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mercoledì 30 maggio 2018

N. 104 SENTENZA 21 marzo - 23 maggio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza - Trattamento pensionistico anticipato - Beneficiario infrasessantaduenne - Deroga alla disciplina restrittiva in tema di decurtazioni anche per i trattamenti decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014, con esclusivo riferimento ai ratei di pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016. - Legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», art. 1, comma 299. - (GU n.22 del 30-5-2018 )

N. 104 SENTENZA 21 marzo - 23 maggio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Previdenza -  Trattamento  pensionistico  anticipato  -  Beneficiario
  infrasessantaduenne - Deroga alla disciplina restrittiva in tema di
  decurtazioni anche per i trattamenti decorrenti  negli  anni  2012,
  2013 e  2014,  con  esclusivo  riferimento  ai  ratei  di  pensione
  corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016.
- Legge 28 dicembre  2015,  n.  208,  recante  «Disposizioni  per  la
  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
  stabilita' 2016)», art. 1, comma 299.

(GU n.22 del 30-5-2018 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
299, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2016)», promosso dal Tribunale ordinario di Palermo, in
funzione di giudice del lavoro, nel procedimento instaurato da A.  B.
nei  confronti  dell'Istituto  nazionale  della  previdenza   sociale
(INPS), con ordinanza del 23 marzo  2016,  iscritta  al  n.  206  del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2016.
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INPS,  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 2018 il Giudice relatore
Silvana Sciarra;
    uditi l'avvocato Luigi Caliulo  per  l'INPS  e  l'avvocato  dello
Stato  Gabriella  Palmieri  per  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ordinanza del 23 marzo  2016,  iscritta  al  n.  206  del
registro ordinanze  2016,  il  Tribunale  ordinario  di  Palermo,  in
funzione di giudice del lavoro, ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 2, 3, 36 e 38 della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 299, della legge 28 dicembre  2015,
n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», nella parte in
cui, a favore di coloro che abbiano raggiunto la prevista  anzianita'
contributiva entro il 31 dicembre 2017, esclude  la  riduzione  delle
anzianita' contributive maturate in data anteriore al 1° gennaio 2012
per le pensioni anticipate decorrenti negli anni  2012,  2013,  2014,
con esclusivo riguardo  ai  ratei  di  pensione  corrisposti  dal  1°
gennaio 2016.
    1.1.- Il giudice rimettente espone di dover decidere una  domanda
di  accertamento  del  diritto  alla  corresponsione  della  pensione
anticipata, senza la riduzione percentuale contemplata dall'art.  24,
comma 10, del decreto-legge 6 dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  22  dicembre
2011, n. 214.
    In virtu' di tale previsione, a decorrere dal 1° gennaio 2012,  i
lavoratori che  beneficiano  di  una  pensione  «liquidata  a  carico
dell'AGO e delle  forme  sostitutive  ed  esclusive  della  medesima,
nonche' della gestione separata di  cui  all'articolo  2,  comma  26,
della legge 8 agosto 1995, n. 335»  possono  conseguire  la  pensione
anticipata a eta' inferiori  ai  piu'  elevati  requisiti  anagrafici
sanciti dall'art. 24, comma 6, del d.l. n. 201 del 2011  soltanto  se
abbiano maturato un'anzianita' contributiva di quarantadue anni e  un
mese per gli uomini e di quarantuno anni e un mese per le donne.
    Nell'ipotesi indicata, la legge applica, con riguardo alla «quota
di  trattamento  relativa  alle  anzianita'   contributive   maturate
antecedentemente il 1° gennaio 2012», una riduzione pari a  un  punto
percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso  al  pensionamento
rispetto all'eta' di sessantadue anni e una riduzione  di  due  punti
percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.
    L'applicazione di tali disposizioni restrittive  -  soggiunge  il
rimettente - e'  stata  esclusa  per  i  «soggetti  che  maturano  il
previsto requisito di anzianita' contributiva entro  il  31  dicembre
2017», con un'anzianita' contributiva  derivante  «esclusivamente  da
prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi  di  astensione
obbligatoria per maternita', per  l'assolvimento  degli  obblighi  di
leva, per infortunio, per malattia e di cassa  integrazione  guadagni
ordinaria» (art. 6, comma 2-quater,  del  decreto-legge  29  dicembre
2011, n. 216, recante «Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative», convertito, con modificazioni, nella legge 24  febbraio
2012, n. 14).
    L'esclusione e' stata poi estesa a tutti i «soggetti che maturano
il previsto requisito di anzianita' contributiva entro il 31 dicembre
2017», dapprima  con  riguardo  ai  soli  «trattamenti  pensionistici
decorrenti dal 1° gennaio 2015», in virtu' dell'art.  1,  comma  113,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2015)», e successivamente, per effetto della  disposizione
censurata,  anche  con   riguardo   «ai   trattamenti   pensionistici
decorrenti negli anni 2012, 2013  e  2014»,  per  i  soli  «ratei  di
pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016».
