non
preclude ad alcuno l'accesso agli asili  nido,  ragion  per  cui  non
potrebbe produrre alcuna discriminazione. Inoltre, la Regione osserva
che l'erogazione del servizio di asilo nido non e'  obbligatoria.  Il
legislatore  regionale  avrebbe  esercitato   la   propria   potesta'
discrezionale, dando precedenza «a coloro che abbiano  piu'  a  lungo
contribuito alla realizzazione  del  contesto  sociale  ed  economico
pubblico da cui ha origine il sistema locale di assistenza alla prima
infanzia». La norma non sarebbe affetta da  «palese  irrazionalita'».
Inoltre, essa non discriminerebbe il bambino orfano di un genitore  o
di entrambi perche' la locuzione genitori si riferirebbe «ai soggetti
esercenti la potesta' genitoriale, a qualunque titolo cio' avvenga  e
pur anche nel caso in cui vi sia un solo "genitore"».
    Quanto  alla  violazione  del  principio  di  ragionevolezza,  la
Regione osserva, da un  lato,  che  «gli  asili  nido  pubblici,  per
espressa previsione della legge statale [legge 6  dicembre  1971,  n.
1044 «Piano quinquennale per l'istituzione di asili-nido comunali con
il concorso  dello  Stato»],  non  sono  teleologicamente  diretti  a
soddisfare in via esclusiva e prioritaria un interesse formativo  del
bambino, ma invece sono rivolti a garantire una  adeguata  assistenza
familiare e di  promozione  del  lavoro,  soprattutto  muliebre,  cui
accede necessariamente  un  esito  di  socializzazione  e  formazione
educativa»; dall'altro, che i comuni hanno potesta' regolamentare  in
materia di asili nido pubblici, potendo prevedere criteri  reddituali
di graduazione delle domande.
    Con riferimento alla asserita violazione dell'art. 31  Cost.,  la
Regione ribadisce che la norma impugnata non  fissa  un  criterio  di
ammissione ma solo di precedenza e che la disciplina degli asili nido
serve a tutelare l'infanzia «solo in via indiretta». Inoltre, osserva
che l'art. 31 Cost. sarebbe una  norma  «programmatica»,  inidonea  a
incidere  sul  contenuto  di  istituti  che  non   tocchino   diritti
fondamentali dei bambini.
    La censura relativa agli artt. 16 e 120 Cost. e' giudicata  dalla
Regione  «inverosimile»,  non  potendo  un  criterio  di   preferenza
nell'accesso agli asili nido condizionare la scelta di trasferirsi in
Veneto.   L'argomento   dell'Avvocatura   impedirebbe    agli    enti
territoriali di prevedere qualsiasi forma di agevolazione economica a
favore dei residenti.
    Infine, con riferimento alla questione  concernente  l'art.  117,
primo comma, Cost., la Regione rileva  che  la  norma  impugnata  non
viola le norme europee invocate perche' «il criterio selettivo  opera
nei confronti sia dei cittadini  sia  dei  non  cittadini»,  per  cui
«nessuna discriminazione puo' ipotizzarsi».
    3.- La Regione Veneto ha depositato una memoria integrativa il 20
marzo 2018. In essa afferma che la norma impugnata  «non  prevede  un
criterio  escludente,  ma  unicamente  un  criterio   suppletivo   di
preferenza a parita' di condizioni per  accedere  agli  asili  nido»,
cioe' un criterio «che opera solo secondariamente e  unicamente  dopo
che i soggetti richiedenti siano gia'  stati  selezionati  secondo  i
criteri primari diretti a  valorizzare  il  bisogno  di  accedere  al
servizio per l'infanzia».  Tale  interpretazione  della  disposizione
impugnata sarebbe confermata dalla concreta applicazione che ne hanno
fatto i comuni veneti.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  censura  l'art.  1,
comma 1, della legge della Regione Veneto  21  febbraio  2017,  n.  6
(Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23  aprile  1990,  n.
32, «Disciplina degli interventi regionali per  i  servizi  educativi
alla prima infanzia: asili nido e servizi innovativi»),  nella  parte
in cui modifica l'art. 8, comma 4, della legge reg. Veneto 23  aprile
1990, n. 32 (Disciplina degli  interventi  regionali  per  i  servizi
educativi alla prima infanzia:  asili  nido  e  servizi  innovativi),
introducendovi la lettera b).
