del 2011; con tale atto, il Comando generale della Guardia di Finanza, non ha accolto la sua istanza di trasferimento presso ... per "situazioni straordinarie" del personale della Guardia di Finanza, di cui alla circ. ... dell'Economia e delle Finanze - Comando generale della Guardia di Finanza, che ha concluso per il rigetto dell'appello, ...
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-03-2012, n. 1828
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con l'appello in esame, il sig. @@ impugna la sentenza 13 settembre 2011 n. 1380, con la quale il TAR per il Veneto, sez. I, ha respinto il suo ricorso proposto avverso la Det. 13 maggio 2011, n. 0142232 del 2011; con tale atto, il Comando generale della Guardia di Finanza, non ha accolto la sua istanza di trasferimento presso il Comando Regionale Puglia - Tenenza di @@.
La sentenza appellata afferma:
- la disciplina relativa ai trasferimenti per "situazioni straordinarie" del personale della Guardia di Finanza, di cui alla circ. 11 novembre 2009 n. 379389, "contiene indicazioni solo orientative in merito alla trattazione dei casi eccezionali";
- peraltro, una stessa situazione "già favorevolmente apprezzata ai fini di un trasferimento temporaneo, non necessariamente presenta il carattere di eccezionalità richiesto per legittimare un trasferimento definitivo";
- nel caso di specie, l'istanza del finanziere non riveste carattere di eccezionalità "in quanto la malattia sofferta dal padre non impedisce allo stesso di svolgere le normali attività della vita quotidiana, la presenza del figlio rappresentando un aiuto morale".
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
error in iudicando e quindi - in riproposizione dei motivi di cui al ricorso di I grado - violazione di legge (artt. 3 e 10-bis L. n. 241 del 1990; art. 8 CEDU; artt. 1, 2, 4, 29, 32 e art. 97 Cost; circ. n. 379389/2009); violazione di regolamento e dei principi regolatori della materia; erronea interpretazione e falsa applicazione di legge, delle norme regolamentari e dei principi regolatori della materia; eccesso di potere, irragionevolezza, contraddittorietà, illogicità manifesta, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, perplessità; difetto/inesistenza di motivazione; difetto di istruttoria. Ciò in quanto:
a) il provvedimento presenta una motivazione "meramente apparente e di stile", che non dà contezza del mancato accoglimento delle osservazioni; e ciò a fronte della situazione familiare prospettata (v. pagg. 10 - 11 ric.);
b) la ratio del trasferimento per motivi straordinari "consiste nella necessità di venire incontro alle problematiche dei dipendenti coinvolti in gravissime situazioni di carattere familiare e/o personale", di modo che il dipendente può essere trasferito "anche laddove la sede richiesta non presenti posti vacanti in ruolo"; peraltro, l'art. 4 R.D. n. 126 del 1926 consente di "ottenere il trasferimento anche in deroga ai criteri ordinari, quando la domanda è fondata su gravi motivi di famiglia";
c) gli atti dell'amministrazione sono palesemente contraddittori ed illogici, posto che "i presupposti per la concessione sia del trasferimento a tempo determinato, che per quello definitivo per motivi straordinari, sono i medesimi, ossia la situazione di gravità";
d) "le emergenze processuali evidenziano la gravissima patologia psichiatrica del padre, l'assoluta necessità certificata dai sanitari di non procedere ad uno sradicamento dal proprio ambiente di vita; vi è documentazione di strutture pubbliche che hanno accertato la assoluta impossibilità del genitore a compiere gli atti quotidiani della vita, necessitando di continua e permanente assistenza personale";
e) il diniego di trasferimento non può fondarsi sull'esubero di personale presso la sede richiesta, poiché lo scopo solidaristico tipico del trasferimento straordinario impone "il trasferimento del dipendente anche laddove la sede richiesta non presenti posti vacanti in ruolo".
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando generale della Guardia di Finanza, che ha concluso per il rigetto dell'appello, stante la sua infondatezza.
All'odierna udienza in Camera di Consiglio, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all'art. 60 Cpa, ha trattenuto la causa in decisione per il merito.
Motivi della decisione
L'appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.