    Il giudice a quo evidenzia che tale limitazione  pregiudicherebbe
la  parte  ricorrente  nel  giudizio  principale,   «pensionata   dal
1.10.2014», in quanto condurrebbe all'applicazione della decurtazione
prevista dall'art. 24, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011 sino al  31
dicembre 2015.
    La questione di legittimita'  costituzionale  sarebbe  rilevante,
poiche'  sarebbe  la  disposizione   censurata   a   determinare   la
decurtazione di euro 263,63 al mese,  contestata  in  giudizio  dalla
parte ricorrente.
    1.2.- Ad  avviso  del  rimettente,  il  sistema  cosi'  delineato
determinerebbe un'arbitraria discriminazione tra chi ha  ottenuto  la
pensione anticipata  dal  2012  alla  fine  del  2014,  riponendo  un
affidamento ancor piu' forte sulla normativa vigente prima  del  d.l.
n. 201 del 2011, e chi ha conseguito la pensione  anticipata  dal  1°
gennaio 2015 sino al 31 dicembre 2017.
    La previsione in esame lederebbe «il principio costituzionale  di
eguaglianza, di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 3 Cost.».  Senza  alcuna
ragione  giustificatrice,  la  legge  riserverebbe   un   trattamento
deteriore a chi ha avuto accesso alla pensione anticipata  nel  2012,
nel 2013 e nel 2014, maturando prima «i requisiti contributivi  utili
per il diritto a pensione», rispetto a chi ha ottenuto tale beneficio
successivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2015.
    Non si potrebbe rinvenire  alcuna  giustificazione  razionale  di
tale disparita' di trattamento nel fatto che, per i soggetti posti in
pensione anticipata dal 1° gennaio  2012  al  31  dicembre  2014,  le
decurtazioni siano state gia' operate.  L'esigenza  di  risparmio  di
spesa dovrebbe essere perseguita nel rispetto  di  «altri  valori  di
rilevanza costituzionale» e neppure l'eccezionalita' della situazione
economica giustificherebbe deroghe al principio  di  eguaglianza  (si
richiama la sentenza n. 223 del 2012).
    La  decurtazione  del  trattamento  pensionistico,  disposta  con
riguardo  all'anzianita'  contributiva  effettivamente  maturata  dal
lavoratore, si porrebbe in contrasto  con  l'art.  36,  primo  comma,
Cost., in quanto sarebbe lesiva del  «principio  di  proporzionalita'
tra pensione (che costituisce  il  prolungamento  in  pensione  della
retribuzione goduta in costanza  di  lavoro)  e  retribuzione  goduta
durante l'attivita' lavorativa».
    Il rimettente denuncia  il  contrasto  anche  con  il  «principio
derivante dal combinato disposto degli artt. 36, 38, 2, 3 Cost.», sul
presupposto  che  la  decurtazione  del  trattamento   pensionistico,
«violando  il  principio   di   proporzionalita'   tra   pensione   e
retribuzione e quello di adeguatezza della prestazione previdenziale,
altera il meccanismo del principio solidaristico e  il  principio  di
eguaglianza    e    ragionevolezza,    causando    una    irrazionale
discriminazione in  danno  solo  di  alcuni  pensionati,  casualmente
andati in pensione anticipata nel periodo dal 1.1.2012 al 31.12.2014,
invece che prima o dopo detto periodo»
    Sarebbe sacrificato  in  maniera  irragionevole  il  diritto  dei
lavoratori collocati in pensione anticipata negli anni 2012,  2013  e
2014 di  ricevere  «un  trattamento  previdenziale  proporzionato  al
lavoro e alla contribuzione per  esso  versata  (art.  36,  comma  1,
Cost.) e adeguato (art.  38,  comma  2,  Cost.),  in  attuazione  del
principio solidaristico di  cui  all'art.  2  Cost.  e  del  medesimo
principio di eguaglianza sostanziale di cui al citato art.  3,  comma
2, Cost.» (si menziona la sentenza n. 70 del 2015).
    2.- Con atto depositato il 3  novembre  2016,  si  e'  costituito
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e ha chiesto  di
dichiarare  manifestamente  inammissibile  o  comunque  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale.
    Il rimettente avrebbe trascurato di  offrire  adeguati  ragguagli
sulla fattispecie concreta e, in particolare, sull'eta' anagrafica  e
sull'anzianita' contributiva  della  parte  ricorrente  nel  giudizio
principale e sull'effettiva consistenza della decurtazione che le  e'
stata applicata.
    Non  sarebbero   stati   svolti   i   necessari   approfondimenti
sull'eventuale applicabilita'  della  deroga  prevista  dall'art.  6,
comma 2-quater, del d.l. n. 216 del 2011.
