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venerdì 22 dicembre 2023

Consiglio di Stato 2023-In particolare esponevano i ricorrenti di appartenere al Corpo della Polizia Municipale, con profilo di I.D.V.U. (ex VI q.f.), già immessi nella sesta qualifica funzionale, area vigilanza, sin dal 1984, a seguito di concorso interno, giusta delibera di Giunta Comunale

 




Cons. Stato Sez. V, Sent., (ud. 28/11/2023) 18-12-2023, n. 10900 

 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Consiglio di Stato 

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 473 del 2018, proposto da OMISSIS ed altri, rappresentati e difesi dall'avvocato    

contro 

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Federica Graglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove n. 21; 

sul ricorso numero di registro generale 5887 del 2018, proposto da OMISSIS ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Ettore Paolucci, Antonio Troiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro 

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Federica Graglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Federica Graglia in Roma, via del Tempio di Giove n. 21; 

per la riforma 

quanto al ricorso n. 473 del 2018: 

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per Il Lazio (sezione Seconda) n. 07326/2017, resa tra le parti; 

quanto al ricorso n. 5887 del 2018: 

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per Il Lazio (sezione Seconda) n. 07326/2017, resa tra le parti 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; 

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Roma Capitale; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; 

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 28 novembre 2023 il Cons. Diana Caminiti e udito per parte appellante in collegamento da remoto l'Avv. Silvestri M., in dichiarata delega dell'Avv. Bonaiuti P., noto all'ufficio, quanto al ricorso R.G. n. 473 del 2018; nessuno è comparso per le parti quanto al ricorso R.G. n. 5887 del 2018; 

Svolgimento del processo 

1. I signori OMISSIS ed altri quale erede della propria moglie OMISSIS hanno chiesto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione seconda, che fosse accertato e dichiarato l'inadempimento da parte di Roma Capitale in merito a quanto convenuto nell'art. 29 CCNL del 14 settembre 2000 e, per l'effetto, che l'amministrazione capitolina fosse condannata a predisporre la verifica selettiva prevista dal predetto articolo per la realizzazione del passaggio dei ricorrenti alla categoria (...), posizione economica D1, profilo professionale di Specialista di Vigilanza della Polizia Municipale e Locale. 

1.1. Segnatamente dopo aver proposto ricorso al Tribunale di Roma, sez. Lavoro il quale con sentenza n. 19870 del 2008 dichiarava il difetto di giurisdizione, i ricorrenti riassumevano il giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, chiedendo l'accertamento dell'inadempimento di Roma Capitale. 

1.2. In particolare esponevano i ricorrenti di appartenere al Corpo della Polizia Municipale, con profilo di I.D.V.U. (ex VI q.f.), già immessi nella sesta qualifica funzionale, area vigilanza, sin dal 1984, a seguito di concorso interno, giusta delibera di Giunta Comunale. Aggiungevano che, dal momento dell'assunzione di tale qualifica, avevano sempre esercitato funzioni di coordinamento e controllo di altri operatori, percependo la relativa indennità prevista dall'art. 26, lett. f), D.P.R. n. 347 del 1983. Rappresentavano inoltre che l'inquadramento professionale delle Polizie Locali era originariamente disciplinato dal D.P.R. n. 347 del 1983 che prevedeva le seguenti quattro qualifiche funzionali: V q.f. (Vigile Urbano); VI q.f. (Istruttore di vigilanza); VII q.f. (Istruttore Direttivo di Vigilanza Urbana); VIII q.f. (Funzionario di Vigilanza Urbana); e che in seguito, con l'entrata in vigore della legge quadro n. 65 del 1986, l'ordinamento delle Polizie Municipali è stato classificato nel modo seguente: a) responsabile del Corpo (Comandante); b) Addetti al Coordinamento e Controllo; c) Operatori (Vigili); la Regione Lazio, successivamente, con L.R. n. 20 del 1990, ha indicato tra le figure "addette al Coordinamento e Controllo anche gli I.D.V.U. (VI q.f.)", cui la stessa L. n. 65 del 1986 ha riconosciuto la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria. 

1.3. Evidenziavano che il contratto collettivo nazionale del 14 settembre 2000 aveva previsto che, in attuazione dell'art. 24, comma 2, lett. e) del CCNL dell'1 aprile 1999, e in sede di prima applicazione dell'art. 4 del CCLN del 31 marzo 1999, le parti convengono di assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria (...), posizione economica D1, del personale dell'area di vigilanza della ex VI q.f., tra l'altro, nella ipotesi sub b) di personale addetto all'esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato, a seguito di procedure concorsuali, nella ex sesta qualifica funzionale su posti istituiti che prevedessero l'esercizio di tali funzioni anteriormente all'entrata in vigore del D.P.R. n. 268 del 1987. 