Occorre innanzi tutto precisare, in punto di fatto, che l'appellante:
- per un verso, è stato oggetto di un trasferimento temporaneo in provincia di Lecce (tenenza di @@), nel luglio 2009, al fine di assistere il padre affetto da patologia tumorale; trasferimento provvisorio poi prorogato;
- per altro verso, è stato trasferito - nelle more della sua temporanea assegnazione a @@ - presso il Comando Regionale Veneto - Provincia di @@, su sua domanda. Tale trasferimento è stato reso operativo una volta terminato il periodo di temporanea assegnazione presso la tenenza di @@ (28 giugno 2011).
Va, quindi, in primo luogo evidenziato che l'attuale collocazione del militare in località non vicina a quella di residenza del proprio genitore è l'effetto di una sua determinazione e non già di un atto di imperio del Corpo di appartenenza, né di una decisione assunta in contrasto con altra e diversa richiesta dell'interessato.
Peraltro, come afferma l'amministrazione (v. pag. 5 mem. del 12 dicembre 2011), non contraddetta sul punto dall'appellante, il trasferimento "non scaturisce da un provvedimento adottato d'autorità dall'amministrazione ma dall'accoglimento nel giugno 2009, di una istanza presentata dall'interessato nell'ambito di una procedura di tipo concorsuale, allorquando al padre (rimasto vedovo dal 1985) era già stata diagnosticata, da circa quattro mesi, una patologia tumorale in stato avanzato e allorquando la sorella si era già trasferita a Roma per motivi di lavoro".
Tanto premesso, occorre osservare che la Circolare 11 novembre 2009 n. 379389/09 disciplina, tra l'altro, la procedura di mobilità volontaria "per esigenze straordinarie", affermando che "in presenza di situazioni del tutto eccezionali connotate dall'estrema delicatezza o gravità - che non siano risolvibili attraverso il ricorso agli ordinari istituti di mobilità volontaria del personale - i militari direttamente interessati avranno l'opportunità, in qualsiasi momento e nelle forme consentite . . . di produrre una istanza per situazioni straordinarie".
Ai fini della valutazione dell'istanza, occorre tra l'altro, tenere conto "della assoluta indispensabilità presso la sede richiesta della presenza del militare, la quale si configura, pertanto, come condizione imprescindibile per la soluzione delle problematiche rappresentate". Per effettuare tale valutazione, occorre anche una dichiarazione in ordine all'esistenza dei parenti e affini entro il III grado del bisognevole "che, per ubicazione di domicilio, sarebbero in grado di fornire intervento assistenziale, attestante i motivi per i quali non sono in grado di prestare il proprio sostegno".
Al fine, dunque, di disporre la richiesta mobilità per esigenze straordinarie occorre:
- in primo luogo, l'effettiva ed oggettiva esistenza di una situazione di "straordinarietà", desumibile sia dal bisogno oggettivo di assistenza da parte di soggetto che non è in grado di provvedere da sé alle elementari esigenze di vita o che abbisogna di indispensabile assistenza strumentale alla stessa sottoposizione a terapie;
- in secondo luogo, l'impossibilità di trovare soluzioni alternative nell'ambito del nucleo, sia pure ristretto (legame entro il III grado), di parenti ed affini, impossibilità che non può derivare da impedimenti (di lavoro, distanza o simili) analoghi a quelli che connotano la posizione dell'istante;
- in terzo luogo, l'assenza di esigenze di pubblico interesse proprie dell'amministrazione di appartenenza, che, nella comparazione di interessi, impediscono il soddisfacimento dell'istanza.
Quanto a tale ultimo aspetto, questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di osservare che "l'esigenza di tutela dell'handicappato, al cui perseguimento devono partecipare anche lo Stato e tutti gli altri enti pubblici, non può essere fatta valere, alla stregua del generale principio del bilanciamento degli interessi, allorquando l'esercizio del diritto stesso venga a ledere in misura consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro perché tutto ciò - segnatamente per quanto attiene ai rapporti di pubblico impiego - può tradursi in un danno per la collettività (cfr. Cons. St., sez. IV, n. 898 del 2001/ord. cit.).