    Peraltro, per  la  parte  ricorrente,  che  avrebbe  maturato  il
diritto alla pensione  anticipata  il  1°  ottobre  2014,  dovrebbero
operare le previsioni dell'art. 6, comma 2-quater, del  d.l.  n.  216
del  2011,  e  non  gia'  la  disciplina  successivamente  introdotta
dall'art. 1, comma 113, della legge n. 190 del 2014  e  dall'art.  1,
comma 299, della legge n. 208 del 2015.  Anche  da  questo  punto  di
vista, si apprezzerebbe un'insufficiente motivazione sulla necessita'
di fare applicazione della disposizione censurata.
    2.1.- In vista dell'udienza, l'INPS  ha  depositato  una  memoria
illustrativa, confermando le conclusioni gia' rassegnate nell'atto di
costituzione e svolgendo ulteriori considerazioni in ordine al merito
della questione.
    In particolare, l'INPS ha ricordato che la  disciplina  censurata
e' stata  adottata  «nell'ambito  di  un  pacchetto  di  disposizioni
emanate nel piu' difficile momento di crisi economica», allo scopo di
contemperare la tutela dei diritti dei pensionati con la salvaguardia
della «complessiva tenuta del sistema previdenziale  e  del  bilancio
pubblico»,   in   un    assetto    improntato    alla    solidarieta'
intergenerazionale.
    Gli effetti della penalizzazione sarebbero provvisori  e  modesto
sarebbe  il  loro  impatto  economico,  che   consisterebbe   in   un
«corrispettivo simbolico». La «lieve  e  provvisoria  penalizzazione»
disposta dal legislatore  non  pregiudicherebbe  l'adeguatezza  della
tutela previdenziale e il rapporto di tendenziale corrispondenza  tra
retribuzione percepita nel corso del rapporto di lavoro e pensione.
    Non si potrebbe ravvisare alcuna violazione dell'art. 3 Cost.  Il
legislatore avrebbe scelto di graduare «in rapporto al fattore tempo»
la   penalizzazione   connessa   all'applicazione   della   normativa
derogatoria sulla pensione anticipata e di mantenere le  decurtazioni
per coloro che abbiano fruito del trattamento di pensione  anticipata
per un arco temporale piu' ampio, sin dal periodo  intercorrente  tra
il 2012 e il 2014.
    3.- Nel giudizio e' intervenuto, con atto depositato l'8 novembre
2016, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e  ha  chiesto   di
dichiarare infondata la questione di legittimita' costituzionale.
    La riduzione del trattamento pensionistico,  modulata  attraverso
«una  ragionevole,  progressiva   diminuzione,   nel   tempo,   della
penalizzazione», sarebbe stata  congegnata  in  modo  da  «assicurare
l'equita' della disciplina normativa complessivamente considerata».
    Non  potrebbero  dirsi   violati,   pertanto,   i   principi   di
proporzionalita' tra pensione e retribuzione e di  adeguatezza  della
prestazione previdenziale.
    L'interveniente, inoltre, osserva che il  sistema  non  contempla
alcun principio di immutabilita' del trattamento pensionistico e  che
spetta alla discrezionalita' del legislatore la determinazione  della
misura dei trattamenti di quiescenza, anche alla luce delle  concrete
disponibilita' finanziarie e delle risorse di bilancio  (si  menziona
la sentenza n. 316 del 2010).
    La disposizione censurata,  per  un  verso,  salvaguarderebbe  la
coerenza e la  razionalita'  del  sistema  e,  per  altro  verso,  si
prefiggerebbe di «garantire  l'equilibrio  tra  mezzi  disponibili  e
prestazioni previdenziali erogate», in armonia con il vincolo imposto
dall'art.  81,  quarto  comma,  Cost.  e  «con  gli  impegni  assunti
dall'Italia con l'Unione Europea in  materia  di  contenimento  della
spesa pensionistica».
    3.1.- In prossimita' dell'udienza, il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha depositato una memoria illustrativa,  confermando  le
conclusioni gia' formulate nell'atto di intervento.
    La  disposizione  censurata  concorrerebbe   «a   rafforzare   la
sostenibilita' di  lungo  periodo  del  sistema  pensionistico»  e  a
salvaguardare l'equilibrio  dell'intero  sistema  previdenziale,  nel
rispetto dei vincoli imposti dall'art. 81 Cost.
    L'accoglimento della questione  di  legittimita'  costituzionale,
per contro, rischierebbe di «compromettere gli equilibri  di  finanza
pubblica e gli impegni assunti dall'Italia con  l'Unione  Europea  in
materia  di  contenimento  della  spesa  pensionistica»  e,  a  tutto
concedere, dovrebbe produrre effetti solo pro futuro.