    Per effetto della disposizione  impugnata,  l'art.  8,  comma  4,
della legge reg. Veneto n. 32 del  1990  dispone  quanto  segue:  «4.
Hanno titolo  di  precedenza  per  l'ammissione  all'asilo  nido  nel
seguente ordine di priorita': a) i bambini portatori di  disabilita';
b) i figli  di  genitori  residenti  in  Veneto  anche  in  modo  non
continuativo  da  almeno  quindici  anni  o  che  prestino  attivita'
lavorativa in  Veneto  ininterrottamente  da  almeno  quindici  anni,
compresi eventuali periodi intermedi  di  cassa  integrazione,  o  di
mobilita' o di disoccupazione».
    Il ricorrente ritiene che il criterio di precedenza fissato  alla
lettera b) sia incostituzionale per violazione delle seguenti  norme:
a) art. 3 della Costituzione, con riferimento  sia  al  principio  di
uguaglianza sia a quello  di  ragionevolezza;  b)  art.  31,  secondo
comma, Cost., in quanto la norma  censurata  frustrerebbe  il  valore
costituzionale della tutela dell'infanzia; c) artt. 16 e  120,  primo
comma, Cost., in quanto la norma impugnata ostacolerebbe la  liberta'
di circolazione; d) art. 117, primo comma, Cost., in quanto la  norma
censurata  violerebbe  l'art.  21  del  Trattato  sul   funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del  Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007,  ratificato  dalla  legge  2  agosto
2008, n. 137, in materia di liberta' di circolazione; l'art. 24 della
direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del  29
aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro
familiari di circolare e di soggiornare  liberamente  nel  territorio
degli Stati membri; l'art. 11, paragrafo 1, lettere d)  e  f),  della
direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre  2003,  relativa
allo status dei cittadini di paesi terzi che  siano  soggiornanti  di
lungo periodo.
    2.-  Prima  di  esaminare  le  questioni   di   costituzionalita'
sollevate nel ricorso, e'  opportuno  definire  l'esatto  significato
della disposizione impugnata.
    In primo luogo, si deve osservare che l'interpretazione  proposta
dalla Regione nella memoria integrativa non risulta coerente  con  la
portata della disposizione impugnata. Questa non prevede un  criterio
meramente sussidiario, destinato a operare  per  i  soggetti  che  si
trovino a parita' di punti, ma fissa un «titolo  di  precedenza»  che
prevale sui criteri fissati dai singoli comuni.  Cio'  risulta  dalla
formulazione  della  disposizione,  che  non  accenna   al   presunto
carattere sussidiario del criterio, e dall'accostamento al titolo  di
precedenza rappresentato dalla disabilita', che certamente  opera  in
via prevalente e non sussidiaria; trova inoltre conferma  nei  lavori
preparatori della legge,  che  sono  coerenti  con  l'interpretazione
sostenuta dalla Regione nella memoria di costituzione e  non  offrono
alcuno spunto a sostegno dell'interpretazione adeguatrice prospettata
nella memoria integrativa.
    Il titolo di precedenza previsto dalla norma  impugnata  opera  a
favore del complesso dei bambini figli di genitori radicati in Veneto
da lungo tempo. Il periodo di quindici anni deve essere calcolato con
riferimento a ciascun genitore considerato separatamente, e non  alla
coppia, e il termine «genitori» e' da intendere in modo conforme alla
lettera, cioe' nel senso che la precedenza non spetta a  chi  ha  due
genitori  di  cui  uno  solo  radicato  da  lungo  tempo  in  Veneto.
Un'interpretazione estensiva si giustificherebbe qualora  la  lettera
della disposizione non esprimesse in modo sufficiente la  sua  ratio,
ma non e' questo il caso, dal momento che la ratio della disposizione
converge con la sua lettera nel  privilegiare  le  coppie  (da  lungo
tempo) venete. Pur non avendo valore decisivo, i  lavori  preparatori
confermano l'interpretazione letterale, visto che da essi emerge  che
lo scopo era quello  di  favorire  le  giovani  coppie  venete  e  le
famiglie in cui entrambi  i  genitori  lavorano.  L'estensione  della
precedenza alle famiglie in cui  un  solo  genitore  e'  radicato  in
Veneto da piu' di quindici anni amplierebbe i beneficiari del  titolo
di precedenza, vanificando l'obiettivo del legislatore.
