N. 104 SENTENZA 21 marzo - 23 maggio 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Previdenza - Trattamento pensionistico anticipato - Beneficiario
infrasessantaduenne - Deroga alla disciplina restrittiva in tema di
decurtazioni anche per i trattamenti decorrenti negli anni 2012,
2013 e 2014, con esclusivo riferimento ai ratei di pensione
corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016.
- Legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilita' 2016)», art. 1, comma 299.
-
(GU n.22 del 30-5-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio
PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
299, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
di stabilita' 2016)», promosso dal Tribunale ordinario di Palermo, in
funzione di giudice del lavoro, nel procedimento instaurato da A. B.
nei confronti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS), con ordinanza del 23 marzo 2016, iscritta al n. 206 del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2016.
Visti l'atto di costituzione dell'INPS, nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 2018 il Giudice relatore
Silvana Sciarra;
uditi l'avvocato Luigi Caliulo per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 23 marzo 2016, iscritta al n. 206 del
registro ordinanze 2016, il Tribunale ordinario di Palermo, in
funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 2, 3, 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 299, della legge 28 dicembre 2015,
n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», nella parte in
cui, a favore di coloro che abbiano raggiunto la prevista anzianita'
contributiva entro il 31 dicembre 2017, esclude la riduzione delle
anzianita' contributive maturate in data anteriore al 1° gennaio 2012
per le pensioni anticipate decorrenti negli anni 2012, 2013, 2014,
con esclusivo riguardo ai ratei di pensione corrisposti dal 1°
gennaio 2016.
1.1.- Il giudice rimettente espone di dover decidere una domanda
di accertamento del diritto alla corresponsione della pensione
anticipata, senza la riduzione percentuale contemplata dall'art. 24,
comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti
pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre
2011, n. 214.
In virtu' di tale previsione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, i
lavoratori che beneficiano di una pensione «liquidata a carico
dell'AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima,
nonche' della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26,
della legge 8 agosto 1995, n. 335» possono conseguire la pensione
anticipata a eta' inferiori ai piu' elevati requisiti anagrafici
sanciti dall'art. 24, comma 6, del d.l. n. 201 del 2011 soltanto se
abbiano maturato un'anzianita' contributiva di quarantadue anni e un
mese per gli uomini e di quarantuno anni e un mese per le donne.
Nell'ipotesi indicata, la legge applica, con riguardo alla «quota
di trattamento relativa alle anzianita' contributive maturate
antecedentemente il 1° gennaio 2012», una riduzione pari a un punto
percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento
rispetto all'eta' di sessantadue anni e una riduzione di due punti
percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.
L'applicazione di tali disposizioni restrittive - soggiunge il
rimettente - e' stata esclusa per i «soggetti che maturano il
previsto requisito di anzianita' contributiva entro il 31 dicembre
2017», con un'anzianita' contributiva derivante «esclusivamente da
prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione
obbligatoria per maternita', per l'assolvimento degli obblighi di
leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni
ordinaria» (art. 6, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre
2011, n. 216, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative», convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio
2012, n. 14).
L'esclusione e' stata poi estesa a tutti i «soggetti che maturano
il previsto requisito di anzianita' contributiva entro il 31 dicembre
2017», dapprima con riguardo ai soli «trattamenti pensionistici
decorrenti dal 1° gennaio 2015», in virtu' dell'art. 1, comma 113,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilita' 2015)», e successivamente, per effetto della disposizione
censurata, anche con riguardo «ai trattamenti pensionistici
decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014», per i soli «ratei di
pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016».
Il giudice a quo evidenzia che tale limitazione pregiudicherebbe
la parte ricorrente nel giudizio principale, «pensionata dal
1.10.2014», in quanto condurrebbe all'applicazione della decurtazione
prevista dall'art. 24, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011 sino al 31
dicembre 2015.
La questione di legittimita' costituzionale sarebbe rilevante,
poiche' sarebbe la disposizione censurata a determinare la
decurtazione di euro 263,63 al mese, contestata in giudizio dalla
parte ricorrente.