    4.- All'udienza pubblica  del  20  marzo  2018,  le  parti  hanno
ribadito le conclusioni e  le  argomentazioni  svolte  negli  scritti
difensivi.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di giudice del
lavoro, dubita della legittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma
299, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2016)», nella parte in cui, per le pensioni  anticipate
decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014 e  corrisposte  a  lavoratori
che abbiano raggiunto la prevista anzianita' contributiva entro il 31
dicembre 2017, limita l'esenzione dalla  riduzione  delle  anzianita'
contributive maturate in data anteriore al 1° gennaio  2012  ai  soli
«ratei di pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016» e non
include anche i ratei di pensione corrisposti dal 2012 al 2015.
    L'assetto delineato  dal  legislatore  contrasterebbe,  in  primo
luogo, con «il principio costituzionale di  eguaglianza,  di  cui  ai
commi 1 e 2 dell'art. 3  Cost.».  La  disposizione  censurata,  senza
alcuna ragione giustificatrice, riserverebbe un trattamento deteriore
a quanti hanno conseguito la pensione anticipata nel 2012, nel 2013 e
nel 2014, maturando prima «i  requisiti  contributivi  utili  per  il
diritto a pensione», e «che anzi avevano fatto  maggiore  affidamento
sulla normativa in materia pensionistica vigente prima  del  D.L.  n.
201/2011»,  rispetto  a  quanti  hanno  ottenuto   tale   trattamento
successivamente, a decorrere dal  1°  gennaio  2015.  Se  per  questi
ultimi, quando abbiano maturato la prevista  anzianita'  contributiva
entro il 31 dicembre 2017, non si applicano penalizzazioni di  sorta,
per chi ha conseguito la pensione anticipata nel 2012, nel 2013 e nel
2014, permangono le decurtazioni applicate per i  ratei  di  pensione
corrisposti prima del 1° gennaio 2016, anche quando abbiano raggiunto
l'anzianita'  contributiva  entro  il  31  dicembre  2017,  ove  tale
anzianita' contributiva non si colleghi a una  prestazione  effettiva
di lavoro.
    Non si potrebbe individuare una  valida  ragione  giustificatrice
della denunciata disparita' di  trattamento  nel  fatto  che,  per  i
soggetti posti in pensione anticipata  dal  1°  gennaio  2012  al  31
dicembre 2014, le decurtazioni  siano  state  gia'  operate.  Invero,
l'esigenza di risparmio  di  spesa  dovrebbe  essere  perseguita  nel
rispetto di «altri valori  di  rilevanza  costituzionale»  e  neppure
l'eccezionalita' della  situazione  economica  potrebbe  giustificare
deroghe al principio di eguaglianza (si richiama la sentenza  n.  223
del 2012).
    Sarebbe violato l'art. 36, primo comma,  della  Costituzione,  in
quanto  la  decurtazione  del  trattamento   pensionistico   relativo
all'anzianita' contributiva effettivamente  maturata  dal  lavoratore
sarebbe lesiva del «principio di proporzionalita' tra  pensione  (che
costituisce il prolungamento in pensione della retribuzione goduta in
costanza  di  lavoro)  e  retribuzione  goduta  durante   l'attivita'
lavorativa».
    Il rimettente prospetta, da ultimo, la violazione del  «principio
derivante dal combinato disposto degli artt. 36, 38, 2, 3 Cost.».  La
decurtazione del trattamento pensionistico che spetta  al  lavoratore
in rapporto alla contribuzione maturata, «violando  il  principio  di
proporzionalita' tra pensione e retribuzione e quello di  adeguatezza
della prestazione previdenziale, altera il meccanismo  del  principio
solidaristico  e  il  principio  di  eguaglianza  e   ragionevolezza,
causando una irrazionale discriminazione  in  danno  solo  di  alcuni
pensionati, casualmente andati in pensione anticipata nel periodo dal
1.1.2012 al 31.12.2014, invece che prima o dopo detto periodo».
    Il meccanismo cosi' descritto, in particolare, sacrificherebbe in
maniera irragionevole il diritto dei lavoratori collocati in pensione
anticipata negli anni 2012, 2013 e 2014 di ricevere  «un  trattamento
previdenziale proporzionato al lavoro e alla contribuzione  per  esso
versata (art. 36, comma 1, Cost.)  e  adeguato  (art.  38,  comma  2,
Cost.), in attuazione del principio solidaristico di cui  all'art.  2
Cost. e del medesimo principio di eguaglianza sostanziale di  cui  al
citato art. 3, comma 2, Cost.» (si cita a tale riguardo  la  sentenza
n. 70 del 2015).
    Al richiamo all'art. 53 Cost.,  contenuto  nel  solo  dispositivo
dell'ordinanza di rimessione, non  corrisponde  un'autonoma  censura,
che concorra a definire il thema  decidendum  devoluto  all'esame  di
questa Corte.
    2.- Si deve rilevare, preliminarmente, che, in  virtu'  dell'art.