    Occorre precisare, peraltro, che, se  la  disposizione  impugnata
non intende privilegiare le  famiglie  in  cui  un  genitore  su  due
possiede i requisiti, ad essa non si  puo'  attribuire  l'intento  di
discriminare i bambini orfani (o comunque privi) di un genitore o  di
entrambi, sicche' in base ad essa, nei casi in cui la responsabilita'
genitoriale e' esercitata da una sola persona radicata in  Veneto  da
lungo tempo, il titolo di precedenza spetta.
    Da ultimo, e' opportuno rilevare che la norma impugnata,  benche'
non disciplini un requisito di accesso, fissa un titolo di precedenza
a favore di un'ampia categoria di persone  e  produce  cosi'  effetti
sostanzialmente escludenti dei soggetti non  radicati  in  Veneto  da
almeno quindici  anni  (data  la  notoria  scarsita'  di  asili  nido
pubblici), essendo dunque paragonabile alle norme che considerano  la
residenza prolungata come requisito di accesso.
    3.- La questione relativa all'art. 3 Cost. e' fondata.
    Per vagliare la ragionevolezza del titolo di  precedenza  fissato
dalla norma  impugnata,  e'  preliminarmente  necessario  soffermarsi
sulla funzione degli asili nido.
    La legge  6  dicembre  1971,  n.  1044  (Piano  quinquennale  per
l'Istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato), ha
istituito  gli  asili  nido  come  «servizio  sociale  di   interesse
pubblico» (art. 1, primo comma). All'epoca il servizio era incentrato
maggiormente sui bisogni dei genitori, avendo soprattutto il fine  di
facilitare l'accesso della donna al lavoro (art. 1, secondo comma).
    L'art. 6 della legge n. 1044 del 1971 affidava  alle  regioni  il
compito di fissare, «con proprie norme legislative, [...]  i  criteri
generali per  la  costruzione,  la  gestione  e  il  controllo  degli
asili-nido». Le leggi regionali  adottate  in  sua  attuazione  hanno
attribuito  una  funzione  educativa  agli  asili  nido,  nella   cui
disciplina ha dunque assunto peso crescente l'interesse del  bambino.
Cio' e' attestato, ad esempio, dalla citata legge reg. Veneto  n.  32
del 1990 (modificata dalla legge impugnata), che definisce gli  asili
nido «attivita' educativo-assistenziale»  (art.  1)  e  nella  quale,
anzi, e' il bambino il destinatario  principale  del  servizio  degli
asili nido («L'asilo  nido  e'  un  servizio  di  interesse  pubblico
rivolto  alla  prima  infanzia  e  ha  finalita'  di  assistenza,  di
socializzazione e di educazione nel quadro di una politica di  tutela
dei diritti dell'infanzia», art. 5, comma 1).
    La doppia valenza degli asili  nido  (sociale  ed  educativa)  si
conferma nella successiva legislazione statale: da un lato, la  legge
8 novembre 2000, n.  328  (Legge  quadro  per  la  realizzazione  del
sistema integrato di interventi e servizi sociali), dedica l'art.  16
alla «[v]alorizzazione e sostegno delle responsabilita' familiari»  e
dispone, all'art.  22,  comma  2,  che  «gli  interventi  di  seguito
indicati  costituiscono  il  livello  essenziale  delle   prestazioni
sociali  [...]  d)  misure  per  il  sostegno  delle  responsabilita'
familiari, ai sensi dell'articolo 16, per  favorire  l'armonizzazione
del tempo di lavoro e  di  cura  familiare  [...]»  (il  decreto  del
Presidente della Repubblica 3 maggio 2001, recante  «Piano  nazionale
degli interventi e  dei  servizi  sociali  2001-2003»,  considera  il
sostegno delle  responsabilita'  familiari  come  il  primo  fra  gli
obiettivi prioritari e  tratta  degli  asili  nido  nel  punto  1.2);
dall'altro, l'art. 70 della legge 28 dicembre 2001, n.  448,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge  finanziaria  2002)»,  definisce  gli  asili  nido
«strutture dirette a garantire la  formazione  e  la  socializzazione
delle bambine e dei bambini di eta' compresa tra i tre mesi ed i  tre
anni ed a sostenere le famiglie ed i genitori», e la legge 13  luglio
2015,  n.  107  (Riforma  del  sistema  nazionale  di  istruzione   e
formazione e delega per il riordino  delle  disposizioni  legislative
vigenti), prevede l'«istituzione del sistema integrato di  educazione
e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, costituito dai servizi