1.2.- Ad avviso del rimettente, il sistema cosi' delineato
determinerebbe un'arbitraria discriminazione tra chi ha ottenuto la
pensione anticipata dal 2012 alla fine del 2014, riponendo un
affidamento ancor piu' forte sulla normativa vigente prima del d.l.
n. 201 del 2011, e chi ha conseguito la pensione anticipata dal 1°
gennaio 2015 sino al 31 dicembre 2017.
La previsione in esame lederebbe «il principio costituzionale di
eguaglianza, di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 3 Cost.». Senza alcuna
ragione giustificatrice, la legge riserverebbe un trattamento
deteriore a chi ha avuto accesso alla pensione anticipata nel 2012,
nel 2013 e nel 2014, maturando prima «i requisiti contributivi utili
per il diritto a pensione», rispetto a chi ha ottenuto tale beneficio
successivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2015.
Non si potrebbe rinvenire alcuna giustificazione razionale di
tale disparita' di trattamento nel fatto che, per i soggetti posti in
pensione anticipata dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2014, le
decurtazioni siano state gia' operate. L'esigenza di risparmio di
spesa dovrebbe essere perseguita nel rispetto di «altri valori di
rilevanza costituzionale» e neppure l'eccezionalita' della situazione
economica giustificherebbe deroghe al principio di eguaglianza (si
richiama la sentenza n. 223 del 2012).
La decurtazione del trattamento pensionistico, disposta con
riguardo all'anzianita' contributiva effettivamente maturata dal
lavoratore, si porrebbe in contrasto con l'art. 36, primo comma,
Cost., in quanto sarebbe lesiva del «principio di proporzionalita'
tra pensione (che costituisce il prolungamento in pensione della
retribuzione goduta in costanza di lavoro) e retribuzione goduta
durante l'attivita' lavorativa».
Il rimettente denuncia il contrasto anche con il «principio
derivante dal combinato disposto degli artt. 36, 38, 2, 3 Cost.», sul
presupposto che la decurtazione del trattamento pensionistico,
«violando il principio di proporzionalita' tra pensione e
retribuzione e quello di adeguatezza della prestazione previdenziale,
altera il meccanismo del principio solidaristico e il principio di
eguaglianza e ragionevolezza, causando una irrazionale
discriminazione in danno solo di alcuni pensionati, casualmente
andati in pensione anticipata nel periodo dal 1.1.2012 al 31.12.2014,
invece che prima o dopo detto periodo»
Sarebbe sacrificato in maniera irragionevole il diritto dei
lavoratori collocati in pensione anticipata negli anni 2012, 2013 e
2014 di ricevere «un trattamento previdenziale proporzionato al
lavoro e alla contribuzione per esso versata (art. 36, comma 1,
Cost.) e adeguato (art. 38, comma 2, Cost.), in attuazione del
principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost. e del medesimo
principio di eguaglianza sostanziale di cui al citato art. 3, comma
2, Cost.» (si menziona la sentenza n. 70 del 2015).
2.- Con atto depositato il 3 novembre 2016, si e' costituito
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e ha chiesto di
dichiarare manifestamente inammissibile o comunque infondata la
questione di legittimita' costituzionale.
Il rimettente avrebbe trascurato di offrire adeguati ragguagli
sulla fattispecie concreta e, in particolare, sull'eta' anagrafica e
sull'anzianita' contributiva della parte ricorrente nel giudizio
principale e sull'effettiva consistenza della decurtazione che le e'
stata applicata.
Non sarebbero stati svolti i necessari approfondimenti
sull'eventuale applicabilita' della deroga prevista dall'art. 6,
comma 2-quater, del d.l. n. 216 del 2011.
Peraltro, per la parte ricorrente, che avrebbe maturato il
diritto alla pensione anticipata il 1° ottobre 2014, dovrebbero
operare le previsioni dell'art. 6, comma 2-quater, del d.l. n. 216
del 2011, e non gia' la disciplina successivamente introdotta
dall'art. 1, comma 113, della legge n. 190 del 2014 e dall'art. 1,
comma 299, della legge n. 208 del 2015. Anche da questo punto di
vista, si apprezzerebbe un'insufficiente motivazione sulla necessita'
di fare applicazione della disposizione censurata.