1, comma 194, della legge 11  dicembre  2016,  n.  232  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2017  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2017-2019), la riduzione percentuale  dei
trattamenti pensionistici, prevista dall'art. 24, comma 10, del  d.l.
n. 201  del  2011,  non  si  applica  ai  «trattamenti  pensionistici
decorrenti dal 1° gennaio 2018».
    La normativa sopravvenuta non muta i termini della  questione  di
legittimita'  costituzionale,  che  verte  sulla   decurtazione   dei
trattamenti anticipati decorrenti nel 2012, nel 2013 e nel 2014.  Non
e' necessario, pertanto, alla luce  di  una  sopravvenienza  che  non
dispiega alcun effetto sul giudizio principale, restituire  gli  atti
al rimettente perche' rinnovi la valutazione in punto di rilevanza  e
di non manifesta infondatezza della questione sollevata (sentenze  n.
260 del 2015, punto 2. del Considerato in diritto, e n. 205 del 2015,
punto 3. del Considerato in diritto).
    3.-  La  valutazione  in  punto  di   rilevanza,   compiuta   dal
rimettente, non incorre  nei  profili  di  inammissibilita'  eccepiti
dalla difesa dell'INPS,  con  riguardo  all'incompleta  ricostruzione
della posizione previdenziale della  parte  ricorrente  e  all'omessa
verifica dell'effettiva spettanza della pensione  anticipata.  L'INPS
lamenta che la carente  descrizione  della  fattispecie  precluda  il
necessario  controllo  sulla  rilevanza,  al  pari  delle   generiche
indicazioni sulla necessita' di applicare una disposizione posteriore
al pensionamento della parte ricorrente.
    Tali rilievi non colgono nel segno.
    Il giudice a quo,  pur  nel  conciso  richiamo  agli  atti  e  ai
documenti di causa, delinea i  tratti  essenziali  della  fattispecie
concreta e chiarisce che  la  parte  ricorrente,  pensionata  dal  1°
ottobre 2014, beneficia di una pensione anticipata, decurtata secondo
le prescrizioni dell'art. 24, comma 10, del decreto-legge 6  dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.
    Nel giudizio principale non  si  discute  sulla  sussistenza  dei
requisiti,  peraltro  non  contestati,  per  accedere  alla  pensione
anticipata, ne' sul fatto, parimenti  pacifico,  che  il  trattamento
pensionistico anticipato sia stato  in  concreto  ridotto,  ma  sulla
legittimita'  delle  decurtazioni  applicate  sulla  scorta  di   una
normativa che si sospetta in contrasto con la Carta fondamentale.
    La controversa consistenza di tali decurtazioni, posta in risalto
anche all'udienza pubblica, non pone in discussione la necessita'  di
applicare la disciplina in esame e tale  elemento  e'  sufficiente  a
radicare la rilevanza del proposto dubbio di costituzionalita'.
    E'  del  pari  ininfluente  che  la  disciplina  denunciata   sia
posteriore  al  conseguimento  della  pensione.  Il   rimettente   ha
dettagliatamente ripercorso l'evoluzione della normativa dal d.l.  n.
201  del  2011  fino  alla  legge  n.  208  del  2015,  dando   conto
dell'incidenza della disciplina sopravvenuta  sulla  posizione  della
parte ricorrente.
    Le censure vertono su questa disciplina successiva,  nella  parte
in cui conferma, per chi ha conseguito  le  pensioni  anticipate  nel
2012, nel 2013 e  nel  2014,  la  vigenza  della  precedente  e  piu'
rigorosa normativa.
    Anche da tale punto  di  vista,  dunque,  la  questione  proposta
supera il vaglio di ammissibilita' demandato a questa Corte.
    4.- La questione non e' fondata, in riferimento a tutti i profili
dedotti dal rimettente.
    5.- La questione sollevata dal Tribunale ordinario di Palermo  si
inquadra nella complessa  evoluzione  della  disciplina  in  tema  di
pensionamenti anticipati, che ha visto il susseguirsi  di  molteplici
interventi, intesi a  mitigare  il  regime  restrittivo  tratteggiato
inizialmente dall'art. 24, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011.
    5.1.- Tale disposizione prevede che, a partire  «dal  1°  gennaio
2012 e con riferimento ai soggetti la cui  pensione  e'  liquidata  a
carico  dell'AGO  e  delle  forme  sostitutive  ed  esclusive   della
medesima, nonche' della gestione  separata  di  cui  all'articolo  2,
comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che maturano i requisiti
a partire dalla  medesima  data»,  la  pensione  anticipata  ad  eta'
inferiori rispetto a quelle nel  frattempo  innalzate  dall'art.  24,
comma 6, del d.l. n.  201  del  2011  sia  corrisposta  soltanto  «se
risulta maturata un'anzianita' contributiva di 42 anni e 1  mese  per
gli uomini e 41 anni e 1  mese  per  le  donne,  con  riferimento  ai
soggetti che maturano i requisiti  nell'anno  2012».  Tali  requisiti
sono  progressivamente  elevati  in  rapporto  all'incremento   delle
aspettative di vita.