Il comma quinto del detto art. 29 aveva poi stabilito che il passaggio alla categoria (...) del personale individuato ai sensi del comma 1, lett. a) e b), avvenisse previa verifica selettiva dei requisiti richiesti ai punti a) e b) entro il termine di due mesi dalla data di sottoscrizione del CCNL. 

1.4. I ricorrenti evidenziavano inoltre che, con deliberazione n. 1215 del 14 novembre 2000, la Giunta del Comune di Roma aveva indetto un unico corso-concorso per la copertura dei posti da inquadrare nella categoria (...), pozione economica D1, individuati in 1413 unità e che tale procedura selettiva era stata predisposta indiscriminatamente per tutti gli ex sesti livelli inquadrati, in prima attuazione del nuovo sistema di classificazione, nella categoria (...). 

A questo proposito i ricorrenti sostenevano che, seppure per anzianità e qualifica avrebbero dovuto ritenersi ricompresi nel personale di cui alla lett. b) dell'art. 29 CCLN 14 settembre 2000, essi erano stati invece equiparati, nella partecipazione al suddetto corso-concorso, a tutti gli altri dipendenti e, non essendosi all'esito dello stesso utilmente collocati in graduatoria, erano stati dunque inquadrati nella categoria (...). 

2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il ricorso. 

2.1. Il giudice di prime cure - prescindendo dall'eccezione di rito formulata dall'amministrazione resistente data l'infondatezza nel merito del ricorso - ha rilevato che questo Consiglio di Stato si fosse già espresso in merito alla medesima questione affermando che la norma di cui all'art. 29 del CCNL del 14 settembre 2000 attua l'art. 24, comma 2, lett. e) del CCNL del 1 aprile 1999, il quale prevede che le parti "convengono di assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria (...), posizione economica D1, del personale dell'area di vigilanza dell'ex VI qualifica funzionale", facendo riferimento ad un passaggio verticale, ossia ad un'area funzionale più elevata, implicasse l'espletamento di procedure concorsuali o selettive, non essendo il caso di specie sottratto al principio concorsuale che è volto al buon funzionamento della pubblica amministrazione. 

In ogni caso, precisa il giudice di primo grado, risulta per tabulas che con deliberazione di Giunta n. 1215 del 2000, il Comune di Roma aveva indetto un corso/concorso per la copertura dei posti da inquadrare nella categoria (...) - posizione economica D1, al quale avevano partecipato i ricorrenti, non utilmente collocati nella graduatoria finale, e che non era stato dagli stessi contestato, sicché le "iniziative necessarie" al passaggio alla categoria (...), posizione economica D1, del personale di vigilanza della ex 6 qualifica funzionale nelle specifiche ipotesi indicate in sede di contrattazione collettiva potevano ritenersi espletate. 

Infine precisava il Tar che i ricorrenti non avevano depositato documenti sufficienti a comprovare il possesso del requisito richiesto dall'art. 29, comma 1, lett. b) del CCNL di talché, anche sotto tale profilo, il ricorso non poteva trovare accoglimento. 

3. Avverso tale sentenza hanno proposto appello i signori C.S., G.M., I.V., R.S. e R.M. con ricorso, articolato in tre motivi di diritto, iscritto al numero di ruolo R.G. n. 473 del 2018. 

3.1. Con il primo motivo gli appellanti censurano la violazione dell'art. 29 del CCNL del 14 settembre 2000, rilevando che l'amministrazione avrebbe dovuto procedere a interpellare le organizzazioni sindacali prima di indire la procedura concorsuale. 

3.2. Con il secondo motivo si censura l'erroneità della sentenza di prime cure per violazione dell'art. 64 del c.p.a. poiché i ricorrenti avevano allegato quanto in loro possesso e l'onere della prova del fatto impeditivo rispetto alla partecipazione alla prova selettiva sarebbe dovuto ricadere sull'amministrazione. 

3.3. Infine con il terzo motivo gli appellanti censurano la sentenza nella parte in cui afferma che gli stessi, pur partecipando alle prove selettive non sarebbero risultati idonei al passaggio di fascia e ciò poiché la stessa non sarebbe assistita da alcuna prova. Inoltre i ricorrenti depositano nuovi documenti acquisiti nelle more ed asseritamente non disponibili in precedenza per cause non imputabili a sostegno della censura. 