educativi per l'infanzia e dalle scuole  dell'infanzia,  al  fine  di
garantire ai bambini e alle bambine pari opportunita' di  educazione,
istruzione, cura,  relazione  e  gioco,  superando  disuguaglianze  e
barriere territoriali, economiche, etniche e  culturali,  nonche'  ai
fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di  lavoro  dei
genitori» (art. 1, comma 181, lettera e), comprendendo in particolare
i «servizi educativi per l'infanzia» gli asili nido (art. 2, comma 3,
lettera a del decreto legislativo 13  aprile  2017,  n.  65,  recante
«Istituzione del sistema integrato  di  educazione  e  di  istruzione
dalla nascita sino a sei anni, a norma dell'articolo 1, commi  180  e
181, lettera e, della legge 13  luglio  2015,  n.  107»).  La  doppia
valenza degli asili nido emerge anche nella legge 27  dicembre  2006,
n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»  (art.  1,  comma
1259), e nella legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante  «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge finanziaria 2008)»  (art.  2,  commi  458  e  460),  che,  con
riferimento agli asili nido, parlano di servizi socio-educativi.
    In definitiva, gli asili nido hanno  una  funzione  educativa,  a
vantaggio  dei  bambini,  e  una  funzione   socio-assistenziale,   a
vantaggio dei genitori che non hanno i  mezzi  economici  per  pagare
l'asilo nido privato o una baby-sitter; dalla disciplina  legislativa
emerge soprattutto l'intento di favorire  l'accesso  delle  donne  al
lavoro,  finalita'  che  ha   specifica   rilevanza   costituzionale,
garantendo espressamente la Costituzione la possibilita' per la donna
di conciliare il lavoro con la «funzione familiare» (art.  37,  primo
comma, Cost.).
    3.1.- Chiarita la funzione del  servizio  degli  asili  nido,  e'
opportuno ricordare che questa Corte ha affermato «il  principio  che
"se al legislatore, sia statale che  regionale  (e  provinciale),  e'
consentito introdurre una disciplina differenziata per l'accesso alle
prestazioni  assistenziali  al  fine   di   conciliare   la   massima
fruibilita' dei benefici previsti con la  limitatezza  delle  risorse
finanziarie disponibili" (sentenza n. 133  del  2013),  tuttavia  "la
legittimita' di una simile scelta non esclude che i canoni  selettivi
adottati debbano comunque rispondere al principio di  ragionevolezza"
(sentenza n. 133 del 2013) e che, quindi, debbano essere in ogni caso
coerenti ed adeguati a fronteggiare le situazioni  di  bisogno  o  di
disagio, riferibili direttamente alla persona  in  quanto  tale,  che
costituiscono  il  presupposto  principale   di   fruibilita'   delle
provvidenze in questione (sentenza n. 40 del 2011)"» (sentenza n. 168
del  2014).  Ha  inoltre  affermato  che  «l'introduzione  di  regimi
differenziati e' consentita solo in presenza di una  causa  normativa
non palesemente irrazionale o arbitraria, che sia cioe'  giustificata
da una ragionevole correlazione tra la condizione cui e'  subordinata
l'attribuzione del beneficio e gli altri peculiari requisiti  che  ne
condizionano il riconoscimento e ne definiscono  la ratio»  (sentenza
n. 172 del 2013).
    Con  particolare  riferimento  al   requisito   della   residenza
protratta, questa Corte ha anche osservato che, «mentre la  residenza
costituisce, rispetto a una provvidenza regionale, "un  criterio  non
irragionevole per l'attribuzione del beneficio" (sentenza n. 432  del
2005), non altrettanto puo' dirsi quanto alla residenza protratta per
un predeterminato e significativo  periodo  minimo  di  tempo  (nella
specie, quinquennale). La previsione di un simile requisito, infatti,
ove di carattere generale e dirimente,  non  risulta  rispettosa  dei
principi di ragionevolezza e di uguaglianza, in quanto "introduce nel
tessuto normativo elementi di distinzione arbitrari",  non  essendovi
alcuna  ragionevole  correlazione  tra  la  durata  prolungata  della
residenza e  le  situazioni  di  bisogno  o  di  disagio,  riferibili
direttamente alla persona in quanto tale, che in linea  astratta  ben
possono connotare la domanda di  accesso  al  sistema  di  protezione
sociale (sentenza n. 40 del 2011)» (sentenza n. 222 del 2013).