2.1.- In vista dell'udienza, l'INPS ha depositato una memoria
illustrativa, confermando le conclusioni gia' rassegnate nell'atto di
costituzione e svolgendo ulteriori considerazioni in ordine al merito
della questione.
In particolare, l'INPS ha ricordato che la disciplina censurata
e' stata adottata «nell'ambito di un pacchetto di disposizioni
emanate nel piu' difficile momento di crisi economica», allo scopo di
contemperare la tutela dei diritti dei pensionati con la salvaguardia
della «complessiva tenuta del sistema previdenziale e del bilancio
pubblico», in un assetto improntato alla solidarieta'
intergenerazionale.
Gli effetti della penalizzazione sarebbero provvisori e modesto
sarebbe il loro impatto economico, che consisterebbe in un
«corrispettivo simbolico». La «lieve e provvisoria penalizzazione»
disposta dal legislatore non pregiudicherebbe l'adeguatezza della
tutela previdenziale e il rapporto di tendenziale corrispondenza tra
retribuzione percepita nel corso del rapporto di lavoro e pensione.
Non si potrebbe ravvisare alcuna violazione dell'art. 3 Cost. Il
legislatore avrebbe scelto di graduare «in rapporto al fattore tempo»
la penalizzazione connessa all'applicazione della normativa
derogatoria sulla pensione anticipata e di mantenere le decurtazioni
per coloro che abbiano fruito del trattamento di pensione anticipata
per un arco temporale piu' ampio, sin dal periodo intercorrente tra
il 2012 e il 2014.
3.- Nel giudizio e' intervenuto, con atto depositato l'8 novembre
2016, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto di
dichiarare infondata la questione di legittimita' costituzionale.
La riduzione del trattamento pensionistico, modulata attraverso
«una ragionevole, progressiva diminuzione, nel tempo, della
penalizzazione», sarebbe stata congegnata in modo da «assicurare
l'equita' della disciplina normativa complessivamente considerata».
Non potrebbero dirsi violati, pertanto, i principi di
proporzionalita' tra pensione e retribuzione e di adeguatezza della
prestazione previdenziale.
L'interveniente, inoltre, osserva che il sistema non contempla
alcun principio di immutabilita' del trattamento pensionistico e che
spetta alla discrezionalita' del legislatore la determinazione della
misura dei trattamenti di quiescenza, anche alla luce delle concrete
disponibilita' finanziarie e delle risorse di bilancio (si menziona
la sentenza n. 316 del 2010).
La disposizione censurata, per un verso, salvaguarderebbe la
coerenza e la razionalita' del sistema e, per altro verso, si
prefiggerebbe di «garantire l'equilibrio tra mezzi disponibili e
prestazioni previdenziali erogate», in armonia con il vincolo imposto
dall'art. 81, quarto comma, Cost. e «con gli impegni assunti
dall'Italia con l'Unione Europea in materia di contenimento della
spesa pensionistica».
3.1.- In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio
dei ministri ha depositato una memoria illustrativa, confermando le
conclusioni gia' formulate nell'atto di intervento.
La disposizione censurata concorrerebbe «a rafforzare la
sostenibilita' di lungo periodo del sistema pensionistico» e a
salvaguardare l'equilibrio dell'intero sistema previdenziale, nel
rispetto dei vincoli imposti dall'art. 81 Cost.
L'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale,
per contro, rischierebbe di «compromettere gli equilibri di finanza
pubblica e gli impegni assunti dall'Italia con l'Unione Europea in
materia di contenimento della spesa pensionistica» e, a tutto
concedere, dovrebbe produrre effetti solo pro futuro.
4.- All'udienza pubblica del 20 marzo 2018, le parti hanno
ribadito le conclusioni e le argomentazioni svolte negli scritti
difensivi.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di giudice del
lavoro, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
299, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
di stabilita' 2016)», nella parte in cui, per le pensioni anticipate
decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014 e corrisposte a lavoratori
che abbiano raggiunto la prevista anzianita' contributiva entro il 31
dicembre 2017, limita l'esenzione dalla riduzione delle anzianita'
contributive maturate in data anteriore al 1° gennaio 2012 ai soli
«ratei di pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016» e non
include anche i ratei di pensione corrisposti dal 2012 al 2015.