A fortiori tali considerazioni valgono per le Forze armate dato che i compiti d'istituto assolti dai militari sono sicuramente più gravosi ed intimamente collegati alla cura di interessi pubblici di spiccata importanza (cfr. Cons. St., sez. IV, 27 gennaio 2004 n. 297/ord., che ha esplicitamente riconosciuto la legittimità della scelta operata dall'amministrazione militare che aveva negato il trasferimento avendo accertato la mancanza del requisito della esclusività dell'assistenza al disabile, potendo quest'ultimo essere accudito dalla sorella e dalla figlia; sez. IV, n. 898 del 2001/ord. cit., che sotto tale angolazione ha considerato inammissibile la pretesa del militare di vedersi riconosciuta la preferenza al trasferimento ex art. 33 della L. n. 104 del 1992, in forza di una inesistente maggiore regolarità e facilità di prestazione del servizio, posto che, al contrario, per gli appartenenti alle Forze armate è dato presumere esattamente il contrario)".
Nello stesso senso, questo Collegio (sent. 14 aprile 2010 n. 2101), ha già avuto modo di affermare (con riguardo all'art. 33 L. n. 104 del 1992):
"al riguardo, già la Corte costituzionale ha evidenziato, pur riconoscendo il particolare valore della L. n. 104 del 1992 in quanto finalizzata a garantire diritti umani fondamentali, che l' istituto di cui all' art. 33 comma 5 della stessa L. n. 104 del 1992, in tema di scelta della sede lavorativa più vicina al familiare handicappato assistito, non è l' unico idoneo a tutelare la condizione di bisogno del malato e che comunque la posizione giuridica di vantaggio ivi prevista non è illimitata, potendo essere fatta valere soltanto "ove possibile".
Ne consegue, che la norma non configura in realtà un diritto soggettivo di precedenza al trasferimento del familiare lavoratore, bensì un semplice interesse legittimo a scegliere la propria sede di servizio ove possibile. (cfr. Cons. Stato, Comm. spec., 19.1.1998 n. 394; IV Sez. n. 565/2005 cit.).
Pertanto, la pretesa del lavoratore che effettivamente assiste con continuità un parente handicappato alla scelta della sede di lavoro deve trovare accoglimento solo se risulta compatibile con le specifiche esigenze funzionali dell' Amministrazione di appartenenza.
A fronte di evenienze organizzative, spesso caratterizzate da aspetti di complessità, come nel caso delle forze di polizia o delle forze armate, all'Amministrazione può ben chiedersi di tenere in debito conto i bisogni, personali e familiari, dei suoi dipendenti, ma non certo di subordinare ad essi la realizzazione dei propri compiti istituzionali, ai quali invece, nel bilanciamento, deve riconoscersi priorità assoluta, in quanto preordinati a quella cura di interessi pubblici che non tollera soluzione di continuità (cfr. dec. n. 565/05 cit.)".
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato in I grado, di diniego dell'istanza di trasferimento definitivo presso il Comando Regionale Puglia, innanzi tutto - pur riconoscendo l'apprezzabilità delle ragioni addotte - ha escluso l'esistenza del "requisito di assoluta indispensabilità dell'interessato presso la sede ambita"; inoltre ha rilevato "un rilevante esubero di personale nel ruolo appuntati e finanzieri", presso la sede richiesta.
Ciò che ha, quindi, determinato il Comando generale della Guardia di Finanza a negare il richiesto trasferimento definitivo è l'insussistenza del requisito della "assoluta indispensabilità" dell'interessato, sia in quanto - come esposto nella sentenza appellata - "la malattia sofferta dal padre non impedisce allo stesso di svolgere le normali attività della vita quotidiana" (v. documentazione ivi citata); sia in quanto risultano altri familiari per i quali non è a priori escludibile la possibilità di prestare assistenza (v. dichiarazione sostitutiva resa da S.L., all. 16 prod. Avvocatura).
A tale constatazione, che costituisce l'elemento determinante del rigetto dell'istanza (e che risulta dalla motivazione del provvedimento implementata dagli atti dell'istruttoria, il che esclude anche la fondatezza della dedotta censura in ordine ad una motivazione "di stile", e quindi supposta insufficiente), l'amministrazione ha aggiunto ragionevoli considerazioni in ordine ad esigenze organizzative la cui compromissione renderebbe meno facilmente perseguibili le delicate esigenze di interesse pubblico al cui assolvimento la Guardia di Finanza è preposta.