    3.2.- Tenuto conto di quanto esposto sopra sulla  funzione  degli
asili nido e alla luce  della  giurisprudenza  costituzionale  appena
rammentata, la norma impugnata risulta lesiva dell'art. 3 Cost.
    La configurazione della residenza (o dell'occupazione)  protratta
come titolo di precedenza per l'accesso agli asili nido, anche per le
famiglie economicamente deboli, si pone in frontale contrasto con  la
vocazione sociale  di  tali  asili.  Il  relativo  servizio  risponde
direttamente  alla  finalita'  di  uguaglianza  sostanziale   fissata
dall'art. 3, secondo comma, Cost., in quanto consente ai genitori (in
particolare alle madri) privi di adeguati mezzi economici di svolgere
un'attivita' lavorativa; il servizio, pertanto, elimina  un  ostacolo
che limita l'uguaglianza sostanziale e la  liberta'  dei  genitori  e
impedisce  il  pieno  sviluppo  della  persona  umana  e  l'effettiva
partecipazione dei genitori stessi alla vita economica e sociale  del
Paese.
    Per questa ragione, il servizio degli asili nido dovrebbe  essere
destinato  primariamente  alle  famiglie  in  condizioni  di  disagio
economico o sociale, come era previsto dall'art. 8,  comma  4,  della
legge reg. Veneto n. 32 del 1990, nella sua  previgente  formulazione
(«Hanno titolo  di  precedenza  all'ammissione  i  bambini  menomati,
disabili o in situazioni di rischio e  di  svantaggio  sociale»),  in
coerenza  con  la  disciplina  statale,  che  sancisce  il  principio
dell'accesso prioritario ai servizi sociali a favore dei soggetti  in
condizioni di difficolta' economico-sociale (art. 2, comma  3,  della
legge n.  328  del  2000).  La  norma  impugnata,  invece,  prescinde
totalmente dal fattore economico e, favorendo le persone radicate  in
Veneto da lungo tempo, adotta un criterio che  contraddice  anche  lo
scopo dei servizi sociali di garantire pari opportunita' e di evitare
discriminazioni (art. 1, comma 1, della legge n. 328 del 2000).
    In definitiva, il  titolo  di  precedenza  previsto  dalla  norma
impugnata e' contrario sia alla funzione sociale degli asili nido sia
alla vocazione "universalistica" dei servizi sociali.
    Quanto alla funzione educativa degli asili nido, l'estraneita' ad
essa del "radicamento territoriale" risulta  ugualmente  evidente,  e
tanto piu' risulta  tale  nella  norma  impugnata  che  riferisce  il
requisito ai genitori e non ai beneficiari dell'attivita'  educativa,
essendo ovviamente irragionevole ritenere che  i  figli  di  genitori
radicati in Veneto da lungo tempo  presentino  un  bisogno  educativo
maggiore degli altri.
    3.3.- Quanto alla vocazione universalistica dei servizi  sociali,
a differenza del requisito della residenza tout court  (che  serve  a
identificare  l'ente  pubblico  competente  a   erogare   una   certa
prestazione ed e' un requisito che ciascun soggetto  puo'  soddisfare
in ogni  momento),  quello  della  residenza  protratta  integra  una
condizione che puo' precludere in concreto a un determinato  soggetto
l'accesso alle prestazioni pubbliche sia  nella  regione  di  attuale
residenza sia in quella di  provenienza  (nella  quale  non  e'  piu'
residente). Le norme che  introducono  tale  requisito  vanno  dunque
vagliate con particolare attenzione, in quanto implicano  il  rischio
di privare certi soggetti  dell'accesso  alle  prestazioni  pubbliche
solo  per  il  fatto  di  aver  esercitato  il  proprio  diritto   di
circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza.