L'assetto delineato dal legislatore contrasterebbe, in primo
luogo, con «il principio costituzionale di eguaglianza, di cui ai
commi 1 e 2 dell'art. 3 Cost.». La disposizione censurata, senza
alcuna ragione giustificatrice, riserverebbe un trattamento deteriore
a quanti hanno conseguito la pensione anticipata nel 2012, nel 2013 e
nel 2014, maturando prima «i requisiti contributivi utili per il
diritto a pensione», e «che anzi avevano fatto maggiore affidamento
sulla normativa in materia pensionistica vigente prima del D.L. n.
201/2011», rispetto a quanti hanno ottenuto tale trattamento
successivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2015. Se per questi
ultimi, quando abbiano maturato la prevista anzianita' contributiva
entro il 31 dicembre 2017, non si applicano penalizzazioni di sorta,
per chi ha conseguito la pensione anticipata nel 2012, nel 2013 e nel
2014, permangono le decurtazioni applicate per i ratei di pensione
corrisposti prima del 1° gennaio 2016, anche quando abbiano raggiunto
l'anzianita' contributiva entro il 31 dicembre 2017, ove tale
anzianita' contributiva non si colleghi a una prestazione effettiva
di lavoro.
Non si potrebbe individuare una valida ragione giustificatrice
della denunciata disparita' di trattamento nel fatto che, per i
soggetti posti in pensione anticipata dal 1° gennaio 2012 al 31
dicembre 2014, le decurtazioni siano state gia' operate. Invero,
l'esigenza di risparmio di spesa dovrebbe essere perseguita nel
rispetto di «altri valori di rilevanza costituzionale» e neppure
l'eccezionalita' della situazione economica potrebbe giustificare
deroghe al principio di eguaglianza (si richiama la sentenza n. 223
del 2012).
Sarebbe violato l'art. 36, primo comma, della Costituzione, in
quanto la decurtazione del trattamento pensionistico relativo
all'anzianita' contributiva effettivamente maturata dal lavoratore
sarebbe lesiva del «principio di proporzionalita' tra pensione (che
costituisce il prolungamento in pensione della retribuzione goduta in
costanza di lavoro) e retribuzione goduta durante l'attivita'
lavorativa».
Il rimettente prospetta, da ultimo, la violazione del «principio
derivante dal combinato disposto degli artt. 36, 38, 2, 3 Cost.». La
decurtazione del trattamento pensionistico che spetta al lavoratore
in rapporto alla contribuzione maturata, «violando il principio di
proporzionalita' tra pensione e retribuzione e quello di adeguatezza
della prestazione previdenziale, altera il meccanismo del principio
solidaristico e il principio di eguaglianza e ragionevolezza,
causando una irrazionale discriminazione in danno solo di alcuni
pensionati, casualmente andati in pensione anticipata nel periodo dal
1.1.2012 al 31.12.2014, invece che prima o dopo detto periodo».
Il meccanismo cosi' descritto, in particolare, sacrificherebbe in
maniera irragionevole il diritto dei lavoratori collocati in pensione
anticipata negli anni 2012, 2013 e 2014 di ricevere «un trattamento
previdenziale proporzionato al lavoro e alla contribuzione per esso
versata (art. 36, comma 1, Cost.) e adeguato (art. 38, comma 2,
Cost.), in attuazione del principio solidaristico di cui all'art. 2
Cost. e del medesimo principio di eguaglianza sostanziale di cui al
citato art. 3, comma 2, Cost.» (si cita a tale riguardo la sentenza
n. 70 del 2015).
Al richiamo all'art. 53 Cost., contenuto nel solo dispositivo
dell'ordinanza di rimessione, non corrisponde un'autonoma censura,
che concorra a definire il thema decidendum devoluto all'esame di
questa Corte.
2.- Si deve rilevare, preliminarmente, che, in virtu' dell'art.
1, comma 194, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di
previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio
pluriennale per il triennio 2017-2019), la riduzione percentuale dei
trattamenti pensionistici, prevista dall'art. 24, comma 10, del d.l.
n. 201 del 2011, non si applica ai «trattamenti pensionistici
decorrenti dal 1° gennaio 2018».