4. Avverso tale sentenza hanno proposto appello anche i signori OMISSIS ed altri con ricorso, articolato in due motivi di diritto, iscritto al numero di ruolo R.G. n. 5887 del 2018. 

4.1. Con il primo motivo gli appellanti censurano il fatto che la procedura concorsuale indetta dal Comune non fosse necessaria per gli stessi, essendo per loro sufficiente, ai fini del passaggio alla categoria (...), la previa verifica dei requisiti richiesti dalla lettera b). 

4.2. Con il secondo motivo lamentano invece l'erroneità della sentenza del Tar per non aver rilevato che la non contestazione dei fatti allegati, da parte del Comune di Roma, sarebbe dovuta valere quale relevatio ab onere probandi per il deducente. 

5. Si è ritualmente costituita in relazione ad entrambi i ricorsi Roma Capitale, instando per il rigetto del gravame. 

6. All'udienza straordinaria, ex art. 87, comma 4 bis, c.p.a. del 28 novembre 2023 le cause sono passate in decisione come da verbale di udienza. 

Motivi della decisione 

7. In limine litis deve disporsi la riunione dei due giudizi, ex art. art. 96 comma 1 c.p.a., in quanto afferenti all'impugnativa della medesima sentenza. 

8. Sempre in via preliminare va evidenziato come, a causa della spedizione in decisione della causa R.G. n. 5887 del 2018 senza discussione da remoto, il Collegio non ha potuto procedere in udienza a indicare d'ufficio la questione dell'irricevibilità dell'appello, come da disposto dell'art. 73, comma 3, del cod. proc. amm.. 

8.1. E' noto che nel giudizio amministrativo, ai sensi dell'art. 35 D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.), la tardività della notifica (oltre che del deposito del ricorso) è questione rilevabile d'ufficio (cfr. Cons. Stato, Sez. V, Sentenza, 5 ottobre 2015, n. 4626). 

8.2. È altresì noto come l'art. 73, comma 3, D.Lgs. n. 104 del 2010 faccia obbligo al giudice, qualora ritenga di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, di indicarla alle parti in udienza, dandone atto a verbale, oppure, qualora la questione emerga dopo il passaggio in decisione, di riservare la decisione e fissare termine alle parti non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie, onde consentire alle medesime d'interloquire sulla medesima. La disposizione è ispirata alla più ampia, effettiva e penetrante tutela del diritto di difesa e del contraddittorio, e in funzione della sua formulazione è idonea a ricomprendere tutte le questioni rilevabili d'ufficio, e in concreto rilevate, sulle quali non si sia sviluppato il contraddittorio processuale (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. IV, Sentenza, 12 maggio 2014, n. 2420; conformi, tra le altre, Sez. V, Sentenza, 4 maggio 2016, n. 1755 e Sez. III, 26 aprile 2022, n. 3124). 

8.2.1. Va tuttavia rilevato che l'avviso finalizzato a provocare il contraddittorio non è necessario laddove i procuratori delle parti non siano presenti in udienza, proprio in virtù della ratio della disposizione, che è quella di offrire ai difensori delle parti, in piena attuazione del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost., la possibilità di controdedurre, alla quale, non presenziando in udienza ovvero in camera di consiglio, il procuratore tacitamente rinuncia (cfr. Cons. Stato, Sez. V, Sent., 4 aprile 2023, n. 3447). 

All'udienza del 28 novembre 2023 nessuna delle parti era presente all'udienza tenuta ex lege da remoto, sicché non si è reso necessario l'avviso di cui all'art. 73, comma 3, c.p.a.. 

8.3. Ciò posto l'appello di cui al numero di registro generale 5887 del 2018 deve essere dichiarato irricevibile in quanto la sentenza del Tar Lazio, n. 7326 del 2018, risulta pubblicata il 22 giugno 2017 e il ricorso in appello è stato notificato all'Amministrazione capitolina il 22 giugno 2018, ben oltre il termine di sei mesi di cui all'art. 92 comma 3 c.p.a.. 