Tali considerazioni in ordine alla necessaria valutazione dell'interessato al trasferimento, in comparazione con l'interesse pubblico alla cui tutela e/o perseguimento è preposta l'amministrazione di appartenenza, non sono contraddette dal richiamato art. 4 R.D. n. 126 del 1926 (fonte quest'ultima peraltro abrogata dall'art. 9 D.Lgs. 19 marzo 2001, n. 68).
Infatti, dalla lettura di tale norma (rigorosamente interpretata dalla giurisprudenza: v. Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 2006 n. 5921), non è desumibile - così come invece prospettato dall'appellante - la pretermissione di ogni valutazione in ordine alle esigenze di servizio, che costituiscono concretizzazione del predetto interesse pubblico.
Da ultimo, occorre osservare che non è rilevabile alcuna contraddizione nel comportamento dell'amministrazione che ha dapprima concesso un trasferimento temporaneo e poi negato il trasferimento definitivo, ancorchè ciò sia avvenuto a fronte di medesimi presupposti.
Come questa stessa Sezione ha già avuto condivisibilmente modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, n. 2101/2010 cit.):
"il trasferimento temporaneo - inteso quale misura di emergenza volta ad attribuire all'appartenente al Corpo un beneficio altrimenti non spettante - non può tramutarsi in una posizione di vantaggio, in base alla quale questi possa pretendere di conseguire in via definitiva l'obiettivo originariamente precluso ai sensi di legge: in sostanza, il trasferimento temporaneo è un beneficio concesso per ragioni prevalentemente solidaristiche e non uno strumento per aggirare le regole che presiedono ai movimenti del personale del Corpo (cfr., in termini, dec. cit. n. 565 del 2005).
Inoltre, sul piano formale, va osservato che un'attività assistenziale prestata in via temporanea non può, per definizione, attingere il carattere della continuità e, sul piano causale, che il trasferimento provvisorio - proprio perchè concesso in difetto dei presupposti postulati dalla legge quadro ai fini del trasferimento definitivo - non mira ad innescare una situazione di fatto suscettibile di stabilizzarsi, ma all'opposto è finalizzato a consentire al beneficiario di organizzare opportunamente un valido intervento assistenziale nei confronti dell'infermo, a prescindere dalla sua presenza(cfr. dec. cit.)".
Per tutte le ragioni sin qui esposte, l'appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza appellata.
Stante la natura della controversia, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello proposto da S.L. (n. 9306/2011 r.g.), lo rigetta e, per l'effetto, conferma la sentenza appellata.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-03-2012, n. 1828
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con l'appello in esame, il sig. @@ impugna la sentenza 13 settembre 2011 n. 1380, con la quale il TAR per il Veneto, sez. I, ha respinto il suo ricorso proposto avverso la Det. 13 maggio 2011, n. 0142232 del 2011; con tale atto, il Comando generale della Guardia di Finanza, non ha accolto la sua istanza di trasferimento presso il Comando Regionale Puglia - Tenenza di @@.
La sentenza appellata afferma:
- la disciplina relativa ai trasferimenti per "situazioni straordinarie" del personale della Guardia di Finanza, di cui alla circ. 11 novembre 2009 n. 379389, "contiene indicazioni solo orientative in merito alla trattazione dei casi eccezionali";
- peraltro, una stessa situazione "già favorevolmente apprezzata ai fini di un trasferimento temporaneo, non necessariamente presenta il carattere di eccezionalità richiesto per legittimare un trasferimento definitivo";
- nel caso di specie, l'istanza del finanziere non riveste carattere di eccezionalità "in quanto la malattia sofferta dal padre non impedisce allo stesso di svolgere le normali attività della vita quotidiana, la presenza del figlio rappresentando un aiuto morale".