La normativa sopravvenuta non muta i termini della questione di
legittimita' costituzionale, che verte sulla decurtazione dei
trattamenti anticipati decorrenti nel 2012, nel 2013 e nel 2014. Non
e' necessario, pertanto, alla luce di una sopravvenienza che non
dispiega alcun effetto sul giudizio principale, restituire gli atti
al rimettente perche' rinnovi la valutazione in punto di rilevanza e
di non manifesta infondatezza della questione sollevata (sentenze n.
260 del 2015, punto 2. del Considerato in diritto, e n. 205 del 2015,
punto 3. del Considerato in diritto).
3.- La valutazione in punto di rilevanza, compiuta dal
rimettente, non incorre nei profili di inammissibilita' eccepiti
dalla difesa dell'INPS, con riguardo all'incompleta ricostruzione
della posizione previdenziale della parte ricorrente e all'omessa
verifica dell'effettiva spettanza della pensione anticipata. L'INPS
lamenta che la carente descrizione della fattispecie precluda il
necessario controllo sulla rilevanza, al pari delle generiche
indicazioni sulla necessita' di applicare una disposizione posteriore
al pensionamento della parte ricorrente.
Tali rilievi non colgono nel segno.
Il giudice a quo, pur nel conciso richiamo agli atti e ai
documenti di causa, delinea i tratti essenziali della fattispecie
concreta e chiarisce che la parte ricorrente, pensionata dal 1°
ottobre 2014, beneficia di una pensione anticipata, decurtata secondo
le prescrizioni dell'art. 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il
consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni,
nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Nel giudizio principale non si discute sulla sussistenza dei
requisiti, peraltro non contestati, per accedere alla pensione
anticipata, ne' sul fatto, parimenti pacifico, che il trattamento
pensionistico anticipato sia stato in concreto ridotto, ma sulla
legittimita' delle decurtazioni applicate sulla scorta di una
normativa che si sospetta in contrasto con la Carta fondamentale.
La controversa consistenza di tali decurtazioni, posta in risalto
anche all'udienza pubblica, non pone in discussione la necessita' di
applicare la disciplina in esame e tale elemento e' sufficiente a
radicare la rilevanza del proposto dubbio di costituzionalita'.
E' del pari ininfluente che la disciplina denunciata sia
posteriore al conseguimento della pensione. Il rimettente ha
dettagliatamente ripercorso l'evoluzione della normativa dal d.l. n.
201 del 2011 fino alla legge n. 208 del 2015, dando conto
dell'incidenza della disciplina sopravvenuta sulla posizione della
parte ricorrente.
Le censure vertono su questa disciplina successiva, nella parte
in cui conferma, per chi ha conseguito le pensioni anticipate nel
2012, nel 2013 e nel 2014, la vigenza della precedente e piu'
rigorosa normativa.
Anche da tale punto di vista, dunque, la questione proposta
supera il vaglio di ammissibilita' demandato a questa Corte.
4.- La questione non e' fondata, in riferimento a tutti i profili
dedotti dal rimettente.
5.- La questione sollevata dal Tribunale ordinario di Palermo si
inquadra nella complessa evoluzione della disciplina in tema di
pensionamenti anticipati, che ha visto il susseguirsi di molteplici
interventi, intesi a mitigare il regime restrittivo tratteggiato
inizialmente dall'art. 24, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011.
5.1.- Tale disposizione prevede che, a partire «dal 1° gennaio
2012 e con riferimento ai soggetti la cui pensione e' liquidata a
carico dell'AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della
medesima, nonche' della gestione separata di cui all'articolo 2,
comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che maturano i requisiti
a partire dalla medesima data», la pensione anticipata ad eta'
inferiori rispetto a quelle nel frattempo innalzate dall'art. 24,
comma 6, del d.l. n. 201 del 2011 sia corrisposta soltanto «se
risulta maturata un'anzianita' contributiva di 42 anni e 1 mese per
gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, con riferimento ai
soggetti che maturano i requisiti nell'anno 2012». Tali requisiti
sono progressivamente elevati in rapporto all'incremento delle
aspettative di vita.