    L'argomento  utilizzato   dalla   Regione   Veneto   a   sostegno
dell'infondatezza della  questione  (ossia  che  la  norma  impugnata
darebbe la precedenza «a coloro che abbiano piu' a lungo  contribuito
alla realizzazione del contesto sociale ed economico pubblico da  cui
ha origine il sistema locale di assistenza alla prima infanzia»)  non
convince. In primo luogo, nessuno dei due  criteri  utilizzati  dalla
norma  impugnata  (residenza  prolungata  in  Veneto  o   occupazione
prolungata in Veneto) assicura che i genitori abbiano pagato  tributi
in Veneto per un lungo periodo (la residenza puo' non essere coincisa
con un periodo lavorativo e l'occupazione prolungata  in  Veneto  non
implica necessariamente  la  residenza  in  Veneto).  L'argomento  si
presenta opinabile anche alla luce dell'effettivo assetto delle fonti
di finanziamento degli asili nido, dato che le risorse necessarie per
la costruzione degli edifici e lo svolgimento  del  servizio  possono
essere di origine non regionale (gli artt. 8 e 12 del  citato  d.lgs.
n. 65 del 2017 prevedono finanziamenti statali,  e  la  stessa  legge
reg. Veneto n. 32 del 1990 menziona «contributi statali» all'art. 32,
comma 1), e che, per  quanto  riguarda  le  risorse  provenienti  dai
bilanci dei comuni e  delle  regioni,  si  dovrebbe  distinguere  fra
finanza "propria" e "derivata". E cio' senza contare  che,  sotto  un
profilo piu' generale, l'argomento  del  contributo  pregresso  tende
inammissibilmente  ad  assegnare  al  dovere   tributario   finalita'
commutative,  mentre  esso  e'  una  manifestazione  del  dovere   di
solidarieta' sociale, e che applicare un criterio di questo tipo alle
prestazioni sociali e' di per se' contraddittorio,  perche'  porta  a
limitare l'accesso proprio di coloro che ne hanno piu' bisogno.
    Si puo' osservare infine che chi si sposta  in  un'altra  regione
non ha contribuito al welfare  di  quella  regione  ma  ha  pagato  i
tributi nella regione di provenienza,  e  non  e'  costituzionalmente
ammissibile sfavorirlo nell'accesso ai servizi pubblici solo per aver
esercitato il proprio diritto costituzionale di circolazione  (o  per
essere stato trasferito o assegnato al Veneto per ragioni di lavoro o
di altra natura).
    In conclusione, poiche' il titolo di  precedenza  previsto  dalla
norma impugnata non ha alcun collegamento con la funzione degli asili
nido ne' puo' essere  giustificato  con  l'argomento  del  contributo
pregresso, il  suo  scopo,  che  si  esaurisce  nel  riconoscere  una
preferenza  nell'accesso  agli  asili  nido  pubblici  alle   persone
radicate in Veneto da lungo tempo,  e'  incompatibile  con  l'art.  3
Cost.
    4.- Anche la questione relativa all'art. 117, primo comma,  Cost.
e all'art. 21 del TFUE e' fondata.
    L'art. 21, paragrafo 1, del TFUE dispone  che  «[o]gni  cittadino
dell'Unione ha il diritto di circolare e di  soggiornare  liberamente
nel territorio degli Stati membri, fatte salve le  limitazioni  e  le
condizioni previste dai trattati e  dalle  disposizioni  adottate  in
applicazione degli stessi».
    In relazione ai requisiti di residenza prolungata,  la  Corte  di
giustizia  dell'Unione  europea  ha  affermato  che  «[u]na  siffatta
normativa nazionale, che svantaggia taluni  cittadini  di  uno  Stato
membro per il solo fatto che essi hanno esercitato la  loro  liberta'
di circolare e di soggiornare in un altro Stato  membro,  costituisce
una restrizione alle liberta' riconosciute dall'art. 21, n.  1,  TFUE
ad ogni cittadino dell'Unione», e che «[u]na simile restrizione  puo'
essere giustificata, con riferimento al diritto dell'Unione, solo  se
e' basata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza
delle  persone   interessate   ed   e'   proporzionata   allo   scopo
legittimamente perseguito dal diritto nazionale» (sentenza 21  luglio
2011, in causa C-503/09, Stewart, punti 86 e 87; si vedano  anche  le
sentenze 26 febbraio 2015, in causa C-359/13, B. Martens; 24  ottobre
2013, in  causa  C-220/12,  Andreas  Ingemar  Thiele  Meneses  (punti
22-29); 15 marzo 2005, in causa C-209/03, The Queen, ex parte di Dany
Bidar, punti 51-54; 23 marzo 2004, in causa C-138/02,  Brian  Francis
Collins; 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Gerhard Köbler).