Ed invero cadendo il dies a quo del termine per impugnare in un momento ampiamente successivo all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 104 del 2010, il ricorso in appello doveva essere notificato entro i sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, come claris verbis statuito dall'art. 92, comma 3, D.Lgs. n. 104 del 2010 a pena di irricevibilità per tardività della notifica (cfr Cons. Stato Sez. III, 7 novembre 2018, n. 6302; in senso analogo Cons. Stato Sez. IV, 15 maggio 2018, n. 2886 secondo cui a nulla rileva il richiamo operato dall'art. 39 c.p.a. alle disposizioni del codice di procedura civile che vale esplicitamente solo "per quanto non disciplinato dal presente codice", il quale, invece, in ordine al termine per la notifica del ricorso in appello, reca una disciplina esaustiva, autosufficiente e completa; ciò in disparte dalla considerazione che, ai sensi dell'art. 327 comma 1 c.p.c. come. novellato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 è semestrale anche il termine lungo per proporre appello in sede civile). 

9. È dunque possibile passare alla trattazione del ricorso R.G. n. 473 del 2018. 

10. L'appello non è meritevole di accoglimento stante l'inammissibilità di alcune censure e l'infondatezza di altre. 

10.1 In particolare la Sezione, come osservato dal primo giudice, ha già avuto modo di esprimersi su un caso del tutto analogo a quello in questione rilevando nel merito che il dato sistematico contribuisce a chiarire la portata giuridica dell'art. 29 del CCNL 14 settembre 2000 sul quale gli appellanti fondano il diritto a vedersi riconosciuta una via d'accesso privilegiata alla categoria (...). 

La norma de qua è attuazione dell'art. 24, comma 2, lett e) del CCNL del 1 aprile 1999, il quale prevede che le parti "convengono di assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria (...), posizione economica D1, del personale dell'area di vigilanza dell'ex VI qualifica funzionale". Passaggio verticale, ossia in area funzionale più elevata, che qualificandosi come novazione oggettiva del rapporto di lavoro, è necessariamente mediata dall'espletamento di procedure concorsuali o selettive. Il concorso è ritenuto funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione: ad esso non si sottraggono affatto i passaggi ad una fascia funzionale superiore, in quanto in essi è ravvisabile una forma di reclutamento con la connessa esigenza di un selettivo accertamento delle attitudini. Principio informante tutto l'ordinamento del lavoro con la pubblica amministrazione che è confermato, in negativo, dall'art. 52 D.Lgs. n. 165 del 2001 laddove sancisce il divieto di procedere ad un inquadramento automatico dei lavoratori sulla base delle mansioni svolte, e dunque (ribadisce) la necessità delle procedure concorsuali o selettive come discrezionalmente individuate dall'amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 15 dicembre 2016, n. 5280). 

Anche la costante giurisprudenza costituzionale ha ribadito la regola del concorso pubblico alla quale non si sottrae il passaggio ad una fascia funzionale superiore il quale comporta l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso, in quanto proprio questo metodo offre le migliori garanzie di selezione dei soggetti più capaci. 

Il pubblico concorso è altresì un meccanismo strumentale rispetto al canone di efficienza dell'amministrazione, il quale può dirsi pienamente rispettato qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi; forme che possono considerarsi non irragionevoli solo in presenza di particolari situazioni, che possano giustificarle per una migliore garanzia del buon andamento dell'amministrazione. (cfr. Corte Cost. sentenza n. 194 del 2002; n. 320 del 1997; n. 1 del 1999). 

10.2. Peraltro nello specifico, il primo motivo di appello, con cui si deduce l'illegittimità dell'espletata procedura concorsuale per non essere state previamente interpellate le organizzazioni sindacali, risulta inammissibile, ex art. 104, comma 1, c.p.a. per divieto di jus novorum rispetto a quanto censurato in prime cure, non potendosi in sede di appello procedersi ad un allargamento del thema decidendum (ex multis: Consiglio di Stato, sez. IV, 12 ottobre 2017, n. 4729). 

Peraltro il divieto di motivi nuovi in appello nell'ambito del processo amministrativo costituisce la logica conseguenza dell'onere di specificità dei motivi di impugnazione (in primo grado) del provvedimento amministrativo, e più in generale dell'onere di specificazione della domanda da parte di chi agisce in giudizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2254 del 2011). 

10.3. Inoltre quanto dedotto col primo motivo di appello incorre anche nel vizio di inammissibilità/irricevibilità della censura, essendo la stessa riferita ad un vizio della procedura concorsuale, cui peraltro gli appellanti hanno partecipato, che non è stata oggetto di impugnativa nei termini di rito. 