    La pensione anticipata e' corrisposta nell'importo pieno soltanto
se il beneficiario abbia compiuto sessantadue anni di  eta'.  Qualora
tale eta' non sia stata  ancora  raggiunta,  il  legislatore  applica
«[s]ulla quota di trattamento relativa alle  anzianita'  contributive
maturate  antecedentemente  il  1°  gennaio   2012»   una   riduzione
percentuale cosi' modulata: «1 punto percentuale  per  ogni  anno  di
anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'eta' di 62  anni;
[...] 2  punti  percentuali  per  ogni  anno  ulteriore  di  anticipo
rispetto a due anni»,  una  «riduzione  proporzionale  al  numero  di
mesi», quando il periodo di anticipo  nell'accesso  al  pensionamento
non corrisponda ad un anno intero.
    5.2.-  Con  l'art.  6,  comma  2-quater,  secondo  periodo,   del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni legislative), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge  24  febbraio  2012,  n.  14,   il   legislatore   ha   escluso
l'applicazione delle disposizioni in materia di riduzione percentuale
dei trattamenti pensionistici per coloro che  maturano  i  prescritti
requisiti di anzianita' contributiva «entro il 31 dicembre 2017».
    Nella versione originaria, la deroga era subordinata al ricorrere
di   un'anzianita'   contributiva   derivante   «esclusivamente    da
prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi  di  astensione
obbligatoria per maternita', per  l'assolvimento  degli  obblighi  di
leva, per infortunio, per malattia e di cassa  integrazione  guadagni
ordinaria».
    La nozione di prestazione effettiva di lavoro e' stata poi estesa
anche alle assenze «per la donazione di sangue  e  di  emocomponenti,
come previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 21 ottobre  2005,
n. 219, e per i congedi parentali di maternita' e paternita' previsti
dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n.  151»
(art. 4-bis, comma 1, del  decreto-legge  31  agosto  2013,  n.  101,
recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento  di  obiettivi  di
razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni»,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 30 ottobre 2013, n. 125)  e  alle  assenze
«per i congedi e i permessi concessi ai sensi dell'articolo 33  della
legge 5 febbraio 1992, n. 104» (art. 1, comma  493,  della  legge  27
dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  -  legge  di  stabilita'
2014)».
    5.3.- L'art. 1, comma 113, della legge 23 dicembre 2014, n.  190,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)», ha  superato  il
requisito della prestazione effettiva di lavoro  e  ha  escluso  ogni
riduzione percentuale per i «trattamenti pensionistici decorrenti dal
1° gennaio 2015», a beneficio dei «soggetti che maturano il  previsto
requisito di anzianita' contributiva entro il 31 dicembre 2017».
    5.4.- Fermo tale ultimo presupposto, l'art. 1, comma  299,  della
legge n. 208 del 2015, nell'inserire l'art. 113-bis  della  legge  n.
190  del  2014,  ha  esteso  il  superamento  del   requisito   della
prestazione effettiva di lavoro anche ai  «trattamenti  pensionistici
decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014», con esclusivo  «riferimento
ai ratei di pensione corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2016».
    Verso tale limitazione temporale si indirizzano  le  censure  del
rimettente, che reputa in contrasto con i principi costituzionali  la
mancata  estensione  della  deroga  anche  ai   ratei   di   pensione
corrisposti in data anteriore al 1° gennaio 2016 e gia' incisi  dalle
decurtazioni in esame.
    6.- Le censure investono, da un punto di vista piu' generale,  il
meccanismo di riduzione  delle  pensioni  anticipate  decorrenti  nel
2012, nel 2013 e nel 2014 e ne prospettano il  carattere  lesivo  dei
principi di  adeguatezza  e  di  proporzionalita'  delle  prestazioni
previdenziali, enunciati dagli artt. 36 e 38 Cost.  e  presidiati,  a
dire del rimettente, anche dagli artt. 2 e 3, secondo comma, Cost.
    Le censure non sono fondate.
    6.1.- Il legislatore  ben  puo'  disincentivare  i  pensionamenti
anticipati (fra le molte, sentenza n. 416 del 1999,  punto  4.1.  del
Considerato in diritto) e, in pari tempo, promuovere la  prosecuzione
dell'attivita' lavorativa mediante adeguati incentivi a  chi  rimanga
in servizio  e  continui  a  mettere  a  frutto  la  professionalita'
acquisita, come questa Corte  ha  avuto  occasione  di  affermare  in
riferimento alla valutazione  dei  particolari  servizi  prestati  da
dipendenti civili e militari dello Stato (sentenza n.  39  del  2018,
punto 4.4. del Considerato in diritto) e in tema di  coefficiente  di
trasformazione della contribuzione  versata,  piu'  elevato  per  chi
presti servizio piu' a lungo (sentenza n. 23 del 2017, punto 4.1. del
Considerato in diritto).