La pensione anticipata e' corrisposta nell'importo pieno soltanto
se il beneficiario abbia compiuto sessantadue anni di eta'. Qualora
tale eta' non sia stata ancora raggiunta, il legislatore applica
«[s]ulla quota di trattamento relativa alle anzianita' contributive
maturate antecedentemente il 1° gennaio 2012» una riduzione
percentuale cosi' modulata: «1 punto percentuale per ogni anno di
anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'eta' di 62 anni;
[...] 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo
rispetto a due anni», una «riduzione proporzionale al numero di
mesi», quando il periodo di anticipo nell'accesso al pensionamento
non corrisponda ad un anno intero.
5.2.- Con l'art. 6, comma 2-quater, secondo periodo, del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di termini previsti
da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, nella
legge 24 febbraio 2012, n. 14, il legislatore ha escluso
l'applicazione delle disposizioni in materia di riduzione percentuale
dei trattamenti pensionistici per coloro che maturano i prescritti
requisiti di anzianita' contributiva «entro il 31 dicembre 2017».
Nella versione originaria, la deroga era subordinata al ricorrere
di un'anzianita' contributiva derivante «esclusivamente da
prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione
obbligatoria per maternita', per l'assolvimento degli obblighi di
leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni
ordinaria».
La nozione di prestazione effettiva di lavoro e' stata poi estesa
anche alle assenze «per la donazione di sangue e di emocomponenti,
come previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 21 ottobre 2005,
n. 219, e per i congedi parentali di maternita' e paternita' previsti
dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151»
(art. 4-bis, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101,
recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di
razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», convertito, con
modificazioni, nella legge 30 ottobre 2013, n. 125) e alle assenze
«per i congedi e i permessi concessi ai sensi dell'articolo 33 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104» (art. 1, comma 493, della legge 27
dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita'
2014)».
5.3.- L'art. 1, comma 113, della legge 23 dicembre 2014, n. 190,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)», ha superato il
requisito della prestazione effettiva di lavoro e ha escluso ogni
riduzione percentuale per i «trattamenti pensionistici decorrenti dal
1° gennaio 2015», a beneficio dei «soggetti che maturano il previsto
requisito di anzianita' contributiva entro il 31 dicembre 2017».
5.4.- Fermo tale ultimo presupposto, l'art. 1, comma 299, della
legge n. 208 del 2015, nell'inserire l'art. 113-bis della legge n.
190 del 2014, ha esteso il superamento del requisito della
prestazione effettiva di lavoro anche ai «trattamenti pensionistici
decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014», con esclusivo «riferimento
ai ratei di pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016».
Verso tale limitazione temporale si indirizzano le censure del
rimettente, che reputa in contrasto con i principi costituzionali la
mancata estensione della deroga anche ai ratei di pensione
corrisposti in data anteriore al 1° gennaio 2016 e gia' incisi dalle
decurtazioni in esame.
6.- Le censure investono, da un punto di vista piu' generale, il
meccanismo di riduzione delle pensioni anticipate decorrenti nel
2012, nel 2013 e nel 2014 e ne prospettano il carattere lesivo dei
principi di adeguatezza e di proporzionalita' delle prestazioni
previdenziali, enunciati dagli artt. 36 e 38 Cost. e presidiati, a
dire del rimettente, anche dagli artt. 2 e 3, secondo comma, Cost.
Le censure non sono fondate.
6.1.- Il legislatore ben puo' disincentivare i pensionamenti
anticipati (fra le molte, sentenza n. 416 del 1999, punto 4.1. del
Considerato in diritto) e, in pari tempo, promuovere la prosecuzione
dell'attivita' lavorativa mediante adeguati incentivi a chi rimanga
in servizio e continui a mettere a frutto la professionalita'
acquisita, come questa Corte ha avuto occasione di affermare in
riferimento alla valutazione dei particolari servizi prestati da
dipendenti civili e militari dello Stato (sentenza n. 39 del 2018,
punto 4.4. del Considerato in diritto) e in tema di coefficiente di
trasformazione della contribuzione versata, piu' elevato per chi
presti servizio piu' a lungo (sentenza n. 23 del 2017, punto 4.1. del
Considerato in diritto).
Tali scelte discrezionali sono chiamate a contemperare la
salvaguardia della sostenibilita' del sistema previdenziale con i
principi di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) e con la
tutela della proporzionalita' e dell'adeguatezza dei trattamenti
pensionistici (artt. 36 e 38 Cost.).