11. Quanto al secondo motivo lo stesso deve dichiararsi infondato, ponendosi in contrasto con quanto dedotto dagli stessi appellanti in primo grado in ordine alla partecipazione al concorso e al non superamento dello stesso. La circostanza che gli appellanti non fossero collocati in posizione utile in graduatoria costituisce pertanto fatto non contestato ed anzi ammesso dagli stessi ricorrenti e dunque non ha errato il giudice di prime cure ad affermare che era stato indetto un corso/concorso per la copertura dei posti da inquadrare nella categoria (...) - posizione economica D1, al quale hanno partecipato i ricorrenti, non utilmente collocati nella graduatoria finale. 

La medesima censura è altresì infondata laddove volta a contestare il capo della sentenza con cui si è posta in evidenza la mancanza di prova in capo ai ricorrenti in ordine al possesso dei requisiti di cui di cui alla lett. b) dell'art. 29 CCLN 14 settembre 2000, trattandosi di motivazione svolta ad abundantiam, avendo il primo giudice evidenziato come l'aspettativa dei ricorrenti all'inquadramento nella superiore categoria dovesse ritenersi legittimamente soddisfatta con la partecipazione alla procedura selettiva indetta dall'amministrazione capitolina e da loro non superata. 

12. Date le precedenti argomentazioni è inoltre inammissibile il terzo motivo di appello, volto ad evidenziare il possesso dei suddetti requisiti e fondato su documenti prodotti solo nel presente grado, incorrendo il deposito di nuovi documenti nel divieto di cui all'art. 104, comma 2 c.p.a., non essendo i documenti in questione assolutamente indispensabili ai fini della decisione della causa e non avendo le parti dimostrato di non averli potuti produrre precedentemente per causa ad esse non imputabile. 

In particolare i documenti in questione attengono allo stesso concorso al quale gli odierni appellanti avevano partecipato e dunque potevano essere agevolmente acquisiti anche nel corso del procedimento di primo grado. Invero, nel processo amministrativo, "devono essere dichiarati inammissibili, per violazione dell'art. 104, comma 2, cod. proc. amm., documenti nuovi depositati in appello per la prima volta se la parte avrebbe potuto depositarli nel primo grado di giudizio (cfr. Cons. Stato, III, n. 4324/2017); e la produzione di nuovi mezzi di prova è subordinata alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado, ovvero alla valutazione della loro indispensabilità, la quale peraltro non va intesa come mera rilevanza dei fatti dedotti, ma postula la verificata impossibilità di acquisire la conoscenza di quei fatti con altri mezzi che la parte avesse l'onere di fornire nelle forme e nei tempi stabiliti dalla legge (cfr. Cons. Stato, III, n. 3142/2017; IV, n. 4703/2017)" (cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 maggio 2019, n. 3329; in senso analogo da ultimo Cons. Stato Sez. VI, 02 febbraio 2022, n. 727) 

Inoltre la giurisprudenza ha altresì precisato che l'indispensabilità deve ritenersi "implicita" per quei documenti che, preesistenti o successivi, comportano una definizione "in rito" della controversia (cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2020, n. 2385; Cons. Stato, sez. III, 27 giugno 2017, n. 3142 e id., III, 7 febbraio 2018, n. 819). 

13. In conclusione l'appello di cui al numero di registro generale 473 del 2018 deve essere in parte dichiarato inammissibile ed in parte rigettato. 

14. Alla stregua delle precedenti argomentazioni, pronunciando sugli appelli previamente riuniti, il collegio dichiara il irricevibile quello iscritto al n. R.G. 5887/2018 ed in parte inammissibile e in parte infondato l'appello iscritto al n. R.G. 473/2018. 

15. Sussistono eccezionali ragioni, avuto riguardo alla risalenza della cause e alla materia trattata, per compensare fra le parti le spese di giudizio. 

P.Q.M. 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando: 

riuniti preliminarmente gli appelli, come in epigrafe proposti, così decide: 

Dichiara irricevibile l'appello di cui al n. R.G. 5887/2018 ed in parte respinge ed in parte dichiara inammissibile l'appello R.G. n. 473/2018. 

Compensa le spese di lite del presente grado. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2023, tenuta da remoto ai sensi dell'art. 17, comma 6, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati: 

Raffaello Sestini, Presidente FF 

Antonella Manzione, Consigliere 

Ugo De Carlo, Consigliere 

Massimo Santini, Consigliere 

Diana Caminiti, Consigliere, Estensore 


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