    La Corte di giustizia non esclude a  priori  l'ammissibilita'  di
requisiti di residenza per  l'accesso  a  prestazioni  erogate  dagli
Stati membri, ma richiede che la norma persegua uno scopo  legittimo,
che sia proporzionata e che il  criterio  adottato  non  sia  «troppo
esclusivo», potendo sussistere altri elementi rivelatori  del  «nesso
reale» tra il richiedente e lo Stato (si vedano  le  citate  sentenze
Stewart, punti 92 e  95,  e  Thiele  Meneses,  punto  36).  La  norma
impugnata e' difettosa gia' in relazione allo scopo perseguito  (come
visto nel punto precedente) ed e' inoltre sicuramente  sproporzionata
quanto alla durata -  eccezionalmente  lunga:  quindici  anni  -  del
legame richiesto. Il fatto che discrimini  anche  cittadini  italiani
(non radicati in Veneto da piu' di quindici anni) non e' rilevante ai
fini  della  conformita'  al  diritto  europeo  (Corte  di  giustizia
dell'Unione europea, sentenze Thiele Meneses, punto  27;  16  gennaio
2003, in causa C-388/01, Commissione, punto 14;  6  giugno  2000,  in
causa C-281/98, Angonese, punto 41).
    Questa Corte ha gia' censurato,  per  violazione  dell'art.  117,
primo comma, Cost., e dell'art. 21 TFUE, una  norma  che  annoverava,
fra i requisiti di accesso  all'edilizia  residenziale  pubblica,  la
«residenza nella Regione da almeno  otto  anni,  maturati  anche  non
consecutivamente»: «la norma regionale in esame li pone [i  cittadini
dell'Unione europea] in una condizione di inevitabile  svantaggio  in
particolare rispetto alla comunita' regionale, ma anche rispetto agli
stessi cittadini italiani, che potrebbero piu'  agevolmente  maturare
gli otto anni di residenza in maniera  non  consecutiva,  realizzando
una  discriminazione  vietata  dal  diritto  comunitario  [...],   in
particolare  dall'art.  18  del  TFUE,  in   quanto   determina   una
compressione ingiustificata della loro  liberta'  di  circolazione  e
soggiorno, garantita dall'art. 21 del  TFUE»  (sentenza  n.  168  del
2014; si vedano anche le sentenze n. 190 del 2014 e n. 264 del 2013).
    4.1.- Possono considerarsi assorbite le altre questioni sollevate
con riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., con cui si  lamenta
la violazione  dell'art.  24  della  citata  direttiva  2004/38/CE  e
dell'art. 11, paragrafo 1, lettere d) e f),  della  citata  direttiva
2003/109/CE.
    5.- La questione relativa all'art. 120,  primo  comma,  Cost.  e'
anch'essa fondata.
    Occorre premettere che la questione concernente l'art.  16  Cost.
e' da ritenere ricompresa in quella  riguardante  l'art.  120,  primo
comma,  Cost.,  che  risulta  il  parametro   piu'   pertinente   con
riferimento al caso di specie («La Regione non puo' istituire dazi di
importazione o esportazione o transito tra le Regioni,  ne'  adottare
provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione
delle persone e delle cose tra le Regioni, ne'  limitare  l'esercizio
del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale»).
    La norma impugnata, non incidendo in modo immediato  sul  diritto
di circolazione e  di  svolgere  l'attivita'  lavorativa,  non  viola
direttamente i divieti posti dall'art. 120, primo comma,  Cost.  Essa
pone tuttavia un ostacolo all'esercizio dei diritti ivi previsti, per
le stesse ragioni illustrate con riferimento  all'art.  21  TFUE.  E'
evidente, infatti, che un genitore che deve trasferirsi in Veneto per
ragioni  di  lavoro  puo'  trovarsi  in  difficolta'  a  compiere  il
trasferimento se non ha i mezzi sufficienti per pagare un asilo  nido
privato, visto che la norma impugnata lo esclude di fatto dagli asili
nido pubblici.