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
error in iudicando e quindi - in riproposizione dei motivi di cui al ricorso di I grado - violazione di legge (artt. 3 e 10-bis L. n. 241 del 1990; art. 8 CEDU; artt. 1, 2, 4, 29, 32 e art. 97 Cost; circ. n. 379389/2009); violazione di regolamento e dei principi regolatori della materia; erronea interpretazione e falsa applicazione di legge, delle norme regolamentari e dei principi regolatori della materia; eccesso di potere, irragionevolezza, contraddittorietà, illogicità manifesta, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, perplessità; difetto/inesistenza di motivazione; difetto di istruttoria. Ciò in quanto:
a) il provvedimento presenta una motivazione "meramente apparente e di stile", che non dà contezza del mancato accoglimento delle osservazioni; e ciò a fronte della situazione familiare prospettata (v. pagg. 10 - 11 ric.);
b) la ratio del trasferimento per motivi straordinari "consiste nella necessità di venire incontro alle problematiche dei dipendenti coinvolti in gravissime situazioni di carattere familiare e/o personale", di modo che il dipendente può essere trasferito "anche laddove la sede richiesta non presenti posti vacanti in ruolo"; peraltro, l'art. 4 R.D. n. 126 del 1926 consente di "ottenere il trasferimento anche in deroga ai criteri ordinari, quando la domanda è fondata su gravi motivi di famiglia";
c) gli atti dell'amministrazione sono palesemente contraddittori ed illogici, posto che "i presupposti per la concessione sia del trasferimento a tempo determinato, che per quello definitivo per motivi straordinari, sono i medesimi, ossia la situazione di gravità";
d) "le emergenze processuali evidenziano la gravissima patologia psichiatrica del padre, l'assoluta necessità certificata dai sanitari di non procedere ad uno sradicamento dal proprio ambiente di vita; vi è documentazione di strutture pubbliche che hanno accertato la assoluta impossibilità del genitore a compiere gli atti quotidiani della vita, necessitando di continua e permanente assistenza personale";
e) il diniego di trasferimento non può fondarsi sull'esubero di personale presso la sede richiesta, poiché lo scopo solidaristico tipico del trasferimento straordinario impone "il trasferimento del dipendente anche laddove la sede richiesta non presenti posti vacanti in ruolo".
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando generale della Guardia di Finanza, che ha concluso per il rigetto dell'appello, stante la sua infondatezza.
All'odierna udienza in Camera di Consiglio, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all'art. 60 Cpa, ha trattenuto la causa in decisione per il merito.
Motivi della decisione
L'appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.
Occorre innanzi tutto precisare, in punto di fatto, che l'appellante:
- per un verso, è stato oggetto di un trasferimento temporaneo in provincia di Lecce (tenenza di @@), nel luglio 2009, al fine di assistere il padre affetto da patologia tumorale; trasferimento provvisorio poi prorogato;
- per altro verso, è stato trasferito - nelle more della sua temporanea assegnazione a @@ - presso il Comando Regionale Veneto - Provincia di @@, su sua domanda. Tale trasferimento è stato reso operativo una volta terminato il periodo di temporanea assegnazione presso la tenenza di @@ (28 giugno 2011).
Va, quindi, in primo luogo evidenziato che l'attuale collocazione del militare in località non vicina a quella di residenza del proprio genitore è l'effetto di una sua determinazione e non già di un atto di imperio del Corpo di appartenenza, né di una decisione assunta in contrasto con altra e diversa richiesta dell'interessato.
Peraltro, come afferma l'amministrazione (v. pag. 5 mem. del 12 dicembre 2011), non contraddetta sul punto dall'appellante, il trasferimento "non scaturisce da un provvedimento adottato d'autorità dall'amministrazione ma dall'accoglimento nel giugno 2009, di una istanza presentata dall'interessato nell'ambito di una procedura di tipo concorsuale, allorquando al padre (rimasto vedovo dal 1985) era già stata diagnosticata, da circa quattro mesi, una patologia tumorale in stato avanzato e allorquando la sorella si era già trasferita a Roma per motivi di lavoro".
Tanto premesso, occorre osservare che la Circolare 11 novembre 2009 n. 379389/09 disciplina, tra l'altro, la procedura di mobilità volontaria "per esigenze straordinarie", affermando che "in presenza di situazioni del tutto eccezionali connotate dall'estrema delicatezza o gravità - che non siano risolvibili attraverso il ricorso agli ordinari istituti di mobilità volontaria del personale - i militari direttamente interessati avranno l'opportunità, in qualsiasi momento e nelle forme consentite . . . di produrre una istanza per situazioni straordinarie".
Ai fini della valutazione dell'istanza, occorre tra l'altro, tenere conto "della assoluta indispensabilità presso la sede richiesta della presenza del militare, la quale si configura, pertanto, come condizione imprescindibile per la soluzione delle problematiche rappresentate". Per effettuare tale valutazione, occorre anche una dichiarazione in ordine all'esistenza dei parenti e affini entro il III grado del bisognevole "che, per ubicazione di domicilio, sarebbero in grado di fornire intervento assistenziale, attestante i motivi per i quali non sono in grado di prestare il proprio sostegno".