A questo riguardo, non e' delineato un rapporto di indefettibile
corrispondenza tra le pensioni e le retribuzioni e tra le pensioni e
l'ammontare della contribuzione versata, ma una tendenziale
correlazione, che salvaguardi l'idoneita' del trattamento
previdenziale a soddisfare le esigenze di vita. Cio' che appare
indispensabile e' «una valutazione globale e complessiva, che non si
esaurisca nella parziale considerazione delle singole componenti»
(sentenza n. 259 del 2017, punto 3.1. del Considerato in diritto).
6.2.- Nel caso di specie, il bilanciamento attuato dal
legislatore non puo' ritenersi irragionevole.
Le decurtazioni imposte ai trattamenti pensionistici anticipati
si affiancano alle drastiche misure di riduzione della spesa
previdenziale previste dall'art. 24 del d.l. n. 201 del 2011 e
incentrate sull'adeguamento dell'eta' di accesso alla pensione alla
piu' elevata speranza di vita.
La riduzione dei trattamenti pensionistici anticipati, superata a
regime dall'art. 1, comma 194, della legge n. 232 del 2016 per le
pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2018, esaurisce i suoi effetti in
un quadriennio (dal 2012 al 2015) e si proietta, pertanto, in un arco
temporale definito.
La riduzione in esame, inoltre, si attesta sulla misura di un
punto percentuale per ogni anno di anticipo rispetto all'eta' di
sessantadue anni e sulla piu' elevata misura di due punti percentuali
«per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni» e si
articola secondo un progredire graduale, commisurato al grado di
anticipazione dell'eta' pensionabile e circoscritto entro limiti
sostenibili, che non vanificano i diritti fondamentali coinvolti.
Pertanto, la durata definita delle riduzioni, modulate in senso
progressivo, e la misura contenuta che le contraddistingue e si
accompagna alle deroghe gia' sancite dall'art. 6, comma 2-quater, del
d.l. n. 216 del 2011 non compromettono il nesso di tendenziale
equilibrio tra le pensioni, da un lato, e le retribuzioni e la
contribuzione versata, dall'altro. Ne' il bilanciamento con il limite
delle risorse disponibili implica un sacrificio sproporzionato e
irragionevole del nucleo intangibile dei diritti tutelati dagli artt.
36 e 38 Cost.
7.- Il rimettente censura la riduzione percentuale delle pensioni
anticipate decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014 anche in chiave
comparativa e denuncia il trattamento discriminatorio riservato a chi
ha avuto accesso al pensionamento anticipato nei primi tre anni di
vigenza dell'art. 24, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011.
Neppure tali censure sono fondate.
7.1.- Per costante giurisprudenza di questa Corte (fra le molte,
sentenza n. 197 del 2010, punto 5.1. del Considerato in diritto), nei
rapporti di durata il trattamento differenziato, riservato a una
determinata categoria di soggetti in momenti diversi nel tempo, non
contrasta con il principio di eguaglianza. Spetta difatti alla
discrezionalita' del legislatore, nel rispetto del canone di
ragionevolezza, delimitare la sfera temporale di applicazione delle
norme e, da questa angolazione, il fluire del tempo puo'
rappresentare un apprezzabile criterio distintivo nella disciplina
delle situazioni giuridiche (sentenze n. 273 del 2011, punto 4.2. del
Considerato in diritto, e n. 94 del 2009, punto 7.2. del Considerato
in diritto).
7.2.- La modulazione temporale della disciplina censurata non e'
irragionevole.
La posizione di chi ha conseguito la pensione anticipata dal 2012
al 2014 differisce dalla posizione di chi ha avuto accesso a tale
trattamento dal 1° gennaio 2015 per quel che attiene ai presupposti
di operativita' della deroga prevista dall'art. 6, comma 2-quater,
del d.l. n. 216 del 2011. Se, per la prima categoria, fino al 1°
gennaio 2016, la disciplina restrittiva in tema di decurtazioni non
si applica se i lavoratori abbiano raggiunto entro il 31 dicembre
2017 la prevista anzianita' contributiva, legata alla prestazione
effettiva di lavoro, la seconda categoria puo' essere esentata dalle
decurtazioni alla sola condizione di avere maturato entro il 31
dicembre 2017 l'anzianita' contributiva necessaria, cosi' disancorata
da ogni riferimento alla prestazione effettiva di lavoro.