    Il divieto di cui all'art. 120, primo comma, Cost.  e'  idoneo  a
colpire quelle discipline che limitano, anche solo in via di fatto, i
diritti da esso menzionati, come si puo' ricavare sia  dalla  lettera
della disposizione costituzionale («in qualsiasi modo»), sia dal  suo
collegamento con l'art. 3, secondo comma, Cost.,  che  "codifica"  il
nesso tra liberta' e condizioni materiali della liberta', sia  ancora
dalla giurisprudenza europea che, come visto, ha ravvisato un  limite
alla  liberta'  di  circolazione  in  certe   discipline   limitative
dell'accesso a prestazioni pubbliche.
    Cosi' definita la portata del divieto fissato all'art. 120, primo
comma, Cost., occorre verificare se  la  limitazione  prevista  dalla
norma impugnata sia costituzionalmente  tollerabile,  stante  che  il
divieto stesso non va inteso in  modo  "assoluto",  dovendosi  invece
vagliare la ragionevolezza  delle  leggi  regionali  che  limitano  i
diritti con esso garantiti. Questa Corte ha individuato a tale fine i
seguenti criteri: «occorre esaminare: a) se si sia in presenza di  un
valore costituzionale in relazione  al  quale  possano  essere  posti
limiti alla libera circolazione delle cose o degli  animali;  b)  se,
nell'ambito del suddetto potere di limitazione, la  regione  possegga
una  competenza  che  la  legittimi  a   stabilire   una   disciplina
differenziata a tutela di interessi costituzionalmente affidati  alla
sua cura; c) se il provvedimento adottato in  attuazione  del  valore
suindicato e  nell'esercizio  della  predetta  competenza  sia  stato
emanato nel rispetto dei requisiti di  legge  e  abbia  un  contenuto
dispositivo  ragionevolmente  commisurato  al  raggiungimento   delle
finalita' giustificative dell'intervento  limitativo  della  regione,
cosi' da non costituire  in  concreto  un  ostacolo  arbitrario  alla
libera circolazione delle cose fra regione e regione» (sentenza n. 51
del 1991).
    La norma impugnata e' inidonea a superare il  primo  e  il  terzo
passaggio del test, dal momento che, come visto sopra (punto 3), essa
non persegue un interesse pubblico meritevole, mirando  solo  a  dare
precedenza alle  persone  radicate  in  Veneto  da  lungo  tempo  (in
violazione dell'art. 3 Cost., come visto), e che la durata  richiesta
(della  residenza   o   dell'occupazione),   se   puo'   considerarsi
proporzionata a tale illegittimo obiettivo, certamente non  lo  e'  a
quello di garantire un legame tra il richiedente e la Regione.
    6.- E' fondata infine anche la questione  riferita  all'art.  31,
secondo comma, Cost., in base a  cui  la  Repubblica  «[p]rotegge  la
maternita',  l'infanzia  e  la  gioventu',  favorendo  gli   istituti
necessari a tale scopo».  La  norma  impugnata  fissa  un  titolo  di
precedenza che tradisce il senso dell'art. 31, secondo comma,  Cost.:
essa, cioe', non incide sul quantum e sul quomodo del servizio  degli
asili nido ma ne distorce la funzione, indirizzandolo non allo  scopo
di tutelare  le  famiglie  che  ne  hanno  bisogno  ma  a  quello  di
privilegiare chi e' radicato in  Veneto  da  lungo  tempo.  La  norma
impugnata, dunque, persegue un fine opposto  a  quello  della  tutela
dell'infanzia, perche' crea le condizioni per privare del  tutto  una
categoria di bambini del servizio educativo dell'asilo nido.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  1,
della legge della Regione Veneto 21 febbraio 2017, n. 6 (Modifiche ed
integrazioni alla legge regionale 23 aprile 1990, n. 32,  «Disciplina
degli  interventi  regionali  per  i  servizi  educativi  alla  prima
infanzia: asili nido e  servizi  innovativi»),  nella  parte  in  cui
modifica l'art. 8, comma 4,  della  legge  della  Regione  Veneto  23
aprile 1990, n. 32  (Disciplina  degli  interventi  regionali  per  i
servizi  educativi  alla  prima  infanzia:  asili  nido   e   servizi
innovativi), introducendovi la lettera b).
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 aprile 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                     Daria de PRETIS, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 25 maggio 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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