Al fine, dunque, di disporre la richiesta mobilità per esigenze straordinarie occorre:
- in primo luogo, l'effettiva ed oggettiva esistenza di una situazione di "straordinarietà", desumibile sia dal bisogno oggettivo di assistenza da parte di soggetto che non è in grado di provvedere da sé alle elementari esigenze di vita o che abbisogna di indispensabile assistenza strumentale alla stessa sottoposizione a terapie;
- in secondo luogo, l'impossibilità di trovare soluzioni alternative nell'ambito del nucleo, sia pure ristretto (legame entro il III grado), di parenti ed affini, impossibilità che non può derivare da impedimenti (di lavoro, distanza o simili) analoghi a quelli che connotano la posizione dell'istante;
- in terzo luogo, l'assenza di esigenze di pubblico interesse proprie dell'amministrazione di appartenenza, che, nella comparazione di interessi, impediscono il soddisfacimento dell'istanza.
Quanto a tale ultimo aspetto, questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di osservare che "l'esigenza di tutela dell'handicappato, al cui perseguimento devono partecipare anche lo Stato e tutti gli altri enti pubblici, non può essere fatta valere, alla stregua del generale principio del bilanciamento degli interessi, allorquando l'esercizio del diritto stesso venga a ledere in misura consistente le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro perché tutto ciò - segnatamente per quanto attiene ai rapporti di pubblico impiego - può tradursi in un danno per la collettività (cfr. Cons. St., sez. IV, n. 898 del 2001/ord. cit.).
A fortiori tali considerazioni valgono per le Forze armate dato che i compiti d'istituto assolti dai militari sono sicuramente più gravosi ed intimamente collegati alla cura di interessi pubblici di spiccata importanza (cfr. Cons. St., sez. IV, 27 gennaio 2004 n. 297/ord., che ha esplicitamente riconosciuto la legittimità della scelta operata dall'amministrazione militare che aveva negato il trasferimento avendo accertato la mancanza del requisito della esclusività dell'assistenza al disabile, potendo quest'ultimo essere accudito dalla sorella e dalla figlia; sez. IV, n. 898 del 2001/ord. cit., che sotto tale angolazione ha considerato inammissibile la pretesa del militare di vedersi riconosciuta la preferenza al trasferimento ex art. 33 della L. n. 104 del 1992, in forza di una inesistente maggiore regolarità e facilità di prestazione del servizio, posto che, al contrario, per gli appartenenti alle Forze armate è dato presumere esattamente il contrario)".
Nello stesso senso, questo Collegio (sent. 14 aprile 2010 n. 2101), ha già avuto modo di affermare (con riguardo all'art. 33 L. n. 104 del 1992):
"al riguardo, già la Corte costituzionale ha evidenziato, pur riconoscendo il particolare valore della L. n. 104 del 1992 in quanto finalizzata a garantire diritti umani fondamentali, che l' istituto di cui all' art. 33 comma 5 della stessa L. n. 104 del 1992, in tema di scelta della sede lavorativa più vicina al familiare handicappato assistito, non è l' unico idoneo a tutelare la condizione di bisogno del malato e che comunque la posizione giuridica di vantaggio ivi prevista non è illimitata, potendo essere fatta valere soltanto "ove possibile".
Ne consegue, che la norma non configura in realtà un diritto soggettivo di precedenza al trasferimento del familiare lavoratore, bensì un semplice interesse legittimo a scegliere la propria sede di servizio ove possibile. (cfr. Cons. Stato, Comm. spec., 19.1.1998 n. 394; IV Sez. n. 565/2005 cit.).
Pertanto, la pretesa del lavoratore che effettivamente assiste con continuità un parente handicappato alla scelta della sede di lavoro deve trovare accoglimento solo se risulta compatibile con le specifiche esigenze funzionali dell' Amministrazione di appartenenza.
A fronte di evenienze organizzative, spesso caratterizzate da aspetti di complessità, come nel caso delle forze di polizia o delle forze armate, all'Amministrazione può ben chiedersi di tenere in debito conto i bisogni, personali e familiari, dei suoi dipendenti, ma non certo di subordinare ad essi la realizzazione dei propri compiti istituzionali, ai quali invece, nel bilanciamento, deve riconoscersi priorità assoluta, in quanto preordinati a quella cura di interessi pubblici che non tollera soluzione di continuità (cfr. dec. n. 565/05 cit.)".