La diversita' di trattamento, dunque, incide su un profilo
circoscritto della disciplina di deroga prevista anche a beneficio di
chi ha conseguito la pensione anticipata dal 2012 al 2014. Peraltro,
il presupposto della prestazione effettiva di lavoro, che rappresenta
il tratto differenziale tra le due discipline, e' stato configurato
dal legislatore con una latitudine sempre maggiore, cosi' da non
costringere entro limiti troppo angusti l'ambito applicativo della
deroga in esame.
Tale diversita' di disciplina, legata a un aspetto di dettaglio
di una normativa di piu' ampio respiro, non e' idonea a determinare
un trattamento complessivamente sperequato dei beneficiari di
pensioni anticipate decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014 e
rispecchia il diverso contesto in cui tali misure hanno trovato
applicazione.
Come questa Corte ha affermato con riguardo all'avvicendarsi
delle discipline in tema di cumulo tra pensioni e retribuzioni
(sentenza n. 416 del 1999, punto 4.1. del Considerato in diritto), le
differenze che intercorrono tra i diversi regimi, nell'ambito di
interventi di riforma generale che richiedono continui adattamenti,
riflettono la mutevole incidenza delle contingenti «emergenze
finanziarie».
Anche nel caso di specie, il succedersi nel tempo delle
discipline di deroga al regime generale rivela l'eterogeneita' delle
situazioni poste a raffronto e preclude una valutazione comparativa
con la posizione di chi ha avuto successivamente accesso alla
pensione anticipata, in un quadro sensibilmente mutato per
l'affievolirsi delle esigenze che avevano giustificato le iniziali
misure restrittive. Le scelte discrezionali del legislatore, a questo
riguardo, si orientano verso la progressiva attenuazione
dell'originario meccanismo di riduzione della pensione anticipata,
per poi sancirne il definitivo superamento.
La particolarita' della disciplina applicata ai pensionamenti
anticipati del 2012, del 2013 e del 2014 si raccorda al carattere
necessariamente graduale del percorso di superamento del regime di
"penalizzazioni", alla stregua della valutazione dei limiti imposti
dalle risorse disponibili.
Si deve da ultimo considerare che la disposizione censurata, in
armonia con i principi generali (art. 11 delle disposizioni
preliminari codice civile), si limita a sancire l'efficacia solo per
il futuro del superamento del requisito della prestazione effettiva
di lavoro e a confermare per il passato l'applicazione di una
disciplina provvista di valenza generale, gia' temperata dalle
significative esenzioni dell'art. 6, comma 2-quater, del d.l. n. 216
del 2011 e comunque contraddistinta da un limitato e tollerabile
impatto sul trattamento pensionistico corrisposto.
La scelta di differire al futuro l'efficacia dell'ulteriore
deroga non genera, pertanto, una ingiustificata disparita' di
trattamento e non travalica i limiti di ragionevolezza e
proporzionalita' che presiedono alla «attuazione graduale» dei
principi sanciti dagli artt. 36 e 38 Cost., anche alla luce delle
esigenze connesse «alla concreta e attuale disponibilita' delle
risorse finanziarie e dei mezzi necessari per far fronte ai relativi
impegni di spesa» (sentenza n. 119 del 1991, punto 3. del Considerato
in diritto, da ultimo ripresa dalla sentenza n. 259 del 2017, punto
3.1. del Considerato in diritto).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 299, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)», sollevata dal Tribunale
ordinario di Palermo, in funzione di giudice del lavoro, in
riferimento agli artt. 2, 3, 36 e 38 della Costituzione, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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mercoledì 30 maggio 2018
N. 104 SENTENZA 21 marzo - 23 maggio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza - Trattamento pensionistico anticipato - Beneficiario infrasessantaduenne - Deroga alla disciplina restrittiva in tema di decurtazioni anche per i trattamenti decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014, con esclusivo riferimento ai ratei di pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016. - Legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», art. 1, comma 299. - (GU n.22 del 30-5-2018 )
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