    Tali  scelte  discrezionali  sono  chiamate  a  contemperare   la
salvaguardia della sostenibilita' del  sistema  previdenziale  con  i
principi di eguaglianza e ragionevolezza (art.  3  Cost.)  e  con  la
tutela della  proporzionalita'  e  dell'adeguatezza  dei  trattamenti
pensionistici (artt. 36 e 38 Cost.).
    A questo riguardo, non e' delineato un rapporto di  indefettibile
corrispondenza tra le pensioni e le retribuzioni e tra le pensioni  e
l'ammontare  della  contribuzione   versata,   ma   una   tendenziale
correlazione,   che   salvaguardi   l'idoneita'    del    trattamento
previdenziale a soddisfare le  esigenze  di  vita.  Cio'  che  appare
indispensabile e' «una valutazione globale e complessiva, che non  si
esaurisca nella parziale  considerazione  delle  singole  componenti»
(sentenza n. 259 del 2017, punto 3.1. del Considerato in diritto).
    6.2.-  Nel  caso  di  specie,  il   bilanciamento   attuato   dal
legislatore non puo' ritenersi irragionevole.
    Le decurtazioni imposte ai trattamenti  pensionistici  anticipati
si  affiancano  alle  drastiche  misure  di  riduzione  della   spesa
previdenziale previste dall'art. 24  del  d.l.  n.  201  del  2011  e
incentrate sull'adeguamento dell'eta' di accesso alla  pensione  alla
piu' elevata speranza di vita.
    La riduzione dei trattamenti pensionistici anticipati, superata a
regime dall'art. 1, comma 194, della legge n. 232  del  2016  per  le
pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2018, esaurisce i suoi effetti  in
un quadriennio (dal 2012 al 2015) e si proietta, pertanto, in un arco
temporale definito.
    La riduzione in esame, inoltre, si attesta  sulla  misura  di  un
punto percentuale per ogni anno  di  anticipo  rispetto  all'eta'  di
sessantadue anni e sulla piu' elevata misura di due punti percentuali
«per ogni anno ulteriore di  anticipo  rispetto  a  due  anni»  e  si
articola secondo un progredire  graduale,  commisurato  al  grado  di
anticipazione dell'eta'  pensionabile  e  circoscritto  entro  limiti
sostenibili, che non vanificano i diritti fondamentali coinvolti.
    Pertanto, la durata definita delle riduzioni, modulate  in  senso
progressivo, e la misura  contenuta  che  le  contraddistingue  e  si
accompagna alle deroghe gia' sancite dall'art. 6, comma 2-quater, del
d.l. n. 216 del  2011  non  compromettono  il  nesso  di  tendenziale
equilibrio tra le pensioni, da  un  lato,  e  le  retribuzioni  e  la
contribuzione versata, dall'altro. Ne' il bilanciamento con il limite
delle risorse disponibili  implica  un  sacrificio  sproporzionato  e
irragionevole del nucleo intangibile dei diritti tutelati dagli artt.
36 e 38 Cost.
    7.- Il rimettente censura la riduzione percentuale delle pensioni
anticipate decorrenti negli anni 2012, 2013 e 2014  anche  in  chiave
comparativa e denuncia il trattamento discriminatorio riservato a chi
ha avuto accesso al pensionamento anticipato nei primi  tre  anni  di
vigenza dell'art. 24, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011.
    Neppure tali censure sono fondate.
    7.1.- Per costante giurisprudenza di questa Corte (fra le  molte,
sentenza n. 197 del 2010, punto 5.1. del Considerato in diritto), nei
rapporti di durata il  trattamento  differenziato,  riservato  a  una
determinata categoria di soggetti in momenti diversi nel  tempo,  non
contrasta con  il  principio  di  eguaglianza.  Spetta  difatti  alla
discrezionalita'  del  legislatore,  nel  rispetto  del   canone   di
ragionevolezza, delimitare la sfera temporale di  applicazione  delle
norme  e,  da  questa  angolazione,  il   fluire   del   tempo   puo'
rappresentare un apprezzabile criterio  distintivo  nella  disciplina
delle situazioni giuridiche (sentenze n. 273 del 2011, punto 4.2. del
Considerato in diritto, e n. 94 del 2009, punto 7.2. del  Considerato
in diritto).
    7.2.- La modulazione temporale della disciplina censurata non  e'
irragionevole.