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato in I grado, di diniego dell'istanza di trasferimento definitivo presso il Comando Regionale Puglia, innanzi tutto - pur riconoscendo l'apprezzabilità delle ragioni addotte - ha escluso l'esistenza del "requisito di assoluta indispensabilità dell'interessato presso la sede ambita"; inoltre ha rilevato "un rilevante esubero di personale nel ruolo appuntati e finanzieri", presso la sede richiesta.
Ciò che ha, quindi, determinato il Comando generale della Guardia di Finanza a negare il richiesto trasferimento definitivo è l'insussistenza del requisito della "assoluta indispensabilità" dell'interessato, sia in quanto - come esposto nella sentenza appellata - "la malattia sofferta dal padre non impedisce allo stesso di svolgere le normali attività della vita quotidiana" (v. documentazione ivi citata); sia in quanto risultano altri familiari per i quali non è a priori escludibile la possibilità di prestare assistenza (v. dichiarazione sostitutiva resa da S.L., all. 16 prod. Avvocatura).
A tale constatazione, che costituisce l'elemento determinante del rigetto dell'istanza (e che risulta dalla motivazione del provvedimento implementata dagli atti dell'istruttoria, il che esclude anche la fondatezza della dedotta censura in ordine ad una motivazione "di stile", e quindi supposta insufficiente), l'amministrazione ha aggiunto ragionevoli considerazioni in ordine ad esigenze organizzative la cui compromissione renderebbe meno facilmente perseguibili le delicate esigenze di interesse pubblico al cui assolvimento la Guardia di Finanza è preposta.
Tali considerazioni in ordine alla necessaria valutazione dell'interessato al trasferimento, in comparazione con l'interesse pubblico alla cui tutela e/o perseguimento è preposta l'amministrazione di appartenenza, non sono contraddette dal richiamato art. 4 R.D. n. 126 del 1926 (fonte quest'ultima peraltro abrogata dall'art. 9 D.Lgs. 19 marzo 2001, n. 68).
Infatti, dalla lettura di tale norma (rigorosamente interpretata dalla giurisprudenza: v. Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 2006 n. 5921), non è desumibile - così come invece prospettato dall'appellante - la pretermissione di ogni valutazione in ordine alle esigenze di servizio, che costituiscono concretizzazione del predetto interesse pubblico.
Da ultimo, occorre osservare che non è rilevabile alcuna contraddizione nel comportamento dell'amministrazione che ha dapprima concesso un trasferimento temporaneo e poi negato il trasferimento definitivo, ancorchè ciò sia avvenuto a fronte di medesimi presupposti.
Come questa stessa Sezione ha già avuto condivisibilmente modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, n. 2101/2010 cit.):
"il trasferimento temporaneo - inteso quale misura di emergenza volta ad attribuire all'appartenente al Corpo un beneficio altrimenti non spettante - non può tramutarsi in una posizione di vantaggio, in base alla quale questi possa pretendere di conseguire in via definitiva l'obiettivo originariamente precluso ai sensi di legge: in sostanza, il trasferimento temporaneo è un beneficio concesso per ragioni prevalentemente solidaristiche e non uno strumento per aggirare le regole che presiedono ai movimenti del personale del Corpo (cfr., in termini, dec. cit. n. 565 del 2005).
Inoltre, sul piano formale, va osservato che un'attività assistenziale prestata in via temporanea non può, per definizione, attingere il carattere della continuità e, sul piano causale, che il trasferimento provvisorio - proprio perchè concesso in difetto dei presupposti postulati dalla legge quadro ai fini del trasferimento definitivo - non mira ad innescare una situazione di fatto suscettibile di stabilizzarsi, ma all'opposto è finalizzato a consentire al beneficiario di organizzare opportunamente un valido intervento assistenziale nei confronti dell'infermo, a prescindere dalla sua presenza(cfr. dec. cit.)".
Per tutte le ragioni sin qui esposte, l'appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza appellata.
Stante la natura della controversia, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello proposto da S.L. (n. 9306/2011 r.g.), lo rigetta e, per l'effetto, conferma la sentenza appellata.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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