    La posizione di chi ha conseguito la pensione anticipata dal 2012
al 2014 differisce dalla posizione di chi ha  avuto  accesso  a  tale
trattamento dal 1° gennaio 2015 per quel che attiene  ai  presupposti
di operativita' della deroga prevista dall'art.  6,  comma  2-quater,
del d.l. n. 216 del 2011. Se, per la  prima  categoria,  fino  al  1°
gennaio 2016, la disciplina restrittiva in tema di  decurtazioni  non
si applica se i lavoratori abbiano raggiunto  entro  il  31  dicembre
2017 la prevista anzianita'  contributiva,  legata  alla  prestazione
effettiva di lavoro, la seconda categoria puo' essere esentata  dalle
decurtazioni alla sola condizione  di  avere  maturato  entro  il  31
dicembre 2017 l'anzianita' contributiva necessaria, cosi' disancorata
da ogni riferimento alla prestazione effettiva di lavoro.
    La diversita'  di  trattamento,  dunque,  incide  su  un  profilo
circoscritto della disciplina di deroga prevista anche a beneficio di
chi ha conseguito la pensione anticipata dal 2012 al 2014.  Peraltro,
il presupposto della prestazione effettiva di lavoro, che rappresenta
il tratto differenziale tra le due discipline, e'  stato  configurato
dal legislatore con una latitudine  sempre  maggiore,  cosi'  da  non
costringere entro limiti troppo angusti  l'ambito  applicativo  della
deroga in esame.
    Tale diversita' di disciplina, legata a un aspetto  di  dettaglio
di una normativa di piu' ampio respiro, non e' idonea  a  determinare
un  trattamento  complessivamente  sperequato  dei   beneficiari   di
pensioni anticipate  decorrenti  negli  anni  2012,  2013  e  2014  e
rispecchia il diverso contesto  in  cui  tali  misure  hanno  trovato
applicazione.
    Come questa Corte  ha  affermato  con  riguardo  all'avvicendarsi
delle discipline in  tema  di  cumulo  tra  pensioni  e  retribuzioni
(sentenza n. 416 del 1999, punto 4.1. del Considerato in diritto), le
differenze che intercorrono tra  i  diversi  regimi,  nell'ambito  di
interventi di riforma generale che richiedono  continui  adattamenti,
riflettono  la  mutevole  incidenza  delle   contingenti   «emergenze
finanziarie».
    Anche  nel  caso  di  specie,  il  succedersi  nel  tempo   delle
discipline di deroga al regime generale rivela l'eterogeneita'  delle
situazioni poste a raffronto e preclude una  valutazione  comparativa
con la  posizione  di  chi  ha  avuto  successivamente  accesso  alla
pensione  anticipata,  in  un   quadro   sensibilmente   mutato   per
l'affievolirsi delle esigenze che avevano  giustificato  le  iniziali
misure restrittive. Le scelte discrezionali del legislatore, a questo
riguardo,   si   orientano   verso   la   progressiva    attenuazione
dell'originario meccanismo di riduzione  della  pensione  anticipata,
per poi sancirne il definitivo superamento.
    La particolarita' della  disciplina  applicata  ai  pensionamenti
anticipati del 2012, del 2013 e del 2014  si  raccorda  al  carattere
necessariamente graduale del percorso di superamento  del  regime  di
"penalizzazioni", alla stregua della valutazione dei  limiti  imposti
dalle risorse disponibili.
    Si deve da ultimo considerare che la disposizione  censurata,  in
armonia  con  i  principi  generali  (art.  11   delle   disposizioni
preliminari codice civile), si limita a sancire l'efficacia solo  per
il futuro del superamento del requisito della  prestazione  effettiva
di lavoro e  a  confermare  per  il  passato  l'applicazione  di  una
disciplina  provvista  di  valenza  generale,  gia'  temperata  dalle
significative esenzioni dell'art. 6, comma 2-quater, del d.l. n.  216
del 2011 e comunque contraddistinta  da  un  limitato  e  tollerabile
impatto sul trattamento pensionistico corrisposto.
    La scelta  di  differire  al  futuro  l'efficacia  dell'ulteriore
deroga  non  genera,  pertanto,  una  ingiustificata  disparita'   di
trattamento  e  non  travalica   i   limiti   di   ragionevolezza   e
proporzionalita'  che  presiedono  alla  «attuazione  graduale»   dei
principi sanciti dagli artt. 36 e 38 Cost.,  anche  alla  luce  delle
esigenze connesse  «alla  concreta  e  attuale  disponibilita'  delle
risorse finanziarie e dei mezzi necessari per far fronte ai  relativi
impegni di spesa» (sentenza n. 119 del 1991, punto 3. del Considerato
in diritto, da ultimo ripresa dalla sentenza n. 259 del  2017,  punto
3.1. del Considerato in diritto).
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 299, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di  stabilita'  2016)»,  sollevata  dal  Tribunale
ordinario  di  Palermo,  in  funzione  di  giudice  del  lavoro,   in
riferimento agli  artt.  2,  3,  36  e  38  della  Costituzione,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                     Silvana SCIARRA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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